SUTERA

LA CITTA'

    DEI TRE VOLTI

 

A pochi chilometi dallo scorrimento veloce Palermo - Agrigento nelle vicinanze di Campofranco, in un rialzamento considerevole dell'altopiano solfifero costituito da terreni di formazione gessosa del Miocene, a 580 metri di altitudine si erge Sutera, la ridente città dai tre volti, che domina le colline sottostanti e la valle del fiume Platani.Centro agricolo meno fiorente rispetto al passato, é situato nell'estrema punta   ovest della provincia di Caltanissetta e conta circa 2000 anime.L'abitato è abbarbicato attorno alle pendici del monte San Paolino (823 metri), una superba roccia piramidale che ha sempre costituito il luogo della memoria e il carattere dominante di Sutera, meritevole nel suo glorioso blasone dell'appellativo di Subtilissima per la salubrità dell'aria. Sulla rocca di S. Paolino, richiamo di civiltà scomparse,meta di devoti e tradizionali pellegrinaggi, autentica bellezza naturale chiamata anche "balcone della Sicilia centro occidentale",l'orizzonte si allarga a spaziare fino alle Madonie, all'Etna e al mare Africano, lasciando un'impressione di incantato stupore. Una delle privilegiate prerogative naturali di Sutera     è l'aspettodato dai tre quartieriche costituiscono il suggestivo agglomerato: il Rabato (testimonianza di un'antica origine), il Rabatello e il Giardinello, eco remota e felice di verde e fresche acque. ritenuta, secondo la tradizione,l'antica Camico, dove sulla tronca sommità dell'impraticabile rocca nell'VIII sec.a. C. il re cretese Cocalo fece costruire dal celebre architetto Dedalo una inespugnabile roccaforte, Sutera, piccolo villaggio Sicano organizzato secondo le esigenze di una pacifica vita agricolo-pastorale limitato tra la montagna di S. Paolino e i pizzi di S. Marco, favorì l'afflusso di correnti migratorie greche che dalle sponde del Mediterraneo erano alla ricerca di un retroterra fertile, ricco di cacciagione e ben adatto                    al controllo delle zone interne abitate da quelle popolazioni tenacemente avvinte alle loro alture e alle loro usanze preistoriche. Infatti, per le sue risorse naturali e per le caratteristiche strategico-difensive, il luogo fu chiamato soter, cioè, sicurezza da qualsiasi assalto nemico.Con la fine delle guerre puniche, la Sicilia diventò una provincia di Roma ed ebbe un aspetto topografico nuovo con la creazione di molti centri in funzione agricola e in proporzione alle gigantesche richieste di frumento.

A Sutera, il cui nome fu latinizzato, venne intensificato grazie anche al lavoro degli schiavi, l'allevamento del bestiame e fu migliorata la tecnica della coltivazione della terra.  Soterensis Civitas si sviluppò demograficamente in conseguenza dell'importanza dell'agricoltura e meritò il titolo di Ingens con il privilegio delle proprie insegne: 6 colli in campo rosso con corona d'oro sospesa.

Varie campagne di scavi hanno portato alla scoperta di vasellame rozzamente lavorato con figure geometriche dai caratteri arcaici, risalenti alla vitale ellenizzazionedel territorio di Sutera.

Quando su queste morbide colline intagliate da larghe vallate, gli agricoltori indigeni, nel loro itinerario di amore per la terra,aiutati dalla grande madre mediterranea, simbolo di fertilità, cominciarono a distruggere i boschi, a trasformare le pendenze, coltivando ogni lembo di terra e scrivendo quel meraviglioso libro che è il paesaggio di Sutera, non privo di solitaria immensità.

 

Durante la dominazione bizzantina, le scorrerie degli arabi lungo le coste mediterranee e le loro incursioni fin nell'interno seminarono il terrore a Sutera. La gente si rifugiava nelle grotte e nelle zone più impervie, mentre vecchi siti preistorici furono rioccupati e abitati. Di queste grotte, volgarmente chiamate "grutti saracini", se ne vedono molte nella montagna di Ganefo, nella contrada Sciacca, s. marco, e nell'ex feudo Capreria. Al periodo bizzantino rimontano l'adattamento a chiese di templi pagani e la restaurazione  di precedenti edicole Cristiane che si trovavano in campagna, come nella zona di S. Marco.

Nell'827 gli arabi, avverando l'antico sogno cartaginese e presentandosi come i liberatori del debole, avido e oppressivo governo bizzantino, apportarono nell'Isola una ventata di rinnovamento in ogni campo. A Sutera, inclusa nella val di mazzara, la loro influenza fu profonda, specialmente nella lingua; infatti, molti luoghi denominati secondo gli aspetti che immediatamente colpivano la loro fantasia, conservano il ricordo, il senso e il segno della loro colonizzazione. L'agricoltura fu migliorata con lavori di incanalamento dell'acqua dei torrenti e fu valorizzata con l'introduzione di nhuove piante come il pistacchio. I musulmani assegnarono a Sutir un ruolo importante con i loro commerci e funzioni strategico-militari, tanto da essere definita dal geografo Edrisi "borgo popoloso e industre con ampie vie e bei palazzi".

I musulmani diedero un aspetto urbanistico unitario con la creazione alle falde del monte S. Paolino di due quartieri: il rabato (dall'arabo rabat-comunità) e il rabatello. La mutevole e frazionata scenografia architettonica in perfetto connubio con il paesaggio naturale era costituita da case di gesso, che sembravano annidate per un gioco dell'uomo e del tracciato sinuoso e labirintico delle ripide viuzze che ben si adattavano all'orografia del luogo.

Con lo sbarco dei normanni nell'isola, anche sutera entrò nell'area culturale Franco-Cattolicacon la restaurazione dei valori della tradizione cristiana.

I nuovi signori venuti dal nord edificarono ex novo o sulle rovine delle moschee molte chiese - ognuna delle quali era legata a una leggenda - per celebrare i loro trionfi sugli infedeli musulmani e per ricordare le loro vittorie animate da continue apparizioni miracolose.

I centri dell'interno, già propugnacoli dei saraceni, furono potenziati e Sutera, chiamata a far parte di una civiltà più dinamica, ebbe un risveglio nella sua economia agricola, ravvivata da fiorenti commerci. I normanni e poi gli Svevi con Federico ii, uomo del progresso sovrano riformatore, favorirono il ripopolamento della città che cominciò a dilatarsi in aperta campagna, dove le case sparse nel verde degli orti e dei giardini costituirono il primo nucleo del nuovo quartiere: il Giardinello.

Con la guerra del vespro (1282), che registrò qualche pagina gloriosa nella storia di Sutera, il castello ricostruito e potenziato, per il suo carattere di inprendibilità, fu scelto per custodire con maggiore sicurezza molti prigionieri francesi fra cui il principe Filippo D'Angiò, restituito alla libertà dopo il trattato di Caltabellotta, con il quale gli aragonesi si stabilirono in Sicilia. Quando l'indomabile volontà di autonomia delle grandi famiglie portò a forme di sovranità e conflitti tra baroni latini e spagnoli, Sutera fu infeudata a Ruggeri di Scandolfo e. in seguito, a Giovanni III Chiaramonte.

Quest'ultimo seppe destreggiarsi nei meandri della politica del tempo e fu saggio nell'amministrazione della città, distinguendosi nell'avviare e portare a termine molte opere di carattere pubblico.

Con gli avanzi delle antiche fabbriche esistenti sulla vetta del monte, Giovanni III Chiaramonte, che ebbe dal 1366 la giurisdizione di Sutera, da benefattore e fervente religioso, in un piccolo piano artificiale fece costruire una chiesa a tre navate con annesso un convento, arricchendola con le insigni reliquie di S. Paolino Vescovo di Nola, e di S. Onofrio, re di Persia, divenuti in seguito i compatroni della città.

Repressa l'egemonia della famiglia Chiaramonte, subentrò nella podestà feudale Raimondo Moncada, ultimo signore di Sutera, perchè la città nel 1398 ritornò sotto l'amministrazione  regia, occupando il 36° posto nel parlamento del regno di Sicilia.

Unico comune demaniale nell'ambito dell'attuale provincia di Caltanissetta, gareggiò con gli altri centri importanti dell'isola per ottenere dal governo titoli da aggiungere alla propria denominazione topografica, diventando Sotera ingens acd subtilissima civitase svolgendo un ruolo importante.

Tra il 1400 e il 1500 una serie di opere d'arte fu realizzata a Sutera, grazie alla fede del popolo, alla munificenza dei nobili e a quelle maestranze che con il loro gusto ebbero la capacità di fondere in una nuova unità gli atteggiamenti rinascimentali e la loro creatività con i suggerimenti che la splendida terra di Sicilia poteva dare. Sutera accolse le correnti stilistiche portate da una nutrita schiera di scultori lombardi e toscani che da Palermo, dove avevano le loro botteghe, si spostavano continuamente per soddisfare le richieste per impreziosire le numerose chiese dell'isola.

 

Agli albori dell'evo moderno, la fama della città fu resa viva da un suo figlio illustre: Francesco Salamone, uno dei 13 campioni della disfida di Barletta.

Nel 1535, subendo le conseguenze di quell'espediente a cui la finanza regia ricorreva, vendendo a privati il diritto di amministrare la città, Sutera passò in feudo a don Girolamo di Bologna con il patto di ricompra, ma la comunità fiera delle proprie libertà, sobbarcandosi a grandi sacrifici, riuscì a riscattarsi, dimostrando affetto per il luogo natìo nella dura lotta per l'affrancamento.

Nei tre secoli di dominio spagnolo, contrassegnato da forme di vita superate altrove, per il sorgere dei numerosi paesi circumvicini (Mussomeli, Cammarata, Castronovo, Milena, Campofranco, Casteltermini, Acquaviva), che si svilupparono acquistando una moderna vitalità, per il conseguente flusso migratorio che contribuì ad arricchire i nuovi nuclei, per il restringimento del suo territorio,Sutera, che nel 1600 contava 3224 abitanti, cominciò a decadere. Tutto ciò non impedì comunque, che si divulgassero in città gare di sfarzo tra l'aristocrazia, fiera del proprio passato, la media e ricca borghesia e le confraterniteche ebbero il sostegno di mezzi finanziari, grazie a lasciti e donazioni.

le devozioni ai Santi trovarono espressione nella commissione di tele, quadri e statue.

Questi segni della comune preghiera furono esibiti nel luogo più rappresentativo: la chiesa, allora elemento base attorno a cui ruotava la comunità suterese.

L'arte religiosa, testimonianza della grandezza storica e della profonda religiosità di Sutera, sotto l'ingluenza della controriforma presentò immagini di grande splendore, create da artisti che cercarono di mantenersi al corrente con la moda del tempo. Gli esemplari sfociavano dall'anonima opera devozionale al pezzo firmato o attribuibile.

Una ricerca attenta e puntuale della produzione artistica esistente nelle chiese di Sutera porterebbe a rivalutare con occhio nuovo e diverso il patrimonio locale.

 

 Le barriere tra la classe dominante e le classi subalterne, rimaste invalicabili fino agli inizi del XX secolo, la mancata trasformazione delle strutture economiche, una politica agraria fatta di parole, la contrazione di molte botteghe artigiane, la scappatoia alla povertà della terra, dei pascoli, hanno decimato la popolazione, causando il degradamento economico, sociale e culturale. Un po' di nostalgia assale ogni suterese, quando affiorano quelle immagini di un passato che è scomparso assieme ai tipici caratteri di questa terra, che hanno costituito da sempre quel tessuto di valori umani e culturali, prodotto dal legame tra l'ambiente naturale e la popolazione in secoli di storia e di esperienza vissuta.

Durante il periodo estivo, grazie agli emigrati che conservano sempre vivo il ricordo di queste pietre, dove i secoli hanno lasciato le loro impronte, la città rivive l'effimera sensazione di risveglio, specialmente durante la festa di S. Onofrio (prima domenica di agosto), avvenimento eccezionale che ha sempre rappresentato un buon motivo sentimentale per rientrare nella "piccola patria dell'anima" e per ricomporre l'unità della famiglia compromessa dall'emigrazione.La festa esprime non solo la fede radicata in un popolo, ma è anche una fonte inesauribile di sensazioni che si scatenano nell'animo dei suteresi e dei numerosi forestieri.

Un ruolo importante nell'economia locale,  è ancora svolto dall'agricoltura (cereali, legumi, olive, mandorle, pistacchi), anche se una cultura sbagliata ha sradicato il contadino e ha saccheggiato il suo mondo, ma la città scopre ogni giorno una parte nuova e valida di sè e medita il riscatto, comsapevole di una ripresa nel contesto dello sviluppo globale regionale. Un certo impulso a questo rinnovamento è stato già dato da qualche insediamento artigianale, che costituisce la nuova immagine dell'operosità della città, mentre l'istituendo parco sub urbano (15 ettari), tendente a valorizzare la montagna, potrebe rappresentare la nuova carta vincente per il turismo, grazie al quale l'intera economia acquisterebbe una svolta a vantaggio                 di Sutera che conserva con dignità il suo passato.

 

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