L'INFORNATA

 

"Se ci fosse adesso la povera nonna

Maria, chissà cosa direbbe a vedere

sciupare tutta questa roba".

Questa era un'affermazione molto usata

da mia nonna Rosa, soprattutto in

occasione delle grosse festività

annuali: Natale , Pasqua, capodanno

ecc. Era proprio in questi periodi che

in casa Polidori si preparavano i dolci,

i pochi che durante l'anno

allietavano le giornate dei bambini,

abituati com'erano a pane , polenta e

fagioli. Nel corso degli anni poi,

questa usanza divenne tradizione, fino

ad arrivare agli anni '60 quando la

tradizione si esprimeva in tutta la

sua opulenza con torte e crostate che

la nonna preparava per noi piccoli.

Ogni casa di campagna che si rispetti

aveva il suo forno, ed in esso veniva

di solito cotto il pane per tutta la

settimana, a volte appunto anche

qualche crostata o torta entrava sotto

quei caldi mattoni a volta e ne usciva

dorata e profumata per la gioia dei

famigliari.

Il forno era quasi sempre sistemato

accanto all'ingresso della casa,

l'imboccatura era ad arco e subito

sopra di essa era la cappa, che

trascinava a volte bene a volte male, il

fumo all'esterno dell'atrio. L'interno

era sempre costituito da una volta in

mattoni, anneriti dal troppo uso, e la

porta di chiusura non era altro che un

vecchio pezzo di latta con una maniglia di

legno per non scottarsi.

L'accensione del forno era un rituale a

cui ci si doveva scrupolosamente

attenere, e l'incaricata era quella che

aveva maggiore esperienza in materia:

si dovevano innanzitutto scegliere i

bastoni più sottili, accatastarli

accuratamente al centro del forno e poi

appiccare il fuoco.

Quando questo cominciava a crepitare e

la legna ardeva vivacemente, si

dovevano aggiungere alcuni fastelli di

bastoni più grossi, e così  si procedeva

fino a raggiungere la temperatura

voluta: di solito si controllava il

giusto grado di calore introducendo dei

rametti di ginestra, a secondo del

rumore che questi producevano

bruciando, si era in grado di dare

inizio alla cottura

Non ho mai capito come mia nonna

potesse fare questo, fatto sta che mai e

poi mai il pane o un dolce risultava

poco cotto oppure bruciato. misteri

dell'esperienza!

Nel frattempo che la fochista compiva

queste operazioni, le donne di casa e

le eventuali vicine che partecipavano

“all infornata”, arrivavano con le loro

padelle o con le assi di legno su cui ,

amorevolmente coperti da teli di

canapa, erano allineati i filoni di

pane lievitato. con la pala si

procedeva quindi ad introdurre nel

forno le teglie ed il pane, le prime

vicino alla brace che rimaneva

all'interno, il secondo in posizione

più distanziata , per evitare che

cuocesse troppo.

La chiusura del forno era un'altra di

quelle operazioni rituali che non tutti

potevano fare, si prendeva della creta

inumidita e con calma si chiudevano

tutti buchi attorno alla porta per

evitare dispersioni di calore, poi si

aspettava una o più ore finchè la creta

non si era completamente seccata e

dalle crepe cominciava ad uscire il

profumo del pane e dei dolci cotti.

All'apertura della porta erano presenti

tutte le donne , ognuna con lo sguardo

a cercare la propria teglia o i propri

filoni per vederne e gustarne

soprattutto il risultato , a volte si

guardava con un pizzico d'invidia la

torta o il pane della vicina più

soffice o dorato, ma subito si

commentava il fatto  con un poco di

ironia adducendo a causa il lievito non

buono o la farina troppo vecchia.

Non c'era comunque competizione tra le

massaie, se un'infornata non andava

proprio bene, sicuramente la prossima

sarebbe stata migliore, in fondo

bastava aspettare solamente una

settimana per vedere i futuri

risultati.

Il pane infatti  veniva cotto in un

giorno prestabilito, quindi veniva

conservato nella dispensa o nella

madia, ed anche dopo molti giorni

manteneva parte della sua fragranza e

sofficità : ecco un'altra cosa che

rimpiangeva mia nonna dopo che il

progresso portò ad acquistare i filoni

dagli ambulanti che lo consegnavano a

domicilio.

Forse era un pò troppo sentimentale mia

nonna, ma, ad essere sincero, non

ricordo più, d'aver sentito, in giro per

le campagne quel profumo di pane appena

sfornato che così intensamente riempiva

l'aria attorno ai vecchi forni, e che

ha lasciato un ricordo così forte

nella mia memoria