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Indisturbato dolore

Di: Rosalba Sgroia

Rosalba Sgroia è nata a Frosinone nel 1964 e risiede a Roma. Ha conseguito la laurea in Psicologia e insegna nelle scuole elementari. Ha recitato, durante il periodo universitario, in una compagnia teatrale del frusinate. Si dedica alla lettura, all’ascolto di musica antica e  classica, alla danza e a tutto ciò che le offre la possibilità di esprimersi.
Ha sempre scritto poesie, ma ultimamente vi si dedica con maggiore intensità. Nel giugno 2001 ha vinto il 3° Premio nel Concorso Internazionale promosso dall’Associazione culturale
Le Driadi di Roma. E’ presente in alcuni siti internet, le sue poesie e i suoi articoli  sono periodicamente pubblicati sulla rivista culturale Il Saggio e le sue recensioni di libri sul periodico L’Ateo. Figura nel libro Dove va la poesia, e ne Il Dolce Web Carello Editore.
Nel febbraio 2002 ha ricevuto il
Premio Speciale dell’Assessorato alla Cultura Città di Eboli per il Concorso Internazionale di Poesia Il Saggio. Partecipa attivamente a incontri di poesia nei circoli culturali della capitale.
«Ospite e straniero questo artiglio di dolore e miseria
osa indisturbato restare ai margini dell’esistenza».
Qual è dunque la sostanza poetica sgroiana? È la musica del senso nelle sue mutazioni di Natura e Femmina, nata dalla medesima materia che spesso turba il poeta e lo tira a piombo nell'oratoria e nella polemica? «Ospite e straniero questo artiglio di dolore e miseria» dice il poeta, e qui, nella malinconia del canto, è il sogno del silenzio, o la musica del sogno.
Talora lo stile della Sgroia è un’immersione nella Parola che pone l’accento sui termini «ospite» e «straniero»; sappiamo che la parola è divina nel senso universale, del significato che è all'origine della natura. È questo uno degli affetti e dei sentimenti più genuini in lei e quando lei li esprime sa compiere eletta poesia. Cosa importa che Lei donna si diletti di immagini, epiteti esatti, metafore, armonie ricercate, squisite combinazioni di iati e di dieresi, eccetera? Se questo dilettantismo la Sgroia poeta fa diventare materia del suo affetto, avrà compiuto arte. I critici, a volte, se noi non c'inganniamo, si fanno tradire da un vieto concetto che questo amore per la parola non può diventar materia poetica, forse perché spesso fu vittima nell'esprimerlo soggiacendovi compiacendosi. O forse anche perché la parola è intesa come suono, non come musica soprasensibile, tutta ideale e rapita, ma suono che diletta l'orecchio, simile alle carezze.
«Medita assalti e squarci nella quiete in tumulto
tra le ordite maglie dei nostri
  candidi inganni».
Si potrebbe pensare che questa fosse solo presenza della parola, ma questa è il suo contenuto: una vivente commozione è quella d'esprimere «tra le ordite maglie dei nostri candidi inganni» e talvolta anche la morale è il puro eterno credere nella Parola, una religione dello spirito. In questo caso Rosalba Sgroia ha per contenuto il sentimento e la parola ha il senso e l'immediatezza della vita che si compiace. Afferma D'Annunzio che «esprimere è la parola della parola: è il gusto, l'attività dell'esprimere in se stesso, vale a dire l'armonia sensuale delle cose, la sostanza sensuale del mondo, il Verbo lirico». Nella poesia cos'è il contenuto se non la Musica?
Rosalba Sgroia non ha grandi capacità analogiche per la metafora e la similitudine; tuttavia manca quella sensività che traduce l'uno nell'altro i sensi e crea lo svolgimento musicale dei rapporti tra le sensazioni e il ritmo schiarito dei sensi. L'immagine sgroiana, la quale si svolge assai spesso nei rapporti della tradizione italiana che noi ci ostiniamo a chiamare petrarchesca, non ignora dunque qua e là quella che è il proprio dell'immagine dantesca, e la riposta ragione di ogni poesia, il trapasso analogico da un senso all'altro in armoniosa fusione. Una delle maggiori scoperte di estetica è l’unificazione dei cinque sensi nelle arti, la loro fusione in un elemento alla realtà della vita.
Questa scoperta è matura per il senso dell'arte di oggi, la quale si differenzia nel tono da quella antica come capacità di trapassi analogici, dando vitalità alle cose più remote che possono aver coerenza analogica, quando siano veramente sentite in un tempo in cui la metafora deve considerarsi come l'espressione magica del mutarsi eterno di una cosa in un'altra, sicché la similitudine è solo trapasso e metamorfosi, e quasi metempsicosi.
«L’orologio, intanto, allunga il passo e si fa spazio
tra singhiozzi di memoria, tra rovi di frutti in rovina».

Se domandassi a Rosalba Sgroia che cosa sente quando mi esprimo con il termine «orologio» sono certo che risponderebbe è «una solitudine lontana come una ricordanza musicale, fatta di segni e passaggi d'intervalli costanti». E qui non c'è una schietta fusione, ma molto suggestivo il valore di quel tempo fatto di spazio e di solitudine. Ma quando scrive: «tra le ordite maglie dei nostri  candidi inganni» sento la sofferenza degli orditi inganni, tra i singhiozzi della memoria; questa è cosa sensibilissima e toccante rischiarata in lirica
Ma anche in un più rigido significato si può parlare di musica e di metro. A parte le poesie legate di solito a un ritmo che si può scandire in versi, i quali risaltano nella loro costituzione di accenti, in arsi e tesi, e sono il modo stesso musicale del discorso ad alta tensione. Non si tratta di versi arbitrariamente staccati, da qualsiasi punto, e con parole che non hanno né un compiuto significato né la giusta accentuazione di pronunzia: perché allora troppi prosatori creerebbero degli endecasillabi. Sono nodi che non possono sfuggire e non è capriccio mio segnare una pausa di senso e di voce nel naturale ritmo del periodo sintattico. Questi versi nati in una calura recitativa e cantata, che è propria di Rosalba Sgroia si sentono nella cadenza dei versi.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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