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Aprile

Di: Monica Steinkuehl

 

Monica De Steinkuehl è nata in Romagna, ha vent'otto anni e vive a Forlì. Nel clima di generale confusione (tutti scrivono poesie e tutti si autodefiniscono poeti) da cui è animata la cultura italiana di quest'inizio secolo e millennio, sorge tra tanta confusione una voce nuova per opera di Monica De Steinkuehl, che contribuisce notevolmente a scuotere la vita intellettuale della nazione, liberandola dagli impacci della tradizione, mandando a fondo la zavorra che l'appesantisce e aprendola a nuovi orizzonti, che sta tra la corrente della poesia visiva e quell'intimista. Afferma nella presentazione della sua biografia, in cui si autodefinisce: «Poetessa introspettiva, presente in numerosi siti letterari e nel suo sito personale «Notte di Luna» (http://digilander.iol.it/monicads73/); cura anche una rubrica sulla poesia in un sito locale».

Scrive di sé: " la cosa che adoro di più è la Luna, mi affascina troppo e mi rende il cuore pieno di vita. Ho sempre con me il mio blocco notes, perché non voglio perdere neanche un attimo per descrivere le mie sensazioni in ogni momento e luogo in cui sento, all'improvviso, una scintilla di rivelazione dalla mia anima!

Questa dichiarata volontà spinge Monica ad accogliere tra i suoi lavori d'interesse unico, che affrontano, con serietà ed impegno, una tematica quanto mai varia e complessa, che abbraccia problemi religiosi, morali, politici, sociali e letterari, nell'intento di fare un po' di pulizia, eliminando gli stanchi sentimentalismi e la falsa retorica. Nonostante le contraddizioni ideologiche, che la vastità dei problemi trattati e la diversità di soluzioni prospettate non riescono ad evitare, Monica dà un efficacissimo impulso allo svecchiamento della cultura, aprendola verso i più vasti e più moderni orizzonti europei.

«Vorrei ballare nuda sotto la fresca pioggia primaverile

lasciarmi travolgere dalle gocce

che bagnano il mio corpo,

farmi inondare da ciò che il cielo mi manda,

così precipitosamente

senza lasciarmi nessun tempo,

senza accorgermi di niente

così semplicemente libera»

«Le mie poesie e gli scritti nascono così, di getto in un istante.»

La prima fase di questa lirica è il cosiddetto «frammentismo», la tendenza cioè ad una lirica impressionistica, al frammento lirico, alla notazione rapida delle impressioni visive e dei moti intimi, isolando, la pregnanza essenziale, il lampo, l'illuminazione istantanea e folgorante.

«Vorrei annullare il tempo per godere infinitamente

di queste gocce

che scendono sul mio viso leggere

che lavano di ogni angoscia

che mi rendono semplicemente

libera di amare,

perché io amo la pioggia».

Quanto lei si accorge della svolta che sta dando alla poesia le si apre, sotto il segno di una cupa problematica esistenziale, la porta dei sentimenti. Infatti, è proprio questo uno dei segni caratteristici della lirica De Steinkuehliana: la tensione verso l'ansia della ricerca spirituale, di un continuo superamento, di una scelta necessaria che la indirizzi verso una luce della verità nell'arte.

«Amo il vento

che spettina i prati verdi

sperduti nel mondo,

che crea grandi onde

nel mare della mia vita,

che abbassa timidamente gli alberi

ed i miei occhi».

Ineffabile palpita gioconda l'estasi della cose, e di lei s'impossessa «il vento che spettina i prati/ e crea grandi onde nel mare della vita». E' il superamento delle manifestazioni più belle dell'essere: dall'immagine del vento che spettina il prato e il mare che crea onde grandi e abbassa gli alberi, costringendo anche lei ad abbassare gli occhi.

Si sente l'affiorare dell'ignota bontà che nei millenni ha tratto l'uomo e la vita profonda dell'universo, e la fede nella capacità creativa della vita la esaltano:

«Mi lascio trasportare dal vento

che mi spinge inconsapevolmente

verso qualcosa

che non sa nemmeno lui

e che mi confonde

di emozioni provate».

E' il rapimento; e la saggezza dell'estro poetico o della distaccata contemplazione che possono allontanare lei e con lei noi dalle quotidiane bassezze e da quella vita che per noi è come una belva chiusa in gabbia.

La tensione non è più spasmodica, perché si lascia trasportare dal vento che la confonde di «emozioni provate».

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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