Francesco
Papapicco è
nato a Bitonto (BA); il mese scorso si è laureato in Economia
e Commercio all’Università di Lecce. Viene da una famiglia
della piccola borghesia. Si dedica con passione alla poesia ed ultimamente
anche alla scrittura di testi musicali. Attento consumatore di musica
d’autore (Battiato, Fossati) e di letteratura moderna (Cunningham,
De Carlo), vorrebbe realizzarsi professionalmente nel campo
artistico. Alcune sue opere sono state inserite nell’Antologia «Navigando
nelle Parole» – edizione IL FILO, «Canti
oltre la rete»-Premio il Poeta dell’Anno Arden Borghi Santucci,
NonSoloParole.com Edizioni, ed in altre antologie di premi.
Ha vinto la seconda edizione del Concorso «Accademia Salentina
delle Lettere – 2002» con l’opera «Rubammo more rosse
e blu». Si è classificato 3° ex aequo alla XI Edizione del
Premio «Città di Bitetto – 2003» con la silloge «Dio
e dintorni»; ha vinto il Primo Premio nella Sezione
Giovani Autori di Testi Musicali al Premio Lunezia 2003.
II primo e fondamentale elemento del
mondo poetico papapicchiano è l'amore;
perché e chiaro
che, senza quest’amore,
le sue opere sarebbero aride e fredde, oppure non sarebbe stata concepita
nessuna poesia o sarebbe stato cosa diversa.
Lui ama Maria, Giovanna, Albertina, la Puglia
e la Patria; ma il sentimento più forte e virile che scaturisce
dai versi è per la sua terra (la Puglia) e la Patria, l’Italia.
«L’accesso
è sotto il pensile
giardino di san Francesco,
il tuo campanile mozzato
ancora maledice il fulmine
ma la mole n’è fierissima
del
cielo che tocchi da lì».
Il poeta ama la sua terra e il suo è talmente
potente che risalta come il sentimento radicato nell’anima per una
bellissima donna, il canto, infatti, non diverso da quello cantato dai
poeti provenzaleggianti e dai cantori del Dolce
Stil Nuovo.
«il
tuo campanile mozzato
ancora maledice il fulmine»
Quest’episodio non ha nulla d’astratto né
di simbolico: non è la Signora davanti cui il cavaliere
piega il ginocchio o l'angelo mandato da Dio sulla terra per guidare
il poeta alla virtù. La sua terra è una donna bellissima
di cui Papapicco è innamorato, pur sapendo
che lei non è di carne e sangue e non può corrispondere al suo amore. Lo
sa, ma gli basta contemplarla anche solo col pensiero per concepire
nell'animo suo qualcosa di veramente degno della
terra natale. Nel ricordo della mente egli la contempla, la ricorda,
la vagheggia, ne descrive «il campanile mozzato», «la mole fierissima»
proprio come si possono amare gli occhi belli,
i bei capelli bruni, il bei campi sterminati
del corpo sinuoso, lo sguardo soave, il nobile
portamento, gli atti onesti e leggiadri. Quindi la sua terra è una donna
reale quella che compare nella poesia, idealizzata e trasfigurata
dall'arte che l'ha trasformata in un essere superiore,
degna di affetto e nello stesso tempo di rispetto.
«Io
mi riposo ai tuoi ulivi
secchi come femminucce,
fintanto che aspetto l’ora
di
diventar famosa pietra».
Accanto
all'amore, elemento fondamentale del suo
mondo poetico c’è il Papapicco anelante la gloria, e non spera
ma è convinto, che quest’amore sarà ricambiato con la gloria, forse
per contraddire il detto «nemo poeta in patria».
Papapicco
è profondamente e sinceramente
attaccato a questo sentimento per la sua terra, fino a trovare in sé la
forza per gridare il sentimento amoroso che ha concepito; egli è
veramente profondamente innamorato, tanto da non riuscire a soffocare il
rimprovero che la sua coscienza gli muove continuamente per la legittima
lontananza da lei. Accanto a questo sentimento ve n’è un altro che ha
la medesima intensità affettiva l'amore per la sua donna.
«Il mio tuffo nell’alveo fu
trauma, ancora non passa:
tra cocci d'anfore e anelli
per l'attracco dei romani,
non m'accorsi degli anni
che
tu spassosa mi rubavi».
Altro
fatto fondamentale che ha influito sulla poesia di Papapicco è la
cultura umanistica del poeta, coltivata fuori della scuola. Elemento
fondamentale della poetica del nostro è l'arte. Dante è artista
per istinto e sa che la sua poesia potrà durare se egli
raggiunge la perfezione della forma, «il bello stile»; ma
spesso nella sua opera è distratto da altri sentimenti, da altre
passioni, da altri scopi che, qualche volta, sembrano fargli dimenticare
che il fine primo dell'artista non può essere che l'arte. A Papapicco
importano la purezza, la proprietà della parola, la ricchezza e
l'eleganza dell'espressione, la spontaneità del sentimento, la musicalità
del verso. Appunto per questo egli è artista, perché ha la coscienza
piena del punto cui deve arrivare ed ha saputo arrivarci. Questo è il
mondo poetico di Francesco Papapicco, il grande artista che sta
agli inizi della poesia post-moderna come un modello insuperabile.