LA   TELA   DI   ALBINA

Albina era una signora del secolo scorso, una donna minuta ma con un cuore grande; Albina era la mamma di mia mamma: mia nonna.  Era nata alla fine del 1800 e in tutta la sua vita aveva solamente lavorato, lavorato e lavorato.  Poi si era sposata ed aveva avuto un figlio, Adamo ma una volta rimasta vedova, per forza di cose aveva trovato un nuovo marito: Tommaso mio nonno. A questo punto si aggiunsero altri quattro figli, tre donne ed un maschio e cioè le mie zie Tina e Rosa e mio zio Giuseppe. La quarta, la più piccola era Adalcisa, mia mamma.

La vita era alquanto dura a quei tempi, subito dopo la seconda guerra mondiale, la fame la faceva da padrone, per cui il nonno cacciatore trovava ogni tanto qualcosa da cucinare, e la nonna casalinga verace, era addetta alla casa e soprattutto alla crescita dei figli. Alle femmine poi doveva essere preparato anche un corredo, nel caso si fossero sposate, e questo la impegnava tutte le sere, al lume di una lampada a petrolio, al vecchio telaio che teneva in una piccola stanza addetta a magazzino.

Qui tesseva con pazienza: tele, in canapa coltivata nel proprio terreno e filata con le proprie mani; asciugamani in lino con disegno a spina di pesce, tovaglie ed altre cose che potessero essere utili. Un lavoro immane, protratto a volte fino a tarda notte sperando di essere d'aiuto e portare una dote degna di una giovane sposa. Molte di quelle tele però, rimasero nei bauli delle zie e  anche di mia mamma, perché cambiando i tempi, le lenzuola ora si compravano nuove e più morbide nei negozi e nelle mercerie. Tutto lavoro sprecato? Direi proprio di no, e adesso vi spiego la ragione.

Un poco di tempo fa, mia mamma ha ritrovato nel suo baule, facendo un'accurata pulizia, alcuni "torscelli", cioè dei rotoli di tela in canapa larghi sui 60 cm e lunghi 220 circa. Con tre di questi, attaccati e cuciti uno all'altro era possibile fare un lenzuolo matrimoniale.

Il tempo è passato lasciando le sue tracce sopra queste tele: qualche macchiolina giallastra punteggia la superficie, ma la struttura della tela, tessuta a mano al telaio, ha tutto il suo fascino intatto. Ed allora mi sono chiesto: una tela del genere, considerata biologica al 100%, perché non può essere usata in altro modo, magari per qualcosa di importante!?

Ho parlato con un carissimo amico, un artista internazionale come Garner Tullis e gli ho proposto di utilizzare le stoffe della nonna Albina per supporto alle sue opere. Ne è rimasto entusiasta, al punto che metterà il nome della nonna su ogni lavoro fatto utilizzando quelle tele.

La nonna ne sarà certamente felice, tutto il suo lavoro, e la fatica spesa per portare a termine la stoffa per le lenzuola delle figlie, finiranno invece a contenere l'arte ed il genio di un pittore, e chissà che qualcuna non finisca anche in un museo. Nonna, una soddisfazione del genere penso che tu non l'abbia mai avuta, spero sarai orgogliosa di tutte le tue notti passate al telaio in compagnia del gatto di casa e della piccola lampada a petrolio appoggiata sul tavolino. Ti voglio bene.

Un bacione, dal tuo nipote  Paolo, che non hai mai visto.