IL SIGNIFICATO DELL'ARTE RUPESTRE NEL PALEOLITICO SUPERIORE

IL MONDO PRIMITIVO VISTO ATTRAVERSO L'ANTROPOLOGIA, L'ARCHEOLOGIA E LA STORIA DELL'ARTE

Agosto-settembre 2004

 

Di Giandomenico Ponticelli - gponticelli@katamail.com

 

1- Collocazione spaziale e temporale

Oggi in Europa si contano 350 località, in cui sono state trovate tracce di dipinti o sculture paleolitiche. In Francia sono stati individuati almeno 160 siti. Alcuni di questi sono veramente importanti: Lascaux, Niaux, Les-Trois-Freres, Font-de-Gaume, Les-Combarelles, Chauvet, Cosquer, Cussac e Rouffignac. Tutti questi luoghi rivaleggiano in bellezza con la grotta d'Altamira in Spagna. Le zone a maggiore concentrazione artistica sono: il Perigord, Quercy (la valle del fiume Lot), i Pirenei e la valle di Chauvet (Ardeche). I Pirenei francesi e la Spagna Cantabrica, possono essere considerati, come un'unica area. Nella zona del Perigord sono concentrati più di sessanta siti differenti: Lascaux, Rouffignac, Font-de-Gaume (importanti per i dipinti), Les-Combarelles e Cussac (per le incisioni), Cap Blanc (per i bassorilievi). Nell'area di Quercy, numericamente meno consistente, si trovano, circa, trenta caverne dipinte. I siti principali sono Cougnac e Pech-Merle. I Pirenei, costituiscono un gruppo numericamente equivalente a quello di Quercy. La maggior parte dei siti contenuti in quest'area risalgono al Magdaleniano, ma alcuni di essi appartengono a periodi precedenti (Gargas, alcune gallerie in Les-Trois-Freres ed Portel). Le grotte e i ripari sono accorpati in piccoli raggruppamenti, come le caverne basche nelle montagne di Arbailles, le tre caverne di Volp e le sei nel bacino di Tarascon-sur-Ariege. Tra queste sono significative: Niaux, Les Trois-Freres, Tuc d'Audoubert, Le Portel, Gargas. La valle del Ardeche, contenente il sito di Chauvet, può essere considerata di secondaria importanza, con circa una ventina di caverne. Altri ripari e caverne sono sparsi in vari luoghi: la caverna Provenzale di Cosquer, Pair-non-Pair nella Gironde, i tre siti di Le-Placard, Chaire-a-Calvin, Roc-de-Sers nel Charente, Roc-aux-Sorciers e le sculture di Angles-sur-l'Anglin nel Vienne, le due caverne di Arcy-sur-Cure in Borgogna, la grotta di Mayenne Sciences in Mayenne, uno o due ripari nella foresta di Fontainebleau ed altre due caverne, compreso Gouy, in Normandia (Clotters, 2002). Nel Sud Italia vi sono alcune grotte istoriate, soprattutto in Puglia, in Sicilia ed in Calabria.

L'arte parietale può essere inserita in un arco temporale che va dal Perigordiano ed il Magdaleniano in Francia ed in Spagna. In Italia oltre al Gravettiano ed Epigravettiano, si hanno anche casi neolitici. Il rinoceronte realizzato nella grotta Chauvet-Pont-d'Arc, risale al primo periodo (31460 +/- 460 BP), le impronte negative della grotta H.Cosquer, appartengono al Perigordiano finale (27110 +/- 390 BP), mentre il bisonte nero trovato nella stessa grotta è stato realizzato nel Solutreano (18010 +/- 190 BP), un altro bisonte nero trovato a Niaux appartiene al periodo successivo, il Magdaleniano (12890 +/- 160 BP), allo stesso periodo appartengono il piccolo bisonte nero della grotta di Altamira (13570 +/- 190 BP) ed un altro bisonte trovato nella grotta di Covaciella nelle Asturie (14260 +/- 140 BP), mentre il suolo di carbone di Lascaux risale al 12.000 a.C. In Italia, le tre figure di cavalli della grotta Pagliacci, risalgono all'Epigravettiano (18.000 BP). Allo stesso periodo, probabilmente, appartengono anche la crosta stalagmitica della grotta di Santa Maria di Agnano (25.000-12.000 BP) e le figure di grotta Paglicci (15.000-20.000 BP), mentre la grotta dei cervi ha soltanto frequentazioni Neolitiche. Le incisioni della grotta del Genovese risalgono al 9230 a.C., mentre quelle del riparo di Addaura al 10.000 a.C. (data incerta). Il bue di grotta Di Romito in Calabria invece risale al 9.500 a.C. Infine le iscrizioni della Valcamonica sono databili a partire dal 8.000 a.C.

Il motivo che determina la scelta di concentrare i luoghi dell'arte parietale in alcune aree, piuttosto che in altre, non è ancora chiaro. Sicuramente, la scelta degli uomini paleolitici, non era condizionata dalla presenza di un numero consistente di ripari e caverne nei territori prescelti. In Francia, luoghi ricchi di grotte e ripari, come la Lingue-doc, Roussillon, la Provenza o ancora le valli nel sud di Quercy e di Aveyron, erano scarsamente considerate dagli artisti paleolitici. Sicuramente esistevano delle motivazioni culturali, legate al mondo magico-rituale che, oggi comprendiamo solo in parte (Clotters, 2002).

 

2a - Le tecniche

Le capacità artistiche degli esecutori variano moltissimo. Alcune opere sono molto semplici e modeste, mentre altre, per la loro precisione nell'esecuzione, sono sbalorditive. Le tecniche di base utilizzate dagli artisti paleolitici per l'arte rupestre o parietale sono: la pittura e l'incisione. Da un'evoluzione di quest'ultima, derivano i bassorilievi, che sono le rappresentazioni più belle ed impegnative. Tra i bassorilievi più antichi vi sono la Venere di Laussel (fig. 6) ed il pesce realizzato sul soffitto della grotta di Abri-du-Poisson (fig. 1), entrambi, appartenenti al Gravettiano (28-20 mila anni BP) e situati nel dipartimento di Dordogne, in Aquitania, ma la maggior parte dei basso-rilievi appartengono ai periodi successivi, Il Solutreano ed il Magdaleniano. Al primo periodo appartengono le incisioni di Roc-de-Sers (Charente - fig. 2) e Fourneau-du-Diable (Bourdeilles, Dordogna - fig. 3). Nella prima, sono rappresentati una decina figure di animali allineati su dei blocchi di pietra, invece, nella Fornace del Diavolo sono raffigurati due bovini selvatici ed una terza figura poco chiara. Invece, le tre figure femminili (fig. 5) associate ad alcuni animali, trovati ad Angles-sur-L'Anglin, ed i due grossi cavalli, trovati nel sito di Camp-Blanc (fig. 4), appartengono al Magdaleniano.

Le incisioni più semplici, sono chiamate lineari. Si tratta della più diffusa forma di arte delle caverne. Questa tecnica ha moltissimo in comune con la pittura. Il modo con cui sono tracciati i contorni con limitate sfumature e tipico anche di quest'ultima (Collins, 1980). Una serie di incisioni di questo tipo, tra cui la testa di un cavallo, particolarmente ben fatta, si trovano all'interno di una grotta, presso il castello di Commarque. Questo luogo, anch'esso molto importante, fu scoperto dall'abate Breuil nel 1915. Altre Incisioni si trovano anche nella Grotta di Chabot, su una superficie di 3 per 0,80 metri. Tra i vari segni è distinguibile la sagoma di un mammut (fig. 7a - 7b). Altri esempi famosi sono: la testa d'orso e la silhouette femminile di Pech-Merle (fig. 8a - 8b - 8c), la testa di cervo della grotta di Pergouset (fig. 9), il bellissimo cavallo di Lascaux (fig. 10), la renna di Les-Combarelles e i bisonti di Mairie-de-Tayjat (fig. 11).

Gli artisti per realizzare le loro opere si servivano di un bulino, per le incisioni più recenti, ma tale tecnica non era conosciuta prima dei 27.000 a.c. In alcuni casi durante gli scavi archeologici sono stati scoperti gli scalpelli, come a Roc-de-Sers. Ad esempio, la renna di Belcayre (Dordogna, 30.000 a.C.), fu realizzata in maniera molto rozza, con un oggetto appuntito, simile ad un piccone. I lineamenti del corpo, realizzati con quest'attrezzo, risultarono molto grossolani, ad eccezione della testa che fu eseguita con una cura maggiore. Un esempio di tecnica più raffinata si trova a Le-Ferrassie, dove le linee furono realizzate attraverso l'incisione di una serie di piccoli fori.

La pittura è il mezzo d'espressione più spettacolare, secondo in bellezza, soltanto ad alcuni bassorilievi. Leroi-Gourhan divise l'arte paleolitica in quattro stili, o periodi. Il primo fu definito "arcaico" per la sua semplicità di esecuzione. Si sviluppò nel Aurignaziano, tra il 30.000 e il 23.000 a.c. Il secondo, sviluppatosi tra il 17.000 e il 15.000 a.c. (tra il Perigordiano e l'inizio del Solutreano), fu caratterizzato dalla rappresentazione completa dei contorni degli animali. NeI terzo stile, definito "manierista" (tra il 17.000 e il 15.000 a.c. ), si sviluppò la ricerca del movimento nella rappresentazione, oltre che ad una maggiore precisione nella descrizione dei dettagli anatomici e l'introduzione della bicromia. Ad esso appartengono le opere di Roc-de-Sers, Lascaux, ecc. Nell'ultimo periodo, definito "il barocco del Magdaleniano" (fino all'8500), si ebbe una maggiore attenzione per i volumi. Le figure assumevano posizioni complesse, dimostrando la conoscenza problematiche tipiche della pittura occidentale. Altamira (fig. 17), Niaux e Rouffignac appartengono a questo periodo (Leroi-Gourhan, 1977).
I colori utilizzati erano soltanto tre: il tuorlo, il rosso ed il nero. Da questi si potevano ottenere una grande varietà di sfumature, come a Font-de-Gaume e Altamira. Il colore rosso era ricavato attraverso la lavorazione dei minerali di ossido di ferro (limonite e ematite), mentre il nero era realizzato attraverso il diossido di manganese. Durante il Musteriano, il minerale era utilizzato in pezzi, simili a dei pastelli. Nei periodi successivi, gli uomini paleolitici impararono a polverizzare i minerali, e ad applicarli sulle pareti, una volta diluiti.

Il colore era applicato sulle pareti con la punta delle dita, in modo da ottenere una fila di impronte digitali, oppure era spalmato quando si volevano realizzare dei tratti continui (Collins, 1980). gli stencil delle mani erano realizzati attraverso l'impiego di una tecnica differente. La tinta, contenuta nella bocca, era soffiata sulla mano utilizzando un corto cilindro in osso. Tale tecnica è stata utilizzata per realizzare le impronte nere e le macchie dei cavalli di Pech-Merle (ibidem - fig. 13).

L'artista nell'eseguire il suo dipinto, in molti casi si limitava a tracciare soltanto il contorno delle figure, come nei siti di Pech-Merle e Cougnac (fig. 16), mentre avvolte ne sfumava alcune parti, ottenendo un effetto policromo di particolare bellezza. Esistono anche degli esempi in cui tutta la figura era riempita di colore, come a Font-de-Gaume, Altamira, Lascaux e Chauvet (fig. 14 - 15 - 17). Per realizzate le sfumature era utilizzata una spatola o un tampone di pelliccia, con cui era stesa la tinta (ibidem). In un caso, il cavallo di Ekain, fu realizzato un contorno ben preciso mentre la profondità fu realizzata attraverso l'uso del chiaroscuro (Ramirez, 1994). Mentre il bisonte di Marsoulas fu realizzato attraverso una moltitudine di punti rossi discontinui (fig. 17b). Lo spettatore poteva percepire il volume dell'animale soltanto ad una certa distanza (Ramirez, 1994).

Non sono rari i casi, in cui, furono associate diverse tecniche artistiche, soprattutto pittura ed incisione. Come sui bassorilievi di Camp-Blanc e Roc-aux-Sorciers dove sono state scoperte tracce di coloranti.

Un'altro caso particolare, consiste nei bisonti di Tuc-d'Audoubert, realizzati in argilla, sono un esempio straordinario delle capacità artigianali degli uomini paleolitici (fig. 18).

 

2b - La prospettiva e gli altri espedienti tecnici

La prospettiva è una tecnica utile a dare tridimensionalità ad oggetti rappresentati su una superficie piana secondo un punto fisso detto "punto di vista". La tecnica moderna si basa sull'impiego di raggi immaginari che partono dal contorno di un oggetto osservato ed arrivano verso l'occhio dell'osservatore. L'intersezione di questi con un piano verticale, danno il "quadro".

Il problema della rappresentazione tridimensionale su superfici piane venne affrontato per la prima volta dai Greci verso la fine del V sec a.C. Gli artisti paleolitici non conoscevano la prospettiva, ne gli altri metodi moderni utili a dare profondità alle opere, tuttavia riuscirono ad elaborare delle tecniche particolari, con il quale riuscirono a superare i limiti delle rappresentazioni bidimensionali. Per la rappresentazione degli  animali era preferito il profilo laterale, ma spesso, tale metodo limitava la realizzazione di elementi particolari. Un esempio calzante è lo stregone di Les Trois Frères (fig. 19). L'uomo che ha realizzato quest'opera ha dovuto superare la difficoltà di rappresentare elementi particolari disposti su piani differenti, come le corna e la coda, su una superficie piana a due dimensioni. La soluzione venne trovata nel torcere artificialmente la figura. La testa venne rappresentata utilizzando una  visione frontale, il resto del corpo attraverso il profilo laterale. L'artista inventò una tecnica che Collins chiama "prospettiva di torsione" (Collins, 1980), utilizzata anche in altre epoche storiche. Gli egizi usavano, spesso, rappresentare il corpo secondo una visione frontale ad eccezione della testa, vista di profilo (fig. 45 -  47). Numerosi esempi sono riscontrabili nel catalogo curato da Cristiane Ziegler per una mostra, da lei realizzata, a Palazzo Grassi (Ziegler, 2002). Anche gli artigiani greci, a partire dal VII sec. a.C., impiegavano espedienti simili per realizzare le decorazioni su vari materiali: armi di bronzo, ceramiche, monete e gemme in pietra dura (fig. 48 -51). Tra tutte le ceramiche attiche conosciute, segnaliamo come esempio, un cratere ateniese del 750 a.C.  parte di un corredo funebre. Nell'illustrazione della scena funebre rappresentata su di essa, la muta dei cavalli è stata realizzata in modo da dare maggiore profondità alla scena (fig. 52), espedienti simili non sono rari nell'arte paleolitica. L'uso di combinare la testa di profilo ed il corpo di prospetto unito ad una serie di gesti, secondo Alan Johnston, serviva agli artisti greci a creare flusso e movimento (Boardman, 2002). A tale scopo gli artisti Paleolitici avevano adottato anche altri espedienti. Un caso interessante è il cinghiale della grotta di Altamira in spagna (fig. 17a). L'animale è stato disegnato con 8 zampe piuttosto che 4. Alcuni esempi interessanti in cui si è cercato di superare i limiti delle due dimensioni, sono: i tori eseguiti nella medesima grotta ed i cervi della grotta di Lascaux. In entrambi i casi la superficie rocciosa viene utilizzata per dare alla figure volume e movimento (fig. 21 e 22). La policromia ed un saggio utilizzo di sfumature, avevano il medesimo scopo di dare profondità ai soggetti. A Font de Gaume e a Lascaux troviamo alcuni esempi (fig. 14 e 15).

 

3 - I temi della rappresentazione

I disegni erano rinnovati ogni anno, sovrapponendo i nuovi ai precedenti. Gli artisti nell'esecuzione dei disegni non seguivano alcun criterio. Non seguivano un unico asse orizzontale, tutti gli elementi avevano angolazioni differenti e non vi era proporzioni tra essi. Non erano raffigurati alberi, piante o elementi topografici. Non vi è nessuna rappresentazione che riguardi gli astri, come il sole e la luna, o nuvole (Collins, 1980).

Le categorie dei soggetti rappresentati sono quattro: figure animali, figure umane, simboli (antropomorfi o geometrici) ed insiemi di linee indeterminate. Leroi-Gourhan realizzò un'analisi sulla frequenza dei soggetti rappresentati, basandosi su un campione di 66 siti. Nel 63 % dei casi si trattava di immagini di animali, tutti i segni insieme erano il 34%, e soltanto nel 4% dei casi furono identificate delle figure umane. L'animale più rappresentato era il cavallo, ed in ordine decrescente, il bisonte, lo stambecco, il cervo, il mammut, e la renna. E' stato notato che, i primi due animali, spesso, erano associati all'interno della stessa rappresentazione. Ma le associazioni tra soggetti potevano variare, anche notevolmente, da sito a sito. A Font-de-Gaume delle 200 immagini individuate, tra animali e simboli, 84 riguardavano soltanto bisonti. Vi sono alcuni luoghi, in cui, i segni sono numericamente più significativi, rispetto alle rappresentazioni animali. Un esempio è la grotta di Niaux, in cui i segni sono tre volte di più numerosi degli animali. Le rappresentazioni umane sono molto meno numerose. Inoltre, nella maggior parte dei casi, si tratta di esecuzioni molto sommarie, in cui è distinguibile soltanto la silhouette. Alcuni tipi di segni sono in relazione al corpo umano, perché ne riproducono alcune parti. Si tratta degli organi sessuali maschili e femminili, e gli stencil delle mani (fig. 10), riscontrabili in numero elevato; A Quercy, nei Pirenei centrali e nella Spagna Cantabrica, sono state scoperte più di 500 impronte di mani.

Gli animali disegnati, appartenevano alla fauna locale. Avvolte l'insieme dei soggetti rappresentava una scena di caccia, ed in casi molto particolari, alcuni di essi venivano trafitti da frecce o colpiti da bastoni o da boomerang (Campbell, 1990). Una scena di questo tipo fu eseguita nella grotta di "Les-Trois-Frères". Al suo interno, è stata scoperta un'intera parete ricoperta di incisioni. I soggetti (mammut, rinoceronti, bisonti, cavalli, orsi, asini, renne, ghiottoni, bue muschiati), furono inseriti in una scenografia completata da una serie di lance scagliate su di essi. In generale, bisonti e orsi erano gli animali più rappresentati nei siti Aurignaziano-Magdaleniani. Su gli orsi, in alcune occasioni, erano rappresentati anche i fori delle ferite (ibidem). Nell'Italia Meridionale il bue sostituisce il bisonte. Un caso particolare sono il salmone di Abri du Poisson ed i tonni della grotta del Genovese.

I simboli, ad eccezione di quelli a carattere sessuale, nella maggior parte dei casi non sono comprensibili. Nei periodi più antichi i simboli vulvari sono a forma di pera, mentre nel più tardo Aurignaziano diventa più comune una forma a triangolo rovesciato (fig. 5). Vi sono anche esempi di falli, alcuni incisi su pietra e uno proveniente dal rifugio roccioso di Blanchard scolpito intorno ad un corno di bisonte. Nel Magdaleniano si diffondono anche le vulve a coda di pesce, falli circoncisi e segni a punta. Nella grotta di Pech-Merle, ed in altri casi, furono disegnate file di dischi, macchie o linee (fig. 20a - 20b). Nella grotta di Fount de Gaume sono stati scoperti dei segni simili ai tetti a spiovente delle case, e per questo sono stati chiamati tectifomi (fig. 20d). In alcuni casi, questi insiemi erano così grandi e complessi da essere definì dagli esperti: "Grandi Simboli". Questi complessi di linee, in alcuni casi erano distinguibili in tre gruppi differenti (Collins, 1980). Per Giedion "tutti i grandi simboli sono deliberatamente oscuri, essi erano destinati ad essere incomprensibili a tutti tranne che agli iniziati" (ibidem).

Fatta eccezione per le rappresentazioni simboliche degli organi sessuali, le rappresentazioni umane sono estremamente rare. I soggetti maschili erano più ricorrenti su piccoli oggetti, come statue, utensili decorati o placche. Tra i rari casi pittorici vi sono gli uomini con le lance situati nelle grotte di Cognac e Pech-Merle. I soggetti femminili erano più frequenti, la Venere di Laussel è forse la più famosa (fig. 6). Le rappresentazioni femminili, soprattutto nell'arte mobiliare, avevano tutte caratteristiche simili. Erano tutte piuttosto grasse, alcune presentano i segni della gravidanza. I glutei erano grandi e molto accentuati (in alcuni casi sono steatopigie, cioè presentano un accumulo di adipe nei glutei, riscontrato nelle donne delle popolazioni boscimane). Il seno era prosperoso. I volti erano realizzati in maniera molto approssimativa. Le caratteristiche facciali erano rare, occhi, naso e bocca spesso non erano rappresentati. Le braccia snelle erano incrociate sul petto. Le cosce erano ben modellate, ma le gambe e i piedi erano raramente compresi nelle rappresentazioni. Sia i simboli sessuali che le veneri indicano un'interesse degli uomini e le donne paleolitici per la fertilità. Nel Magdaleniano l'interesse per le figure umane incominciò ad aumentare. Le figure sono spesso "piegate" o curve all'altezza della vita a forma di boomerang. La testa è rappresentate di rado e i piedi e le braccia sono ugualmente poco importanti. A quest'epoca appartengono un'importante serie di figure maschili. Tra queste soltanto alcune sono identificabili come tali, mediante la rappresentazione del pene. Alcune di loro presentano attributi animali. L'uomo di Gabillou, in Dordogna, ha le corna di bisonte, mentre lo stregone di Les-Trois-Frères ha delle corna ramificate, oltre ad una serie di altre caratteristiche animali (fig. 19). A Tuc-D'Audobert, invece, sono stati scoperti degli uomini con testa d'alce. Nel celebre sito di Lascaux, all'interno di una cripta, si trova una figura maschile distesa. La silhouette, posta in posizione orizzontale, ha il pene eretto ed un becco d'uccello. Qualcosa di simile si trova nel sito di Addura, presso il Monte pellegrino, vicino Palermo. Qui troviamo un incisione in cui viene illustrata una danza rituale comprendente: figure distese, organi sessuali in evidenza e musi a becco di uccello (fig. 36).

Anche la postura dei soggetti richiama quella degli animali, obliqua o orizzontale. Non esiste nell'arte parietale, una singola rappresentazione maschile dipinta in una posizione completamente eretta, con lineamenti facciali chiaramente umani, e comunque trattati con la stessa precisione dedicata agli animali (Collins, 1980). Secondo Giedion: "Gli uomini raffigurano se stessi solo di rado, ma gli animali costantemente, sembra che essi vogliano essere animali, non hanno alcuna arroganza nella loro umanità"(ibidem).

In Italia esistono un numero minore di grotte contenenti esempi di arte parietale. Nel Sud Italia vi è una maggiore concettrazione, soprattutto in Puglia, in Sicilia ed in Calabria. La Puglia è la regione più rappresentativa. All'interno del suo territorio si trovano: la grotta Romanelli, la prima in Italia a restituire testimonianze artistiche risalenti al paleolitico. Al suo interno è stato scoperto una gran quantità di pietre incise con motivi geometrici o zoomorfi. Le incisioni su parete più interessanti sono un bovide ed un'alce (fig. 23a e 23b), metre tra i soggetti geometrici troviamo un ciottolo dipinto con cerchi pieni di colore rosso (fig. 24). I soggetti astratti sono stati accorpati da Graziosi nello stile "mediterraneo", documentato soprattutto nell'arte mobiliare. Oltre a grotta Romanelli, altri esempi sono stati scoperti a grotta delle veneri di Parabita, grotta del cavallo presso Santa Maria di Leuca e grotta Sacara presso i laghi Alimini (Orlando, ...; Ingravallo, 2004). La grotta di Parabita è famosa anche per le due piccole statuine in osso di età gravettiana. Nella grotta Paglicci, sono presenti delle pitture parietali in ocra rossa, le uniche conosciute in Italia, tra cui tre cavalli, di cui uno rampante, associati ad impronte di mani e stencil (fig. 25 e 26). Nella grotta dei Cervi è possibile trovare vari soggetti umani ed animali stilizzati, la figura di uno stregone, e molte rappresentazioni simboliche, tra cui vi sono quelle "spiraliformi" e le impronte di mani (fig. 27 - 30). All'esterno della grotta di Santa Maria di Agnano, in cui sono state scoperte due sepolture epigravettiane, sopra una crosta stalagmitica posta all'esterno della grotta, sono stati individuati alcuni segni geometrici (fig. 31). La seconda area importante è la Sicilia, dove a partire dal 9000 a.C. fioriscono le arti figurative. Qui troviamo la grotta del Genovese, situata sull'isola di Levanzo (nell'arcipelago delle Egadi); In una grande caverna, scoperta nel 1947, accessibile soltanto attraveso un basso corridoio naturale, sono stati scoperti 4 figure umane danzanti, 10 bovidi, 12 equidi, 6 cervi e un felino (fig. 33 - 35). Sulle pendici del Monte Pellegrino, presso Palermo, nel 1953 è stato scoperto il riparo dell’Addaura. Nella scena centrale, già precedentemente illustrata, sono raffigurati nove uomini disposti in cerchio, nell'atto di intraprendere una danza rituale. Due di esse si trovano all'interno del cerchio, stese per terra, piegate in maniera innaturalmente (fig. 36). In una cavità vicina, Addaura III, sono state scoperte altre figure di uomini e di animali, che non presentano criteri compositivi. Nella Grotta Niscemi sul versante opposto del Monte Pellegrino, invece sono stati scoperti bovidi, capridi ed equidi. In Calabria, in località Papasidero (Cosenza), nella grotta di Romito, sono state scoperte diverse figure animali, tra cui quella di un bue (fig. 32). Nel Nord italia il sito più importante si trova in Valcamonica, dove, lungo il corso del fiume Oglio, sono visibili almeno 200.000 figure incise sulla roccia. I graffiti più antichi sono rappresentazioni di figure animali, per lo più cervidi, incise a semplici linee con pietre silicee (fig. 37-39). In Località Villabruna, in provincia di Belluno, pressouna sepoltura mascile epigravettina sono stati scoperti ciottoli dipinti con linee ondulate rosse (fig. ...)

 

4 - Il significato dell'arte delle caverne.

4.1 - Realtà e rappresentazione

L'arte può essere intesa come una descrizione mimetica della realtà, oppure come la volontà di esprimere un concetto simbolico-astratto. I maestri del 500 italiano, come Raffaello o Caravaggio, si sono distinti per la loro capacità di riprodurre la realtà percepita, fin nei minimi particolari. All'opposto, Picasso, Derain, Mondrian, ecc., hanno elaborato un linguaggio pittorico tendente al massimo grado di astrazione, fortemente simbolico. Oggi è difficile dimostrare, a posteriori, la capacità degli artisti paleolitici di elaborare dei concetti in chiave simbolica. Sono in molti a sostenere che, l'arte paleolitica era per chi la eseguiva soltanto un passatempo, praticato durante il tempo libero. L'artista, non faceva altro che rispondere al suo istinto "naturale" di decorare. Si trattava di "arte per l'arte", emersa dal riconoscimento da parte dell'uomo di casuali somiglianze nella natura (Pfeiffer, 1971; Collins, 1980). Probabilmente, almeno all'inizio, il significato dell'arte era quello di rappresentare la realtà. La rappresentazione, ai suoi esordi, era frutto di un processo di elaborazione analogico (imitazione delle forme che percepiamo guardando), scomposto in due fasi: percezione ed interpretazione della realtà. In questo caso, qualsiasi rappresentazione prevedeva la conoscenza della realtà oggettiva, ed allo stesso modo, la conoscenza si manifesta attraverso una rappresentazione mimetica. Successivamente, le rappresentazioni risultarono essere frutto di un'idea dell'artista, cioè della sua elaborazione della realtà in forma ideologica, utilizzando un procedimento di tipo logico. Il prodotto dell'artista si allontana da un'elaborazione naturalistica, per assumere sempre più caratteristiche antinaturalistiche e concettuali. L'arte, nel suo nuovo significato, assunse un ruolo centrale all'interno di pratiche religiose. La rappresentazione artistica aveva un forte contenuto simbolico, legato alla caccia e la procreazione (Campbell, 1990).

Se analizziamo, ad esempio, una delle categorie più ricorrenti nell'arte rupestre, il mondo animale, si vede che l'uomo tendeva ad aderire ad una descrizione di tipo analogica-naturalistica. Gli artisti adoperavano ogni tipo di accorgimento tecnico, per far si che i soggetti dipinti o scolpiti si avvicinassero alla realtà. Gli animali erano riprodotti con un impressionante cura dei particolari. L'aderenza alla realtà, sembrava dipendere esclusivamente dalle capacità artistiche. Ma un'analisi più profonda dei soggetti, dimostra la presenza di un contenuto concettuale anche in questo tipo di rappresentazioni. Infatti, esiste un legame molto forte tra il linguaggio analogico con cui sono realizzati e le manifestazioni mistico-religiose cui sono collegati.

In primo luogo, l'ossessione per il mondo animale e la scarsa volontà di autorappresentarsi o di rappresentare qualsiasi altro elemento naturale, è spiegabile soltanto se si considera l'ammirazione per gli animali, come una forma di culto o di animismo (Collins, 1980). Scrive Giedion: "La figura dell'essere umano appariva trascurabile a paragone con la bellezza e la forza della figura animale... L'auto esaltazione con cui sia l'uomo che la donna erano presentati nudi alla luce del sole nella scultura greca era totalmente inimmaginabile per l'uomo primitivo" (Collins, 1980). Nessun altro elemento appartenente alla realtà riusciva ad ottenere la stessa attenzione degli animali. Il sole, la luna, le nuvole, o qualsiasi altro elemento legato al territorio non vennero mai illustrati. Ugualmente si può di dire per il fuoco, i fulmini o l'acqua. L'uomo stesso è presente in pochissime rappresentazioni.

In secondo luogo, l'arte parietale era inserita all'interno di un contesto specifico: le grotte e i ripari. Questi luoghi, di difficile accesso e, in alcuni casi, senza la possibilità di utilizzo di una fonte di luce diretta, erano le sedi più improbabili per esecuzione di lavori artistici così impegnativi, a meno ché, non esistessero delle motivazioni culturali specifiche. È da scartare l'ipotesi secondo cui gli artisti Paleolitici fossero dei Bohemien, ribelli ed emarginati dalla società in cui vivono. Al contrario, gli artisti erano integranti in essa, e ben voluti, perché con la loro opera esprimevano le speranze e i timori dell'intera comunità. L'artista, prima di essere un abile disegnatore, era un mago potente. Le grotte decorate erano le sedi dei santuari mentre gli animali erano una rappresentazione degli spiriti che questi popoli veneravano. Secondo alcuni, tale sistema magico-religioso era sorretto da due principi complementari, identificati nelle due specie animali più rappresentati il cavallo e il bisonte (Ramirez, 1994).

 

4.2 - Percezione e rappresentazione

L'esperienza artistica, per certi aspetti, è comparabile all'esperienza della caccia. In essa vigono gli stessi processi percettivi utilizzati dall'uomo per individuazione delle tracce lasciate dalle sue prede. Come dice Brusa -Zappellini, la traccia è un indizio, "è un segno che ha un senso in sé", ma allo stesso tempo è anche "un segnale che ha un senso fuori di sé", perché aldilà della sua forma, permette di identificare la fattezze dell'animale che l'ha lasciata (Brusa -Zappellini, 2002). "L'impronta della preda evoca, dunque, qualcosa d'altro, costringe la mente a riflettere sul nesso che unisce lo spazio al tempo, l'assenza alla presenza" (ibidem). La percezione dei segnali, inducono l'osservatore ad elaborare una realtà fittizia, senza la quale è impossibile impostare le proprie strategie di caccia. L'artista-stregone opera come un cacciatore. Egli però non deve trovare degli indirizzi materiali su di un'azione avvenuta in passato, deve, invece, trovare delle forme in grado di assumere l'aspetto dell'animale da rappresentare, egli si avvale della "capacità evocativa delle linee e dei volumi di creare un riconoscimento fittizio, di carattere illusorio" (ibidem). Soltanto successivamente, quando avrà soddisfatto questo primo principio, darà inizio all'opera. All'origine dell'arte vi è quindi un "attitudine proiettivo-fantastica dell'immaginazione" utilizzata in maniera differente dal cacciatore e dall'artista-stregone (ibidem). La scelta di simulare la realtà attraverso la natura, risultava essere doppiamente suggestiva quando, per realizzare le proprie opere, venivano scelti corridoi contorti e oscuri all'interno di grotte naturali. La sensazione che si provava immergendosi in tali luoghi, non era soltanto di caratteristica illusorio. "Nella mentalità primitiva, fortemente animistica, le analogie formali dovevano evocare, nello spazio magico delle infinite fluttuazioni visive, osmosi e metamorfosi continue" tra il mondo animale e quello minerale (ibidem). La mano dell'artista, attraverso il ritocco dei contorni, oltre a riprodurre degli elementi del mondo reale voleva anche celebrare l'unione dei mondi naturale e minerale, attraverso una prospettiva animistica. Il processo di creazione artistico doveva essere suddiviso in tre fasi: "a) il riconoscimento isomorfo affidato all'intuizione del momento; b) il ritocco teso a sottolineare l'avvenuto riconoscimento; c) l'attività figurativa vera e propria che cristallizza, nell'immagine dipinta, l'apparizione fissandola nel tempo" (ibidem). Esistono numerosi esempi di adattamento dei soggetti alle forme della natura. Nella Grotta di Altamira, sono stati realizzati due bisonti sfruttando due grandi sporgenze ovali della volta rocciosa (fig. 21). A Rouffignac dei serpenti sono stati realizzati partendo dalle fratture naturali della parete. Nella Grotta di Niaux, una testa di cervo è stata realizzata partendo da una cavità naturale completata con l'aggiunta delle corna. A Lascaux, invece è stato realizzato un branco di cervi, che sembrano emergere dall'acqua mentre attraversano un fiume, in questo caso la rocca è stata utilizzata per simulare l'acqua del fiume (fig. 22).

 

4.3 - Il gesto artistico. Un confronto con l'arte contemporanea

Il grande maestro Fontana, nel suo Manifesto Blanco, scrisse che, il "gesto" e l'invenzione artistica nell'arte sono più importanti del suo contenuto materiale, essi sono: "gli unici atti di eternità possibili per l'uomo". Secondo Fontana, l'arte diventa eterna attraverso il significato che vuole tramandare, non attraverso le tecniche con cui è realizzato. La stessa cosa si potrebbe dire per l'arte paleolitica, Essa dovrebbe essere analizzata per i suoi significati e non per l'abilità tecnica con cui è realizzata. l'arte preistorica presenta molte analogie con le opere degli artisti contemporanei. Guardando meglio, sembra che "Concetto spaziale. Attese" dialoghi perfettamente con molte delle opere segni che primitive, anzi, potrebbe essere una loro naturale evoluzione. Nel quadro di Fontana, il gesto rapito che taglia la tela, sembra offrire la possibilità di oltrepassare la dimensione abituale, per essere proiettati all'interno di un mondo fantastico (Mirolla, Gallo, Zucconi, 2002). Ma questo non è, anche, lo scopo dell'arte paleolitica? Non c'è dubbio. Le figure, i segni e i luoghi esprimono, tutti, la volontà degli uomini paleolitici di varcare quella soglia. Quando gli uomini paleolitici incidevano la roccia dura, esprimevano la stessa volontà di oltrepassare la materia, lo spazio conosciuto? È possibile. In alcuni casi, il linguaggio utilizzato è raffinato, come ad Altamira e Lascaux, in altri è sintetico e sgraziato, in altri casi ancora è essenziale e misterioso, come quando vengono utilizzati dei segni. Le soluzioni tecniche impiegate, in alcuni casi, sono così innovative che, gli artisti-stregoni che le hanno inventate dimostrano di essere dei precursori degli artisti delle avanguardie. Il cinghiale della grotta di Altamira (fig.17) ad esempio, è stato disegnato con otto rampe, anziché quattro. Questo espediente venne adottato perché l'esecutore voleva rappresentare l'animale in movimento. Se confrontiamo questo soggetto con "Il ciclista" di Natalija Goncarova, un esponente del cubofuturismo russo, riconosciamo l'utilizzo di una tecnica simile per descrivere la velocità ed il movimento. Esaminando la tecnica pittorica del bisonte di Marsualas (fig. 17b), notiamo l'utilizzo di una tecnica che si basa su un principio scoperto dagli impressionisti, ed utilizzato nella forma più estrema dai divisionisti e dai fauves. Gli impressionisti avevano scoperto che, se due colori venivano stesi puri sulla tela, attraverso dei piccoli tocchi, questi ad una certa distanza risultavano fusi insieme, un esempio classico dell'utilizzo di questa tecnica nell'ottocento è "Grenouillère" di Monet (Cioffi, Finocchi Ghesi,Picone, Zucconi, 2000). I Fauves, successivamente, utilizzarono lo stesso principio, separando in maniera più marcata i colori, "Barche a Collioure" di Derain e "Lusso, calma e voluttà" di Matisse costituiscono un esempio dell'evoluzione estrema della tecnica divisionista. Gli artisti-stregoni, in alcuni casi, dimostravano di conoscere già questo principio, anche se espresso in maniera monocromatica. un ultimo esempio, può essere attinto dall'arte mobiliare, si tratta della venere di Ostrava (27.000). Una piccola statuina femminile in ematite, di cui ci è giunto soltanto il tronco, alta 5 cm. Scoperta nel sito Gravettiano di Ostrava-Petrkovice in Moravia, nella Repubblica Ceca. Guardandola con attenzione, emerge una similitudine clamorosa con uno dei dipinti simbolo dell'arte delle Avanguardie. Si tratta di "Les Demoiselles d'avignon" di Pablo Picasso. in questa opera, le figure vengono scomposte e ricomposte in un insieme di frammenti che seguono prospettive differenti (Mirolla, Gallo, Zucconi, 2002). La Venere di Ostrava sembra dare fattezze reali alle damigelle rappresentate nell'opera manifesto del cubismo. Tale somiglianza diventa ancora più sbalorditiva se si pensa che le due opere sono state eseguite a 25.000 anni di distanza.

 


 

 

 

Fig.1, Il pesce della grotta di Abri du Poisson

 

Fig. 2 particolare della raffigurazione di Roc de Sers; fig. 3 Bovini selvatici di Fourneau du Diable.

 

Fig. 4, cavallo di Camp blanc; fig. 5, figure femminili di Angles-sur-L'Anglin.

 

Fig. 6, Venere di Laussel


 

Fig. 7a - 7b, incisioni della grotta di Chabot;

 

Fig. 8a - 8b, incisioni della grotta di Pech Merle;

 

Fig. 8c, testa d'orso della grotta di Pech Merle; fig. 9, testa di cervo della grotta di Pergouset;

Fig. 10, particolare della testa del cavallo di Lascaux, fig. 11, particolare della testa di toro di Maie de Taijat.

 


 

fig. 12, stencil con inchiostro nero; fig. 13, cavallo e mani della grotta di Pech Merle

 

Fig. 14 un bisonte di Font de Gaume; fig. 15, un cervo di Lascaux;

Fig. 16, dipinto rappr. alcuni animali a Pech Merle; fig. 17a, cingliale della grotta di Altamira.

fig. 17b, bisonte di Marsualas.

 


 

Fig. 18, bisonti di Tuc d'Audoubert, fig. 19, Stregone di Les Trois Frères

 


 

Fig. 20a - 20b, serie di dischi realizzati a Pech Merle.

Fig.20c, figure tectiformi di Fout de Gaume; fig. 20d, simboli dipinti nella grotta di Niaux.

Fig. 20e, 20f, 20g, 20h, Simboli dipinti nella grotta di Lascaux.

 


 

Fig. 21, tori della grotta di Altamira; fig. 22 cervi della grotta di Lascaux


Fig. 23a e 23b, figura di bovide e di alce di Grotta Romanelli; Fig. 24 ciottolo geometrico della grotta Romanelli.

fig. 25, cavallo di grotta Paglicci, fig. 26 impronte di mani.

Grotta cervi: fig.27, figure umane; fig. 28 segni geometrici; fig. 29, stregone; fig. 30 simbolo spiraliforme.

 

fig. 31, segni geometri della grotta di Santa Maria di Agnano; fig. 32, bue della grotta di Romito

Grotta del Genovese: fig. 33, varie figure umane e animali; fig. 35, figura umana stilizzata.

fig. 36, danza rituale del riparo di Addaura.

fig. 37 e 38, figure umane e animali in località Capo di ponte.

fig. 39, cervi della Valcamonica; fig. Sasso dipinto del Riparo Villabruna (Belluno).

 

 


fig. 40, Lucio fontana, Concetto Spaziale. Attese

fig. 41, Natalija Goncarova, il ciclista (1913)

fig. 42, Henri Matisse, Lusso, calma e voluttà (1904-1905)

fig. 43, Venere di Ostrava; fig. 44, Pablo Picasso, Les demoiselles d'Avignon (1907).


Fig. 45, particolare di un rilievo in arenaria dipinta, Nuovo regno, XIX dinastia (Metropolitan Museum of Art, New York); fig. 46,  particolare di un rilievo con il faraone Tolomeo VIII e Cleopatra, (Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, Berlino);  fig. 47, particolare di un rilievo in calcare, Nuovo Regno, XIX Dinastia, (Museum of Archaeology and Anthopology, Philadelphia).

Fig. 48, Particolare di anfora a figure rosse, del pittore di Cleofrade (Antikensammlungen, Monaco); fig. 49, Particolare di Coppa Ateniese a figure rosse (British Museum, Londra); fig. 50, particolare di Anfora corinzia (Louvre, Parigi); fig. 51, Particolare di uno scudo in bronzo.

Fig. 52, Particolare di Cratere Ateniese (Museo nazionale, Atene)

 


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