Vesuvio

Storia del Vesuvio


Eruzioni antipliniane

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Eruzione delle Pomici di Base


La più vecchia eruzione pliniana del Vesvio di cui si riconoscano con certezza i prodotti è l’eruzione delle cosiddette Pomici di Base (19.000 anni fa) che determinò la parziale distruzione dell’edificio del Somma e la formazione di una caldera.

I prodotti dell’eruzione delle Pomici di Base, che probabilmente è la più violenta tra le eruzioni vesuviane, sono costituiti da una sequenza complessa di depositi originati dalla ricaduta e dallo scorrimento dei prodotti piroclastici emessi nel corso di più fasi eruttive.

Nel complesso l’eruzione delle Pomici di Base può essere separata in due fasi distinte:


  1. una prima fase, corrispondente alla formazione di una colonna eruttiva (altezza circa 20 km), caratterizzata dalla messa in posto di depositi pomicei da caduta e subordinati surges piroclastici;

  2. una seconda fase, freatomagmatica, caratterizzata da una serie diesplosioni separate nel tempo, che determinò la messa in postodi depositi da flusso alternati a depositi da caduta.


La prima fase fu preceduta dall’emissione di ceneri, pomici ed abbondanti frammenti carbonatici, dispersi verso Ovest e Nord-Ovest, che testimonia una fase di apertura del condotto, durante la quale il magma si fa strada attraverso le rocce calcaree che costituiscono il sottosuolo del vulcano.

Il deposito pliniano presenta una distribuzione ellittica, orientata verso Est e conserva uno spessore di 6,5 m ancora a 10 km di distanza dal vulcano. L’altezza della colonna eruttiva è stata stimata in circa 20 km ed il volume del deposito pliniano di 4,4 km³.

La successiva fase freatomagmatica avvenne contemporaneamente alla formazione della caldera e, come dimostrato dalla presenza nei depositi di abbondanti frammenti di rocce ipoabissali ed idrotermalizzate, questo evento dovette interessare almeno in parte il sistema geotermico superficiale.

Eruzione delle Pomici Verdoline


Dopo un periodo di tempo dominato da attività effusiva originata da fratture laterali, ed una lunga fase di quiescenza, si verificò, circa 15.000 anni fa, l’eruzione subpliniana nota come l’eruzione delle “Pomici Verdoline”, che ha generato un deposito tipicamente costutuito da un livello di pomici da caduta di colore verdastro, cui fa seguito una serie di livelli da flusso e da surge piroclastico.

Eruzione delle Pomici di Mercato


Tale eruzione, conosciuta anche come eruzione delle “Pomci Gemelle” o di “Ottaviano”, è tipicamente costituita da due depositi basali dipomici, separati da un sottile livello di surge piroclastico, stratificati nella parte alta e localmente intercalati a depositi piroclastici da flusso e da surge.

Un terzo deposito pomiceo da caduta, precedentemente attribuito all’eruzione delle Pomici di Mercato. Essa avvenne circa 8.000 anni fa.

I depositi da caduta sono dispersi verso Est-Nordest e ne conservano spessori di circa 50 cm fino a 30 km dal centro di missione, mentre quelli da flusso e da surge, sono distribuiti in modo grossolanamente radiale rispetto al centro di emissione, sono confinati all’interno di antiche incisioni vallive. Anche quest’eruzione fu accompagnata dalla formazione di una caldera.

Eruzione delle Pomici di Avellino


L’eruzione pliniana delle “Pomici di Avellino” si verificò 3.800 anni fa probabilmente dopo un lungo periodo di stasi nell’attività del vulcano che, nell’intervallo comprso tra l’eruzione delle Pomici di Mercato e quella delle Pomici di Avellino, ha dato solo due eruzioni di tipo subpliniano.

L’eruzione delle Pomici di Avellino è stata una delle più violente della storia eruttiva del Vesuvio ed ha determinato la messa in posto di spessi depositi di pomici da caduta (circa 50 cm di spessore nei pressi della città di Avellino) e di depositi da flusso e surge piroclastico, dispersi fino a oltre 20 km dal centro di emissione in direzione Nordovest.

Numerosi resti archeologici dimostrano che fiorenti insediamenti dell’Età del Bronzo erano presenti nell’area vesuviana al momento di tale eruzione e che l’impatto fu di non poco conto sia sull’ambiente che sulla vita dell’uomo.

I depositi dell’eruzione di Avellino sono caratterizzati da uno spesso livello di pomici da caduta bianche e grigie alla base, cui fanno seguito depositi da flusso e da surge piroclastico. Il deposito da caduta presenta una gradazione inversa delle pomici ed ha caratterstiche di dispersione areale che indicano un aumento dell’energia liberata nel corso dell'eruzione. I depositi da flusso piroclastico sono di minore entità rispetto a quelli da surge piroclastico e sono confinati nelle valli lungo i fianchi del vulcano.

I depositi da surge presentano spessori elevati, sono distribuiti su un’area molto vasta, e sono localmente intercalati a strati di pomici da caduta molto ricchi in frammenti strappati dal sottosuolo. Tutti i dati disponibili indicano che una caldera cominciò a formarsi nel corso dell’eruzione e che il centro eruttivo era localizzato in corrispondenza del Piano delle Ginestre, in un’area posta circa 2 km ad ovest del cratere attuale.





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