Ritorna alla Home Page di: Poeticamente

"Le recensioni qui presentate sono tratte dalla Mailing List di Poeticamente"

Non farmi male

Di: Giuseppina Stocco (Bepine)

Giuseppina Stocco, detta Bepina, è nata a Castions di Strada (Udine), dove resiede. Da piccola non ha voluto stare all’asilo e nel periodo delle elementari ha avuto due fissazioni cui assoggettava i suoi compagni di gioco:

1) disegnare prospetti di case con porte e finestre apribili;

2) cantare canzoni inventate da lei.

Nel 1980 si sposa per uscire di casa senza chiedere permesso e poter far tardi la sera, mas non ci riesce neppure adesso.  

Nel 1982 si laurea in Architettura, fa esperienze di studio professionale, ma per amore sceglie d’essere madre e moglie e insegna con la rabbia del piacere di dare.

Grazie all’amicizia di molte persone con cui ho confrontato l’esperienza della collaborazione disinteressata sulla base del piacere della scoperta delle piccole cose. 

Non partecipa a nessun premio nazionale di poesia ma solo a manifestazioni locali di lettura libera;una lirica viaggia pubblicata forse in un’agenda per il 2003, poi sparita nell’oblio insieme con l’editore. Insegnando è riuscita a far lavorare oltre i ragazzi anche i nonni e i genitori in progetti di sensibilizzazione che passano lasciando un terreno arato nei cuori giovani. 

In questa lirica «Non farmi male» il fatto principale è l'organismo, e in modo particolare il sistema nervoso, che se ne ricorda. Questa è una caratteristica della materia vivente, cui il poeta, in particolare, è sempre in prima fila, cercando attraverso le parole il fatto inspiegato e inspiegabile, cerca di vedere come si forma la volontà di scrivere e in particolare la poesia lirica, che è fatto proprio. Abbiamo già visto, d'altra parte, in precedenti liriche, qui commentate, che questa tendenza a liricizzare è un fenomeno vivente e si manifesta, sul piano psicologico, attraverso leggi precise.

«Non farmi male...

non uscire dai miei sogni,

parlami ancora di te,

del mondo, dei tuoi desideri,

di quello che gelosamente ami

e lascia tremare la tua voce».

Prima ancora di conoscere i fatti nei loro dettagli, si prevede che la memoria debba essere una proprietà della vita: «Non farmi male.../non uscire dai miei sogni», la vita è un’attività ininterrotta, una corrente d'azione che scorre; è un passato ed un avvenire che si mescolano; un passato che si adatta, lasciando fuori il superfluo per l'essenziale; un avvenire che si forma inserito sul passato, lasciandosi assimilare, attraverso una vecchia via, ma inculcandogli uno spirito nuovo. Ed è tutto detto: «parlami ancora di te,/del mondo, dei tuoi desideri,/ di quello che gelosamente ami/e lascia tremare la tua voce».

Tra il passato e l'avvenire, l’autrice pone una frontiera insuperabile e netta, che chiama presente e di cui fa un punto matematico con spessore. La realtà, soprattutto la realtà vivente, è un'altra cosa. Il presente, in essa, è una saldatura che si prolunga; è fatta con un atto e questo atto ha una durata; quando questa le manca per inserire l'avvenire al passato, c'è un'interruzione della corrente, è al vivente sostituisce il finito. Forse bisognerebbe misurare il prolungamento di questo presente vissuto, l'importanza di questa saldatura, secondo il valore degli atti che deve unire, in altri termini secondo il valore della vita in causa: sarebbe questo un altro modo di comprendere che, al suo limite, la vita infinita, divina si prolunga in un eterno presente.

«Accompagnami con le parole

dove non posso arrivare, aldilà

dei limiti dei luoghi del corpo,

della vita già vissuta in un attimo

e insegnami a tacere ascoltandoti».

C'è dunque una specie di memoria più umile, nel più insignificante degli atti, che fa la messa a punto del presente che da inizio all'avvenire: «Accompagnami con le parole/dove non posso arrivare, aldilà/dei limiti dei luoghi del corpo,/della vita già vissuta in un attimo/e insegnami a tacere ascoltandoti». E’ necessario, per Giuseppina, che qualche cosa ricordi l'uno, pensando all'altro: «la vita già vissuta in un attimo» che tende ad agire, continua ad agire sino a quando non è scacciata dalla coscienza da altre idee, le quali continuando ad agire, sviluppano per associazione i fenomeni che possono mirare allo stesso fine.

Il fine dei fenomeni vitali corre verso uno stesso fine, in altri termini, la tendenza della vita all'unità, ecco ciò che organizza il contenuto della coscienza; ecco ciò che adatta l’autrice liricizzando la sua situazione presente, in corsa verso l'avvenire; ma nello stesso tempo, la continuità dell'influenza esercitata dall'idea, conserva sempre l’insegna del passato. E questa influenza dura anche quando l'idea e scomparsa dal campo della coscienza.

«In un tempo che non ho

attendo dei passi

che avvicinandosi 

sfiorino la mia pelle

con il tuo  sorriso».

Il passato rimane, ora, solo nei nervi, poiché la realtà vivente, scaturita, liricamente, nell’insieme delle parole è un insieme di fatti che mettono in funzione la sensorialità del motore; mentre sul piano psicologico, l'immagine dell'atto compiuto, sviluppa la «sinergia motrice», vale a dire una cerca l’associazione di nervi e di muscoli in vista della realizzazione. Una volta compiuta la lirica, il complesso sensorio-motore, che non ha più ragione d'essere, si dissolve, e ciascuna delle due parti si evolve, secondo le proprie leggi.

La corrente che determina l'atto va sempre dal centro al muscolo; e non è reversibile perché passa sempre dalla memoria e va al cuore per mettere in funzione il motore creativo.

«Scrivo parole che pensandoti

vengono sul foglio a cercarti

a dirti che questo errore,

solo mio, è tutto di me,

è la disperazione per riaverti».

Si può notare come con questa strofe, inizia la legge di reintegrazione che interviene per accelerare la ripetizione degli stessi atti, tanto più che trova qui un caso privilegiato in cui l'atto è a priori armonizzato con l'Io creativo e dal Sé razionale.

Quindi, allungandosi, le ramificazioni riducono le distanze che separano i ricordi e, per questo motivo, diminuisce la resistenza della corrente nervosa, per lasciare il posto al rapporto diretto, il che vuol dire che la creatività sa far fiorire i ricordi per porgerli senza macchia alla corrente della reale vita presente e futura.

«Scrivo parole che pensandoti

vengono sul foglio a cercarti

a dirti che questo errore,

solo mio, è tutto di me,

è la disperazione per riaverti».

Da questo doppio caso, per la diminuzione della resistenza e l'aumento della forza, l'atto diventa più facile e la lirica può dare il suo effetto.

La stessa autrice lo nota, e provoca nei versi una sorta di musicalità, ritmica che avvicina al blus, distribuendola con parsimonia, con un andante lento per farla esplodere in crescendo nell’ultima strofa.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna alla Home Page di: Poeticamente

Ritorna all'indice di: Poesie & Recensioni

Leggi la Poesia recensita