1 - L'origine della cultura

Le teorie evoluzioniste ebbero una rapida diffusione dopo la publicazione nel 1859 del libro di Darwin, l'origine della specie. La comunità scientifica non fece fatica ad aquisire nel proprio bagaglio teorico l'evoluzione biologica. Quando però, la discussione si spostò sull'evoluzione culturale dell'uomo, il dibattito diventò molto acceso. Non tutti erano disposti ad ammettere che gli uomini occidentali, un tempo erano vissuti allo stesso modo dei selvaggi che tanto disprezzavano. Il primo libro che affrontò questo argomento fu Prehistoric Times di Sir John Lubbock del 1865. Le idee di Lubbock e degli altri studiosi evoluzionisti collidevano con la tradizione biblica, inquanto accettava una visone della storia umana evoluta per stadi di sviluppo. La tradizione biblica faceva risalire l'origine dell'uomo al 4004 a.C., una data troppo recente per poter concordare con gli studi sulla preistoria di fine ottocento. Ma l'idea che il passato dell'uomo fosse più remoto della tradizione biblica, non venne cancellata facilmente, anzi venne fortemente osteggiata. Tuttavia i progressi degli studi sulla preistoria spostavano continuamente all'indietro la data della nascita del genere umano. Ad esempio, Morlot in svizzera stabilì che le comunità più antiche stabilitesi a Ginevra risalivano ad almeno 7000 fa mentre il signor Horner stabilì che in Egitto il neolitico era cominciato almeno 13.000 anni fa (Daniel, 1968). Sir Charles Lyell stabilì che i depositi di utensili in selce ed ossa animali delle Somme non avevano meno di centomila anni ed infine Gabriel de Mortillet fissò l'inizio dell'età della pietra a 230.000 240.000 anni fa (idem). Il sistema delle Tre Età di Thomsen, successivamente portato a quattro da Lubbock, divenne l'ossatura delle teorie sull'evoluzione culturale, esse erano: Paleolitico, Neolitico, Bronzo e Ferro. Successivamente il paleolitico venne suddiviso in vari stadi: chelleano, acheuleano, musteriano, solutreano, magdaleniano. Tali stadi avevano caratterizzato la storia di tutti i popoli della terra, vi era cioè una visione unilineare, così come era accaduto con l'evoluzione biologica. Nel 1867 a Parigi si ebbe una grande esposizione internazionale. Nella Galerie de l'Histoire du Travail vennero esposti i materiali preistorici proveniente da tutto il mondo, il pubblico entro per la prima volta in contatto con questi resti del passato più remoto. Parallelamente il dibattito si sposto gradualmente a favore delle teorie evoluzioniste. L'evoluzione culturale era riconosciuta come parallela e progressista, cioè ogni popolo evolveva culturalmente seguendo le stesse tappe ed ogni acquisizione verso l'alto diventava definitiva. Ma nel 1875 la figlia di Marcellino de Sautuola, impegnato nella caverna di Altamira sui Monti Cantabrici di Spagna, scavare scoprì per caso i dipinti policromi in essa contenuti. Tale scoperta fornì la prova dell'esistenza dell'Arte nel Paleolitico Superiore in Spagna, sconvolgendo le teorie sull'uniformità del progresso evolutivo del genere umano. Si fece invece avanti l'idea che una parte dell'umanità fosse ad un certo punto regredita. Anche Tylor, che era un progressista, in Primitive Culture, ammise che "la cultura conquistata su una scala di progresso può andar perduta per un processo di degradazione" (ibidem). Ancora, Arthur Mitchell, negli anni '70 scrisse: "Entro il campo della storia ... le degenerazioni si riscontrano tanto in razze che sono in stato di alta civiltà, quanto in razze che sono in stato di bassa civiltà. In altri termini, i selvaggi diventano più selvaggi, così come le genti altamente civili diventano meno civili. Degradazione e sviluppo si incontrano parimenti nell'arco della storia, e stando così le cose, ci può essere una ragione sufficiente per concludere che non si siano verificati ambedue anche al di là di quell'arco?" (ibidem). I dipinti di Altamira, troppo belli per essere primitivi, vennero considerati un falso dalla maggior parte degli studiosi. Le cose andarono diversamente per l'arte mobiliare o domestica. Nel 1864 Lartet e Christy, pubblicarono un articolo sulla "Revue Archéologique", dimostrando che gli uomini del Paleolitico Superiore erano in grado di scolpite ed incidere piccoli oggetti. Il loro lavoro si basava sullo studio di ossa e pietre lavorate scoperte in Dordogna e nei Pirenei. Lentamente venne accettata l'idea che anche i popoli paleolitici erano in grado di essere artisti. Ma i dipinti di Altamira presupponevano delle qualità che andavano aldilà dell'abilità manuale, i tempi non erano ancora maturi per l'accettazione dell'idea che i "primitivi" fossero anche in grado di manifestare un pensiero superiore. Nel 1880 vennero scoperte altri disegni nella caverna di Chabot nell'Ardèche, in Francia. Nel 1895 altre pitture ed incisioni vennero trovate anche a La Mouthe, presso Les Eyzies, nella Dordogna. Nel 1896 vennero pubblicati dei disegni di animali provenienti dalla caverna di Pair-non-Pair, nella Gironda. Agli inizi del nuovo secolo risulto evidente che l'arte paleolitica era una realtà consolidata in molti luoghi, tra la Francia e la Spagna. Le pitture di Altamira non erano dei falsi. Gabriel de Mortillet, a proposito delle nuove scoperte, disse: "C'est l'enfance de l'art, ce n'est l'art de l'enfant" (ibidem). Le scoperte continuarono anche nei primi anni del novecento. Nel 1901 avvenne la scoperta dei siti di Les Combarelle e di Font de Gaume. Fu così che nel 1902 venne organizzato un comitato scientifico dalla Association française pour l'avancement des sciences, una commissione visitò i siti francesi La Mouthe, Les Combarelles e Font de Gaume. L'arte paleolitica venne riconosciuta a livello internazionale. Emile Cartailhac, decano di archeologia preistorica in Francia, pubblicò un articolo intitolato "Mea Culpa di uno scettico", nella quale rivedeva il suo punto di vista sull'arte del Paleolitico Superiore, accettandola (ibidem). Tale processo fu particolarmente lento, perchè contraddiceva l'idea vittoriana di evoluzione, come progresso e sviluppo similare. Questo fenomeno riguardava un'area molto ristretta che comprendeva parte della Francia e la Spagna Cantabrica (oggi sappiamo che anche in Italia esistono casi di arte delle caverne). In oltre, dopo un certo periodo, queste abilità scomparvero dal patrimonio culturale degli uomini, per ricomparire soltanto dopo molte migliaia di anni (ibidem). I due capisaldi dell'evoluzionismo, visto come un fenomeno unitario e progressista, vennero messi fortemente in discussione. L'idea che presupponeva una documentazione archeologica uguale dappertutto, perché supportata dalla teoria dello sviluppo su linee parallele, e quindi su una comune preistoria dell'umanità, subì un duro colpo (ibidem). Anche accettando l'idea che tutti i popoli fossero passati attraverso i vari stadi, soltanto alcuni dimostravano di possedere delle capacità artistiche simili a quelle di La Mouthe, Altamira e Font de Gaume. Si faceva avanti l'idea di una "fioritura regionale delle culture". "La preistoria stava diventando ora una registrazione di imprese culturali disposte in colonne parallele anzichéin una successione evolutiva" (ibidem). Ma se l'evoluzione culturale non era un fenomeno uniformabile alle leggi allo sviluppo biologico, come avvenivano i cambiamenti e le differenze culturali? nacque l'idea che i cambiamenti, non avvenissero attraverso un'unità organica o superorganica dell'evoluzione, ma che le idee venissero importate dall'esterno, cioè per diffusione. Abbandonato il progresso monolineare, i cambiamenti culturali venivano spiegati attraverso influenze esterne (ibidem). Prevale un orientamento multilineare accomunato però da un'unica origine. Da tale principio ebbero origine le teorie iperdiffusiniste e degenerazioniste di Elliott Smith. Ma le teorie di uno sviluppo per stadi non scomparvero completamente. Tra il 1839 e 1840, Frederick Chatherwood e John Lloyd Stephens scoprirono nello Yucatan le città perdute dei Maya. Queste civiltà erano la prova, secondo alcuni che la possibilità di un'evoluzione indipendente e parallelo era concreta. Well Jakeman, disse: "L'evoluzione della civiltà Maya in indipendenza apparentemente completa dai grandi complessi culturali dal Vecchio Mondo suggerisce che la sua separata ricostruzione storica può rivelare linee parallele di conferma per stabilire le principali cause che stanno dietro il sorgere e il decadere delle nazioni e per le leggi del progresso umano" (Jekeman, 1945).

Nè la diffusione, nè l'evoluzione [sono un errore] come spiegazione dei cambiamenti culturali... L'errore è costituito nella strana interpretazione dei cambiamenti culturali nei termini di una sola di queste spiegazione, portata a fanatismi ossessivi (Daniel, ...).

 

4.1 - Il ruolo della cultura nella storia. L'antropologia tra animismo e totemismo

Durante questo periodo l'umanità progredì, effettuando un grande balzo evolutivo. La cultura fu la manifestazione più bella, e straordinaria di questo processo. Essa, non fu soltanto il risultato di un progresso economico-sociale, ma ebbe anche un ruolo attivo in tale avanzamento. Come osserva Cavalli Sforza: "La cultura può essere considerata un meccanismo di adattamento all'ambiente straordinariamente efficiente. L'adattamento all'ambiente per via genetica è molto lento, specialmente per gli organismi come l'uomo che si riproducono con grande lentezza... [Ma la] caratteristica della cultura è ... di diffondersi rapidamente a tutta la popolazione" (Cavalli Sforza 2004). La forza della cultura consiste nella capacità di diffondersi rapidamente, grazie la capacità acquisita dall'uomo di parlare e comunicare con gli altri. Tali capacità, rese standardizzate e ripetitive, diedero origine al comportamento rituale, dal contenuto magico-religioso, che moltiplicarono gli effetti della comunicazione. "Dato che la comunicazione fra membri di una società è molto importante, i comportamenti che rendono più coesa e più efficiente una società hanno una certa tendenza a diffondersi nel gruppo, rendendolo culturalmente piuttosto omogeneo" (Cavalli Sforza 2004)

La cultura di un popolo, o la sovrastruttura, non nasce spontaneamente, essa dipende dalla struttura economica, che in ogni società, di volta in volta, si determina. Come dicono Marx ed Engels, "non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza" (Marx-Engels 1845-46). Ed ancora, "l'insieme [dei] ... rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrattuttura giuridica e politica [e religiosa] e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale" (Marx 1859).

Nelle società paleolitiche, Il "modo di produzione" condizionava tutti gli aspetti della vita sociale. Gli uomini e le donne creavano miti e tradizioni, in cui, caccia e fertilità erano temi ricorrenti. Ogni aspetto della vita quotidiana ne era fortemente influenzato. I primi Antropologi che tentarono di ricostrure questo rapporto, vissero nel XIX secolo, tra questi Edward B. Tylor, fu il più importante. I suoi studi, sintetizzati nel libro "Cultura primitiva", misero in evidenza una tendenza, profondamente radicata nelle società dei cacciatori-raccoglitori, che chiamò animismo. Con tale parola intendeva descrivere la tendenza in tali popoli a credere nelle anime e negli esseri spirituali. Gli uomini erano portati ad associare ad ogni oggetto, anche quelli inerti, un anima. La convinzione dell esistenza di un "doppio", secondo Tylor, si era generata attraverso l'esperienza del sogno, e tramite esso, si era giunti alla convinzione che l'anima poteva condurre un'esistenza indipendente dal corpo, nella vita come nella morte (Tylor 1920). Secondo l'interpretazione erronea di Tylor, gli uomini attribuirono tali qualità agli oggetti, e soltanto successivamente, estesero le loro credenze a tutti gli esseri viventi ed i fenomeni naturali che colpivano la loro immaginazione. "Animali, piante e oggetti vennero in tal modo dotati di un'anima che, potendosi distaccare dei corpi ai quali apparteneva, diede origine alla nozione ancora più astratta di spirito, una entità del tutto autonoma e priva di sostanza materiale" (Fabietti 2001). Egli inoltre, altrettanto erroneamente, pensava che tali credenze si sviluppassero negli uomini "individualmente", come una risposta ascientifica, agli eventi naturali, dando nessuna importanza, all'influenza della struttura economica e della collettività nella formazione dei miti. Il primo contributo in tal senso venne dato da William Robertson Smith, studioso delle tradizioni degli antichi ebrei e dei arabi preislamici. Egli sosteneva, diversamente dai suo conteporanei, che le origini delle credenze religiose non dovevano essere ricercate nell'attitudine riflessiva dell'uomo "primitivo", ma nelle sua tendenza a socializzare e nell'attitudine a vive in maniera collettiva l'attività rituale (Fabietti 2001). L'idea di Smith era che le religioni primitive, non avessero avuto origine dall'esigenza di comprendere la realtà, ma dal carattere collettivizzante dei riti e i simboli ed essi correlati. Riti e simboli, secondo Smith, erano l'espressione dei rapporti politici e sociali degli uomini. La loro natura era sociale e costituivano un elemento di coesione della società. In sintesi, nell'interpretazione di Smith, "la religione di un uomo è un elemento integrante delle sue relazioni politiche" (Smith 1889). La religione avava lo scopo fondamentale di regolarizzare i rapporti sociali poichè, attraverso l'adesione alle pratiche collettive, gli individui si conformavano alle regole della società. Tale attività inoltre, essendo periodica, tendeva a rofforzare in ogni partecipante il senso di appartenenza al gruppo sociale, aumentandone la coesione (Fabietti 2001). Agli inizzi del XX secolo Émile Durkheim diede una nuova interpretazione del rapporto tra società e religione...

L'organizzazione sociale delle società primitive più complesse, prevedeva per ogni fase della vita umana dei "riti di passaggio" (Van Gennep 1981). I rituali, suddivisi da Van Gennep in tre fasi ...Tra questi avevano particolarmente importanza quelli legati al superamento della pubertà. Tutti i rituali di passaggio, e probabilmente anche quelli legati alla caccia, escudevano i membri dell'altro sesso. Inoltre, il prodotto dell'attività collettiva veniva ripartito, non in maniera egualitaria, ma in base a delle regole sociali, che penalizzavano i più giovani ed i membri dell'altri sesso. Tale comportamento, evidenzia una rigida divisione per classi, in cui, una minoranza (un gruppo di anziani, un capo e la sua famiglia, un manipoli di cacciatori, un gruppo di donne) condiziona il comportamento dell'intera società. Come osservano K. Marx e F. Engels, "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante" (Marx-Engels 1845-46), ed ancora, "Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee" (Marx-Engels 1845-46). La formazione di società matriarcali contemporaneamente a quelle patriarcali furono l'origine del "dimorfismo culturale" in Europa, che scomparì, soltanto quando, le società matriarcali si estinsero.

Nelle società patriarcali crebbe l'influenza degli anziani, visto che rispetto al passato, ricevavano maggiore protezione all'interno del gruppo. Grazie all'invenzione della caccia grossa e della caccia complessa, Il prodotto della caccia divenne più abbondante. I grossi mammiferi o le grandi mandrie, fornivano carne sufficiente a sfamare anche le fasce deboli della società. Durante questa fase dell'evoluzione umana, il numero degli individui anziani rispetto ai giovani crebbe costantemente, ma all'inizio del paleolitico superiore tale rapporto aumentò di cinque volte. Si profilò la possibilità, per più generazioni, di convivere insieme nello stesso spazio e tempo. Forse, il ruolo degli agli anziani, memoria e tradizione dell'intero gruppo, acquisto più prestiggio. Nelle società magdaleniane, tale patrimonio culturale, divenne la base per la creazione di rituali magico-propiziatori. In essi, lo sciamano, spesso un anziano del villaggio, divenne una figura di primo piano.

 

5 - Cultura ed arte nell'evoluzione umana

La cultura è ... Essa, non fu soltanto il risultato di un progresso economico-sociale, ma ebbe anche un ruolo attivo in tale avanzamento. Come osserva Cavalli Sforza: "La cultura può essere considerata un meccanismo di adattamento all'ambiente straordinariamente efficiente. L'adattamento all'ambiente per via genetica è molto lento, specialmente per gli organismi come l'uomo che si riproducono con grande lentezza... [Ma la] caratteristica della cultura è ... di diffondersi rapidamente a tutta la popolazione" (Cavalli Sforza 2004). La forza della cultura consiste nella capacità di diffondersi rapidamente, grazie la capacità acquisita dall'uomo di parlare e comunicare con gli altri. Tali capacità, rese standardizzate e ripetitive, diedero origine al comportamento rituale, dal contenuto magico-religioso, che moltiplicarono gli effetti della comunicazione. "Dato che la comunicazione fra membri di una società è molto importante, i comportamenti che rendono più coesa e più efficiente una società hanno una certa tendenza a diffondersi nel gruppo, rendendolo culturalmente piuttosto omogeneo" (Cavalli Sforza 2004)

La cultura di un popolo, o la sovrastruttura, non nasce spontaneamente, essa dipende dalla struttura economica, che in ogni società, di volta in volta, si determina. Come dicono Marx ed Engels, "non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza" (Marx-Engels 1845-46). Ed ancora, "l'insieme [dei] ... rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrattuttura giuridica e politica [e religiosa] e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale" (Marx 1859).

 

vecchia versione

4.2 - L'antropologia tra animismo e totemismo.

Sui legami con totemismo e sciamanismo si è dimostrato scettico André Leroi-Gourham che pur riconoscendo simbolismi di carattere religioso in senso generale, li considerava connessi soprattutto alla vita sessuale del gruppo tribale.

 

Nelle società paleolitiche, Il "modo di produzione" condizionava tutti gli aspetti della vita sociale. Gli uomini e le donne creavano miti e tradizioni, in cui, caccia e fertilità erano temi ricorrenti. Ogni aspetto della vita quotidiana ne era fortemente influenzato. I primi Antropologi che tentarono di ricostrure questo rapporto, vissero nel XIX secolo, tra questi Edward B. Tylor, fu il più importante. I suoi studi, sintetizzati nel libro "Cultura primitiva", misero in evidenza una tendenza, profondamente radicata nelle società dei cacciatori-raccoglitori, che chiamò animismo. Con tale parola intendeva descrivere la tendenza in tali popoli a credere nelle anime e negli esseri spirituali. Gli uomini erano portati ad associare ad ogni oggetto, anche quelli inerti, un anima. La convinzione dell esistenza di un "doppio", secondo Tylor, si era generata attraverso l'esperienza del sogno, e tramite esso, si era giunti alla convinzione che l'anima poteva condurre un'esistenza indipendente dal corpo, nella vita come nella morte (Tylor 1920). Secondo l'interpretazione erronea di Tylor, gli uomini attribuirono tali qualità agli oggetti, e soltanto successivamente, estesero le loro credenze a tutti gli esseri viventi ed i fenomeni naturali che colpivano la loro immaginazione. "Animali, piante e oggetti vennero in tal modo dotati di un'anima che, potendosi distaccare dei corpi ai quali apparteneva, diede origine alla nozione ancora più astratta di spirito, una entità del tutto autonoma e priva di sostanza materiale" (Fabietti 2001). Egli inoltre, altrettanto erroneamente, pensava che tali credenze si sviluppassero negli uomini "individualmente", come una risposta ascientifica, agli eventi naturali, dando nessuna importanza, all'influenza della struttura economica e della collettività nella formazione dei miti. Il primo contributo in tal senso venne dato da William Robertson Smith, studioso delle tradizioni degli antichi ebrei e dei arabi preislamici. Egli sosteneva, diversamente dai suo conteporanei, che le origini delle credenze religiose non dovevano essere ricercate nell'attitudine riflessiva dell'uomo "primitivo", ma nelle sua tendenza a socializzare e nell'attitudine a vive in maniera collettiva l'attività rituale (Fabietti 2001). L'idea di Smith era che le religioni primitive, non avessero avuto origine dall'esigenza di comprendere la realtà, ma dal carattere collettivizzante dei riti e i simboli ed essi correlati. Riti e simboli, secondo Smith, erano l'espressione dei rapporti politici e sociali degli uomini. La loro natura era sociale e costituivano un elemento di coesione della società. In sintesi, nell'interpretazione di Smith, "la religione di un uomo è un elemento integrante delle sue relazioni politiche" (Smith 1889). La religione avava lo scopo fondamentale di regolarizzare i rapporti sociali poichè, attraverso l'adesione alle pratiche collettive, gli individui si conformavano alle regole della società. Tale attività inoltre, essendo periodica, tendeva a rofforzare in ogni partecipante il senso di appartenenza al gruppo sociale, aumentandone la coesione (Fabietti 2001). Agli inizzi del XX secolo Émile Durkheim diede una nuova interpretazione del rapporto tra società e religione...

 

L'organizzazione sociale delle società primitive più complesse, prevedeva per ogni fase della vita umana dei "riti di passaggio" (Van Gennep 1981). I rituali, suddivisi da Van Gennep in tre fasi ...Tra questi avevano particolarmente importanza quelli legati al superamento della pubertà. Tutti i rituali di passaggio, e probabilmente anche quelli legati alla caccia, escudevano i membri dell'altro sesso. Inoltre, il prodotto dell'attività collettiva veniva ripartito, non in maniera egualitaria, ma in base a delle regole sociali, che penalizzavano i più giovani ed i membri dell'altri sesso. Tale comportamento, evidenzia una rigida divisione per classi, in cui, una minoranza (un gruppo di anziani, un capo e la sua famiglia, un manipoli di cacciatori, un gruppo di donne) condiziona il comportamento dell'intera società. Come osservano K. Marx e F. Engels, "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante" (Marx-Engels 1845-46), ed ancora, "Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee" (Marx-Engels 1845-46). La formazione di società matriarcali contemporaneamente a quelle patriarcali furono l'origine del "dimorfismo culturale" in Europa, che scomparì, soltanto quando, le società matriarcali si estinsero.

Nelle società patriarcali crebbe l'influenza degli anziani, visto che rispetto al passato, ricevavano maggiore protezione all'interno del gruppo. Grazie all'invenzione della caccia grossa e della caccia complessa, Il prodotto della caccia divenne più abbondante. I grossi mammiferi o le grandi mandrie, fornivano carne sufficiente a sfamare anche le fasce deboli della società. Durante questa fase dell'evoluzione umana, il numero degli individui anziani rispetto ai giovani crebbe costantemente, ma all'inizio del paleolitico superiore tale rapporto aumentò di cinque volte. Si profilò la possibilità, per più generazioni, di convivere insieme nello stesso spazio e tempo. Forse, il ruolo degli agli anziani, memoria e tradizione dell'intero gruppo, acquisto più prestiggio. Nelle società magdaleniane, tale patrimonio culturale, divenne la base per la creazione di rituali magico-propiziatori. In essi, lo sciamano, spesso un anziano del villaggio, divenne una figura di primo piano.

 

 

Bibliografia

Campbell J, Mitologia Primitiva. Le maschere di Dio, Arnoldo Mondadori Editore, 1990.

Cavalli Sforza L. L., L'evoluzione della cultura, Codice edizioni, Torino, 2004.

Collins D., L'avventura della preistoria. Viaggio nel passato dell'uomo dalla scimmia all'artista, Newton compton Editori, 1980.

Fabietti U., Storia dell'antropologia, Zanichelli editore, Bologna, 2001.

Marx K., Per la critica dell'economia politica, Editori riuniti, 1957 - Ed. or. 1859.

Marx K. e Engels F., L'ideologia tedesca, Editori riuniti, 1958 - Ed. or. 1845 - 46.

Pfeiffer J. E., La nascita dell'uomo, Arnoldo Mondadori Editore, 1971.

Rodriguez P., Dio è nato donna, Editori Riuniti.

Smith, Robertson W., Lectures on the Religion of Semites, Schocken Books, New York, 1972 - Ed. or. 1889, (citato in: Fabietti, Storia dell'antropologia, Zanichelli editore, Bologna 2001).

Tylor E. B., Primitive Culture, Brentano, New York, 1920 (citato in: Fabietti, Storia dell'antropologia, Zanichelli editore, Bologna 2001).

Van Gennep A., I riti di passaggio, Boringhieri, Torino 1981 - Ed. or. 1909 (citato in: Fabietti, Storia dell'antropologia, Zanichelli editore, Bologna 2001).