NOTTI D’ESTATE

 

Che bella l’estate, la stagione delle sere passate

a chiacchierare davanti casa seduti sui gradini della

casa di Gheo, con il sottofondo dei grilli e delle

rane a sovrastare il raro rumore delle

auto che transitavano lungo la provinciale.

Che calda l’estate, una canottiera a righe, un paio

di pantaloncini corti ed il calore che saliva dall’asfalto

della strada riscaldato per tutto il pomeriggio

dal sole implacabile di luglio.

Che magica l’estate, con il suo palcoscenico di migliaia

di  lucciole a fare da contrappunto alle stelle nel cielo

blu notte, per nulla offuscato dalla luce dei tre lampioni

pubblici del villaggio.

Questa stagione era la preferita dai bambini

di Case Nuove, durante tutto il resto dell’anno erano

sempre le stesse facce ad incontrarsi nelle stanze

della scuola elementare e nei corti pomeriggi ventosi,

da luglio in poi invece, cominciavano ad arrivare

nuovi personaggi alla ribalta del paese, tutti

provenienti dalle città in cui si erano trasferiti a

lavorare tempo prima, e con un nutrito stuolo di

figli al seguito: ecco quindi Cristina, Raffaella Paola

e Tatiana da Como,  Pia e Marta da Roma, Roberto,

Katia e Silvia addirittura da Parigi, Fabio da Milano

ecc. ecc.

Naturalmente l’età variava da pochi anni ad una decina,

ma ciò non ci impediva di giocare tra di noi, incuranti

dell’abissale differenza di lustri a carico, e comunque

sempre pronti a fare qualche dispetto ai più piccoli.

Il divertimento preferito era giocare a “tana”

che sarebbe poi il più prosaico nascondino, ed i posti

in cui  eclissarsi, per non essere trovati, erano

talmente tanti che a volte una conta poteva

andare avanti anche per una mezz’ora buona.

Non che la cosa ci dispiacesse, ma avremmo

preferito che, uno alla volta, potessero stare tutti

al palo.

Dato che potevamo rimanere alzati fino a tardi,

a volte organizzavamo un vero e proprio

“festival della canzone casenuovese”, e dopo

le prime note, urlate a squarciagola, dell’ultimo successo

di Caterina Caselli o di Milva, anche i nostri

genitori pian piano accorrevano ad assistere a

quello spettacolo che il più delle volte risultava

però essere soltanto un’accozzaglia di stecche

e stonature madornali.

La voglia di esibirci ci incoraggiava però a proseguire

nella storpiatura dei romantici testi, e soprattutto le

bambine si atteggiavano come vere e proprie cantanti,

dondolandosi a destra e sinistra e sollevando il bordo

delle gonnelline a scoprire le ginocchia perennemente

graffiate e insanguinate.

Quando la serata prometteva bene, e lo spettacolo 

risultava particolarmente gradito ai grandi,

poteva anche succedere che ci venisse regalato

un fresco ghiacciolo al limone o alla menta,

comprato per dieci lire all’osteria dell’Esterina,

oppure un più gustoso “fragolino” o addirittura una

“banana” con la copertura di cioccolato fondente.

Occorreva mangiarlo molto lentamente,

succhiando anche le più piccole gocce che il caldo

della sera faceva colare lungo lo stecchetto di legno.

I gelati da noi, venivano portati infatti, soltanto in questo

periodo meraviglioso, da metà maggio a settembre

era una vera festa, sempre a guardare la tabella

metallica super colorata dei prezzi, esposta fuori

dalla porta dell’osteria, sulla quale capeggiava in

alto la grande scritta centrale del produttore

di tutta quella grazia di Dio: “Walter”.

-Chissà chi era costui?- ci chiedevamo!

Poi con l’arrivo della cattiva stagione,

la scelta diminuiva lentamente, perchè

la “Sterina” svuotava il frigo a pozzo,

lo puliva per bene e alla fine lo chiudeva con

i suoi due sportelloni  superiori di gomma nera.

Che tristezza! Per poter rimangiare un gustoso gelato

occorreva aspettare l’estate successiva.