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Al bimbo mai nato

Di: Cassandra

Oggi vi parlerò di una poesia perché dell’autrice conosco solo il nome: Cassandra, salvo che non si tratti della figlia di Priamo; ma no, se si trattasse di Cassandra di Priamo qualcosa saprei. Allora non mi rimane che parlare della poesia e di problematiche che affronta.

L’uomo, essere sociale, ha sempre avvertito profondamente, da che si è riunito in gruppi organizzati, tribù, comunità o società civili, il bisogno di comunicare con gli altri. Possiamo affermare con sicurezza che proprio la parola è stato uno dei mezzi che hanno permesso all'uomo di prevalere sul mondo animale: infatti, l'uomo si differenzia dagli animali proprio perché con la parola ha la possibilità di collettivizzare la sua esperienza, mentre l'animale no. Comunicare è un’esigenza talmente naturale nell'uomo che, per quanto torniamo indietro nel tempo con la mente, ne possiamo vedere sempre le manifestazioni, sin da quando i Greci accendevano fuochi sulle montagne dell’Ellade per annunziare la loro vittoria sui Persiani.

Il bisogno di comunicare è senz'altro per l'umanità qualcosa di spontaneo ed istintivo, ma esso nasce da motivazioni di carattere pratico, strettamente legate alla necessità di rendere noti a tutti, appunto alla «massa», fatti, informazioni e vicende che, anche se a volte non ci toccano da vicino, ci coinvolgono però sempre dal punto di vista umano.

Lo sviluppo, iniziato nel secolo scorso, della società tecnologica, ha portato una totale rivoluzione nel campo delle comunicazioni interpersonali, soprattutto sul lato tecnico. Il manoscritto, il libro in poche copie è ormai sostituito da un messaggio più diretto, immediato nei confronti dell'individuo, quale può essere la radio, la televisione, o la stampa periodica, internet. Una delle caratteristiche dei mass-media è l'enorme efficienza tecnica.

L'organizzazione e lo sviluppo di quei sistemi è stato necessario e nello stesso tempo possibile soprattutto per l'espansione demografica, l'accentrarsi dell'uomo in agglomerati enormi, il maggior tempo libero. Si è così arrivati ai cosiddetti mass-media sopra citati che, se da un lato presentano dunque un grosso vantaggio per la continua e capillare informazione che offrono all'ascoltatore, dall'altro però non rappresentavano una vera democratizzazione delle notizie. Questo discorso si riferisce chiaramente a una radio e ad una televisione monopolizzate dal governo, da internet monopolizzata da saccenti e maniagrafomani che si ergono a «sapenti» appena qualcuno si complimenta con lui per i versi rubacchiati a questo o quell’altro poeta, e  perciò attua una vera autopromozione, che i moderatori o proprietari del mailing-list non selezionando le notizie, per fini pubblicitari: da una parte eliminano tutte quelle informazioni che potrebbero aiutare a capire chi non ha avuto la fortuna di coltivarsi culturalmente, dall'altra si attua, anche se velatamente, una propaganda del sistema.

Per Cassandra, chiaramente, questi determinati messaggi, non possono venire recepiti da gran parte della massa, data la loro difficoltà, perciò hanno bisogno di essere modificati per una maggiore comprensione del lettore. Ella sa che questo discorso vale per ogni argomento, anche per esempio la musica classica, arrangiata modernamente può servire magari come sottofondo alla pubblicità di qualche prodotto. Questo prodotto che non rientra in nessuna pubblicità ma scaturisce dall’anima per penetrare dentro fino a sentirne i palpiti è un figlio.

«Triste biasimo

Per chi della tua innocenza

Fa mercato

Per chi ti vede

Come estremo male

Di un “amore”

Che tale si osa chiamare»

Non si può desiderare un figlio per parlare a lui di mass-media o di politicizzazione delle masse, ma per amarlo e proteggerlo proprio da questa invasione indiscriminata che ha un solo interesse, e mai per quello che avviene nel mondo.

Ella, nella convinzione di futura mamma vuole, desidera la cosa più naturale, che nasce dal fatto che la spinge a immaginare il figlio già nato, e cresciuto ed è pronta per poterlo aiutare, specialmente a fare i compiti. E lei è pronta ad aiutarlo anzitutto ad imparare le abitudini più semplici: ad afferrare le cose, a reggersi in piedi, a camminare e così via; e sa che tutto ciò deve essere fatto senza costrizione e senza durezza, perché i bambini si scoraggerebbero. Sa che deve fare tutto con pazienza, tenendo conto del suo ritmo connaturato.

Accarezzandosi il ventre sogna di vederlo autonomo, perché lei ha voluto che avesse avuto il tempo per fare le cose più adatte alla sua età, badando a evitare ogni danno fisico. Di conseguenza ha messo in mano al suo bambino soltanto coltelli e forbici che non tagliano, spiegandone il funzionamento, e martelli piccoli e non troppo pesanti. Più grandicello gli ha affidato qualche lavoretto in casa, e lo ha lodato, lo ha premiato dicendogli che questi lavori  vengono affidati solo a lui, poiché li eseguisce accuratamente.

«Germoglio di vita

Il mio ventre ti accolse

Ti davo corpo

Ogni giorno di più

Pensandoti al mio seno»

Gli ha «dato corpo ogni giorno di più» ora va a scuola e deve fare i compiti assegnatagli, perciò per non sbagliare si fa spiegare come fa l'insegnante, giacché lei può aver studiato con un altro metodo. Discute l'andamento del suo studio, per sapere se è volenteroso, se trova difficoltà a scuola solo per motivi casuali, ma gli lascia completamente l'esecuzione del compito, lo rende autonomo e gli infonde fiducia nelle proprie forze e capacità.

Le azioni sbagliate o le semplici sciocchezze non le vuole considerare, poiché non devono essere considerate come malefatte o segni di un carattere cattivo, ma ha imparato con lui che bisogna cercare, di rimediare agli eventuali danni.

«Sfiorandoti il capo

Chiamandoti per nome»

Ho cercato di aiutarti perché per qualche tempo sei stato lontano dalla scuola ed hai trascurato qualcosa di importante ai fini dell'insegnamento, oppure che per la tua lentezza nel ragionare si trova a mal partito nello studio e ha perduto il coraggio di riuscire. Intervenendo con amore soltanto quando hai chiesto chiarimenti. Non ti ho mai osservato continuamente mentre lavoravi, e neppure corretto, ma ho fatto in modo che fossi tu a giudicare da solo i tuoi lavori. Solo così, figlio mio ho potuto subordinare la propria critica alla tua e portarti ad accorgerti da solo d'avere fatto male i compiti. Soltanto dopo il tuo giudizio negativo, ti ho lasciato decidere se è bene rifarli, nel qual caso ho subito lodato la parte ben fatta per spronarti ad una ulteriore prestazione. Così ho potenziato le doti spiccate per determinate materie, così ho camminato con te rivivendo la mia fanciullezza.

«Sfiorandoti il capo

Chiamandoti per nome»

Per questo ho vissuto i giorni che della gestazione, questi pensieri mi hanno tenuto compagnia, ed ho discusso con te, perché ne sentivo un assoluto bisogno, per avere la tua affermazione.

Ora, improvvisamente non ci sei più, i miei sogni sono svaniti come nubi al sole; il nostro incontro che ha avuto un effetto vitale, con la tua non nascita, chi mi soccorrerà quando mi sentirò serrare la gola per la triste solitudine che mi attanaglierà?

Tu eri il mio bambino che mi veniva in soccorso, un compagno di scuola o un amico.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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