Enrica Paresce

 

 

 

 

 

Enrica Paresce è nata «non per sua volontà e ci tiene a sottolinearlo», a Roma il 3 novembre 1958. Portatrice insana e distratta dei ricordi di una famiglia scomparsa che la fanno inciampare spesso nel vivere quotidiano e nelle innumerevoli buche del selciato romano, continua a prendere l'autobus, o se non ha vesciche ai piedi e non ha fatto orrendamente tardi, a camminare per qualche chilometro sino all'impiego che consente alla sua carcassa di sopravvivere. Decisa ad emigrare da se stessa non ha ancora trovato la porta per «il fuori», però non demorde perciò ha organizzato per sette anni festival di musica classica, scritto una tanti romanzi, poesie, racconti ecc...

 

Reno Bromuro

 

MADRE CELESTE

 

madre,
senza respiro e senza sguardo
in corsa verso un futuro
eternamente rinnovato
mani oscure di sangue
volto impenetrabile di
luna
voce senza appello
di una sapienza priva di libri sacri
amore e odio danzano

nel tuo volto, nel tuo odore
patria ormai persa e ultimo orizzonte
assenza e presenza mai
perdonata
madre....
e non vi sono sufficienti
parole
e non vi sono suoni, gesti, materia
madre che non sei più
madre che sono io
ora e per sempre condannata
a reincarnarmi in te


PRIMO AMORE

 

Son tornata a pensare a te

in questa primavera indecisa

uomo con l'orecchino, e il ghigno

di chi ha vissuto in anticipo

sulla libertà di parola

che ti avrebbe consentito ancora qualche giro

prima che il mondo ti omologasse

quel vecchio Morini che ci lasciava sempre

sotto la pioggia a notte

soffiarci amore sotto una grondaia

mentre germogliavamo

 

e ho sentito sulle labbra il profumo

di quegli spinelli che io non guardavo

immersa nello splendore estraneo

di quella nudità primigenia

- pelle dorata che mangi una mela a morsi in cucina -

capelli rossi e lunghi sul collo arricciolati

occhi verdi di tigre mai domata

 

primo amore e ultima illusione

prima che il mio passo diventasse di donna

 

UN ATTIMO

 

E di tutti i pensieri che corrono
dietro a nuvole imbizzarrite
uno
- ribelle e imbelle -
(desiderio di bimba senza voce)
lo vedo scendere,
lunghe parabole argentee nell'azzurro,
a cercarti ancora…
vecchio osso rosicchiato e giallo

curioso
scruta e spia
l'oscurità muschiosa dei tuoi occhi
per rubare ancora un emozione
un eco
un illusione
scioccamente eccitato da quel "non" gesto.

La follia mi sorride
dall'angolo di fuga del paesaggio...
fra il dente otturato e quello falso...

E' questa la differenza?
Questa curiosità per l'altrui cuore?
Questo scivoloso districarsi di sentimenti,
che dilagano nei luoghi più impensati,
come cellule cancerose non si lasciano estirpare?
Donna son io per questo piccolo sospiro di attesa
che strappo dalla terra e rosicchio?

Scalpitano i sensi
di fronte al vento che porta
odore
sapore nero di liquirizia rugosa
sudore
sesso

ma
irresistibilmente mi attardo
(amplesso promesso, riflesso negato)
ancora un attimo
incido nella retina
quel camminare stupidamente fiero
alieno

poi mi volterò per riprendere il cammino
poi mi girerò per risalire la china
poi… mi guarderò intorno
respirerò lentamente acqua e favole antiche
e sorriderò scoprendomi di nuovo chiara

 

L’ALBERO E IL SERPENTE

Mi piace osservare - fra i tetti ispidi
nuvole alte - respiri condensati di draghi
tanto cielo da respirare - flash da iperventilazione
un tetto alto - bolla traslucida
dove costruire castelli - con ovatta di cristallo

sogni
pensieri
fili
cadono
impastati
dalla bocca
del serpe
Ygdrasil

mi piace vegliare - in silenzio mimare
mischiata alle ombre - teorie di non vita
danzare musiche prive di umanità - cimbali e flauti
sognando fuori - oltre il confine incerto
della sfera - concava e convessa lente
che ancora ci contiene - e ci deforma di realtà

partiranno
scafi
gialli di unghie d'eroi
li guarderò
distesa
nel vento
dell'armageddon
attentendo
di camminare ancora
sul prato di un nuovo tempo

4.Una scheggia bastarda  

Una scheggia bastarda d'amore
mi ferisce il cuore.
Una punta arrugginita
aspra di rimpianti e recriminazioni.

Accoccolata dietro la tua vita,
ti sento,
ti vedo,
ti odoro,
senza poter parlare.

Una briciola scarna mi offri,
sesso privo di colore.
Ed io cerco di scorgere
arcobaleni laddove
non c'è altro che livido
cielo d'inverno.

Un sospiro mi scivola
fra i denti lucidati per l'occasione
e tu lo cogli e lo torci
panno sporco da nascondere
"emozione".

Un sorriso incerto si sbriciola,
contro le parole che pronunci
senza compassione.
Ed io ostinatamente stò
rannicchiata "contro".


 

 

 

 

 

 

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