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Demoni e peccatori

Di: Michele Fregoni

 

Carissimi, ben trovati. Oggi parliamo di un Poeta virile, potente nella descrizione delle immagini. Leggendo questi versi sembra di essere sdraiati sul pavimento della Cappella Sistina ad ammirare le inimitabili immagini michelangiolesche.
«Ho visto il tramonto nell'alba dei miei contatti con questo vostro mondo.
Ho assistito al parto dell'ipocrisia dal ventre di madri non ancora gravide».
Subito è la metamorfosi della natura che, senza tradire se stessa, nel sentimento e nella fantasia; nell'arte del poeta si ravviva e s'innalza: pare anzi, che attraverso l'anima del poeta  il mutarsi del tramonto ha cambiato anche il pensiero degli uomini e la natura palesi l'intimo suo valore e scopra avanti a noi la luminosità di questo tramonto che, come un miracolo sprizzato dalle sue stesse mani, accenda l'alta bellezza «dei contatti col mondo». Com'è solenne e commovente la scena, che rapido, sicuro, il poeta evoca e compie!
Poi sopraggiunge, come acqua gelata sulla pelle infuocata nel mese di agosto «il parto dell'ipocrisia dal ventre di madri non ancora gravide», che il poeta tiene in sé e contiene e domina il suo sentimento, mentre eccita ancor più, fino al delirio, la paura del domani, l’ansia delle madri non ancora gravide.
Con questo grido angoscioso, il poeta non smorza l'entusiasmo intorno a sé, anzi, incita alla riscossa come se avesse all’ascolto solo un insieme di cuori ardenti, colmi d'ebbrezza e di gratitudine, pronti a gridare con lui fino a quando il grido dell'anima prorompe e si ode l’eco diffondersi alla natura nostra, al cielo, alla terra, alle acque; fino al profondo delle nostre coscienze.

«Ho sentito l'odore delle vostre anime: fragili sfoglie di delicata purezza
ripiene dello sperma di padre odio e  degli escrementi di madre invidia».
E s'apre alla speranza del promesso amore: tutto questo s'incalza, sfolgora; è come se il dramma si chiudesse nel rimorso, nel lugubre presagio, nella catastrofe, che sullo sfondo del tramonto rosso e del gran lago palpitante, in mezzo all’immensa esultanza del tramonto che ha occupato il posto dell’alba rimanga l’immota figura del destino, pallido, gretto, con gli occhi verso un'ombra lontana, che la folla non vede la…
«…vostra indifferenza è il fuoco che brucia la nostra anima
dannata. Dannati. Maledetti. Sacrificati al vostro volere».
Difficilmente oggi si trova nell’immenso universo internetiano un canto simile a questo, tanto che il pensiero mi corre ai Poeti Maledetti, ma in senso buono.

Un forte abbraccio con tutto l'amore cui sono capace. A lunedì, 

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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