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Balleremo nel vento

Di: Davide Bee

Davide Bee è nato anni fa in Toscana, dove vive tuttora. La «provincia» in cui vive è sempre stata la sua grande fonte d’ispirazione; la spirale continua che regola i cicli, l’involucro vuoto che tutte le mattine guarda, annusa, dalla sua finestra; lo porta ad immaginare infiniti oceani, fingere sensazioni indescrivibili, cosmici abbandoni. La sua tranquillità spirituale e affettiva, lo spinge a scavare dentro i suoi incubi, demoni e angeli, a guardarli negli occhi, a baciarli, senza scottarsi.

In letteratura non ha titoli, né premi, né elogi. Ma in fondo, da quando ha imparato, ho sempre scritto qualcosa, fosse solo la lista della spesa, e non trova niente di straordinario nel farlo, nessuna predisposizione naturale, solo una raccolta di storielle. Ma «Balleremo nel vento» non è per niente una storiella, anzi… è una lirica che esprime sentimenti sinceri e profondi, senza ricorrere a stilemi o ad onomatopee, ormai fuor di moda. Una lirica dove, finalmente si nota, con rabbia repressa «la disintegrazione dell’umano»

Non intendo porre l'accento, senza concessioni e in modo assolutamente pessimistico, sull'attuale condizione dell'uomo d'oggi nei suoi rapporti con la società. Non desidero assumere un atteggiamento polemico anche se, è evidente, quando parlo di disintegrazione, quando mi fermo sul concetto di disintegrazione, alludo già ad un processo negativo della nostra società d’oggi. Ma la mia vuole essere soprattutto una valutazione obiettiva del problema, una visione, per quanto possibile serena, di uno stato di fatto che realmente esiste e che è evidente a prescindere dal punto prospettico da cui si pone l'osservatore.

Desidero semplicemente, parlando di questa lirica di Davide Bee, richiamare l'attenzione su di un processo che allontana l'uomo da se stesso, dalla sua verità interiore, per lasciarlo in balia di forze estranee, d’interessi che riguardano l'esteriorità della sua persona anzi che l'interiorità del suo destino.

«Nel turbinio degli eventi,

un dì vedremo;

trionfar la nostra grazia,

su questo cielo pesante».

La nostra è un'epoca di transizione: da questa epoca nascerà l'uomo nuovo di domani. È giusto pertanto che l'uomo si renda conto della strada su cui si è incamminato, ne veda i pericoli, e forse le risorse: le leve di comando; questo è il compito del poeta; e Davide lo assolve scrupolosamente e con la sincerità che fa male ma fa aprire gli occhi per vedere i pericoli; il Poeta è impegnato a volere che l’uomo sappia che i processi che portano alla disintegrazione sono di solito subdoli e hanno un carattere ambivalente. È necessario, che egli conosca questi processi e i pericoli o le possibilità positive delle sue attuali esperienze: li conosca per vagliarli e per compiere un atto di scelta.

Insieme al Poeta, che me ne dà l’occasione, esaminerò alcuni aspetti dei rapporti dell'uomo d’oggi con il progresso tecnico, quel progresso sempre più incalzante, ricco e tormentoso; quella prepotente meccanizzazione che si è inserita nella nostra esistenza e che conduce, ad un progresso che favorisce l'estrinsecazione della cultura, ma che dall'altra porta ad una corrosione di valori la quale trapassa dallo individuo alla società in cui vive. Questa progressiva disintegrazione dell'umano, ossia di ciò che nell'uomo rivendica il diritto supremo, la sua coscienza, i suoi valori spirituali, è caratterizzata da alcuni fenomeni, uno è quello della collettivizzazione, che implica a sua volta il conformismo, l'anonimia, l'assorbimento del singolo nella massa amorfa di una società che non lo capisce e dalla quale egli non tenta neppure di farsi capire. Questa anonimia porta alla irresponsabilità, alla mancanza di consapevolezza umana, agli estremi limiti della insensibilità.

Nel complesso rapporto di vecchio e di nuovo che caratterizza gli ultimi decenni del millennio, non solo italiano, la funzione di Davide Bee nell'ambito della poetica è di

grande importanza: Bee è da considerare uno spartiacque che segna l'inizio di un nuovo linguaggio, di un nuovo approdo alla poesia in quanto tale.

È essenziale distinguere in Davide Bee la novità che si cela e si confonde, con il rispetto o la prosecuzione di temi e di forme di una produzione veristica in cui le rappresentazioni di scene della vita che paiono rimandare a tanta produzione letteraria e figurativa, allo scenario sul quale proiettare inquietudini, smarrimenti, un senso del vivere fatto d’ansiose perplessità.E di conseguenza i dati «realistici» presenti nella lirica si caricano, di significati e di simboli, diventano quasi dei «correlativi oggettivi», per significare altro che ne trascende l'apparenza.

«Le membra canteranno vittoria,

quando i fiumi scorreranno argento,

balleremo nel vento,

il vento ci accompagnerà».

Se è indiscutibile che questa è la novità di fondo di Davide Bee, è altrettanto vero che la sua produzione presenta altri aspetti che non sono stati fertili di sviluppi; ad esempio egli realizza componimenti letterari che traggono spunto e suggestioni da capolavori del mondo fisico e quindi si distinguono per la parnassiana ricercatezza di un «linguaggio nuovo», sono cioè un'opera di letteratura che nasce da una preesistente letteratura.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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