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Io, ai tuoi occhi nessun valore

Di: Angela Nicosia

Ecco un’altra lirica che non ci permette di sapere niente della sua autrice se non il momento e lo stato d’animo che le ha permesso di scriverla.

Intenta, sicuramente e considerare che democrazia significa autogoverno di popolo, civilmente evoluto, che sa darsi savie e legittime leggi, che è capace di difendersi da coloro che vorrebbero sottoporlo al loro potere, rosi da quell'ambizione che Tacito elogiava come «libido imperatoria», che sa guardarsi da quei moti interni, capeggiati da demagoghi faziosi, i quali vogliono porsi a capo dello stato, spingendo le folle a sovvertire l'ordine pubblico.

Una collettività che esercita e difende tutti i suoi diritti civili, che sì da quella forma di governo ritenuta più conveniente, dev'essere colta e matura, deve aver una fisionomia ben definita, una struttura propria; non può essere una massa disorganizzata dove domini l'istinto, dove sovversivi prezzolati e astuti mestatori mettano in giuoco gl'incomposti moti delle folle e la mutevole opinione pubblica.

L'autogoverno presuppone in ogni cittadino il dominio di sé, il senso di solidarietà umana, una responsabilità sociale molto elevata; presuppone una coscienza, un carattere, un'autonomia; queste, a loro volta, presuppongono un'educazione adeguata, piena di valori e di virtù sociali. Di qui, in regime di democrazia, l’importanza della libertà che deve dare agli uomini la certezza della propria esistenza libera e allo stato cittadini consapevoli dei loro doveri e dei diritti, personalità etiche e giuridiche, capaci di esercitarli.

«Annegare in una immensa solitudine,

aspettando che qualcuno si accorga ,

della tua sofferenza,

del tuo silenzio,

ma si è troppo impegnati dal contratto firmato con il tempo e se stessi,

per accorgersi che colui/ei che ti sta accanto ha bisogno di te,

del tuo appoggio,del tuo entusiasmo,

del tuo abbraccio,del tuo amore».

Ecco che palesa nei versi l'assolutismo che si fonda sulla forza e vince ogni resistenza con la soffocazione, con la violenza; ma la democrazia si fonda sull'equilibrio delle forze e delle tendenze politiche ed ha, per sua difesa, solo l'educazione sociale, il senso di responsabilità dei cittadini; è tanto più sicura quanto più è chiara in essi la coscienza del fine cui tende, almeno deve ricorrere alla forza: «ma si è troppo impegnati dal contratto firmato con il tempo e se stessi».

Qui si rafforzano come radici nella terra, i più santi diritti della persona umana non soffocati dal dispotismo opprimente, qui la libertà individuale si autolimita per non ledere l'altrui libera iniziativa, qui i diritti dell'uomo, sintetizzati nel 1789 nella formula: «libertà, fraternità, uguaglianza» costituiscono la base etica delle virtù sociali e tutte le compendiano. Cadono i privilegi d’alcune classi, eretti sul dominio, sulla sofferenza di quelle più diseredate e la uguaglianza eleva la dignità umana.

L' uguaglianza non dev'essere soltanto formale, ma effettivamente giuridica e morale; ha la sua base nel rispetto che il cittadino deve al suo simile e direttamente, o di rimesso, si fonda sul grande precetto evangelico: «Amerai il prossimo tuo come tè stesso».

Ognun vede come la vera democrazia esiga un'accurata educazione, un accentuato potere d’equilibrio inferiore e d’autodominio: la libertà ha le sue leggi, non esce nell'arbitrio, nel sopruso; l'abuso di libertà è sintomo d'immaturità civile. Autogoverno significa superamento dalla schiavitù delle passioni delle tendenze del bruto, per instaurare una cittadina dignità di popolo libero.

«Lasci che il tempo fugga e,

con se trascini tutto ciò che trova,

non importa chi,come,quando,

ti serve tempo per te stesso,

non puoi sprecarlo per gli altri».

«Importa che l'uomo, disciolto dagli esterni vincoli — ammoniva Gino Capponi — non cada nella peggiore di tutte le servitù, la servitù dì se stesso, miseria di quelli che il volgo chiama beati; importa che a tale infermità dello stato nostro l'educazione provvegga; importa all’ Italia soprattutto un'educazione virile».

In regime di democrazia, pensa la nostra Angela Nicosia, ogni cittadino, si sente una libera cellula vitale d'un grande organismo e l'educazione morale e sociale del futuro cittadino assume importanza grandissima. L’essere umano si sente già membro della società; i suoi atti si determinano in modo da non recar danno agli altri; il proprio comportamento diviene l'espressione tangibile dell' umana convivenza, della collettività, di cui l'utile pubblico risulta dal complesso di tutti quelli individuali ed è di natura superiore.

E poiché il diritto di libertà, che è alla base di ogni istituzione democratica, non prende coscienza se non esercitandola, si esige anzitutto una vera coscienza democratica; occorre che l’uomo si abitui all'esercizio costante, ordinato, progressivo dell'autogoverno, al diritto d'iniziativa, alle forme organizzative ed associative, per una completa educazione sociale.

«non importa chi,come,quando,

ti serve tempo per te stesso,

non puoi sprecarlo per gli altri».

Il perpetuo avvicendarsi di nuove idee, il vertiginoso volo della fantasia, gli affetti impetuosi che balzano dal cuore, come lava da ardente vulcano, contrastano fieramente e tragicamente coi mezzi di cui l'artista, poco esperto nel maneggio del verso, poeta d'istinto e non di scuola, dispone, per riprodurre la visione poetica ulteriore che lo soggioga. Chi può dire quante volte nella cruda lotta Ella vedesse reciso il filo del pensiero, troncato il volo dell'immagine, tramortita la passione nel cuore, e maledicesse il verso, ch'ella cercava e non trovava, e che adorava, come conforto d'ogni sua afflizione, mentr'era il suo carnefice spietato? Chi saprà i concetti sublimi sorti nella mente del Sommo, le visioni superbe naufragate nel vano tentativo di dar loro un'acconcia espressione in rima? L'espressione poetica, indocile al pensiero, ha distrutta la poesia forse più originale ed elevata di Michelangelo, e ridotto a frantumi il suo Canzoniere. Con la virtuosità poetica e la facilità di vena del Tansillo o d'altri di minor grido, con più esperienza nella tecnica del verso, quest'uomo grandissimo, potentissimo, sincerissimo e profondissimo, ci avrebbe data una lirica pari a quella del Petrarca, di Goethe, di Byron, o del Leopardi. In un secolo, in cui tanto si apprezzava il suono d'ella parola, e si vestiva con gran pompa un simulacro d'idea, Michelangelo tenta esprimere con la parola nuda d'artificio, senza nessun fregio esteriore, un mondo di idee suo proprio. Sprezza la cornice, o non la cura; il quadro, l'idea cioè, è tutto per lui. Quella maschia energia che rivelano i suoi marmi e i suoi dipinti è entrata nell'anima e nel corpo delle sue rime. Con la potenza di Dante condensa il pensiero; e, quando il verso non gli si ribella, l'incide con meravigliosa evidenza. Versato come nessuno nel vivo della plastica, lavorando più di scalpello che di penna, mette inesorabilmente a nudo anche ogni forma poetica; e sì le lavora, e sì le macera, da renderle talvolta poco più d'uno scheletro. Faceva ogni sforzo per dare grazia, leggiadria, armonia e nitida forma al verso; e, con pazienza infinita, stupefacente davvero in quest'uomo impazientissimo, tentava e ritentava ogni possibile forma che gli pareva conveniente al pensiero. Martella la frase; pulisce e ripulisce ed assottiglia il verso sì da frangerlo qualche volta; sceglie e rifiuta, crea, cambia e distrugge, fonde e trasfonde, varia a più riprese, dieci e fino a tredici volte, un medesimo sonetto. Da questo tormento eterno esce un verso tormentato, secco, aspro e duro, raramente un verso levigato e piano, elegante ed armonioso. Lo studio delle varianti delle poesie michelangiolesche sugli autografi può solo offrire la misura della lotta combattuta dal grande nel suo interno, lotta che costò a lui sangue più che a qualsiasi altro poeta d'Italia.

Angela Nicosia a questo ha pensato prima e dopo aver vergato sulla carta questi incisivi che a mano a mano che la storia avanza, si fa sempre più sicuro, certo e virile. Ella non può aspettare di:

«Annegare in una immensa solitudine,

aspettando che qualcuno si accorga ,

della tua sofferenza».

Ella ha sentito che per camminare lieta e spedita, non volendo incespicare, coglie fiori dai pensieri che la memoria le porge. Ella che ha cominciato il cammino come se andasse sempre per dirupi, per strade travagliose, finalmente avverte di aver raggiunto l’equilibrio che permette al «conflitto» tra l’«IO» creativo e il «SE’» razionale di placarsi. No, non s’inganna, finalmente il suo spirito è pago e il suo pensiero può viaggiare sopra una strada lisca e senza dirupi.

«Ognuno di noi vale qualcosa,

eppure per te "gli altri" non valgono niente,

non valgono il tuo sorriso,

non valgono il tuo amore.

Vale la loro solitudine che con se li trascina,

in una corsa affannata,

contro qualcuno qualcosa che li possa salvare,

spesso non si trova nessun appiglio,

si rischia di affogare nella solitudine,

o morire per essa o di essa».

M'inganno, o malgrado lo sforzo e la lotta i limiti posti all'arte sua, aleggiano? L'opera non poco variata è dei poeti d'Italia chi più nell'anima si avvicina a Dante. Leggendo e rileggendo i suoi versi, è sempre parso di avere innanzi una intimidazione dello spirito di Dante.

Ma Dante è stato cantore e testimone del suo tempo, i sto cantando e testimoniando il sopruso di un dittatore nei confronti del sentimento che nutro per lui, anche se non nota l'impronta che ho lasciato nella creazione poetica di questa lirica; e non bene ancora che io rimanga ancorata a dei vincoli che intimamente ci univano, animati da un medesimo soffio della divinità, frementi entrambi negli scatti improvvisi, fulminei della passione, con un sentimento centuplicato per i dolori, le miserie e le poche gioie umane, ed una fede radicata nel cuore; perché oggi sono certa che:

«Io non valgo ciò che tu vorresti che io valessi!»

ma ciò è solo per farti contento, mentre te lo dico sappi che ogni fibra, una fantasia accendibilissima, e che prontamente e a volo veste d'immagini il pensiero ardito e da vita all'astratto, una tendenza al grave, al sublime, e all'eroico, nascondono, sotto queste parvenze umili, gli affetti più teneri, irresistibilmente attratti dalla bellezza eterna, mescolando, nell'arte sincera ed umana, l'umano col divino, traendo la terra nel cielo, e il cielo nella terra.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

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