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MILLENNIUM DEVELOPMENT GOALS

E LA SITUAZIONE DELLA FAME NEL MONDO 2009

 

 

Nel settembre del 2000 i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle

Nazioni Unite si sono riuniti in un Vertice mondiale per confrontarsi e discutere sulle priorità cui la comunità internazionale deve trovare una soluzione. In particolare, ciò  che fra tutti ha ricevuto la maggiore attenzione è stata la drammatica ed inaccettabile situazione mondiale riguardo alla povertà, alle violazione dei diritti dell’uomo, alla giustizia e più in generale per i temi della grande diseguaglianza sociale.

Questo Summit si è concluso con l’approvazione di un documento importante,

la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, nel quale i Paesi industrializzati e poveri del mondo si sono impegnati a realizzare entro 2015 otto obiettivi:

1. Sradicare la povertà estrema e la fame

2. Garantire l’educazione primaria universale

3. Promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne

4. Ridurre la mortalità infantile

5. Migliorare la salute materna

6. Combattere l’HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie

7. Garantire la sostenibilità ambientale

8. Sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo

In particolare, il primo di questi obiettivi si prefigge di ridurre della metà la proporzione delle persone che soffrono la fame e la povertà entro il 2015 ed, entro la stessa data, dimezzare la percentuale di persone che non sono in condizione di raggiungere o non possono permettersi di bere acqua potabile.

Nella formulazione di tali obiettivi si rispecchiano concetti e valori fondamentali

della comunità internazionale quali la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, la tolleranza, il rispetto per la natura e la responsabilità condivisa.

Questo modello sottolinea l’importanza di porre l’essere umano al centro delle

politiche globali, nazionali e locali, e quindi di impegnarsi per migliorare la qualità della vita del maggior numero di persone possibili.

La scelta di fissare una scadenza temporale al 2015 corrisponde all’esigenza

di rendere possibile una migliore organizzazione delle attività e delle azioni in tutto il mondo. In effetti, se questi obiettivi possono essere definiti nello stesso tempo cruciali ma non troppo ambiziosi – le risorse tecniche ed economiche esistono – sarà necessaria, per raggiungerli, la collaborazione attiva dei paesi ricchi come di quelli poveri.

I primi hanno promesso di accrescere la quantità e migliorare la qualità dell’aiuto;

di assicurare una maggiore riduzione del debito, così come un accesso più

equo al mercato e un trasferimento più consistente di tecnologie. Quanto ai Paesi in via di sviluppo, si sono impegnati a rafforzare le loro istituzioni, migliorare e riformare le loro politiche con lo scopo di raggiungere i primi sette obiettivi

 

Il 2009 è un anno molto importante per la comunità internazionale, in quanto si colloca temporalmente a metà strada del periodo (2000-2015) durante il quale essa è tenuta ad impegnarsi attivamente per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

L’attuale situazione evidenzia alcuni preoccupanti rallentamenti e ritardi dovuti alle recenti crisi economiche e finanziarie che hanno interessato i mercati mondiali e le economie delle maggiori potenze industriali.

Nel corso del 2009 si prevede che il numero delle persone nel mondo che vivono in condizioni di estrema povertà aumenti dai 55 ai 90 milioni, più di quanto si prevedeva prima della crisi, con un impatto eterogeneo a seconda delle regioni e dei Paesi considerati.

Le ultime previsioni statistiche suggeriscono che il tasso di povertà nei Paesi in via di Sviluppo diminuirà ulteriormente nel corso del 2009 ma ad un tasso molto più basso rispetto a quanto accadeva prima della crisi. Per alcuni Paesi ciò può significare la differenza tra raggiungere o meno il proprio obiettivo nella riduzione della povertà e della lotta contro la fame. In alcuni dei Paesi più deboli ed in quelli con economie in transizione dell’Africa Sub-sahariana e dell’Asia meridionale infatti è inevitabile l’aumento del tasso di povertà, come pure il numero delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema.

Prima della crisi economica e dell’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, il numero delle persone nelle aree in via di sviluppo che vivono in condizioni di povertà estrema – meno di $ 1.25 al giorno ai prezzi del 2005 – è sceso da 1.8 milioni nel 1990 a 1.4 milioni nel 2005 portando così il numero degli LDC ad un quarto dell’intera popolazione dei Paesi in via di sviluppo, rispetto a quasi la metà del 1990.

Il tasso di povertà è diminuito notevolmente nell’Asia meridionale – ciò è dovuto in larga parte alla rapida crescita economica in Cina ed in India che di fatto ha permesso a 475 milioni di persone di uscire dalla povertà estrema.

Altrove si sono registrati progressi più deboli. L’ Africa Sub-Sahariana conta

100 milioni di persone in più che vivono in condizioni di povertà estrema rispetto al 1990 mentre il tasso di povertà rimane confinato sopra il 50 per cento.

Nel complesso, tuttavia, sembra che l’obiettivo del Millennio di ridurre della

metà il tasso di povertà entro il 2015 sia raggiungibile.

La grandezza della sfida della lotta contro la fame è determinata non solo dal numero di persone che soffrono la fame ma anche dalla distanza che li separa dalla linea della povertà. L’aumento della media del reddito pro-capite ha permesso a milioni di persone di uscire dal cerchio della povertà estrema.

Gli aumenti dei prezzi dell’energia e delle derrate alimentari all’inizio del 2008, esasperati da una forte crisi economica che si originata nella seconda metà dell’anno hanno determinato delle conseguenze negative sul numero dei lavoratori che vivono in simili condizioni.

La maggior parte di essi possiede un lavoro ma non guadagna abbastanza per sostenere se stessi e le proprie famiglie. Il trend incoraggiante registratosi fino al 2007 può essere rovesciato o nella migliore delle ipotesi lo si può considerare 106 Celebrazioni Ufficiali Italiane per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2009 come fermo nel corso del 2008.

L’Organizzazione Mondiale per il Lavoro considera tre scenari possibili, il peggiore dei quali mostra un aumento della percentuale delle persone che lavorano in condizioni di estrema povertà.

Più della metà delle persone con un lavoro vivono in condizioni di povertà estrema e più dei tre quarti dei lavoratori sono impiegati in lavori di bassa qualità. Tra il 1998 ed il 2008 il tasso di disoccupazione fra le donne è aumentato di un punto percentuale (dal 48% al 49%)

Ciò nondimeno il numero delle donne fuori dal circuito del lavoro continua ad  essere maggiore di quello degli uomini.

L’Africa del Nord e l’Asia occidentale hanno dei tassi di disoccupazione più

moderati che si attestano su 45% al di sotto quello degli uomini. In Asia meridionale il tasso raggiunge il 44 % al di sotto di quello degli uomini.

La costante diminuzione del tasso di malnutrizione nei Paesi in via di sviluppo e ad economie emergenti fin dal biennio 1990-92 ha subito un inversione di tendenza nel 2008 dovuta, per la gran parte, all’aumento delle derrate alimentari.

Il numero delle persone che vivono di un lavoro in condizioni precarie è aumentato nel 2008 di 77 milioni nel 2008 rispetto all’anno precedente, annullando il trend positivo dell’anno precedente. Questo è il contesto riportato dal secondo scenario dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro ritenuto il più attendibile data la pesante crisi economica.

Le regioni in via di sviluppo hanno registrato modesti progressi nella produttività del lavoro nel corso dell’ultimo decennio e sono ben lontani dal raggiungere i Paesi industrializzati. Notevoli progressi sono invece stati compiuti in Asia Orientale, la Comunità gli Stati indipendenti e le economie in transizione dell’Europa mediorientale.