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Magia

Di: Vincenzo Fidanza

Dolcissimi e pazienti amici carissimi, che seguite questa newsletter che, mi dovete credere, curo con tanto amore, infinito come ne voglio a voi tutti, prima di commentare la poesia di Vincenzo Fidanza, cui ci occuperemo, è necessario fare il punto e chiarire il concetto di poesia.

Poesìa, dal latino póèsis, è l'arte di esprimere i sentimenti secondo determinati schemi ritmici e stilistici. La nozione di poesia si definisce nella contrapposizione tradizionale all'altra nozione di prosa, come antitesi tra una forma soggetta ad una serie di precise regole metriche, e di altre restrizioni come la rima, l'allitterazione ecc., e una forma libera da qualsiasi norma retorica. Secondo un'altra accezione, fare poesia consiste nella capacità di esprimere alti valori, in opposizione, alla bassezza del linguaggio quotidiano. In conformità a tale definizione, la distinzione tra poesia e prosa non va ricercata nella presenza o nell'assenza del metro, ma nella contrapposizione tra ovvietà, creatività e banalità, «altezza» e «bassezza» dei sentimenti e delle emozioni.

Che l'elemento essenziale della poesia non consista nel metro è già sostenuta da Aristotele, che riconosce nel «verosimile», inteso come il vero universale, l'oggetto della poesia, a differenza della storia che ha per oggetto il «vero» particolare.

Col passare del tempo i poeti si ribellano alle regole aristoteliche in nome della libertà della fantasia. Con l'affermazione di Giordano Bruno che polemizza contro ogni precettismo sostenendo che «la poesia non nasce dalle regole, se non per leggerissimo accidente, ma le regole derivano dalle poesie», la ribellione giunge al suo culmine.

Nell'età barocca, la ribellione alle regole aristoteliche, in nome della libertà della fantasia, diviene esaltazione del genio che crea la norma anziché sottoporsi ad essa.

Giovan Battista Vico, riporta la poesia a una «tanto più robusta quanto è più debole il raziocinio».

La rivoluzione operata da Mallarmé ha agito potentemente sulle poetiche posteriori, dando luogo alla corrente della «poesia pura», in quanto vede nella poesia non l'espressione del sentimento personale del poeta, ma la propria oggettività nello stesso valore simbolico del linguaggio; il verso, il testo poetico rappresentano una realtà dotata in certo senso di vita autonoma rispetto allo stesso poeta che l'ha creata.

Una formulazione diversa del concetto di poesia è, agli inizi del Novecento, quella di Benedetto Croce, che estende il dominio della poesia al discorso in prosa e a ogni attività artistica, dalla pittura alla musica, introducendo la nuova distinzione tra poesia, come «intuizione pura», e «non poesia», legata a finalità intellettuali, etiche, pratiche non riducibili a valori poetici.

Alla posizione crociana, che distingue nettamente la verità poetica da quella filosofica, si contrappone la posizione di Martin Heidegger, che considera il linguaggio poetico come la «nominazione» fondatrice dell'essere, attribuendogli significato ontologico e contrapponendolo al linguaggio inautentico della «chiacchiera» quotidiana.

Galvano Della Volpe, privilegia il contenuto ideologico dell'opera poetica, nel quadro di una concezione dell'arte come realismo, articolato nelle categorie del «rispecchiamento» della «tendenza» e della «tipicità».

Quest'introduzione è scaturita leggendo l'opera di Vincenzo Fidanza, perché si colloca, in quel filone della «poesia pura», che vuole che anche la psicoanalisi spieghi come l'estro poetico erompe l'inconscio nella regione razionale dell'io.

«MAGIA» entra di diritto in quel movimento letterario tendente a un'espressione poetica svincolata da ogni condizionamento alla realtà e sottratta a ogni controllo razionale, nel quadro di una concezione della poesia intesa come pura interiorità e come ansia verso l'assoluto; che vede il suo massimo esponente in Charles Baudelaire.

«MAGIA» è la poesia pura che ricerca nel linguaggio allusivo e musicale, rarefatto e prezioso, essenzialmente diverso dal linguaggio della vita quotidiana e da quello del pensiero raziocinante, e teso a esprimere, attraverso immagini e simboli, la vita arcana dell'universo.

«La magia

Degli anni maturi

Aggiunge spessore all'anima».

Il canto inizia e s'affida a un ragionamento che è tale in apparenza, ma non in realtà. Fra l'intuizione lirica e il discorso logico non vi è, né vi può essere nesso necessario - di tale umile verità il poeta pone una prova e un esempio insigne -; ma è proprio vero che in questo punta la lirica, è proprio da questo che dovrebbe trarre il suo impeto, dal ragionamento?

Però se analizziamo bene ci accorgiamo, che in generale la poesia acquista una funzione essenziale. Non c'è un concetto che non evidenzi l'intimo e che non sia di precisione metrica; non c'è un'immagine che manca di contorni netti, che, anzi, in una confusione di lineamenti non necessari, ma casuali, affoghi e svanisca.

Il poeta ha bisogno di constatare un fatto e non altro. Infatti è riuscito a universalizzare un proprio concetto, allargandolo a tutta l'umanità (I giovani «iniziati» dovrebbero leggere e apprendere di più da questi Maestri), ma i giovani non si soffermano presi come sono dallo sbrigarsi di quella constatazione e a fissare innanzi ai propri occhi il fatto che leggendo i «GRANDI MAESTRI» potrebbero (ne sono convinti) sentirsi dire che hanno copiato; ma i Maestri sono esistiti per questo: insegnarci a migliorare ad essere noi stessi, anche se Montale ha affermato che «la storia non è magistra di niente», ma sono certo non si riferiva in alcun modo alla lettura e all'insegnamento dei «GRANDI», solo così nello scambio, ogni ombra e ogni confusione svanisce.

Peccato che da questo tipo di incontri non si riesca a trovare riscontro alcuno. Nel dirvi a rileggerci martedì prossimo, vi abbraccio con tutto l'amore che posso, augurandovi che il sole sia sempre più caldo e sincero come il vostro cuore desidera.

Bibliografia: «Storia della letteratura italiana» - N. Sapegno - Editrice Nuova Italia 1964

« La poesia» Benedetto Croce - Editori Laterza 1969

«Narciso e la totalità dell'esistere e altri saggi» R. Bromuro - Ursini editore 1994

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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