Questa
parabola disse loro Gesù; ma essi non capirono di che cosa parlasse loro.
Gv 10 vs 6 Primo tema.
TITOLO: Passaggio
dalla parola alla realtà.
ARGOMENTI: Le
parabole. Dentro&
fuori. Voce e parola. La
scoperta del principio della realtà. Parola
e realtà. A che
servono i segni? Guardare
da Dio. Scegliere
Dio. Proposta-risposta-motivo. La funzione della parabola. Consapevolezza.
26-27/novembre/1989 Casa di
preghiera Fossano.
È Parola di Dio per noi.
E quindi dobbiamo chiederci il significato di
questa dichiarazione.
Che cosa possa servire alla nostra vita
essenziale sapere questo.
Sopratutto il fatto che si dice: "Gesù
disse loro questa parabola".
Gesù aveva parlato di pecore, di pastore, di
stranieri.
E qui ci fa capire che tutto questo parlare
era un parlare in parabole.
Il che vuol dire che non parlava di pecore,
né di pastori, che non parlava né di stranieri, né di ovile.
Quello era soltanto un supporto.
Un segno che adoperava per significare altro.
Gli apostoli in un altro luogo avevano
chiesto a Gesù: "Perché parli in parabole?".
Gesù parlava in parabole perché tutto è un
parlare in parabole di Dio.
Anche oggi.
Tutto l'universo è una parabola di Dio per
noi.
La storia, la cronaca di ogni giorno, i
fatti, i giornali, la televisione, le vicende delle creature, è tutto un
parlare in parabole di Dio per noi.
Per ognuno di noi.
Gli apostoli chiedono: "Ma perché parli
in parabole?"
Quante volte anche noi chiediamo: "perché
Dio non parli apertamente?".
Il suo è tutto un parlare per simboli, per
segni.
E noi vediamo quanta fatica si debba fare per
arrivare al significato delle cose.
A leggerle.
A intenderle nello Spirito di Dio.
A conoscere il parlare di Dio.
Perché parli in parabole?
Gesù a questa interrogazione aveva risposto:
"Parlo in parabole perché non capiscano"
Se parla, parla perché non capiscano?
E aveva aggiunto: "A voi è dato
conoscere i misteri del Regno di Dio, ma a tutti gli altri non è dato
conoscere".
A voi è dato conoscere, a tutti gli altri non
è dato conoscere.
Ma quando dice: "A voi", e
distingue "voi" da tutti gli altri, cosa intende?
Che differenza c'è?
Sono tutti uomini uguali e Dio vuole che
tutti si salvino e giungano a conoscere la verità.
Questa à la Volontà di Dio.
Questa è la Volontà di Dio e noi troviamo il
Figlio di Dio, Dio stesso che vuole che tutti si salvino e dice: "Parlo in
parabole affinché non capiscano".
Se la salvezza sta nel conoscere, quindi nel
capire, perché parla in parabole affinché non capiscano?
E poi perché fa la distinzione: "Perché
a voi è dato di capire e agli altri no"?
"A voi" chi?
Dice:"Agli altri", cioè:"A
tutti coloro che sono fuori".
E allora fa capire che quel "voi"
intende: "Voi che siete dentro".
E allora ci fa capire una cosa: che ci sono
uomini che sono dentro e uomini che sono fuori.
Ma cosa vuol dire essere dentro?
E cosa vuol dire essere fuori?
Intanto ci fa capire questo: che a tutti
coloro che sono fuori Dio parla in parabole perché non capiscano.
Perché soltanto non capendo si
preoccupano di entrare.
Perché soltanto
"dentro" si capisce.
Fuori si capisce di non capire.
Tutto l'universo, abbiamo detto è una
parabola.
Tutti gli avvenimenti e tutta la storia è una
parabola di Dio.
È Dio che parla in parabole e, infatti, non
capiamo niente.
Ma proprio non capendo niente si forma in noi
il desiderio di capire.
Noi che siamo fatti per conoscere.
Noi che siamo fatti per capire.
Noi che troviamo la nostra salvezza nel
giungere a conoscere la verità.
Perché questo è il nostro
destino.
"Che io possa capire, che io possa
conoscere e avrò la vita", abbiamo letto nel salmo.
Proprio perché siamo fatti per capire,
essendo fatti spettatori di cose che non capiamo, ci preoccupiamo di entrare
per capire.
Perché soltanto coloro che sono
dentro possono capire.
E noi ci chiediamo cosa vuol dire essere
dentro ed essere fuori?
Ora è proprio per capire questo argomento del
parlare di Dio in parabole e del significato di questo parlare in parabole,
sopratutto del significato delle parabole che dobbiamo far precedere
l'argomento del "Passaggio dalla parola alla Realtà"
Abbiamo già visto un altro passaggio: il
passaggio dalla voce alla parola.
Ricordiamo che la voce è l'annuncio di un
esistente.
Ogni esistente ha una sua voce.
La parola è annuncio di un pensiero e il
pensiero è proprio delle persone.
Quindi la parola serve per collegarci con una
persona.
Come la voce serve per collegarci con un
esistente.
Certo, il collegamento avviene in quanto c'è
un interesse.
Abbiamo accennato che soltanto chi ha sete fa attenzione alla voce
dell'acqua.
E andando dietro a questa voce giunge a
trovare l'acqua.
E quindi si può dissetare.
È tutto segno.
Così anche, soltanto chi ha interesse per il
pensiero di una persona, sentendo una parola va dietro a questa parola, per
cercare di giungere a capire il pensiero di quella persona che parla.
Voce, parola, segno servono per convocarci
alla presenza di qualcosa, alla presenza di qualcuno.
L'opera dell'universo è fatta molto bene.
È fatta da Dio Creatore il quale ha fatto le
cose molto bene.
E le ha fatte bene appunto perché servono a
convocarci in quel punto in cui finalmente noi possiamo trovarlo, conoscerlo.
Si trova soltanto in quanto si cerca nel
luogo in cui quella cosa si trova.
Perché ogni esistente
appartiene a un suo luogo.
Anche Dio appartiene a un suo luogo.
E fintanto che noi non cerchiamo l'esistente
in quel punto, noi vaghiamo inutilmente da una parte all'altra, ma non possiamo
certamente trovarlo.
Luogo di Dio è il Pensiero di Dio.
Luogo di Dio è la conoscenza.
Dio abita nella sua conoscenza.
Soltanto cercando la conoscenza di Dio,
soltanto cercando il Pensiero di Dio, e Dio si rivela solo nel suo pensiero, lì
abbiamo la possibilità di trovarlo.
La verità si trova solo conoscendola.
Dio è verità, Dio si trova solo conoscendolo.
Bisogna impegnarci in questo.
Tutto è segno per convocarci qui.
Abbiamo detto:
1) C'è il passaggio dall'apparenza delle cose
alla scoperta che in tutte le cose c'è una voce che parla con noi.
2) E poi c'è il passaggio dalla voce alla
parola.
Cioè la scoperta che in tutte le cose c'è un
pensiero e un pensiero per noi.
Nell'ultimo incontro sul versetto precedente,
Dio ci ha fatto incontrare una grande scoperta: la scoperta del principio della
realtà.
Per condurci a scoprire il principio della
Realtà, Dio si è fatto oggetto del nostro pensiero, figlio nostro, per cui noi
possiamo pensare Dio.
Ma fintanto che noi pensiamo Dio, noi non
scopriamo la realtà.
La realtà non viene dal nostro io.
Dio, è vero, si fa oggetto del nostro
pensiero.
Si offre ad essere oggetto del nostro
pensiero.
È necessario questo ma fintanto che siamo noi
a pensare Dio, noi non troviamo la realtà.
Infatti in noi resta sempre il dubbio.
Resta il dubbio: se quello che io penso sia
vero, sia reale oppure sia soltanto una mia fantasia e se quando parlo con Dio,
parlo veramente con Dio o sono soltanto io che mi immagino di parlare con Dio.
Nel pensiero del nostro io, nel modo più
assoluto non possiamo uscire da questo dubbio.
Perché il nostro io non fa la
realtà.
Il nostro io subisce la realtà, riceve la
realtà ma non fa la realtà.
Per cui fintanto che siamo nell'attività
nostra, anche quando pensiamo, noi non possiamo uscire da questo dubbio, e quindi
non possiamo accedere alla verità.
Quindi anche quando pensiamo Dio, noi non
possiamo arrivare alla certezza che quando pensiamo Dio, Dio sia presente in
noi, Dio sia reale in noi nel nostro pensiero.
Questa certezza non viene dal pensiero del
nostro io.
E noi potremmo restare anche eternamente in
questo ma non usciremmo dal dubbio.
E quando si è nel dubbio la nostra volontà è
incrinata.
È debole e resta in balia dei sentimenti.
In balia di tutto ciò che accade, delle
parole, delle ragioni, degli argomenti che giungono a noi.
Abbiamo visto però nell'argomento di due
domeniche fa, che Dio si fa oggetto del nostro pensiero.
Ma è proprio qui che avviene la meraviglia:
si scopre il principio della realtà.
La meraviglia sta in questo, Dio facendosi
oggetto del nostro pensiero, ci fa prendere consapevolezza di ciò che Egli è.
È il Creatore di tutto.
Siamo ancora nel campo della fede.
Dio è il Creatore di tutto perché tutto ciò
che esiste non è opera nostra.
Facendoci prendere coscienza di questo, ci
capovolge la situazione perché essendo Lui Creatore di tutto, Principio di
tutto, è anche principio del nostro pensare.
E se è principio del nostro pensiero, non è
più oggetto del nostro pensiero,
Ma è soggetto del nostro pensiero.
Non è più effetto del nostro pensiero ma
causa.
Ecco, come ci libera dal dubbio.
Dio, è Lui causa del nostro pensiero.
Qui scopriamo il principio della
realizzazione delle cose.
Della realtà delle cose.
Bisogna passare attraverso Dio per giungere
alla realtà.
Come bisogna passare attraverso Dio per
capire che le cose non sono soltanto cose.
Un albero non è soltanto un albero.
Una pietra non è soltanto una pietra.
Una montagna, il sole, le stelle, gli uomini,
le donne eccetera, non sono soltanto uomini stelle donne sole acqua montagna eccetera...
Questo sono se noi non pensiamo a Dio, cioè
se noi guardiamo soltanto orizzontalmente, secondo i nostri sensi o secondo i
nostri sentimenti, sappiamo perfettamente cosa è un'albero.
Lo sappiamo per la sensazione che l'albero
lascia in noi.
Così sappiamo cosa è un uomo, una donna,
cos'è una montagna, cos'è il sole eccetera....
Ma è tutta una conoscenza in funzione dei
nostri sensi.
Per poco che noi pensiamo a Dio, scopriamo
che essendo tutta opera di Dio, tutto è segno, voce di Dio.
E allora l'albero non è più un albero,
l'albero è voce di Dio, il monte è una voce di Dio, e l'uomo è una voce di Dio,
e tutto è voce di Dio.
Ma se tutto è voce di Dio, qui subentra un
altro problema, una voce ti annuncia qualche cosa, la voce ti annuncia.
Che cosa annuncia?
Che cosa Dio vuol comunicare attraverso
l'albero, il monte, il sole, le stelle, l'acqua, attraverso gli uomini?
Che cosa Dio ci vuol annunciare?
Ecco che l'anima comincia a mettersi in
cammino.
Dio la mette in cammino.
Ma abbiamo dovuto pensare Dio per entrare in
questo cammino.
E poi passiamo dal problema della voce al
problema della parola: il Pensiero di Dio, l'Intenzione di Dio.
3) E qui si presenta un'altro problema, il
passaggio dalla parola alla realtà.
In ogni passaggio noi dobbiamo sempre pensare
a Dio, perché il passaggio diventa possibile sempre e soltanto in quanto
pensiamo a Dio.
Ogni passaggio richiede da parte nostra
l'elevazione della mente a Dio.
Elevando la mente a Dio si sente la necessità
di passare dalla parola alla realtà di quella parola stessa.
Poiché una parola è una parola in quanto
indica una realtà.
Però capisco anche che fintanto che non
riesco a vedere la realtà, realizzare la parola, questa per me è inconcepibile.
Non la capisco!
Si capisce una parola in quanto si vede la
realtà significata da essa.
La parola è un segno, ed io intendo il segno,
soltanto in quanto vedo la realtà che corrisponde a quel segno.
Abbiamo detto che ogni segno, ogni voce, è
caratteristica di un esistente.
E così anche, ogni parola è caratteristica di
una persona, perché la parola è propria di una persona.
Poiché la parola annuncia un pensiero.
Comunica un pensiero e il pensiero è proprio
della persona.
L'animale non parla.
L'uomo parla perché ha un pensiero.
Dio è persona, e quindi ha un pensiero e
quindi parla.
Ogni esistente ha la sua voce
caratteristica,.
Abbiamo detto: l'acqua ha la sua voce, il
monte ha la sua voce, il sole ha la sua voce.
L'uomo ha la sua voce, ci sono miliardi di
uomini, ma ogni uomo ha la sua voce caratteristica.
Noi abbiamo la possibilità di riconoscere la
voce di uno o di una cosa soltanto se siamo stati con quell'esistente e abbiamo
visto il segno di quell'esistente, udito la voce di quell'esistente, soltanto
in quanto abbiamo contemplato l'esistente e la sua voce insieme .
Perché soltanto così in noi si
è formata la capacità di riconoscere la voce di quell'esistente, così soltanto
nella misura in cui siamo stati con una persona, noi abbiamo la possibilità di
riconoscere la voce di quella persona.
E soltanto nella misura in cui noi siamo
stati con un pensiero che noi abbiamo la possibilità di riconoscere la parola
che si riferisce a quel pensiero.
Altrimenti non si può passare dalla voce
all'esistente.
Non si può passare dalla parola e il
pensiero.
Non si può passare dal pensiero alla persona.
Cioè non si può salire dalla terra al cielo.
Non si può passare dai segni a ciò che i
segni significano.
Può salire solo colui che è disceso dalla
realtà al segno, dall'esistente alla voce, dal pensiero alla parola.
Soltanto quindi colui che è stato o che è con
l'essere che parla e vede come parla e conosce come parla, questi ha la
possibilità di passare, altrimenti no.
Abbiamo visto che a noi non è dato passare
dal nostro pensiero alla realtà: resta il dubbio.
Dio si fa oggetto del nostro pensare.
Noi possiamo pensare Dio.
Ma Dio non ci dà la certezza.
Noi restiamo nel dubbio.
La certezza ce la dà Dio.
Ma ce la dà non in quanto siamo noi che
pensiamo.
Ma in quanto noi guardiamo da Dio il suo
pensiero.
Soltanto guardando da Dio noi possiamo
cogliere la sua parola.
Il passaggio obbligato per intendere una
parola è superare la parola.
Ed è di portarci in alto a guardare da-.
Da quell'essere che parla.
E soltanto conoscendo quell'essere anche per
fede che si prende consapevolezza della parola stessa.
Ma allora dobbiamo chiederci, a che cosa
servono le parole.
A cosa servono le voci?
I segni, le parole, le voci servono per farci
capire che non capiamo.
Ecco perché Dio parla in parabole: "Affinché
non capiscano".
Quando uno capisce di non capire è un cieco.
E quando uno è cieco si mette in movimento
verso la luce.
Ecco come Dio forma in noi il desiderio.
Dio parla in parabole non per escluderci, ma
per farci entrare.
Cioè per formare in noi il desiderio.
Ecco perché ci acceca!
Ci acceca per metterci in movimento, per
farci entrare, perché solo entrando si capisce.
Si entra desiderando, mettendo il desiderio
di conoscere Dio al di sopra di tutto.
Soltanto così si entra.
E quando si entra si ha la possibilità di
capire.
"A voi è dato conoscere i misteri del
Regno di Dio."
Il che vuol dire che se a voi è dato capire i
misteri, vuol dire che i misteri non sono più misteri, perché a qualcuno è dato
capire.
Ed è Parola di Dio.
Ma ci fa anche capire che a tutti gli altri
Dio parla in parabole affinché non capiscano.
Non dico per escluderli.
Non per cacciarli fuori, ma parla per formare
in loro il desiderio di entrare, affinché entrando possano capire.
Il problema del passaggio dal segno o dalla parola alla realtà, sta in questo movimento verso, in questo
portarci a guardare le cose da-.
Soltanto guardando da Dio Creatore noi ci
rendiamo conto che Dio non è l'oggetto del nostro pensiero ma è soggetto del
nostro pensiero.
È il principio del nostro pensiero.
Ci fa scoprire che quando noi pensiamo Dio,
noi non pensiamo Dio con il nostro pensiero ma con il suo pensiero .
perché Lui è il principio del suo pensiero e
il pensiero con cui noi pensiamo Dio è il Pensiero stesso di Dio.
Questa è la realtà che deriva da Dio.
Dico, questo lo può trovare soltanto colui
che guarda da Dio (non per sentito dire).
E per guardare da Dio deve pensare a Dio.
Ecco per cui Dio si fa oggetto del nostro
pensiero.
Ma non è sufficiente che Dio si faccia oggetto
del nostro pensiero: dobbiamo guardare da Dio.
E guardare vuol dire rendersi conto, anche
secondo la fede, di che cosa è Dio.
Rendersi conto che Dio è il Creatore.
Guardando da Dio Creatore ci rendiamo conto
che Lui è il principio di tutto.
Causa di tutto.
Causa anche del nostro pensiero.
Il passare a guardare da Dio vuol dire mettere Dio al di sopra di tutto.
E mettere Dio al di sopra di tutto vuol dire
fare una scelta.
Perché c'è Dio ma ci sono anche
tutte le creature.
Ci sono tanti esistenti.
Noi siamo creati in un campo di esistenti.
Ed è proprio questo che crea in noi il
problema.
Perché se ci fosse solo Dio,
probabilmente (e sarà l'argomento di una altra domenica) non ci sarebbe il
problema.
Arriverà il giorno in cui ci sarà solo Dio e
allora non ci sarà più il problema.
Ma fintanto che c'è Dio e ci sono anche tanti
altri per noi c'è il problema.
Ed il problema è un problema di scelta.
Problema di decisione.
È un problema di valore, di mettere prima di
tutto.
Dico, tutta la difficoltà dell'uomo sta lì.
La difficoltà a mettere Dio prima di tutto.
Perché c'è sempre qualcos'altro
da fare.
I buoi, i campi, la moglie, e sono proprio
questi che ci impediscono di.....
Eppure i buoi, i campi la moglie sono
creature di Dio.
Ecco, dico, c'è Dio ma ci sono anche i buoi i
campi la moglie.....
E ci sono tutti i nostri impegni nel mondo.
Impegni che ci portano via il tempo.
E sopratutto ci portano via il pensiero.
Per cui non abbiamo tempo per Dio.
Ma è proprio perché c'è questa molteplicità
di esistenti attorno a noi, che c'è la possibilità di una scelta.
Il giorno in cui Dio eliminasse tutti gli
esistenti intorno a noi, tutte le creature intorno a noi, eliminerebbe da noi
tutti questi interessi diversi.
Resterebbe l'unico Suo interesse.
A quel punto però Dio si imporrebbe, non
avremmo più possibilità di scelta.
Quando non si ha possibilità di scelta, le
cose s’impongono.
Dio s’impone, la verità s’impone e quando Dio
si impone noi non possiamo più conoscerlo.
Perché per conoscerlo, dobbiamo avere in noi stessi il
motivo, il valore.
Ma noi possiamo formare in noi stessi il
motivo soltanto in quanto abbiamo la possibilità di una scelta.
Possiamo capire che tutte le creature e tutte
le opere che Dio ci mette attorno, ce le mette proprio per formare in noi un
campo di scelta, in modo che noi possiamo decidere chi mettere al di sopra di
tutto.
E ognuno di noi può mettere al di sopra di
tutto il suo lavoro, i suoi impegni, la sua carriera, può metter al di sopra di
tutto le creature o una creatura o più creature o tante creature, una famiglia,
una istituzione eccetera.....
Tutto quel che si vuole.
Ma la Parola di Dio ci dice: "Metti al
di sopra di tutto, al di sopra di tuo padre, di tua madre, della tua famiglia,
del tuo istituto, delle tue istituzioni...metti Dio al di sopra di tutto"
"Non dare a nessuno il nome di
maestro".
Non dare a nessuno il nome di padre perché
uno solo è il tuo padre, la Parola di Dio ci dice questo.
Quindi la Parola di Dio è una proposta e fintanto che è proposta da la possibilità di conoscere Dio.
Il giorno in cui Dio s’impone, noi non
abbiamo più la possibilità di conoscerlo.
È proprio in questa proposta che viene data a
noi la possibilità di formare in noi il motivo, perché facendo una scelta si
forma un motivo, il motivo della scelta stessa.
La Parola di Dio è una proposta, in quanto ci
fa una proposta noi non possiamo non rispondere e comunque noi rispondiamo si
forma in noi il motivo ed è per questo che di fronte alla proposta di Dio noi
non possiamo più restare come prima.
Ci qualifichiamo, dobbiamo qualificarci.
Cosa vuol dire qualificarci?
Che noi formiamo in noi la motivazione per
cui diamo quella risposta.
Dico: "Vieni a pranzo".
Non posso perché ho i buoi i campi la moglie.
Ecco, ho messo una motivazione.
Infatti dico, abbimi per giustificato.
Ecco il motivo che salta fuori.
Ma mettendo una motivazione cosa succede?
Che noi mettiamo prima di tutto in noi di
fronte a Dio a ciò che Dio ci propone, altro da Dio.
I buoi i campi, la moglie ....cioè il motivo
per cui.....
Se invece noi aderiamo alla Parola di Dio,
mettiamo come motivazione Dio.
La Parola di Dio ci fa la proposta.
Se noi aderiamo alla Parola di Dio, si forma
in noi l'interrogazione: perché aderisci?
Perché dici sì alla Parola di
Dio?
Perché Dio è Dio, perché Dio è
quello che vale più di tutto.
Ecco, hai messo dentro di te la motivazione,
il motivo.
Si è formato il motivo dentro di te.
E sarà proprio per questo motivo che tu conoscerai
o che tu non potrai conoscere Dio.
Abbiamo detto che la condizione per poter
capire il significato delle parabole, del Dio che parla in parabole, era
premettere questo passaggio dalla parola alla realtà.
La realtà la troviamo soltanto guardando da
Dio, ma per guardare da Dio, devo mettere Dio al di sopra di tutto.
Dio mi propone questo: di metterlo al di
sopra di tutto, perché soltanto mettendolo al di sopra di tutto guardo da Dio e
la realtà mi viene da Dio.
Siamo nel campo delle proposte.
Mentre la Parola di Dio mi dice di mettere
Dio al di sopra di tutto, non c'è soltanto Dio davanti a me.
C'è anche tutta la creazione di Dio davanti a
me quando mi arriva la Parola di Dio.
La Parola di Dio mi arriva in anticipo.
Una cosa mi arriva in anticipo proprio in
quanto io ho presente altro.
Non ho presente soltanto quello ma ho
presente altro.
E allora avendo presente altro, io posso,
(ecco la possibilità, quella che noi chiamiamo libertà) di fronte alla proposta
di Dio, posso dire : "Ho i buoi, i campi, la moglie".
Ho detto il problema delle parabole nasce
qui.
Perché con la parabola, Dio rivela a noi, in
anticipo il suo giudizio su ciò che noi abbiamo scelto.
La meraviglia sta qui, che ce lo rivela in
anticipo.
È misericordia di Dio.
perché mentre la Parola di Dio, giungendo a
noi, ci propone di guardare da Dio, la parabola è tutta un'altra cosa.
E qui l'uomo non centra, "Guarda solo da
Dio" mi dice, che io sia un peccatore o un bestemmiatore che io sia quel
che si vuole la Parola di Dio arriva a me e mi dice:"Guarda da Dio".
La parabola tiene conto dell'uomo.
La parabola viene dopo la parola, dopo la
proposta.
Di fronte alla proposta l'uomo una risposta
necessariamente la dà.
Avendo dato una risposta a questo punto i
giochi sono fatti perché:
o l'uomo sceglie Dio e allora entra nella
luce della verità o non sceglie Dio e resta escluso, fuori, abbiamo il
giudizio.
Ma il giudizio è rinviato, c'è la parabola in
mezzo.
Con la parabola Dio ci presenta lo specchio
di quello che noi siamo in conseguenza della nostra decisione.
Della nostra scelta, di quello che noi siamo
nel suo regno.
Le parabole del Regno le chiamano.
E nelle parabole del regno noi troviamo Dio
ma troviamo anche l'uomo con le sue scelte, con le sue risposte a Dio.
Troviamo ancora delle vergini sagge e delle
vergini stolte: ecco che c'è l'uomo di mezzo.
E troviamo delle vergini stolte che sono
chiuse fuori.
È parabola di Dio!
È Dio che ci rivela in anticipo il suo
giudizio su ciò che noi abbiamo scelto di fronte alla sua proposta.
Se ce lo rivela in anticipo, evidentemente ce
lo rivela per farci rinsavire, per farci capire, perché ci fa vedere attraverso
la parabola dove noi andiamo a finire.
In questi giorni c'è la parabola della fine
del mondo: è parabola!.
È Dio che in anticipo ci annuncia dove stiamo
andando a finire.
Perché quei buoi, quei campi,
quella moglie finiranno.
C'è la fine del mondo e tu che hai scelto
questo al posto di Dio, verrai a trovarti a subire il danno di tutta
perdizione: perché tu subirai la perdizione di ciò che si perde, se tu vivi per
questo.
E allora ecco la parabola di Dio che mi
annuncia in anticipo la fine del mondo.
La parabola di Dio che mi annuncia in
anticipo che il fattore infedele sarà messo fuori.
Che mi anticipa che le vergini stolte saranno
chiuse fuori.
La parabola di Dio è il giudizio di Dio
anticipato, per far vedere a noi, come noi veniamo a trovarci con ciò che
abbiamo scelto.
Con ciò che noi abbiamo messo prima di tutto,
di fronte alla sua proposta.
Come noi veniamo a trovarci di fronte alla
sua verità.
Di fronte alla sua Realtà, quando questa
realtà si manifesterà.
Ce lo dice in anticipo, ce lo fa pensare in
anticipo.
La meraviglia dell'opera di Dio è lì:
l'anticipo.
Affinché noi vedendo "come"
possiamo rimediare.
È Dio che ci fa sognare il suo giudizio,
affinché vedendo il suo giudizio in anticipo noi possiamo rinsavire e
correggerci.
Ecco, i giochi non sono fatti, Dio, ci vuol
rendere consapevoli di quello che noi abbiamo scelto.
"Padre, perdona loro perché non sanno
quello che fanno."
Ecco, la funzione della parabola.
Abbiamo detto che soltanto ciò che nasce da
Dio, nasce dal Principio ci porta nella realtà.
Perché Dio è Colui che fa la
realtà.
Non siamo noi, noi subiamo la realtà.
Ma tutto quello che noi subiamo, noi non lo
capiamo.
Per capirlo, noi dobbiamo partecipare
personalmente a guardare dal Principio che fa la realtà.
Il Principio della realtà è Dio.
Per cui soltanto guardando da Dio noi
prendiamo consapevolezza della realtà.
Guardando da Dio come principio, noi prendiamo
consapevolezza, coscienza che non siamo noi a pensare Dio.
Ma è Dio che si fa pensare da noi.
È Dio che genera il suo Pensiero in noi.
Questa realtà noi la percepiamo soltanto da
Dio.
Dio è il principio della realtà.
Cioè è colui che realizza le parole, ma tutte
le Parole di Dio si realizzano soltanto in quanto noi ci portiamo a guardare da
Dio.
In caso diverso, tutte le Parole di Dio,
restano in noi incompiute, non realizzate, restano solo parole.
Trovarci una parola non realizzata, diventa
per noi uno strazio, una condanna perché noi siamo fatti per conoscere per
capire.
La nostra vita sta nel conoscere Dio.
La vita eterna e la vita vera è nascosta per
noi in Dio.
Nascosta perché si richiede questo passaggio
a guardare da Dio.
Ora, per evitare che le parole siano soltanto
parole, non basta aver capito che quando noi pensiamo Dio non è "Dio che
si fa oggetto del nostro pensiero", ma è Dio che si fa soggetto del nostro
pensiero, che si fa principio del nostro pensiero.
Non basta aver capito questo, altrimenti se
noi ci accontentiamo di saperlo le parole restano solo parole.
Corriamo il rischio che tutte le parole,
restino solo parole.
Perché quello che nasce da Dio,
deve corrispondere a ciò per cui è nato, alla sua funzione.
È nato da Dio!
Se è nato da Dio, deve corrispondere alla
funzione di "nato da Dio", e se il nostro pensiero, quando pensiamo
Dio, nasce da Dio, quindi diventa reale, reale Pensiero di Dio, tant'è vero che
S.Paolo dirà:"Chi pensa Dio forma una sola cosa con Dio".
Questo richiede il restare in questa unione
con Dio.
E restare in questa unione con Dio richiede
di affermare questa realtà su tutto ciò che Dio ci presenta, perché soltanto
affermando questa realtà su tutto ciò che Dio ci presenta, noi restiamo in
questa realtà, altrimenti, quello che Dio ci presenta ci porta via da questa
realtà.
E noi restiamo con le parole.
Restiamo con le parole ma senza significato.
Cioè senza realtà.
Il che vuol dire che il partecipare, il prendere consapevolezza di questo
principio, forma in noi una dinamicità: ecco che la
conoscenza diventa vita.
È un principio dinamico che ci impegna ad
affermare questo principio su tutta l'opera di Dio, su tutte le Parole di Dio,
su tutta la creazione di Dio.
E la prima manifestazione su cui noi dobbiamo
far questo è la nostra consapevolezza dell'esistenza dell'universo.
È questo un fatto al quale gli uomini non
pensano mai: noi siamo consapevoli dell'esistenza di ciò che abbiamo presente.
Noi sappiamo che un albero esiste, che una pietra
esiste, che gli uomini esistono che noi esistiamo.
Ma ci rendiamo conto cosa vuol dire sapere
che una cosa esiste?
Una cosa non è una parola.
Io posso dire la parola albero e se la parola
automobile finisce contro un albero non succede proprio niente.
Ma se va contro un albero la cosa è ben
diversa.
Evidentemente l'albero è una realtà per me,
la parola albero no.
Dico: se l'automobile va contro la parola
"albero" non si fa male.
Ma se va contro un albero la cosa è diversa.
Noi sappiamo la realtà.
Ma dico cosa vuol dire questo essere
consapevoli dell'esistenza di una cosa?
Ogni cosa dobbiamo vederla dal Principio,
guardarla da Dio.
Se Dio è Colui che fa la realtà, se è Dio che
fa consapevolezza, rende consapevoli allora dobbiamo dire: la consapevolezza
che noi abbiamo dell'esistente è presenza di Dio, è Dio stesso, non è l'albero
che è Dio, ma la consapevolezza della realtà dell'albero, questo è Dio.
Noi non ci rendiamo conto, perché per noi è
scontato, noi sappiamo che la cosa esiste e noi sappiamo che esistiamo, ma non
sappiamo che cosa sia tutto questo.
Solo guardando da Dio, constatiamo che questa
consapevolezza è Dio Stesso.
perché soltanto Dio sa Se Stesso.
Soltanto Dio è consapevole.
Ed è soltanto da Dio che si prende la
consapevolezza.
Quindi la consapevolezza è data da Dio.
È Dio stesso che si dona.
È Dio che si dà.
È Dio.
Questa parabola disse loro Gesù; ma essi non capirono di che cosa parlasse
loro.
Gv 10 vs 6 Secondo tema.
Titolo: Orecchi per intendere.
Argomenti: Le
parabole sono giudizio anticipato. Essere
dentro e essere fuori. Quando è che noi capiamo? Parabola:
proposta, risposta, giudizio. Le due realtà. Guardare da
Dio. Dio è il Principio del nostro pensiero.
3-4/Dicembre/1989 Casa di
preghiera Fossano
Adesso che abbiamo visto qual è il Principio
della realtà e quindi abbiamo visto che per attingere la realtà, dobbiamo
passare attraverso questo Principio, abbiamo la possibilità di capire il
significato di quest’affermazione: "Essi non compresero".
"Gesù disse tutte queste cose in
parabole ma essi non compresero"
E in questo "Non comprendere" c'è
un significato.
Abbiamo visto domenica scorsa cosa è una parabola.
E l'importanza che hanno le parabole di Dio per
noi, perchè tutto è parabola di Dio: l'universo, la storia, gli avvenimenti, la
cronaca di ogni giorno, se noi fossimo attenti capiremmo che tutto è parabola
di Dio per noi.
Abbiamo visto la distinzione tra la parabola
di Dio e la Parola di Dio, ed abbiamo visto che nella parabola di Dio è
significato Dio ed è significato l'uomo.
In tutto ciò che Dio ci presenta, ci presenta
Se Stesso ma presenta anche noi.
Ma noi chi siamo?
"Noi" siamo la risposta che abbiamo
dato alla Parola di Dio.
La Parola di Dio ci propone Dio.
La Parola di Dio è sempre una proposta poiché
ci annuncia cose trascendenti noi.
La Verità è trascendente, non è relativa a
noi, non dipende da noi.
La parola ci annuncia Dio che essendo
trascendente noi non vediamo e non tocchiamo, ma in quanto ce lo annuncia ce lo
propone e, di fronte a ogni proposta, noi necessariamente una risposta la
diamo.
Noi siamo questa risposta.
Sembrerebbe a questo punto che i giochi siano
fatti.
Dio ci ha fatto una proposta, noi abbiamo
dato una risposta, tutto è concluso: o si entra nella luce o si resta fuori.
E invece c'è la parabola, e nella parabola Dio
assume questa risposta data da noi e la presenta a noi nella sua Verità in
anticipo.
Abbiamo detto che la caratteristica della
parabola è questa: è il giudizio di Dio anticipato a noi e in quanto ce lo
anticipa è misericordia per noi, perchè se Dio ci anticipa il giudizio ci offre
la possibilità di rivedere la nostra scelta.
Il giudizio è un rapporto: rapporto tra ciò
che noi abbiamo scelto di fronte alla proposta che Lui ci ha fatto e ciò che
Lui è.
Dio ci presenta con la parabola le
conseguenze, nella realtà, di quello che noi abbiamo preferito a Lui, di quello
che noi abbiamo scelto di fronte alla sua proposta.
Lui che propone a noi: "Vieni a pranzo, vieni
alle nozze" e noi che rispondiamo dicendo:"Io ho i buoi, i campi, la
moglie...".
Dio, adesso tiene conto di questa nostra
risposta e in anticipo ci presenta il suo giudizio, le conseguenze cioè della
nostra risposta.
Ce lo presenta in anticipo per dare a noi
ancora una possibilità di revisione.
Quest'anticipo è quella risposta che dà il
servo al suo padrone che vuole tagliare l'albero perchè non produce frutti.
Il servo dice:"Lascialo ancora un anno,
se proprio non produrrà frutto, allora lo sradicherai".
Ecco, l'anticipo è questa offerta a noi di
revisione, presentandoci il risultato della nostra risposta nella sua Verità,
di fronte alla sua Verità.
Dio ci fa vedere che preferendo i campi, i
buoi, la moglie al suo pranzo, noi non arriveremo a gustare la sua cena.
Vedremo entrare poveri, zoppi, ciechi,
peccatori, tutto quello che vogliamo, da destra e da sinistra, lontani e
vicini, ma noi non gusteremo la sua cena.
Dio ci fa vedere con le sue parabole, che se
siamo stolti restiamo chiusi fuori a bussare inutilmente a una porta che non si
apre, anzi che ci ignora.
Tutto questo ce lo dice con le sue parabole e
ce lo dice in anticipo, per darci la possibilità di rivedere l'errore che noi
abbiamo fatto preferendo altro a Lui.
Qui si dice che di fronte alla parabola del
Signore, costoro non compresero di che cosa parlasse loro.
L'argomento di questa sera è: Orecchi per
intendere.
Ci siamo chiesti, che significato ha per noi
questa scena di uomini che non comprendono.
Gesù al termine delle sue parabole concludeva
dicendo: "Chi ha orecchi per intendere intenda".
Quante volte Gesù dice: "Hanno occhi e
non vedono, hanno orecchi e non intendono".
Sembra che noi vediamo con gli occhi e
intendiamo con le orecchie e invece no.
Non basta avere occhi per vedere e non basta
avere orecchi per intendere.
S'intende e si vede se si è vivi dentro.
Un morto, anche con gli occhi spalancati e
con le orecchie sane non può né vedere né intendere.
Quindi c'è qualcosa dentro che ci dà la
possibilità di vedere, c'è qualcosa dentro che ci dà la possibilità di
intendere.
Quando è che si hanno occhi per intendere?
Abbiamo visto domenica scorsa che Gesù dice:
"Io parlo in parabole affinché non capiscano".
Però dice anche:"A voi è dato capire; ma
a tutti gli altri che sono fuori, tutto è detto in parabole affinché non
capiscano".
Qui ci aiuta ad approfondire quand'è che si
hanno orecchi per intendere, perchè dice:"A coloro che sono
fuori...".
Il che vuol dire che coloro che sono fuori
non hanno la possibilità d'intendere.
Infatti, dice: "Io parlo affinché non
intendano e non si salvino".
E fa capire che la salvezza viene
dall'intendere, dal capire.
Dicendo:"A coloro che sono fuori",
fa capire che coloro che intendono sono coloro che sono dentro, e allora viene
la distinzione tra essere dentro e essere fuori.
Ma come mai?
Sono tutti uomini uguali e Dio vuole salvare
tutti.
E allora quali sono questi uomini che sono
dentro e quali sono questi uomini che sono fuori?
Dentro sono coloro che hanno interesse per-.
Gesù affermando che coloro che si scusano
dicendo: "Io ho i buoi, i campi, la moglie", "Non gusteranno la
mia cena", ci fa capire che sono fuori e allora diciamo che sono fuori
coloro che non hanno interesse per Dio, ma hanno il loro interesse principale in
altro.
"Abbimi per giustificato", come
dire: "Ho una cosa che mi sta più a cuore: i buoi, i campi, la
moglie".
Gesù dice: "Sono fuori", è fuori
che non si capisce.
Sono fuori, il che vuol dire che per loro, la
realtà è quella fuori, esteriore.
I buoi, i campi, la moglie sono realtà
esteriori.
E fintanto che noi viviamo per realtà
esteriori, agli occhi di Dio noi non siamo giustificati.
Siamo fuori e in quanto fuori non capiamo.
Anzi! Dio stesso parla a noi in parabole
affinché non capiamo.
Dentro è colui che ha interesse per Dio,
interesse per la Verità al di sopra di tutto (al di sopra di tutto!), è questi
che ha orecchi per capire.
Si hanno orecchi per capire in quanto si ha
interesse per-.
Ognuno ha gli orecchi aperti a seconda
dell'interesse che ha.
È l'interesse che apre a noi l'orecchio e ci
dà orecchi per capire.
Ora però il fatto di non capire e di essere
ciechi, noi lo troviamo già in Maria e Giuseppe nell'episodio dello smarrimento
di Gesù a Gerusalemme.
Gesù dice: "Perchè mi cercavate, non lo
sapevate che Io mi debbo trovare nelle cose del Padre mio?".
Cioè: "Io mi debbo occupare delle cose
del Padre mio".
Con queste parole, Gesù afferma un diritto
per ogni uomo.
Gesù, tutto quello che ha detto, anche se lo
ha detto a 12 anni, l'ha detto per ognuno di noi e dicendo:"Perchè mi
cercavate? Non sapevate che Io mi debbo occupare delle cose del Padre
mio?", rivendica il diritto di ogni uomo.
Ogni uomo ha diritto ad occuparsi del Padre
suo, ha diritto ad occuparsi di Dio.
Come Gesù di fronte alle richieste di Marta,
rivendica il diritto di Maria dicendo:"Maria ha scelto la parte migliore
che non le sarà mai tolta" e quindi dà a noi la giustificazione a mettere
la ricerca e la conoscenza di Dio, l'ascolto di Dio al di sopra di tutto.
Così Gesù a Gerusalemme, di fronte a Maria e
a Giuseppe, queste creature santissime, perché sono creature esemplari.
Abbiamo presentato Maria come il prototipo
della creatura senza peccato, per questo dico che non c'è colpa nel fatto di
non capire e di non vedere.
Gesù rivendica per tutti noi questo diritto:
ad occuparsi di Dio prima di tutto, di fronte a qualsiasi esigenza o pretesa,
addirittura della massima autorità: padre e madre.
Di fronte a questo episodio il Vangelo ci
dice:"Non capirono".
Ecco, Gesù parla a noi parole che arrivano a
noi non per metterci in colpa se non capiamo, ma per farci capire qualche cosa.
Prima di tutto per evidenziare un diritto:
"Non lo sapevate che io mi debbo occupare delle cose del Padre?".
È una parola che dovrebbe dire ogni uomo di
fronte alle esigenze della società, di fronte alle esigenze dell'autorità, di
fronte alle esigenze delle istituzioni, di fronte alle esigenze di tutta la
mentalità del mondo.
Ogni uomo dovrebbe dire: "Io mi debbo occupare
delle cose del Padre mio perchè sono stato creato per questo, destinato per
questo e la mia vita sta in questo".
Abbiamo visto che la salvezza sta nel capire:
"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a capire, a conoscere la
Verità".
La Verità si trova solo conoscendola.
Ci siamo chiesti, ma cosa si intende per
capire?
E quando è che non capiamo?
Maria e Giuseppe non capirono le parole di
Gesù.
Però Maria meditava e custodiva tutte queste
parole nel suo cuore.
Gli apostoli quante volte si sentono dire da
Gesù: "Ancora non capite".
Non capivano anche loro!
Per non parlare poi della gente, scribi e
farisei eccetera che non intendevano nulla.
Il problema centrale diventa questo allora:
come fare per capire?
Sopratutto cosa si intende per capire?
Domenica scorsa abbiamo visto quale è il
Principio della realtà e questo ci dà la possibilità adesso di capire cosa vuol
dire avere orecchi per intendere, cosa vuol dire capire.
Se tutto è Parola di Dio, se tutto è parabola
di Dio, se tutto è già detto, che cosa manca?
Nella parabola, Dio tiene conto della nostra
risposta a "Tutto è Parola di Dio, perchè tutto è già detto".
Con la parabola, col Dio che parla in
parabola, tutto è compiuto, in anticipo ma tutto è compiuto.
Nella parabola è inclusa la Parola di Dio,
cioè la proposta di Dio, ed è inclusa la risposta dell'uomo.
C'è proposta, c'è risposta, c'è giudizio, in
anticipo, tutto è compiuto.
Conclusione: se noi restiamo a guardare ma
senza capire, ci troveremo di fronte alla realizzazione della parabola, ma ci
troveremo fuori.
Dico allora, se tutto è già detto (tutto è
già detto!), che cosa manca?
Manca una cosa sola, manchiamo noi!
E cosa vuol dire mancare noi?
Manca il nostro capire.
Dobbiamo capire ciò che è detto.
Da parte di Dio tutto è già detto.
Addirittura Lui ci presenta le conseguenza
della risposta che noi abbiamo dato alla sua proposta: tutto è compiuto, tant'è
vero che, abbiamo detto i giochi sono fatti.
Manca il nostro capire.
E cosa si intende per capire?
Noi capiamo quando abbiamo la possibilità di
vedere la realtà di una cosa.
Quando possiamo riferirla a una realtà.
Non capiamo quando vediamo un segno,
ascoltiamo una parola, leggiamo una parola ma non riusciamo a riferirla a una
realtà.
Soltanto avendo capito quale è il Principio
della Realtà in noi abbiamo la possibilità di intendere la lezione di questo
capire e di questo non capire da parte dell'uomo.
Perchè arriva un momento in cui le cose
diventano incomprensibili, inconcepibili addirittura, cioè, arriva un momento
in cui la realtà sfugge a noi.
C'è una realtà che noi vediamo e tocchiamo
con i nostri sensi : è la realtà in cui sbattiamo tutti i giorni.
Ma l'uomo
è fatto di due realtà: una realtà sensibile, quella che noi vediamo e
tocchiamo con i nostri sensi, fatta di sentimenti, di parole che si riferiscono
ai sentimenti ed una realtà spirituale, interiore, intellegibile.
La realtà esteriore non è intellegibile.
L'errore grande che noi facciamo è di
scambiare la realtà sensibile, la realtà dei sensi, esteriore, come la realtà
con la R maiuscola, l'unica realtà.
Dico: è un errore grandissimo che commettono
coloro che dicono: "Io ho i buoi, i campi, la moglie...questa è la mia
realtà, abbimi per giustificato", perchè trascurano la grande Realtà
maiuscola, perchè la realtà dominante non è quella esterna: quella esterna è
segno, è Parola di Dio, è parabola di Dio ma non è la Realtà.
La realtà è quella che portiamo dentro di
noi, la Verità è dentro l'uomo, la realtà è Dio.
Tant'è vero che a un certo momento noi
scambiamo la realtà esteriore per la sola realtà.
Veniamo a trovarci di fronte all'angoscia, la
morte, il vuoto, al nulla, al non senso delle cose, al non senso della vita.
Questa è la conclusione dell'errore che
facciamo quando chiamiamo o riteniamo realtà quello che noi vediamo e tocchiamo
con i nostri sensi.
Questa è la conclusione.
La conclusione di tutto il mondo è questa: il
vuoto interiore, l'angoscia, la morte, il non senso di tutte le cose.
Ed è logico che si esperimenti il non senso,
perchè ciò che dà senso a tutte le cose è ciò che portiamo dentro di noi.
È la Verità che portiamo dentro di noi,
quella che noi trascuriamo.
È qui il Principio della realtà.
Il Principio della realtà è il Creatore, è
Dio Creatore, è Dio Creatore che si annuncia in tutto, per cui tutto il mondo
esteriore fatto di sentimenti, di sensi, di ciò che vediamo e tocchiamo,
eccetera, è tutto un annuncio del Dio Creatore, perchè è opera sua, non opera
nostra.
Il filo d'erba è opera di Dio, non è opera
mia.
Tutto è opera di Dio Creatore, quindi è
annuncio di Dio Creatore, ma non è Dio Creatore.
Noi non vediamo Dio Creatore come vediamo
l'albero, come vediamo una montagna, come vediamo l'acqua.
Eppure l'albero, la montagna, l'acqua sono
opere di Dio Creatore.
Quindi sono segni del Dio Creatore.
Sono parole e sono parabole di Dio Creatore.
In cui Dio significa Se Stesso.
In un primo tempo Dio annuncia Se Stesso e
poi, avendo ottenuto la nostra risposta diventa parabola e tutto il mondo
diventa parabola in cui Dio significa Se stesso, significa la nostra risposta e
significa il suo giudizio alla nostra risposta.
Il Principio della realtà è Dio.
Ma Dio non lo troviamo fuori.
La Verità non la troviamo fuori.
La Verità è spirito.
La Verità trascende.
Trascende sopratutto i nostri sensi.
Per cui non può essere sperimentata con i
nostri sensi.
La Verità abita dentro di noi, in quella
parte di noi che è spirito, in quella parte di noi che è pensiero.
Dio, la Verità, si trova soltanto col pensiero,
si trova soltanto conoscendolo.
Perchè pensiero?
Perchè soltanto guardando da Dio Creatore noi
possiamo trovare Dio.
Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio.
E soltanto se in noi c'è questa possibilità
di superare noi stessi, di superare tutto il nostro mondo per portarci a
guardare dal punto di vista di Dio, soltanto guardando da Dio, noi abbiamo la
possibilità di conoscere la realtà.
E quindi di capire.
Perchè capire vuol dire riferire una cosa a
una realtà.
Fintanto che noi guardiamo a Dio, noi non
cogliamo la realtà di Dio.
Tant'è vero che per quanto noi guardiamo a
Dio e pensiamo a Dio e quindi guardiamo con il nostro pensiero a Dio, noi
restiamo nel dubbio, un dubbio che può diventare anche eterno.
Il demonio pensa a Dio, ma non ha la possibilità
di conoscerlo.
Che cosa vuol dire questo?
Che c'è un dubbio.
Infatti quando noi pensiamo a Dio, noi
restiamo nel dubbio.
"Dio esiste veramente o sono io che lo
penso?".
"Esiste o è un prodotto del mio
pensiero?".
Dico: è un dubbio che può diventare eterno.
Perchè?
Semplicemente perchè il nostro io non è un
Principio giustificante.
Non ha in sé la ragione di sé, tantomeno ha
in sé la ragione di Dio.
Quindi fintanto che siamo noi a pensare a
Dio, noi non usciamo dal dubbio, quindi non cogliamo la realtà.
Fintanto che noi guardiamo a Dio, noi non
cogliamo la realtà di Dio, perchè non cogliamo che cosa Dio è.
Non cogliamo sopratutto che cosa è il nostro
pensiero che guarda a Dio.
E ci resta il dubbio.
Quindi soltanto guardando da Dio possiamo accedere
alla realtà.
Guardando da Dio cosa succede?
Guardando da Dio, noi cogliamo Dio (siamo
sempre nel campo della fede) come Principio Creatore di tutte le cose.
Quindi Principio anche del nostro pensiero
che pensa Dio.
È a questo punto che noi scopriamo la realtà.
Per questo dico: questo è il Principio della
realtà.
È il Principio che fa la realtà, perchè fa
capire che il pensiero con il quale noi pensiamo a Dio è il Pensiero di Dio,
quindi non è più il mio pensiero.
È Pensiero di Dio.
La Verità viene da Dio.
La Verità non viene da noi che pensiamo, la
realtà viene da Dio ed è Dio che si fa pensare da noi.
Se questo è il Principio della realtà, questo
è il Principio dell'intelligenza, questo è il Principio del capire, questo è
l'orecchio per intendere le parabole del Signore.
Fintanto che noi non guardiamo da Dio, noi
possiamo trovarci di fronte a tutte le parabole del Signore ma non abbiamo
orecchi per intenderle.
È qui che noi capiamo la realtà.
La Realtà è quella che genera in noi il
Pensiero di Sé.
È la realtà che si fa pensare da noi, non
siamo noi che pensiamo alla realtà.
Perchè fintanto che siamo noi a pensare alla
realtà, noi restiamo nel dubbio e non usciamo dal dubbio, eternamente!
Ma guardando da Dio noi capiamo che la realtà
è quella che si fa pensare da noi, è quella che genera in noi il suo pensiero,
perchè abbiamo detto: guardando da Dio noi capiamo che Dio ha in Sé il
Principio dello stesso nostro pensiero, perchè è il Principio di tutto.
Per cui il pensare a Dio è il Pensiero di Dio
in noi: Pensiero di Dio, non pensiero nostro.
Dico: la realtà è quella che appartiene a
Dio, non quella che appartiene a noi.
Ora se la realtà è quella che genera in noi
il suo pensiero, ciò che genera in noi il suo pensiero è una persona.
E allora dobbiamo dire: la realtà è una
persona.
Adesso possiamo capire il significato di
questo:"Non compresero" del Dio che dice a noi:"Io parlo in
parabole affinché non capiscano".
Dicendo: "Affinché non capiscano",
cioè ci fa capire perchè non capiamo.
Facendoci capire che non capiamo, ci fa
capire che fintanto che noi (ed è soltanto col pensiero che noi lo possiamo
fare), non ci trasferiamo a guardare le cose dal Principio che fa la realtà,
dal Principio della realtà, cioè da Dio Creatore, non possiamo vedere la
realtà.
Soltanto passando attraverso questo
Principio, cioè guardando da-, noi abbiamo la possibilità di capire, perchè
soltanto guardando da-, noi navighiamo nella realtà, noi possiamo riferire
tutto a una realtà e riferendo a una realtà capiamo, perchè capire vuol dire
riferire a una realtà.
Ma arriva il momento in cui, se noi non
facciamo questo, tutta l'opera di Dio, tutte le Parole di Dio, tutte le
parabole di Dio, tutti gli avvenimenti della nostra vita, tutto quello che noi
abbiamo ritenuto realtà, diventa solo parola e pura parola.
Gesù dice:"Passeranno i cieli e la terra
ma le mie parole non passeranno".
Il fatto che dica:"Le mie parole non
passeranno", non dice che noi arriveremo a vedere la realtà.
Dicendo:"Le mie parole non
passeranno", dice che noi possiamo venirci a trovare con delle Parole di
Dio ma che per noi saranno soltanto parole.
Cioè, noi corriamo il rischio di venirci a
trovare in un mondo di parole; tutte Parole di Dio ma senza la possibilità di
vedere la realtà di esse, di riferirle a una realtà.
E questa è una notte ed è una notte che può
diventare eterna.
Questa parabola disse
loro Gesù; ma essi non capirono di che cosa
parlasse loro.
Gv 10 Vs 6 Terzo tema.
Titolo: La
scure alle radici dell'albero.
Argomenti: Dio si propone e poi
si impone. Parabola del fico. Parole
e parabole. Parola e realtà.
La
penitenza. Passare dalla realtà al segno. Guardare a Dio e guardare da Dio
10-11/Dicembre/1989 Casa di
preghiera Fossano
Abbiamo già
visto le prime due parti di questo versetto.
Adesso ci
rimane l'ultima parte: "Di che cosa parlasse loro".
Gesù parla in
parabole, segno che Dio parla in parabole in tutto.
Abbiamo visto
in cosa consiste la parabola e la distinzione tra parola e parabola.
Ed abbiamo
visto come la parabola sia significazione per noi (tutto è per noi) del
giudizio anticipato di Dio sulle nostre scelte.
Perchè tutta
l'opera di Dio passa attraverso la proposta di Dio all'uomo.
Non si impone
ma si propone, perchè se si imponesse, noi saremmo tagliati fuori.
Tutto ciò che
s’impone non può essere conosciuto.
Ciò che si
impone lo esperimentiamo ma non lo conosciamo, lo subiamo ma non lo capiamo, ne
siamo consapevoli ma non lo conosciamo.
Fintanto che Dio
si propone, offre a noi la possibilità della conoscenza.
Dio essendo
verità, un giorno si imporra, ma quello può essere un triste giorno.
Dio in tutte le
sue opere si annuncia e si propone all'uomo.
Di fronte a una
proposta l'uomo non può non rispondere e rispondendo si qualifica e fa una
scelta.
Così, abbiamo
la proposta di Dio, la risposta dell'uomo e poi abbiamo la parabola.
Con la parabola
Dio assume la risposta dell'uomo, ciò che l'uomo ha scelto e fa vedere all'uomo
le conseguenze di ciò che ha scelto.
Abbiamo detto:
è un giudizio anticipato per l'uomo.
E abbiamo visto
che è un atto di misericordia di Dio perchè in questi tre momenti: proposta di
Dio, risposta dell'uomo, giudizio, tutto si compie, tutto è concluso.
Abbiamo detto
che i giochi sono fatti.
Però Dio offre
all'uomo una possibilità di revisione della scelta che ha fatto, perchè forse
ha scelto senza rendersi sufficientemente conto.
Nella parabola
di Gesù, di quel padrone che a un certo momento
vuole tagliare il suo albero di fico perchè: "Sfrutta inutilmente la
terra, non produce frutti", quell'albero di fico siamo ognuno di noi:
sfruttiamo inutilmente la terra e non produciamo frutti.
"Taglialo"
dice il padrone al contadino.
E il contadino
dice: "Padrone, aspettiamo ancora un anno: scaverò attorno, gli metterò
concime e vediamo, se produce frutti bene, altrimenti lo taglierai".
Questa
proroga:"Aspettiamo un anno" è significata dalla parabola.
La parabola è
un anticipo di giudizio: giudizio su ciò che
l'uomo ha scelto di fronte alle proposte di Dio o meglio: di fronte alla
proposta di Dio.
Perchè Dio
propone una cosa sola.
E c'è questo
rinvio...ecco facciamogli vedere quali sono le conseguenze di ciò che lui ha
scelto...toccherà con mano, può darsi che.....
Con questo ci
fa capire che Dio dialoga con l'uomo.
Dialogare con
uno non vuol dire imporgli un monologo, imporgli la propria volontà, ma vuol
dire proporgli qualche cosa e ascoltare quello che risponde e non solo, ma vuol
dire anche assumere su di sé quello che l'altro ha risposto e fargli vedere la
conclusione.
Dio dialoga con
l'uomo e se dialoga con l'uomo, l'uomo è in dialogo con Dio.
Qui però dice:
"Non compresero di che cosa parlasse loro".
Se la parabola
è un anticipo, la Parola di Dio invece è una proposta.
Dio con le sue
parole propone; nella parabola invece fa vedere e quindi assume e tiene
presente la risposta dell'uomo.
Nella Parola di
Dio c'è solo Dio, nella parabola invece c'è Dio e c'è anche l'uomo.
L'uomo è la
risposta che dà alla proposta di Dio.
È Dio che ci fa
le proposte perchè Dio è il Creatore.
È Dio che si
annuncia.
L'uomo è uno
che dice: si, si, no, no, dà risposte e diventa la risposta che ha dato alla
verità che gli si propone.
Di fronte alla
parabola, l'uomo è tenuto a capire, perchè è un giudizio anticipato, ed essendo
anticipato, Dio presenta all'uomo lo specchio, ma lo specchio che l'uomo è al
confronto della verità, perchè gli fa vedere le conseguenze di ciò che egli ha
preferito a ciò che Dio gli ha proposto.
Dio gli
propone:"Vieni al mio pranzo".
Pranzo di Dio è
la conoscenza della verità.
L'uomo è stato
creato per conoscere la verità, per conoscere Dio e la conoscenza di Dio è la
vita vera, la vita eterna.
Ma l'uomo
risponde: " Ho i campi, i buoi, la moglie...abbimi per giustificato".
Di fronte a
questa risposta dell'uomo, Dio fa vedere le conseguenze: "Non
assaggeranno la mia cena".
Entreranno gli
storpi, i ciechi, gli zoppi, i peccatori, i pagani da est e da ovest da nord e
da sud, entreranno tutti, però questi no! Resteranno fuori!
Resteranno
fuori: ecco il giudizio.
C'è questo
rischio che grava sull'uomo.
L'uomo corre il
rischio di restare fuori.
Fuori da cosa?
Fuori dalla
verità, fuori dalla realtà.
La parabola è un
anticipo di giudizio e in quanto si parla di anticipo si parla di tempo e in
quanto si parla di tempo, evidentemente questo anticipo scade.
Arriva un
momento in cui la proroga termina.
Arriva la
scadenza.
Improrogabile!
Il fatto che
Dio faccia vedere in anticipo le conseguenze di tale scelta, un segno che fa
vedere quando ancora ci sono "I buoi, i campi, la moglie"; arriva un
momento in cui: "I buoi, i campi, la moglie" non ci saranno più.
L'anticipo sarà
finito.
Per l'uomo i
buoi, i campi, la moglie sono una realtà: sono creazione di Dio.
Ed è proprio
per questo, in nome di questa realtà, realtà tangibile che l'uomo rifiuta la
proposta di Dio, perchè non vede Dio, però vede i buoi, i campi, la moglie.
Se l'uomo
vedesse Dio, Dio non sarebbe Dio.
Con la sua
parabola Dio fa vedere l'errore di trascurare Dio e di preferire i buoi, i
campi, la moglie.
Perchè l'uomo
non si rende conto che i buoi, i campi, la moglie, sono creature di Dio, quindi
segni di Dio per dare all'uomo la possibilità di andare a Dio, di cercare Dio,
sono dei mezzi, non sono dei fini.
Preferire i
buoi, i campi, la moglie a Dio, vuol dire trasformare i buoi, i campi, la
moglie in fini.
Mentre Uno solo
è il fine per il quale tutto è stato creato.
Uno solo è Dio Creatore,
ed essendo Uno solo il Creatore, Uno solo è il principio e Uno solo è il fine.
Dio in tutte le
cose opera per manifestare Se Stesso, per far conoscere Se Stesso: non c'è
altro fuori di Lui!
Per cui l'uomo
è tenuto a ricevere tutto da Dio, perchè Uno solo è il Creatore.
Non ci sono due
creatori.
Dio è Colui che
è.
E l'uomo è
tenuto a riportare tutto a Dio e a guardare Dio come fine ed a non avere altro
fine, perchè se no elegge un'altro dio al posto di Dio.
C'è questa
unità, questo punto fisso di riferimento dal quale l'uomo non si deve scostare
minimamente se non vuole perdere il riferimento ed a un certo momento vagare
come un ubriaco nella notte, nella confusione, nell'incertezza, perchè quando
l'uomo perde il punto fisso di riferimento incomincia a vagare dietro i
sentimenti, dietro le sensazioni, dietro le impressioni, dietro quello che si
dice o non si dice, non ha più la luce con sé.
Ho detto la
parabola è un anticipo e in quanto è un anticipo scade, è soggetto al tempo, ed
essendo soggetto al tempo cosa succede?
Succede che a
un certo momento quello che è detto nella parabola diventa realtà.
Che cosa vuol
dire diventare realtà?
E perchè prima
è parola?
Cosa vuol dire
parola e cosa vuol dire realtà?
Prima la parola
era soltanto parola.
Gesù narra la
sua parabola e dice: "Il Regno di Dio è simile a un signore che manda i
servi ad invitare a un pranzo e tutti si scusano dicendo: Io ho i buoi, i
campi, la moglie, non posso venire, abbimi per giustificato".
Sono parole.
Quelli
dicono:"Io ho i buoi, i campi, la moglie", hanno una realtà di
riferimenti, di supporto, di appoggio e quando Dio dice loro la parabola la
conclude dicendo: "Questi non assaggeranno la mia cena".
Loro si sentono
dire:"Non assaggeranno la mia cena".
Però
dicono:"Noi abbiamo i buoi, i campi, la moglie", hanno una realtà su
cui appoggiarsi.
Qui a questo
punto c'è:
-La realtà: i
buoi, i campi, la moglie.
-La parabola
che è Parola di Dio e che dice: "Non assaggeranno la mia cena".
Però l'uomo si
sostiene sulla realtà.
Ma arriva un certo
momento in cui questa realtà sparisce, delude l'uomo, non è più realtà, il
tempo scade.
Tutto è
soggetto al tempo e soggetto al tempo vuol dire soggetto a mutamento.
Quella realtà
su cui mi appoggio e in base alla quale ho rifiutato l'invito a pranzo a un
certo momento non mi sostiene più, mi delude, muta, muore.
Dovevo saperlo!
Perchè?
Perchè non è
Dio!
Dio solo è.
Dio solo è
l'Assoluto.
Dio solo è
l'eterno.
Dio solo è
l'immutabile.
Tutto il resto
muta: angeli, santi, istituzioni, creature, tutto muta.
E se tu
sostituisci altro all'Assoluto di Dio, tu ne subirai il danno.
A un certo
momento l'anticipo scade, si afferma la realtà.
"Il Regno
di Dio si avvicina".
La realtà è il
Regno di Dio.
Ma forse che
tutto non è già tutto ora Regno di Dio?
Tutto è già Regno
di Dio.
Siamo noi in
difetto che non vediamo la Realtà.
Perchè noi
chiamiamo realtà quello che appartiene ai nostri sensi, perchè tutto lo
riferiamo al pensiero del nostro io.
Nel pensiero
del nostro io diciamo: "Questa è la realtà perchè io la vedo e la
tocco".
Ma la realtà
non è quella che tu vedi e tocchi.
Questo che tu
vedi e tocchi è un segno della Realtà che si impone, che si annuncia a te e che
tu subisci.
Ma dico: mentre
tu vedi e tocchi una cosa, tu ti accorgi anche che quella cosa muta, è soggetta
al tempo, è soggetta al mutamento, è soggetta alla morte.
E siccome tu
sei un campo di Assoluto e sei fatto per l'Assoluto, tu non accetti il
mutamento, hai bisogno di cercare la ragione, la giustificazione e allora ecco
che la Realtà diventa la ragione che ti giustifica tutto ciò che muta.
Ho detto che
l'uomo si caratterizza per questo: è una passione di Assoluto e va all'inferno
per questa passione di Assoluto, perchè è quello che lo caratterizza.
La passione dell'Assoluto è data dalla presenza
dell'Assoluto nell'uomo: l'uomo è un portatore della presenza di Dio, della
presenza dell'Assoluto.
E siccome
questa presenza dell'Assoluto è data all'uomo indipendentemente dall'uomo,
l'uomo non può sganciarsi da essa: è quello che caratterizza l'uomo, cioè quello
che fa dell'uomo una persona.
L'uomo è
persona perchè ha un punto fisso in sé immutabile, ed è quello che lo rende
persona, che lo rende "uno" come Dio.
Ma l'uomo è
"uno" non perchè sia Dio ma perchè ha la presenza di Dio in sé, ed è
questa presenza che l'uomo porta in sé che lo rende "uno".
C'è un punto
nell'uomo che è immutabile, che è eterno, che è Assoluto e che lo fa persona ed
è lì che lui trova la sua identità.
Però abbiamo
anche visto che chi fa la realtà è il Creatore, è Dio.
E allora se noi
vogliamo comprendere la realtà, noi dobbiamo guardare da Dio per trovare la
realtà ed evitare di chiamare reale quello che noi vediamo, quello che noi
tocchiamo.
Tutto quello
che noi vediamo e tocchiamo ci annuncia la verità, ci annuncia l'Assoluto, ci
annuncia Dio ma non ci fa conoscere Dio, non ci fa conoscere la verità.
La verità si
conosce solo per mezzo della verità.
Dio si conosce
soltanto per mezzo di Dio.
L'infinito si
conosce soltanto per mezzo dell'infinito.
Tutti i numeri e
tutte le cose finite ci annunciano l'infinito ma non ce lo danno.
Gesù dice:
"Io parlo in parabole affinché non capiscano".
Ecco, tutto
l'universo è una parabola e tutto l'universo ci è dato affinché noi ci rendiamo
conto che non capiamo e che tutto è mistero.
Tutto quello
che noi vediamo e tocchiamo, noi non sappiamo che cosa sia: tutto è avvolto nel
mistero.
Perchè?
Perchè Gesù
parla in parabole "Affinché non capiscano".
Parla in
parabole affinché l'uomo si renda conto, affinché tu ti renda conto che fintanto
che Dio non è il tuo Dio, cioè, fintanto che Dio non è il principio del tuo
pensiero, l'essere del tuo pensiero, tu non puoi capire.
Proprio nel
fatto che tu non capisci si rivela la tua vocazione.
Tu uomo sei
chiamato a guardare le cose dal loro principio.
Dal loro
principio!!
Perchè è
soltanto lì che hai la conoscenza della realtà.
Conoscere vuol
dire infatti avere in se stessi il principio di una cosa.
L'uomo è stato
creato per avere in sé il principio di tutta l'opera di Dio, allora egli deve
guardare da Dio, deve imparare a guardare dal punto di vista di Dio.
Non basta
guardare a Dio.
Fintanto che tu
guardi a Dio, tu non entri nella verità.
Bisogna
imparare a guardare "da" Dio se si vuole entrare nella verità.
Perchè soltanto
guardando da Dio si partecipa del principio e quindi si scopre la Realtà.
Dico: il Regno
di Dio si avvicina.
In quanto si
avvicina, rende vana, annulla ogni altra realtà per noi, quindi è un fatto
personale.
Però ci viene
detto e proprio oggi nel Vangelo: "Fate penitenza! Il Regno di Dio si
avvicina."
È la
conclusione del messaggio del Giovanni Battista.
Infatti
Giovanni Battista conclude tutta la sua predicazione dicendo:"Fate penitenza, il Regno di Dio si avvicina".
Ma è anche
l'inizio del nuovo messaggio di Cristo, perchè Cristo inizia il suo messaggio
dicendo:"Fate penitenza, il Regno di Dio si avvicina".
E ci fa capire
che c'è una continuità nell'opera di Dio.
Dio è continuo.
Noi siano
discontinui.
Dio è continuo
e tutta la sua opera è continua.
L'antico
testamento si salda perfettamente con il nuovo testamento.
Tutto l'antico
testamento si conclude con questo messaggio: "Fate penitenza! Il Regno di
Dio si avvicina".
L'inizio del
nuovo testamento con Cristo ci dice ed è lo stesso punto d'attacco: "Fate
penitenza! Il Regno di Dio si avvicina".
Ma lo strano
sta qui: perchè questo abbinamento tra "avvicinamento del Regno di
Dio" e "penitenza"?
Perchè?
Se ci venisse
detto: "Gioite, il Regno di Dio si avvicina", bene.
Ma invece ci
viene detto: "Fate penitenza".
C'è una altra
frase che usa Giovanni Battista e che sarà ripresa anche da Gesù.
Dice: "Già
la scure è ai piedi dell'albero, alle radici dell'albero, ogni albero che non
porta frutto sarà tagliato".
Dobbiamo vedere
qui l'argomento della penitenza.
L'argomento di
oggi è:"La scure alle radici dell'albero".
Cosa significa
questa scure posta alle radici?
Il boscaiolo
quando deve tagliare un albero incomincia a mettere la scure ai piedi e se c'è
la scure ai piedi di quell'albero, vuol dire che quell'albero è destinato a
essere tagliato.
"Ogni
albero che non porta frutto sarà tagliato".
"Frutto",
l'abbiamo visto diverse volte è la conoscenza di Dio, perchè l'uomo è stato
creato per conoscere Dio.
"Non
portare frutto" è non cercare di conoscere Dio.
Ogni albero è
l'uomo, perchè nelle parabole e tutto è parabola, Dio significa l'uomo e
significa Se Stesso, per cui noi vediamo l'uomo a confronto con la verità, a
confronto con Dio.
La scure
taglia.
Taglia l'albero
-dice- alle radici.
E cosa vuol
dire tagliare l'albero alle radici?
Tagliate
l'albero dal principio.
Nostra radice è
il principio, è ciò in cui noi troviamo il principio, il nostro principio.
Ecco il
rischio: man mano che il Regno di Dio si avvicina c'è il rischio di essere
tagliati dalla realtà, dal principio della realtà.
L'uomo corre il
rischio di venirsi a trovare soltanto con dei segni della realtà ma senza aver
la possibilità di vedere la realtà che corrisponde a quel segno.
E quando noi
non possiamo riferire un segno, una parola a una realtà, quella parola per noi
è incomprensibile.
E quando ci
troviamo con delle cose incomprensibili, noi ci troviamo in un tormento, in uno
strazio, noi ci veniamo a trovare in un mondo straniero.
Dio può
diventare per noi un mondo straniero man mano che il suo Regno si avvicina.
E diventa
certamente un mondo straniero se noi ci siamo afferrati a buoi, campi e moglie.
Non entreremo!
Quante volte
Gesù nelle sue parabole ci presenta questa scena: porta chiusa, alla quale
invano si bussa.
Non si è
conosciuti!
Si è tagliati
via dal principio.
Gesù ha una
frase molto significativa, dice: "Quando il padrone di casa si sarà alzato
e avrà chiuso l'uscio, invano voi busserete alla sua porta."
Invano!
È parabola!
È giudizio
anticipato.
Ora Dio ci anticipa
questo giudizio per evitare che questo giudizio si realizzi: opera di
misericordia.
Allora possiamo
capire in che cosa consista questa penitenza.
E lo capiamo
dal fatto che Gesù dice di presentarci il giudizio in anticipo per evitarcelo.
Infatti Egli
dice:"Vi parlo queste cose- dirà nella conclusione del discorso sulla fine
del mondo e la fine del mondo è per ognuno di noi- vi dico queste cose prima
che avvengano affinché possiate evitarle".
Ecco, l'anima
di tutto il parlare di Dio.
Dio ha trovato il
modo di farci arrivare a noi l'anticipo della conclusione per evitarci di
restare chiusi fuori.
Se Dio fa
arrivare a noi le cose in anticipo, il problema è capire.
Il problema è
capire!
Si evita il
giudizio capendo, ponendo mente.
Sia chiaro:
ponendo mente.
La penitenza è
questa.
Quindi far
penitenza vuol dire cercare di capire.
Qui dice:
"Non compresero ciò di cui Egli parlava loro"
Il problema sta
nel capire la parola, il significato, perchè Lui opera e parla per-.
Quindi si
tratta di capire il significato delle parabole.
Infatti nella
prima parabola che è la fondamentale, Gesù dice che giungono a frutto coloro
che pongono mente alla parola udita.
La parola è il
seme, il seminatore esce a seminare, il seme cade su diverse qualità di terreno
eccetera.
Ma è il terreno
profondo che porta il seme a frutto.
Il terreno
profondo rappresenta coloro che amano la profondità, cioè rappresenta coloro
che pongono mente e con pazienza (con pazienza!) giungono a capire.
È la parabola fondamentale
perchè la verità che si annuncia in tutto in superficie si rivela soltanto in
profondità.
Noi non
troveremo mai la verità in superficie, non la troveremo mai come troviamo
un'automobile sulle nostre strade.
Terreno
profondo!
Quindi si
richiede questo impegno a capire e questo impegno a capire è la penitenza
richiesta da Giovanni Battista.
È la penitenza
richiesta da Gesù come attacco alla salvezza: cerca di capire!
E cosa vuol
dire cercare di capire?
Cercare di
capire è collegare con la realtà, collegare i segni con la realtà.
Ma chi fa la
realtà è uno solo: Dio Creatore.
E allora è
necessario portarci a guardare dal punto di vista del Creatore.
Soltanto guardando da-, ecco la penitenza,
perchè si tratta di superare il nostro punto di vista, si tratta di superare il
pensiero del nostro io, quello che appare nel pensiero, che appare ma che non
ci dà l'intelligenza.
Soltanto
guardando da Dio noi siamo fatti partecipi della realtà, perchè certamente il
Creatore è Dio, è Lui che fa la realtà.
E se vogliamo
arrivare alla realtà intellettuale, cioè alla realtà che è conoscenza, dobbiamo
guardare da Dio anche questa, perchè Lui è il principio della realtà: realtà
totale, realtà che si impone ai nostri sensi e realtà che illumina la nostra
intelligenza, perchè uno solo è il principio.
E allora ecco
che noi dobbiamo guardare dal punto di vista del Creatore se vogliamo
partecipare dal principio e quindi entrare nella conoscenza e quindi capire.
Abbiamo detto
che l'uomo è caratterizzato da tre grandi mondi:
-Il mondo
sensibile.
-Il mondo della
Parola di Dio.
-Il mondo della
verità, dell'Assoluto, Dio stesso.
Però il mondo
sensibile è soggetto al tempo quindi è soggetto a scadere.
Le Parole di
Dio invece no, Gesù infatti dice:"Passeranno i cieli e la terra ma le mie
parole non passeranno".
Quindi tutto il
primo mondo, mondo sensibile è destinato a passare, perchè è segno e la
caratteristica del segno è quella del mutamento.
La conclusione
quale è?
Restano due
mondi per l'uomo: il mondo della Parola di Dio e Dio.
Questo
significa che nella nostra vita, nella vita di ognuno di noi, prima che noi
moriamo, tutto il nostro mondo sensibile, tutto quello che vediamo e tocchiamo,
diventa Parola di Dio.
Ma diventando
Parola di Dio crea in noi una tragedia: perchè manca per noi la realtà, resta
la parola e se noi non abbiamo fatto il passaggio e il passaggio va fatto prima
che il mondo diventi tutto parola, se noi non abbiamo fatto il passaggio dalla
parola a Dio, e non abbiamo imparato a guardare da Dio la parola stessa, noi il
passaggio non lo facciamo più, perchè è assurdo impossibile passare dalla
parola alla realtà.
Si passa
soltanto- e questa l'abbiamo chiamata la logica dello spirito- si passa
soltanto dalla realtà alla parola.
La parola mi
annuncia la persona che parla ma non mi fa conoscere la persona.
Ogni esistente
ha la possibilità di significare se stesso.
Però abbiamo
detto che ogni segno è caratteristico di un esistente.
E la parola di uno
è caratteristica di quell'uno e la Parola di Dio è caratteristica di Dio ed è
soltanto partendo da Dio che noi intendiamo la parola.
Quindi non è
possibile passare dai segni alla realtà ma è possibile passare dalla realtà ai
segni.
E soltanto
nella misura in cui noi abbiamo guardato da Dio, cioè siamo passati dalla
realtà spirituale, dalla realtà di Dio ai segni di Dio, abbiamo adesso la
possibilità di salire da ogni segno a Dio, ma abbiamo la possibilità di
risalire in quanto siamo discesi da Dio ai segni.
Ma se noi
questo non l'abbiamo fatto e non l'abbiamo fatto in anticipo quando Dio si
proponeva, ecco che si resta tagliati fuori.
Ecco l'opera
della scure!
Tagliati fuori:
cioè, noi resteremo in un mondo che è tutto Parola di Dio e noi non lo possiamo
negare: tutto ci parlerà di Dio ma noi non potremo capire niente.
L'inferno è
fatto di tutte Parole di Dio ma chi è nell'inferno non può conoscere Dio.
Può conoscere
Dio soltanto chi ha fatto questo superamento dal pensiero del suo io al
Pensiero di Dio e ha incominciato a guardare ogni cosa dal punto di vista di
Dio.
Questa parabola disse loro Gesù; ma
essi non capirono di che
cosa parlasse loro.
Gv 10 Vs 6 Riassunti
Domenica – Lunedì.
RIASSUNTI.
Argomenti: Ogni fatto è una parabola – Dio in tutto significa Sé – Parlare in terra delle cose del cielo – Capire di
non capire – Passaggio dall’immagine alla voce –
La televisione – Dio parla attraverso la creatura –
Tutto è parola di Dio – La voce che diventa parola: la contraddizione – La grande straniera: la morte – Esistente e
persona – Immagine, parola, pensiero, essere – Dio principio
del nostro pensiero – Dio solo rivela Sé –
La generazione del Pensiero di Dio in noi – La vera Realtà – Guardare dal Principio – Dio oggetto/soggetto
del nostro pensiero – Il principio della Verità –
Il superamento dell’io per guardare da Dio – I misteri
del Regno di Dio – L’intelligenza sta nell’anticipo – Il significato delle parabole -
17-18/Dicembre/1989 Casa di preghiera Fossano