Enrico,
Antonio, Gianfranco Besso
in arte «eby»
è nato a Rivoli (Torino) l’8 dicembre 1957, abita a Catanzaro
Lido; gli piacciono gli Spaghetti aglio, olio e peperoncino, ama il
Ciclismo e l’atletica leggera, Juventino per convinzione, si
abbandona al calcio; magari con un romanzo di Cassola
fra le mani (il suo scrittore preferito) nell’attesa di vedere il
pallone nella porta avversaria. Allora il suo cuore esulta e dedica alla
squadra del cuore, una poesia d’amore.
La
poesia d'amore nasce tardi nella letteratura latina e si afferma solo nel
Secondo secolo avanti Cristo, quando i Romani, concluse
vittoriosamente le guerre in Oriente e in Grecia, allentano
le preoccupazioni per l'interesse dello stato, trovando il tempo e l'animo
per dedicarsi anche alla vita anteriore. I tempi nuovi, meno condizionati
dagli obblighi e dalle campagne militari, permettono di coltivare, oltre
ai modi della scrittura adatti alla riflessione sul bene comune, come la
storiografia, l'oratoria, il teatro, la satira, il poema epico e la
tragedia stessa, generi nuovi da dedicare all'effusione dei sentimenti o
alla ricerca dell'io.
La ricerca
dell’ ”IO”, per Enrico, è passeggiando il mattino presto tra pini e
spiaggia, osservando quanto incontra sulla strada e ragionando sulle
visioni che allertano lo spirito; ecco come nasce la sua poesia e come se
ne innamora portandola per mano nella passeggiata mattutina e poi come un
frutto maturo la scrive sul computer. La passeggiata è stata salutare per
lui e fruttifera per il fruitore che può bearsi e, perché no, ubriacarsi
di beatitudine o di pensieri che fanno bene allo spirito.
Ha
vinto il primo, secondo e terzo premio
Reno
Bromuro
S'ATTARDANO
I CHIARORI DELLA SERA (1°
PREMIO)
S'attardano
i chiarori della sera
ed è un incendio rosso il vecchio molo,
giù alla marina l'aria è a pizzicotti,
diaccia a cristalli il sale sulle labbra.
In questi tardi giorni di settembre
spiuma nell'onda l'ultima illusione,
quella promessa al buio sottomuro,
la fuga degli sguardi sul domani.
Pesa sul cuore questo mare scemo,
che prende e poi riporta ciò che ha preso,
pesa anche il tonfo sordo del silenzio
e questo vecchio immobile pontile.
Risillabo tra i denti piano un nome
e in me si muore l'ora della notte
CONOSCE
IL MIO PASSO LA NOTTE (2° PREMIO)
Conosce
il mio passo la notte
e la sua solitudine è la mia.
Come ortica di mare sfuggo l'onda,
quest'avido tempo senza memoria,
queste pietre che traspirano angoscia
e questa penna senza fantasia.
Ed io vorrei potere farmi foglia
per mordere l'acqua chiara d'ottobre
e diventare aeroplano di carta
per bestemmiare più vicino a Dio.
Dipoi disfarmi in rucola selvatica,
spicchio di limone agro nel the
e sabbia, sale, vento e infinità,
nel cielo che si fa di rame, io, vorrei ...
UN
RAGAZZO ANTICO DI CALABRIA (3° PREMIO)
Sul
barroccino di frutta e verdura
incorticato all'angolo del corso,
lupini e fichi d'india scintillavano
nell'acquolina in bocca dei ragazzi.
Erano gli anni della pasta e sarde,
del falco pecchiaiolo in aspromonte,
delle ginocchia sporche e spellacchiate,
del gracidare greve dei bufoni.
Sfilava tra le case abbarbicate,
nell'aria di ricotta stagionata,
la processione con l'astile in testa,
ricordo il barbugliare del torrente,
i pantaloni corti e nelle tasche,
un piccolo confetto d'anicino
IN
QUELL’ANDARE A STRUSCIO MURO D’OMBRA (4° POSTO)
In
quell’andare a struscio muro d'ombra,
sfugge, tra un battito di ciglia e l'altro,
l'ora del giorno che si appresta a sera
e mi dolora, genuflesso, l'ansia
nel dormiveglia tra la pietra fredda
e l'incartare del sole in persiane
rigate a coltello dal vento.
Come
il muso del cane, che mi somiglia,
scompiglio l'ombra a questa vita morta
nel segno dei miei denti sulla mela.
A
DECLINARE IL VOLO DELLE RONDINI (5° POSTO)
A
declinare il volo delle rondini,
nasi all'insù aggrappati al cielo, noi,
nidi al riparo dai piovaschi estivi,
si consumava in fretta un po' di vita
nel pane, olio, sale e pomodori.
Figli
di una stagione sola, ora,
sverniamo in comodi cappotti grigi,
il cellulare acceso giorno e notte
e il volo delle rondini in display.