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renobromuro3@tin.it 

ALBA

Di: Luciana Bianchi Cavalleri

 

Amo il silenzio
del primo mattino,

lo sbadiglio lento
dell' incompiuto giorno
ove tutto par nuovo,
di promesse intatto.


Godo l'assonnato risveglio,
l'attesa magica della vita
che pian piano,
là fuori,
ripullula di suoni.


 

SCORRE, LA VITA...  

 

Il suo quotidiano andare

è una scansione d’ansiti ribelli

che alterna in tortuosi percorsi

ascetici silenzi a dirompenti suoni.

 

Rapida come torrente che fluisce

scorre la vita con l’incontro, lo scontro,

l’andare, il posare: tra giaculatorie e graffiti

su sentieri di sassi, a convulsi passi ineguali.

 

A coda di rondine, scolpiti tasselli di giorni

in aspri incastri ed armoniose prospettive:

parsimoniosi bricolages di colla e sogni

mutati poi dagli anni in sobrie attese.

 

Fili di perle iridescenti, gli ideali:

ludici, stregati, forti, evanescenti,

indossati come rosari nei silenzi delle notti

e forse recitati troppo piano, senza crederci.

 

Convulsamente assaporando l’attimo,

la stasi amata che precede il balzo,

al semaforo s’attende il cambio delle luci…

così come al tramonto, il nascere del giorno.

 

(Oggi, la poesia non gira, né s’inebria.

Forse, domani...)

 

Luciana Bianchi Cavalleri

RECENSIONE DI RENO BROMURO

LUCIANA BIANCHI CAVALLERI

«La vita scorre… all’alba»  

 

Luciana Bianchi Cavalleri, è nata a Como, dove risiede. Scrive da sempre e… (afferma Enrico Besso): «ha imparato a scrivere scrivendo poesie». La bellezza della sua poesia  è nella semplicità; il verso e piano o spezzato, ma giunge  al cuore come uno stiletto ben affilato lasciando il segno.

Dice di sé: «Amo la poesia in tutte le sue forme... perché la poesia è la vita».

Ha custodito in un cassetto, gelosamente per anni, le sue poesie, poi, quasi per gioco, decide d'inviare qualche componimento ad un sito sul web e da quel momento, grazie ai numerosi consensi ricevuti, comincia a far conoscere le sue poesie, a partecipare a Concorsi e Manifestazioni, in un sempre più crescente successo. Internet, diventa la sua seconda casa e oggi, Luciana Bianchi  Cavalleri, è nota a quanti frequentano la poesia sul web, ma le sue composizioni, non hanno perso la freschezza e la semplicità iniziale.

Ha pubblicato «Como e il mio lago – Arcobaleni d’emozioni» (Edizioni D'Autore - 2001) e «Un paio d'ali», con lo steso editore.

Alcune sue poesie sono state inserite in varie antologie, tra le quali «Le rime del Lario» (edita dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Como - maggio 2002) e «Montagna Viva» (edita dalla Comunità Montana Valtellina di Morbegno- SO - anno 2003). (Note  biografiche ricavate da www.poetilandia.it di Enrico Besso).

«Amo il silenzio

del primo mattino,

lo sbadiglio lento

dell' incompiuto giorno

ove tutto par nuovo,

di promesse intatto».

Sei versi che hanno la struttura monografica, che chiamerei «monografia del giorno», perché descrive subito l’inizio, la continuazione e la fine del giorno. La ricerca dell’emozione che il Poeta vive s’inquadra nella mirabile attività promossa dall’«Io creativo», che  presiede la creatività e rende la testimonianza di un canto poderoso. E come la monografia del giorno alimenta, al tempo stesso, altre immagini periodiche del tempo che segue:

«Godo l'assonnato risveglio,

l'attesa magica della vita

che pian piano,

là fuori,

ripullula di suoni».

Ecco che la monografia del giorno si spiega in progressione del tempo e si   consolida con lo stato d’animo che è venuto a crearsi riuscendo insieme a far fronte alla crisi che la società contemporanea ha aperto. Non tocca a noi, dico a noi vecchi corresponsabili di questi eventi, fare il bilancio della nostra epoca; ma essendo sopravvissuti e trovandoci ancora, impegnati non soltanto a ricercare, ma a guidare i giovani nella ricerca, dobbiamo oggi chiedere se non sia augurabile e forse necessario un ritorno alla terra, un più attento esame dei testi e docu­menti nelle loro differenziazioni cronologiche e spaziali, e però anche un decen­tramento dell'attività accademica e un più vigoroso contributo dell'iniziativa culturale sia  nell'insegnamento come nella ricerca.

La monografia in versi di Luciana Bianchi Cavalleri, secondo il mio parere, è autorevole nella sua incisiva espressività poetica.

In lei troviamo anche un controllo critico del «Sé» teso nella ricerca della poeticità essenziale senza sfociare nell’ermetismo. 

A questo punto giova riflettere sull’atteggiamento della ricerca che la  Bianchi Cavalleri ottiene attraverso un linguaggio semplice ed esplicativo, non lasciando lacune o insufficienza poetica. Abbiamo visto che la ricerca stessa si basa sulla propria esperienza di vita, non cerca motivo di espressione da questo o da quello studioso, perché il metodo di ricerca che adotta è puramente originale, ecco perché ho preso due liriche, forse un poco in antitesi tra di loro.

Ma in loro non c’è mai un errore di metodo, proprio per questo la sua ricerca poetica è più difficile da estirpare. L'esperienza della ricerca ci ha insegnato, a nostre spese, che dove fa difetto l'informazione storica, lo fa anche quella letteraria. Poeti come Bianchi Cavalleri sono destinati a lasciare l’impronta della loro immaginazione eccezio­nalmente viva, precisa e cordiale, basata sulla ricerca personale. Se Montale, Ungaretti, Gatto, Pasolini, Apollinaire… non avessero ricercato il nuovo per le loro liriche, non credo che avrebbero avuto l’immortalità. Perciò la Bianchi Cavalleri merita un rispettoso omaggio sia come Poeta sia come ricercatrice della  parola.

«il suo quotidiano andare

è una scansione d’ansiti ribelli

che alterna in tortuosi percorsi

ascetici silenzi a dirompenti suoni»

Bisogna riconoscere che i versi della Bianchi Cavalleri sono rivoluzionari, ma anche e principalmente per la ricerca esemplare delle parole semplici e del contenuto fortemente personale, ma oggettivo; ciò che difficilmente si trova nel web, oggi, carico di emozioni intime individuali, la maggior parte di coloro che scrivono sul web, eccetto qualcuno che veramente fa poesia, non fanno poesia ma lamentano il proprio modo di esistere, senza riuscire ad universalizzare le proprie idee, così che non rimane documentazione del loro passaggio, e chi n’è penalizzata è la Poesia e la letteratura ridotta in pillole somministrate per sedare l'inquietudine di amici, parenti e lettori delicati e svagati.

«Rapida come torrente che fluisce

scorre la vita con l’incontro, lo scontro,

l’andare, il posare: tra giaculatorie e graffiti

su sentieri di sassi, a convulsi passi ineguali».

Sarebbe bello che qualcuno seguisse l’esempio di Luciana, farebbe felice non solo me, ma soprattutto i lettori che si sentirebbero soddisfatti di leggere qualcosa che per merito della critica di Benedetto Croce, trova nella poesia l’emozione dell’arte che è quella che più im­porta, e che si ritrova in prima linea non appena si rende possibile una ripresa della ricerca da parte di studiosi preoccupati di servire alla verità. Con questo non intendo mettere alla prova coloro che pubblicano a tambur battente nel Web le proprie lacrime e le apprensioni proprie, come un fiume senza sbocco che porta la «Vera Poesia» verso un «pantano» dove, con il passare del tempo,diventa acqua putrefatta,che ammorba l’aria anziché purificarla

«A coda di rondine, scolpiti tasselli di giorni

in aspri incastri ed armoniose prospettive:

parsimoniosi bricolages di colla e sogni

mutati poi dagli anni in sobrie attese.

 

Fili di perle iridescenti, gli ideali:

ludici, stregati, forti, evanescenti,

indossati come rosari nei silenzi delle notti

e forse recitati troppo piano, senza crederci».

Il viatico di Luciana giunge alla celebrazione degli ideali anche se poi potrebbero diventare «ludici, stregati, forti, evanescenti».

E’ superfluo che io dica espressamente di volere qui osannare una poesia che non conoscevo e che trovandola oggi in «Poetilandia» mi sono compiaciuto al punto di volerla celebrare dando a Cesare ciò che di Cesare è.

Come studioso della letteratura italiana in genere, e in specie della letteratura poetica posso giustificare il mio intervento perché preso d’amore dal canto della vita:

«Convulsamente assaporando l’attimo,

la stasi amata che precede il balzo,

al semaforo s’attende il cambio delle luci…

così come al tramonto, il nascere del giorno»

pro­ponendo ai lettori queste due liriche, che spontanea­mente penetrano nell’anima di chi legge guardando dall'esterno, il cerchio che è in noi e dentro il quale difficilmente facciamo entrare gli altri se non noi stessi nei momenti in cui abbiamo bisogno, sentiamo la necessità di guardarci per sapere di non conoscere niente, pur movendoci al centro dello sperimentalismo, anche se:

(Oggi, la poesia non gira, né s’inebria.

Forse, domani...)

Reno Bromuro

 

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