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Rapsodia ungherese

Di: Stefania

 

La Poeta cui ci occuperemo oggi si chiama Stefania. Stefania e basta. E’ inconcepibile che un artista rinunci al cognome, fino ad ora lo avevano fatto solo i cantanti. Forse Stefania si sente più cantante o cantautrice come si usa dire discriminatamente oggi.
E' una ragazza, appena ventinovenne. Milanese, laureata in legge (conosco più avvocati poeti io!… Tra cui anche due giudici che stimo moltissimo. Uno di questi ha fondato «il movimento antiarte» in cui in 26 tesi spiega quanto la cultura deve la sua sopravvivenza proprio all’antiarte. Lo scorso anno le ho commentate tute e 26 le tesi, chissà che non lo rifaccia).
ma ritorniamo all nostra Poeta della quale vi presento «RAPSODIA UNGHERESE»
Stefania si narra assicurandoci che ha iniziato a scrivere per gioco, che da bambina ha sofferto d'autismo, «vivendo prigioniera in un mondo fantastico e irreale, dove i serpenti nascondono nella pancia, un elefante. Che esisterà finché tu, con il tuo pensiero, la farai vivere».
Stefania che mette i versi incandescenti in un caleidoscopio che li fa scintillare, come fuochi d’artificio, in un cielo limpido ma senza stelle perché noi li potessimo meglio distinguere. Nella sua arte (ho letto anche altre poesie per capirla meglio ed essere il più coerente possibile) non c’è sottomissione o sentimento di esclusione come per la Dickinson, non c’è la pacatezza molto serena della Gaspara Stampa, c’è lo scoppiettare dei colori in un caleidoscopio che irradia fuochi d’artificio: «…Colori che narrano sulla tela bianca l’accendersi del rosso, dell’invasione del giallo sopra una cima sfrontata (non so se vuole dire cima senza fronde, oppure proprio sfrontata, perché vinta dall’orgoglio per questo colore, che rappresenta il sole, conquistato).
Penso proprio, però che sia sfrontata come la spiga che essendo più alta dell’erba che le fa da ala, sbuffando per mandare via le foglie secche.
A questo punto, nasce la Rapsodia: dalle foglie secche che l’erba manda via e che fa diventare passi di danza; ma quando questa è all’apice della gioia più sincera ecco affiancarsi al rosso e al giallo il bianco del nulla e piange. Non si sa se di dolore o d’immensa felicità perché la vittoria della musica sui colori è una metamorfosi voluta dalla storia che, senza tradire la poesia, nel sentimento, nella fantasia e nell'arte della poeta si ravviva e s'innalza: pare anzi che attraverso l'anima di Stefania palesi l'intimo valore ideale; e scopra così avanti a noi luminosa l'alta bellezza della chiusa.
Com'è solenne e commovente la scena, che rapida, sicura, la poeta compie!

Quell’ultimo colore che si sovrappone al rosso incandescente dell’amore per la vita e al giallo caloroso della sorgente della vita, la fa lacrimare di gratitudine: e il grido formidabile, che prorompe dall'entusiasmo è il grido dell'anima echeggiante, tanto da dare sfogo al pianto, perché nasca  un sorriso.
Leggere questa poesia è stato come rivivere quel “maledetto 11 settembre” quando la rapsodia
è stata un solo e roboante tuono e i colori, scintillanti dei versi di Stefania, erano stati assorbiti, come alito di vita dai malcapitati nella bolgia infernale.
Nel domandarvi scusa per essere mancato all’appuntamento, per ragioni indipendenti dalla mia volontà.
Nel darvi appuntamento a martedì 25 p.v. vi abbraccio con tutto l’amore che posso e non mi lasciate solo, scrivetemi proponetemi le poesie che più vi piacciono, ma non lasciatemi nel silenzio.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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