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GV 10 VS 34 Disse loro Gesù:«Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? ».


Primo tema – La scrittura e la sua funzione.


Argomenti: La comunicazione di Dio – Scrittura e legge – Il Dio personale – Ogni esistente è universale – La voce dell’essere – Interesse e voce – Il Vangelo – Mine, talenti, vigna – Seguire la voce – Gli “ometti” – Onde sonore e luminose – La voce che chiede – Mondo visibile e invisibile -


 

3-4/ Maggio /1992


Ci fermiamo alla prima parte di questo versetto, dove di dice: “Gesù replicò loro: Non è scritto nella vostra legge?”.

È una risposta che Gesù dà all’affermazione dei giudei: “Non è per alcuna opera buona che ti lapidiamo ma è per la bestemmi, perché Tu essendo uomo ti fai Dio”.

Qui siamo nel campo del demoniaco.

Gesù risponde qui con la Scrittura all’errore dell’uomo, come già aveva fatto con il demonio nelle tentazioni.

Evidentemente questa scrittura ha un significato profondo, è una testimonianza per la nostra vita, se Gesù fa appello a essa.

Ma qui stranamente dice:”Non è scritto nella vostra legge”.

Non dice scrittura, dice legge.

Perché non dice scrittura.

Perché poi in realtà quella dichiarazione: “Voi siete dei”, non si trova nella legge.

È addirittura nei salmi.

Nel salmo ottantasei.

Perché allora questa affermazione che è nei salmi, nella scrittura, Gesù la attribuisce alla legge?

Per legge noi generalmente intendiamo i comandamenti, disposizioni, regole.

La dichiarazione: “Voi siete dei”, non è una legge, non è una regola, non è un comandamento.

È una dichiarazione.

È sapienza.

È conoscenza.

Eppure Gesù dice: “Non è forse scritto nella vostra legge?”.

E dobbiamo chiederci il significato di questo.

Perché se Gesù dice questa parola, evidentemente c’è un significato profondo.

Comunque il tema di oggi è la scrittura.

Il tema di oggi è la scrittura è la sua funzione.

Quando si parla di legge, si tratta sempre di espressione di una volontà.

La volontà di un legislatore che fa la legge.

Esprime una certa sua volontà, una certa sua intenzione.

Se noi osserviamo a fondo, notiamo che tutta la scrittura anche i salmi, le profezie eccetera, essendo parola di Dio, quindi espressione di Dio, hanno come anima, la comunicazione della volontà di Dio.

La comunicazione dell’intenzione, del pensiero di Dio.

Tutta l’opera di Dio altro non è che comunicazione di un pensiero.

Il Suo Pensiero.

Tutto è fatto nel pensiero di Dio, niente escluso.

Tutte le cose sono fatte per mezzo di Lui e in vista di Lui.

E noi non riusciamo a capire, perché non riusciamo a unire le cose che accadono nella nostra vita con il pensiero di Dio.

Ci sfugge il pensiero e diciamo di non capire.

Quando non vediamo l’intenzione, il pensiero di una cosa quella cosa ci sfugge, non riusciamo a capirla.

Non riusciamo a giustificarla.

Ma nello stesso tempo questa nostra ignoranza, questa nostra notte, questa nostra sensazione di mistero che ci avvolge in tutto, è una testimonianza per noi che tutto è fatto in un pensiero.

E fintanto che noi non giungiamo a cogliere quel pensiero preciso, specifico, singolare di Dio, tutte le nostre ragioni e giustificazioni che diamo alle cose sono sempre fasulle.

Presto o tardi rivelano, denunciano a noi che abbiamo fatto un errore.

Ma questa è una prova che tutta l’opera meravigliosa di Dio,antica ed odierna e che Dio fa per ognuno di noi, tutta è fatta in un solo pensiero.

Ed è questo unico pensiero che rende problematica per noi la lettura, l’intelligenza delle cose, il capire le cose.

E questa è sofferenza perché noi siamo fatti per capire.

Il trovarci con fatti, avvenimenti e persone senza avere la possibilità di capire, è una profonda sofferenza per l’uomo.

Anche questo denuncia il nostro destino.

Ciò per cui noi siamo stati creati.

Tutta l’opera di Dio, essendo fatta in quell’intenzione, in quel pensiero, diventa tutta legge per noi.

Gesù qui parla rivelandoci l’anima della scrittura.

L’anima della scrittura è la legge.

L’anima della scrittura è comunicazione di volontà, comunicazione di pensiero.

Gesù dice: “Non è forse scritto nella vostra legge?”, quello che per voi è punto fisso di riferimento.

La scrittura era per gli ebrei il punto fisso di riferimento.

Ciò a cui tutto riferivano.

E quella diventa norma.

Quella diventa regola.

Quella diventa legge.

E a coloro che lo stavano accusando di bestemmia: “Perché tu essendo uomo ti fai Dio” Gesù risponde dicendo: “La vostra stessa legge dice che voi siete dei”.

E dice: “Io ho detto” e Colui che parla nella scrittura è il Signore.

“Voi siete dei”.

Quello che è scritto nella scrittura è significazione, quindi segno di una realtà, di una verità.

E quando si annuncia una verità, quella diventa regola per noi.

Cioè l’Essere deve diventare il nostro dover essere.

Ecco per cui ci viene annunciato l’essere.

E noi perdiamo la vita proprio perché noi ci sganciamo da questo essere.

Non ci rendiamo conto che la Verità che ci è rivelata, annunciata, deve diventare la nostra vita.

Il Dio che è dichiarato nella scrittura, deve diventare la nostra legge, deve diventare il nostro Dio personale.

Cioè Colui al quale noi facciamo sempre riferimento.

Il punto fisso di riferimento.

La legge è ciò in cui uno scruta per trarne luce, per trarne punti di riferimento.

“In quello che voi stessi leggete potere leggere: Voi siete dei”.

Tutta l’opera di Dio è voce, è segno di Dio.

Tutti gli esistenti (Dio compreso) sono costituiti da una natura singolare (Divina o creata) e da una voce.

E la voce non è altro che la significazione di un esistente, là dove non è presente.

Per cui ogni esistente ha la possibilità di annunciare se stesso e se non avesse questa possibilità cesserebbe di esistere.

Ogni esistente ha la possibilità di significare se stesso, di annunciarsi in tutto.

Quindi ogni esistente è universale.

Segno di Dio che si annuncia e fa sentire la sua voce in tutto.

Però la voce è l’annuncio, la significazione di un essere presente, là dove non è presente.

Quindi abbiamo queste due grandi categorie di avvenimenti.

Esseri e la voce di questi esseri.

Ed è soltanto attraverso l’ascolto della voce di un essere che noi possiamo giungere alla presenza di quell’essere.

Anche questo è segno: soltanto in quanto noi acsoltiamo la voce di Dio, attraverso la voce di Dio possiamo giungere alla presenza di Dio.

Perché lo scopo finale è di giungere alla presenza di Dio.

L’uomo vive di presenze.

Se all’uomo gli si togliessero tutte le presenze, l’uomo sparirebbe immediatamente.

L’uomo vive di presenze.

Tutti noi siamo delle presenze.

La tragedia però è che le presenze sensibili passano.

E se noi non ci affrettiamo a giungere a quella presenza che non passa, noi subiamo l’assenza, cioè subiamo la morte.

La morte delle presenze che tramontano.

Una presenza che tramonta per noi è una morte.

Dio è un essere che fa sentire la sua voce (ogni voce è un sentiero) in tutto come richiamo, per dare a noi la possibilità (se seguiamo la voce), di giungere alla presenza.

Giungendo alla presenza si trova la vita.

Lo spirito di presenza è spirito di vita.

Ma se è sufficiente ascoltare la voce di Dio per giungere alla presenza di Dio e giungendo alla presenza di Dio si trova la vita, a che serve la scrittura?

Che posto ha la scrittura?

Qual’è la funzione della scrittura?

La voce non  è scrittura.

Quando abbiamo parlato di parola parlata e parola scritta, abbiamo detto che l’uomo si salva attraverso la voce, perchè è la voce che ti conduce alla presenza.

Abbiamo ripetuto più volte che l’assetato è salvato dalla voce dell’acqua, perché gli traccia il sentiero per arrivare alla presenza dell’acqua, dove può dissetarsi.

Quindi l’uomo è salvato dalla voce di Dio che lo convoca alla sua presenza.

Ma allora in tutto questo a cosa serve la scrittura?

E cosa è la scrittura?

Il tema di oggi è la funzione della scrittura.

Gesù qui richiama la scrittura, come l’ha richiamata con il Demonio.

Dirà più avanti che la scrittura non è annullabile.

Quindi la scrittura è qualche cosa che è stato fatto per noi.

Per offrire a noi un punto d’appoggio.

E allora dobbiamo chiederci che funzione ha e soprattutto che cos’è la scrittura.

La scrittura non è la voce.

Tutto è segno.

Anche la scrittura è un segno.

Certamente.

Quindi la voce è un segno e la scrittura è un segno.

Però c’è una differenza enorme tra la scrittura e la voce.

La scrittura la cogliamo con gli occhi.

La voce la cogliamo con le orecchie.

E anche qui noi dobbiamo chiederci perché abbiamo gli occhi e perché abbiamo gli orecchi?

Abbiamo accennato qualche volta che si concepisce con l’orecchio.

La Verità si concepisce con l’orecchio.

Noi diamo tutto per scontato, ci sono gli occhi, ci sono gli orecchi eccetera.

Ma se Dio creandoci ci ha dato gli occhi e gli orecchi, questi devono avere una funzione ben precisa per il fine per il quale Dio ci ha creati.

La scrittura non si coglie con l’orecchio.

La scrittura si coglie con l’occhio.

E invece la voce si coglie con l’orecchio.

Ed è ascoltando la voce che si giunge alla presenza.

Tu uomo sei stato creato per giungere a conoscere Dio, per giungere alla presenza di Dio, per giungere a vedere il volto di Dio.

Se tutto è fatto per questo fine, come tutto è fatto per questo fine, occhio e orecchio devono avere una funzione molto importante.

E se Dio ce lo presenta, anche questo è parola di Dio per noi.

La scrittura si coglie per mezzo dell’occhio.

La voce di Dio si coglie per mezzo dell’orecchio.

Si giunge a concepire per mezzo dell’orecchio, però la scrittura deve avere una funzione.

Parlando dell’acqua abbiamo detto che la voce dell’acqua arriva dappertutto, come la voce di Dio arriva dappertutto.

Ma l’uomo che sente la voce dell’acqua, non è detto che vada a vedere l’acqua.

Però chi sente la voce dell’acqua, se è assetato segue la voce dell’acqua, fino a giungere alla presenza dell’acqua che lo disseta.

La voce dell’acqua evidentemente non disseta ma la voce è un servizio.

Ed è un servizio molto efficace perché giunge là, dove non c’è l’acqua.

Il che vuol dire che Dio ha fatto talmente bene le cose, che ti fa arrivare le cose, là dove tu sei.

Tu sei lontanissimo dall’acqua, eppure Dio trova il modo di far arrivare la voce dell’acqua a te che sei assetato, per darti la possibilità di giungere all’acqua seguendone la voce.

Ma tu segui la voce dell’acqua in quanto hai sete, cioè in quanto hai interesse per l’acqua.

È l’interesse che ti fa andare dietro alla voce dell’acqua.

Se tu non hai interesse, cioè se tu non hai sete, tu senti la voce dell’acqua ma non vai dietro a essa.

Tu senti la voce di Dio, perché la voce di Dio si fa sentire da tutti, ma non è detto che tu vada dietro alla voce di Dio.

Tant’è vero che l’uomo si giustifica dicendo: “Io ho i buoi, i campi, la moglie”.

Quante giustificazioni pone l’uomo per opporsi alla vice di Dio!

La voce di Dio che, in quanto arriva è un annuncio, un invito, una proposta.

Quando la voce di Dio giunge all’uomo, non scatta un meccanismo automatico per cui la creatura si mette a correre dietro alla voce.

Quando Dio bussa alla nostra porta, noi non andiamo automaticamente ad aprire la porta.

Ed abbiamo visto il rischio grave che corriamo, perché è sufficiente farlo aspettare cinque minuti e Lui non c’è più.

Perché Dio possiamo trovarlo soltanto quando c’è per iniziativa sua ma quando la cosa cade nell’iniziativa nostra, per il semplice fatto che lo facciamo aspettare cinque minuti, qui, nel modo più assoluto non lo troviamo più.

Perché la presenza di Dio, viene solo da Dio.

E se qualcosa parte d’iniziativa mia, qui certamente la presenza di Dio non la troverò più.

Eternamente!

Affinché scatti  la corsa dietro alla voce per giungere alla presenza, ci deve essere un terzo fattore: la sete.

Già, ma questa sete come si forma?

Chi ha sete ha interesse per l’acqua.

Chi ha fame ha interesse per il pane.

Quindi tra il giungere la voce a noi e l’andare dietro alla voce, ci deve essere l’interesse.

E questo interesse da dove viene?

Perché qualcuno ha interesse per Dio e qualcun altro non ha interesse per Dio?

Perché qualcuno obbietta: “Io ho i buoi, i campi e la moglie”?

Qui sorge il problema della scrittura.

Si deve formare la sete di Dio anteprima che giunga la voce di Dio.

Si deve formare l’interesse per Dio.

E come si forma quest’interesse per Dio?

Noi abbiamo parabole stupende che sono una lezione sulla formazione dell’interesse per Dio.

Dio è un maestro stupendo e gli uomini non ne tengono conto.

Non sanno quello che perdono.

Gli uomini corrono dietro ai maestri umani che scrivono soltanto fesserie.

E gli uomini hanno a disposizione un Maestro meraviglioso.

Maestro d’intelligenza, di sapienza, di bontà, d’amore, di comprensione.

Le grandi novità le troviamo nel Vangelo.

Le novità non le troviamo mica nei giornali.

I giornali sono vecchi di 50 anni!

La vera novità la troviamo nel Vangelo.

Il Vangelo è un cielo di sapienza.

Eppure noi non vi attingiamo mai.

Ci sono delle parabole stupende nel Vangelo.

La parabola dei talenti.

La parabola delle mine.

La parabola della vigna.

Sono tutte lezioni su questo campo dell’interesse per Dio.

Il regno di Dio è simile ad un padrone che dà ai suoi servi talenti, mine, vigna da lavorare.

Poi dopo ritorna a cercare il frutto.

I due grandi tempi dell’opera di Dio.

Noi non ce ne accorgiamo ma tutto il mistero della nostra vita è racchiuso in questi due grandi tempi.

Dio che dà a noi dei talenti, dei doni.

I talenti, le mine, la vigna che Dio dà all’uomo è Dio stesso.

È Dio che consegna all’uomo il Suo Pensiero, suo Figlio.

E lo consegna affinché l’uomo lo abbia a far fruttare.

Far fruttare l’interesse per Dio.

Ecco l’interesse che noi stiamo cercando.

Il padrone verrà a chiedere l’interesse che i servi han saputo far fruttare da quello che hanno ricevuto.

Ha dato la vigna a lavorare? Manderà a chiederne i frutti.

Ha dato i talenti? Lui stesso verrà a cercare quanto han fatto fruttare di interesse.

Noi pensiamo sempre alle banche ma quell’interesse è quanto han saputo trarre d’interesse per conoscere Dio.

Vuol dire che quello che Lui ha dato loro nelle mani, era da trafficare, da lavorare, per cercare di trarre interesse per conoscere Dio.

Perché Dio non premia mine, talenti e vigna che ha dato, quando Lui torna, Lui premia l’interesse.

E chi ha custodito come un tesoro la fede e i talenti che ha ricevuto, li perderà certamente.

Perché Dio premia l’interesse.

“Entra nella gioia del tuo Signore”.

Per poter seguire la voce di Dio, bisogna che si sia formato l’interesse per Dio.

E Dio per formare in noi l’interesse dà a noi.

L’uomo è fatto di doni di Dio.

Doni dati all’uomo indipendentemente dall’uomo.

Mentre invece la voce di Dio che arriva all’uomo non potrà essere seguita indipendentemente dall’uomo.

Cioè se l’uomo non ha tratto interesse per conoscere Dio da ciò che lui ha avuto senza di lui, per puro dono di Dio, qui l’uomo non può nel modo più assoluto seguire la voce dell’acqua.

L’uomo non è libero di volere.

Se sente la voce dell’acqua, l’uomo se non è assetato, non può seguire la voce dell’acqua.

Tu non sei libero e tu non vai dietro all’acqua se non hai sete.

E così, se in te non si è formata la sete per conoscere Dio, quando la voce di Dio giunge a te e ti chiede l’interesse per Dio, questa voce ti mette in crisi.

Ecco le due grandi classi dell’opera di Dio.

La prima opera di Dio è quella che ti dona e non ti chiede nulla.

Ti dona i talenti, ti dona le mine, ti dona i talenti e non ti chiede nulla.

Ce la offre a lavorare “fanne quello che vuoi”.

Poi quando viene la seconda volta Lui ti chiede.

E la grande crisi è quando Lui chiede.

Fintanto che Dio ci dona, per noi va tutto bene.

La crisi sorge quando Lui viene a chiederci l’interesse che abbiamo saputo trarre da ciò che Lui ci ha dato.

Stiamo osservando, stiamo cercando di capire cos’è la scrittura.

La scrittura è segno.

Però è segno che reca a noi un pensiero.

Perché scrittura è segno di parola.

Noi chiamiamo parola, scrittura, ciò che reca con sé un pensiero.

Un mucchio di pietre non è una scrittura.

Tanti anni fa, quando avevo accennato a questi argomenti, avevo detto che in montagna ci sono gli ometti.

Sono dei segnali.

Sono mucchietti di pietre messe una sull’altra.

Al di sopra di una certa altezza, quando non ci sono più sentieri c’è il rischio di smarrirsi.

Quando in alta montagna, tutto diventa roccia e pietrame si mettono dei segnali fatti di pietre, perché ci sono soltanto pietre.

L’unica cosa che si può utilizzare è la pietra, perché non c’è altro.

La neve non si può utilizzare perché fonde.

C’è la pietra soltanto.

E il pensiero adopera la pietra per comunicare, per scrivere.

È una meraviglia.

Si mette una pietra sull’altra, se ne mettono quattro o cinque, si fa una piccola piramide.

E questa è una scrittura.

Le pietre non sono scrittura!

Noi se vediamo un mucchio di pietre, non vediamo nessuna scrittura.

Ma quel nucchietto di pietre messe una sull’altra è una scrittura!

E perché è una scrittura?

Perché ti comunica un pensiero.

Ma dov’è il pensiero?

Tu puoi analizzare le pietre ma non trovi il pensiero.

Eppure quello è un pensiero.

È subentrato un pensiero.

Un intenzione.

Ecco c’è stata una persona che aveva un pensiero.

Ha adoperato quelle pietre e con quelle pietre ha scritto il proprio pensiero.

Ed abbiamo la scrittura.

Un mucchio di pietre non ti dice niente, non è una scrittura.

Una casa è un mucchio di pietre.

Pietra è la casa e pietre è il mucchio di pietre.

Il mucchio di pietre non è una scrittura.

La casa è una scrittura.

Ma perché la casa è una scrittura.

È pietra prima e pietra dopo.

E se noi analizziamo la casa, noi non troviamo altro che pietre.

Non troviamo il pensiero.

Troviamo solo delle pietre.

Eppure c’è una diversità abissale fra la casa fatta di pietre e il mucchio di pietre.

C’è un pensiero che ha ordinato.

Ecco la meraviglia!

È il pensiero che ordina.

È tutto segno.

La scrittura è un pensiero che adopera delle pietre per scrivere, per significare se stesso.

Chi va in montagna e si smarrisce, osservando quel mucchietto di pietre lo benedice.

Ma mica benedice le pietre.

Benedice quell’uomo, quella persona che ha voluto fare una scrittura, una segnalazione.

È un orientamento che risponde alla sua difficoltà, cioè alla sua intenzione.

Tant’è vero che quando si è smarriti, fermandosi su un mucchietto di pietre, poi uno sta attento, prima di fare un passo a vedere il mucchietto di pietre successivo.

E se non vede nulla non si muove, altrimenti si smarrisce.

Si muove solo quando vede l’altro mucchietto.

Sono fatti così in modo che si possano vedere uno dall’altro.

E allora si va avanti così lungo il sentiero.

Tutto è segno meraviglioso di Dio.

Perché la nostra vita è un sentiero che porta ad una vetta.

E Dio ha messo questi ometti nel suo universo, ed è la scrittura.

E quando l’uomo è smarrito deve fermarsi a questa parola, a questa scrittura che Dio gli fa arrivare.

E non deve fare un passo se non vede il mucchietto di pietre successivo.

Non un mucchietto di pietre qualsiasi ma un mucchietto di pietre fatto con un pensiero.

La funzione della scrittura è questa.

È Dio che opera.

Ma abbiamo anche detto che segno è la voce e segno è la scrittura.

Ma se noi osserviamo, notiamo che c’è una differenza abissale fra una cosa e l’altra.

Noi la voce, il suono lo cogliamo con l’orecchio.

E quando la voce arriva all’orecchio, sparisce immediatamente.

Tu la senti, la cogli e quella se ne è andata.

Ma il segno che t’arriva all’occhio ti arriva e rimane.

E rimane, quel segno non se ne va.

Come mai?

Come mai l’onda sonora, come t’arriva all’orecchio sparisce?

Non c’è più.

Tu l’hai udita ma se ne è già andata.

E se tu non sei stato attento e disponibile a coglierla, tu non capisci più.

Perché non ce l’hai più a disposizione.

Tutto è segno.

Invece la meraviglia di quello che t’arriva all’occhio e che dopo che tu lo hai visto rimane.

Rimane!

Come fa a rimanere nell’occhio e invece sparisce nell’orecchio?

Il problema si riduce tutto a questione di durata.

Nell’orecchio non dura.

Nell’occhio dura.

Rimane e ha una funzione importantissima, per questo diventa scrittura.

Importantissima perché?

Io qui davanti vedo tanti registratori, li ho visti una volta ma non spariscono, continuo a vederli.

Sono onde, sono onde luminose, quell’altre sono onde sonore ma sempre sono onde.

Le onde luminose però rimangono.

C’è la giustificazione scientifica ovviamente.

L’onda sonora è un onda lentissima e quindi sparisce immediatamente.

L’onda luminosa invece è un onda velocissima e dove c’è molta velocità, c’è tanta permanenza, la figura rimane.

Per cui la creazione di Dio è fatta stupendamente bene.

La velocità massima è la luce, per cui la permanenza massima è data da ciò che ti arriva agli occhi.

Per cui le figure rimangono.

Ma ha una funzione importantissima perché?

Perché rimanendo ti dà tempo.

Quello che tu cogli con gli occhi, entra negli occhi ma non sparisce.

In modo che tu, avendolo visto, lo puoi rivedere.

E potendolo rivedere cosa succede?

Che ti fermi a guardare.

Ti fermi ad osservare.

Cioè è tempo che ti viene dato perché tu sia intelligente.

È tempo che ti viene dato, perché tu capisca.

Ecco la funzione della scrittura.

Per farti capire.

Per darti il tempo per capire.

Quello che t’arriva all’orecchio non ti dà il tempo per capire.

Se tu non sei intelligente, se tu non hai già capito prima e quindi non lo assimili immediatamente, quello sparisce.

Invece quello che t’arriva agli occhi, quello ti dà tempo per capire.

Per cui la scrittura ti offre tempo.

La voce non ti offre tempo.

Ti chiede tempo.

E qui ci apriamo ad un campo meraviglioso.

Stiamo molto attenti perché la voce è quella che viene a chiederti quanto interesse tu hai saputo trarre dalle mine, dai talenti e dalla vigna.

Quindi quando tu avevi tempo.

Quanto interesse tu hai saputo trarre dai talenti, quando tu avevi tempo.

Infatti quel signore, quel padrone se ne va lontano.

Perché se ne va lontano?

Per darci tempo di formare l’interesse.

Quando arriva la voce, a quel punto lì chiede.

E se ti chiede non ti dà più tempo.

Ti chiede il tempo.

A questo punto capiamo una cosa meravigliosa.

Tutto quello che era luce, che era figura, che era scrittura era tempo a disposizione per noi per capire l’unica cosa necessaria, per trarre interesse per conoscere Dio.

Tutto questo tempo che era a disposizione nostra dato dalla permanenza delle cose e delle creature, quando giunge la voce finisce.

La voce in quanto ti chiede, ti porta via il tempo.

Come te lo porta via?

Prima tu avevi tempo per Dio i buoi i campi e la moglie ma come la voce t’arriva, tu non hai più tempo.

Ecco che qui vengono annullati i valori.

Ecco che la voce ti porta via il tempo.

Prima noi avevamo (spazio e tempo) disponibilità per capire la parola scritta di Dio che giungeva a noi.

La parola scritta ti dà tempo affinché tu possa meditare, pensare e arrivare a capire e formare in te l’interesse per Dio, in modo che quando la voce ti chiederà l’interesse sarai subito disponibile, perché hai capito che quella è la cosa più importante.

Ma come l’hai capito?

L’hai capito perché Dio ti aveva messo a disposizione delle parole, della scrittura che restava.

Tu hai maturato interesse per Dio e quando adesso la voce ti viene a chiedere, tu avendo maturato interesse, tu puoi partire.

Il grande problema è questo.

Noi abbiamo un mondo di cose che si vedono ed è tutto il mondo che arriva ai nostri occhi.

È la creazione di Dio.

Creature, scrittura.

È tutta scrittura di Dio perché tutto porta un pensiero, se teniamo presente Dio, se non teniamo presente Dio noi vediamo delle cose che chiamiamo realtà.

Abbiamo la scrittura, abbiamo la voce e poi abbiamo il mondo invisibile.

Ora, la nostra vita sta nel trovare le cose invisibili.

Questo vuol dire che tutto il mondo delle cose visibili e tutto il mondo delle voci.

Quindi spazio, perché la cosa, in quanto è visibile è figura, quindi appartiene allo spazio, perché coesiste.

Tutto ciò che noi vediamo coesiste.

Coesiste anche con noi stessi.

Ci sopporta, ci tollera.

È questa coesistenza che mi dà la possibilità di fermarmi con-.

Perché ci sono io e ci sono le cose e le creature.

E poi abbiamo questo spazio che viene bevuto dalla voce.

La voce ti beve lo spazio e te lo trasforma in tempo, perché ti chiede del tempo.

La voce non ti dà più tempo.

Lo spazio ti dà tempo.

Quando tu hai spazio tu hai tempo.

A un certo momento non hai più spazio.

Ecco è lo spazio che viene assorbito dal tempo.

È la voce che beve il tempo.

Perché t’impegna in una cosa al di sopra di tutto.

La voce ti chiede l’interesse.

Quando uno ti chiede l’interesse, ti chiede di dedicarti a-.

Può darsi che tu non sia preparato.

E poi abbiamo questo tempo che sta sfociando verso il non più tempo del mondo invisibile.

E qui è il mondo eterno.

La nostra vita sta nel giungere alle cose invisibili.

E tutto è questa traccia, questo disegno stupendo di Dio per far maturare in noi l’interesse.

L’interesse abbiamo detto nasce dalle cose che Dio ci dà, senza portarcele via.

Ce le dà e ce le lascia lì davanti.

Ha trovato il modo di darci la presenza di cose che non sono presenti.

Ci dà la possibilità di vederle presenti e di vederle presenti, quel tanto di tempo necessario perché si possa giungere a capire qualcosa.

In modo da maturare l’interesse principale.

E poi ci viene a chiedere quanto interesse abbiamo saputo trarre dalle cose che ci ha dato...e queste cose spariscono.

Spariscono!

Perché non sono la presenza.

La presenza è Dio.

E noi dobbiamo arrivare all’invisibile, a quella Presenza che si annuncia in tutto.

L’acqua fa sentire la sua voce dove non c’è l’acqua.

Dio fa sentire la sua voce dove Lui non è presente, dove io ho presente il mondo sensibile, non ho presente Dio.

E se io sono intelligente e cerco di capire il significato delle cose, in me matura l’interesse per Dio.

Ecco che qui si fa il passaggio, la Pasqua.

E questo è risorgere.

E questo è occuparsi delle cose invisibili.

La vita vera sta nelle cose invisibili.

E allora scrittura, voce, tempo, spazio, tutto serve per convogliarci a questo interesse principale.

Per lanciarci a questa ricerca principale di quest’Acqua che si annuncia ma che non si vede.

Perché non si vede?

Perché si vede soltanto guardando da Dio.

La scrittura ha la funzione di far maturare in noi l’interesse per conoscere Dio.

E poi la voce è quella che, se è maturato in noi quest’interesse, ci convoca alla presenza al pensiero di Dio.

E dal suo pensiero poi dopo cogliamo l’invisibile presenza di Dio.

Che è la vera grande realtà.

Le presenze fisiche e tutta la creazione sono radiazioni, sono segni di Dio, manifestazione di Dio.

Sono segni dello spirito ma la grande realtà è lo spirito.

E noi dobbiamo giungere a questa presenza, a questa realtà, perché la nostra vita è lì.

La nostra vita è nascosta in Dio.


GV 10 VS 34 Disse loro Gesù:«Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? ».


Secondo tema – Scrutate le scritture, parlano di Me.


Argomenti: I due tempi dell’opera di Dio – Il permanere della scrittura – La voce – L’interesse per Dio – Amministratore ingiusto – La risposta alla proposta di Dio: sì/no – Il mondo delle cose invisibili – L’immortalità dell’uomo – L’importanza della conoscenza della Verità – Spogliare l’opera di Dio dello spirito – Non si può passare dalla scrittura allo spirito – L’assoluto si comunica solo all’assoluto.


 

10-11/ Maggio /1992


Abbiamo visto che l’opera di Dio è costituita essenzialmente di due tempi.

Nel primo tempo, Dio dona a noi la vita, l’universo, le creature, il tempo per vivere.

È quanto Gesù afferma nella parabola dei talenti o dei vignaioli.

Dio dopo aver fondato la vigna, dopo aver costruito in essa un torchio ed una torre, dopo averla protetta, la dà a lavorare.

Oppure la parabola dei talenti: è Dio che dà i talenti ai suoi servi, non ai figli.

Affinché li abbiano a far fruttificare.

E poi se ne va in un paese lontano.

E così anche nella parabola delle mine.

Quindi il primo tempo è quest’opera che Dio fa.

Dare alle creature dei doni, indipendentemente da loro.

E li dà (vigna, talenti, mine) perché li abbiamo a lavorare.

Poi abbiamo un secondo tempo.

E il secondo tempo è Dio che ritorna a chiedere il frutto.

Manda oppure viene Lui personalmente a chiedere il frutto del lavoro fatto.

E in conseguenza del frutto o degli interessi che i servi hanno saputo trarre dai doni ricevuti, i servi riceveranno: “Entra nella gioia del tuo Signore”.

E qui abbiamo notato che c’è un passaggio di qualità.

Si passa dal servo all’amico, al famigliare, al figlio: “Gioia del tuo Signore”.

C’è però anche il risvolto negativo che anziché ricevere la ricompensa per frutto o l’interesse, quel Signore venga messo a morte.

Nella parabola dei vignaiuoli, c’è questo risultato.

E tutto è contemplato per la salvezza dell’uomo.

Sia l’interesse che l’uomo ha saputo trarre dai doni ricevuti, sia la morte che l’uomo dà al suo Signore perché “Così la vigna, l’eredità sarà nostra”.

Sia la prima situazione come la seconda, sono contemplate da Dio per salvare la nostra vita.

Per condurci alla vita eterna.

Ora abbiamo detto che i doni del primo tempo dell’opera di Dio, sono rappresentati dalla scrittura.

La scrittura è ciò che noi vediamo con gli occhi che però porta un segno dello spirito, porta un pensiero.

Si considera scrittura ciò che ha in sé un pensiero.

La scrittura è segno di un pensiero.

Il pensiero non si vede, però la scrittura la porta in sé.

Ce lo annuncia.

Ed abbiamo detto che la scrittura si caratterizza in questo: permane davanti a noi.

Davanti ai nostri occhi.

E c’è un significato profondo in questa permanenza, in questo durare.

Ciò che noi vediamo dura.

Per un certo tempo.

C’è un certo significato in questo, per la nostra salvezza.

Perché ciò che permane davanti ai nostri occhi, dà a noi la possibilità di rivederlo, di sostare con esso, per arrivare a capire.

Se una cosa è mantenuta davanti a noi per un certo tempo, è per dare a noi la possibilità di rivederla.

Di approfondirla.

Di capirla.

Di capire la funzione che ha questo segno, questa scrittura.

Abbiamo poi l’altro segno che, abbiamo detto è la voce.

La parola parlata.

Questa non permane.

Quindi abbiamo questa grande differenza tra scrittura e voce.

Parola scritta: l’universo, la scrittura stessa, tutto quello che permane e che noi cogliamo con gli occhi e la parola parlata, cioè la voce.

La prima permane, la seconda non permane.

La voce non appena noi l’ascoltiamo, immediatamente tramonta.

Il suono si esaurisce nel nostro orecchio.

Mentre quello che è scritto non si esaurisce, rimane.

E allora ci siamo chiesti qual’è la funzione di questa scrittura che rimane.

La funzione della scrittura è quella di formare in noi l’interesse per Dio.

E questo coincide con le parabole del Signore.

Perché il Signore dopo avere dato i suoi doni all’uomo, la scrittura affinché l’uomo la lavori e cerchi di capirne il significato, deve produrre interesse per il padrone.

Quindi ogni uomo è amministratore della scrittura.

In quanto amministratore deve trarre interesse per il suo Signore, per il suo Padrone.

Non deve trarne interesse per sé.

Altrimenti si vedrà portare via il dono che Dio gli ha dato.

Il che vuol dire che l’uomo, lavorando per sé, vanifica l’opera di Dio.

Quindi Dio dona all’uomo i suoi doni, indipendentemente dall’uomo, perché l’uomo abbia a lavorarli, quindi a trarne interesse.

Interesse per il suo Padrone, per il suo Signore.

Interesse per Dio.

L’interesse per Dio è l’interesse per conoscere Dio.

Qui abbiamo quindi la funzione di tutto l’universo, di tutta la creazione, di tutto quello che noi vediamo e che permane davanti ai nostri occhi.

Noi generalmente consideriamo le creature, le cose, la nostra vita stessa come un campo di lavoro ma per noi.

Evidentemente non siamo amministratori di Dio in questo caso.

In questo caso noi siamo amministratori ingiusti.

E la conclusione in questo caso è che Dio ci toglierà tutto.

Come nella parabola di quell’amministratore ingiusto.

Invece secondo la parola di Dio, noi dobbiamo tenere presente che tutto ciò che Dio dona a noi, indipendentemente da noi, lo dona affinché noi abbiamo a trarne interesse per conoscere Dio.

L’interesse per conoscere Lui, Gesù nella parabola lo considera come il frutto di quello che Lui ci ha dato.

La messe che è maturata.

E dice: “Non appena la messe è matura si mette la falce.

E cosa è questa “falce”?

È Dio che viene a chiedere il frutto, la messe, ciò che l’uomo, trafficando, ha tratto d’interesse per conoscere Lui.

È Dio che viene a chiedere.

E come viene a chiedere?

Dio viene a chiedere con la sua voce.

Ecco i due tempi.

Il tempo in cui Dio dona agli uomini il campo da lavorare, i talenti da far fruttificare e il tempo in cui Dio viene a chiedere, ecco, la richiesta.

Il frutto.

Non appena il frutto è maturo si mette la falce.

Sì, il frutto matura per uno scopo ben preciso.

Qui abbiamo la richiesta di Dio.

La richiesta è voce.

Voce in cui non c’è più tempo.

Prima c’era il tempo.

Ecco per cui dico che la voce non dura.

La voce viene a chiedere quanto interesse per conoscere Dio noi abbiamo fatto maturare dai doni ricevuti ma non permane, non ci dà più tempo.

Il tempo era prima.

Infatti Gesù parla di un “non più tempo”.

Adesso non c’è più tempo.

Quindi noi dobbiamo aspettarcelo.

Questo è lezione di Dio è parola di Dio e in quanto è parola di Dio, è realtà che si realizza nella vita di ogni uomo.

E noi nella nostra vita dobbiamo aspettarci questo.

Arriva un momento nella nostra vita nel quale non abbiamo più tempo.

C’è una stagione in cui noi abbiamo tempo.

Fintanto che le cose sono davanti a noi e permangono, durano, sono offerte al nostro lavoro, danno a noi tempo.

Arriva un momento in cui non c’è più tempo.

E perché non c’è più tempo?

Perché la voce di Dio, il Verbo di Dio è proposta.

E quando viene la proposta tu non hai tempo per rispondere.

Tu necessariamente la risposta la dai quando t’arriva la proposta.

La proposta non ti dà più tempo.

E tu una risposta comunque la dai, immediatamente.

Non puoi farne a meno.

Quando Dio bussa alla tua porta, la risposta la dai immediatamente.

Sono sufficienti cinque minuti ma, in quei cinque minuti, tu hai dato una risposta.

E se tu lo fai aspettare cinque minuti, dopo non lo trovi più.

Perché lì non c’è più tempo.

Ecco, abbiamo questa voce di Dio che porta via a noi lo spazio, che porta via a noi il tempo.

Perché?

Perché è proposta ed è proposta di Dio.

Ed in quanto è proposta di Dio, è richiesta dell’interesse che noi abbiamo maturato per Dio.

Quindi della disponibilità che noi abbiamo, oggi come oggi per Dio.

Per conoscere Dio.

La voce viene a chiederci l’interesse per conoscere Dio.

E l’interesse in che cosa si concretizza?

L’interesse si concretizza in disponibilità.

L’interesse è valore.

Il che vuol dire che di fronte alle cose che Dio ci mette a disposizione giorno per giorno, noi maturiamo dei valori.

Valore quindi attrazione, quindi interesse.

E quindi dedizione.

Il valore si concretizza in dedizione.

Soltanto se noi abbiamo maturato attraverso i talenti, l’ interesse per conoscere Dio e abbiamo capito che Dio è ciò che va messo prima di tutto, di fronte alla richiesta di Dio del frutto, noi siamo disponibili e abbiamo quindi la capacità di rispondere.

Altrimenti siamo nella impossibilità di rispondere.

E questa richiesta di frutto, d’interesse come l’avvertiamo?

Perché l’avvertiamo.

C’è un primo tempo in cui Dio ci offre le cose e ci dice: “Lavorale, traene interesse per Me” e poi viene il secondo tempo in cui Dio ci chiede l’interesse per Lui che abbiamo maturato.

Questo fatto avviene per ognuno di noi.

Ognuno di noi avverte questo fatto.

E come lo avverte?

Lo avverte in quanto Dio ci propone i misteri di Sé.

Dio ci parla di Sé.

Non ci parla più delle cose della terra.

Prima ci parlava delle cose della terra.

La scrittura è tutta un parlare delle cose della terra.

È scrittura, quindi sono cose che vediamo con gli occhi-

In un primo tempo Dio ci parla delle cose della terra.

Poi viene e ci parla delle cose del cielo.

E se noi non abbiamo maturato l’interesse, quindi la capacità di dedizione, noi siamo completamente tagliati fuori.

Perché le cose del cielo non si vedono.

Abbiamo accennato al fatto che abbiamo tre grandi mondi nella nostra vita.

Il mondo delle cose visibili – scrittura.

Il mondo delle cose udibili – voce.

Il mondo delle cose invisibili – Dio.

La salvezza, la vita eterna, la luce appartengono al mondo delle cose invisibili.

Il mondo delle cose visibili, il mondo delle cose udibili, sono entrambi in funzione del mondo delle cose invisibili.

Però, proprio perché le cose sono invisibili, noi non possiamo minimamente accedere ad esse se in noi non è maturata, se in noi non si è formata questa passione, questa attrazione, questo interesse, questa capacità di dedizione a ciò che non si vede.

Perché il mondo delle cose visibili, lo vediamo e qui non c’è bisogno d’interesse.

Quello ci fa maturare l’interesse.

Quello noi lo vediamo, non dobbiamo fare nessuno sforzo per restare nelle cose che si vedono, per restare nella terra, nelle cose del mondo.

Poi c’è il mondo della voce che fa da ponte.

Perché è parola, è verbo.

Fa da ponte tra il mondo delle cose visibili e il mondo delle cose invisibili.

Però non dura, perché presuppone già l’interesse che si deve essere formato in noi.

Perché il mondo delle cose udibili è parola, annuncia a noi cose che ancora non si vedono.

Ci parla di cose del cielo, ce le annuncia.

Quindi è ancora segno.

Fa da ponte.

Però non si presta alla nostra osservazione.

È una proposta e di fronte alla proposta uno dice o sì o no.

Il sì e il no, sono tutti e due contemplati nell’opera di Dio per salvarci.

Di fronte alla proposta l’uomo o l’uccide o l’abbraccia.

Non c’è altra soluzione.

Per cui il parlare dell’uomo si riduce a queste due semplici affermazioni: si/no.

Questo è il vero parlare dell’uomo: si/no.

Perché l’uomo si trova di fronte a questa parola di Dio che è richiesta.

Ed è soltanto attraverso questa parola di Dio (se l’uomo è disponibile) che l’uomo può fare il passaggio al mondo delle cose invisibili in cui c’è la sua vita.

Perché la nostra vita è fatta da ciò che è eterno.

E noi patiamo a vivere in ciò che non è eterno.

Tutto il nostro faticare, pensare, tribolare e ragionare è unicamente per cercare di rendere eterno ciò che non è eterno.

Il che vuol dire che noi siamo fatti per l’eterno.

Perché se io soffro per una cosa, vuol dire che sono fatto per quella cosa.

Quindi noi siamo fatti per ciò che è eterno, per ciò che è infinito, per ciò che è assoluto.

Noi siamo fatti per Dio, Dio è l’eterno, l’assoluto e l’infinito.

E ciò che è eterno, infinito, assoluto è persona.

La persona è eterna, infinita assoluta.

E noi siamo immortali.

Però ciò che è eterno, assoluto, infinito, non è oggetto dei nostri sensi.

Non può essere veduto con i nostri occhi.

Non può essere esperimentato dai sensi, perché sarebbe relativo ai sensi e non più assoluto.

Noi esperimentiamo, vediamo e tocchiamo quello che è relativo ai nostri sensi.

Per cui diciamo che una cosa esiste perché la vediamo, la esperimentiamo, la tocchiamo.

Ciò che è assoluto esiste indipendentemente dai nostri sensi.

È perfettamente inutile stabilire i nostri rapporti sul sentire o non sentire Dio.

Queste sono cose fasulle.

Non si conosce Dio in quanto lo si sente.

E chi dicesse di conoscere Dio perché lo sente è menzognero.

Dio è un assoluto ed essendo assoluto, non si conosce sentendolo.

Non lo si conosce esperimentandolo.

Non lo si conosce vedendolo.

Tutte le apparizioni di Dio sono segni ma certamente non sono Dio.

Perché Dio è eterno assoluto infinito.

Quindi appartiene al mondo invisibile.

Dicendo mondo invisibile, non si dice mondo inconoscibile, tutt’altro.

Perché tutto il mondo visibile e tutto il mondo udibile, il mondo delle onde luminose e il mondo delle onde sonore che costituiscono il nostro mondo, è tutto in funzione del mondo invisibile.

In funzione di-.

Quindi è tutto ordinato da Dio per condurre noi al mondo invisibile.

Il quale mondo invisibile non si trova con i nostri sensi e con i nostri sentimenti.

Si trova soltanto intendendolo, conoscendolo.

La vita eterna sta nella conoscenza.

E la salvezza dell’uomo sta nella conoscenza.

A questa conoscenza che è mondo invisibile si accede soltanto in quanto in noi matura questo prima di tutto, questa dedizione, questo interesse massimo per conoscere Dio.

Massimo perché deve assorbire tutto.

E allora tutto il mondo di prima ci è dato, per farci capire la grande importanza che ha la conoscenza di Dio, il grande valore, per la nostra vita, per la nostra salvezza, per la nostra luce, per la nostra pace.

Perché soltanto capendo l’importanza di una cosa noi possiamo dedicarci ad essa.

Ecco il frutto.

Far maturare in noi questa convinzione, questa scoperta che tutto di noi e tutto in noi e attorno a noi dipende dal conoscere Dio.

È la conoscenza che ci cambia.

Non sono le virtù che noi possiamo realizzare, non sono i comportamenti, non sono i voti che possiamo fare, non sono neppure le tante preghiere che noi possiamo recitare che possono cambiarci.

Quello che trasforma l’uomo è la conoscenza.

E la conoscenza della Verità.

E quindi bisogna scoprire l’importanza che la conoscenza della Verità ha per noi, per poterla desiderare.

Perché il nostro desiderio, la nostra volontà funzionano, in quanto si è formata nel nostro intelletto la convinzione di un certo valore.

In quanto “senza questo non posso fare niente”.

Quindi soltanto se in noi si forma la convinzione che la conoscenza della Verità, di Dio è più importante del guadagno, del lavoro, della casa, del mangiare, del vestire, noi possiamo volere la Verità.

“Signore che io possa soltanto vedere il tuo Volto”.

“Facci vedere il Padre e questo ci basta”.

Soltanto se in noi si è formata questa convinzione che tutto in noi e per noi dipende dal conoscere o dal non conoscere Dio, soltanto lì, noi acquistiamo la capacità di rispondere sì alla proposta di Dio, di fronte al Dio che viene con la sua richiesta a parlarci delle cose del cielo, lì si si forma in noi la capacità di partire dietro la sua richiesta.

“Entra nella gioia del tuo Signore”.

La “gioia del tuo Signore” è il cielo.

È la conoscenza di Dio.

Ecco, entra in questa conoscenza.

È lì che si matura per quella che è la comunicazione e quindi la comunione con Dio.

Il formare una cosa sola con Dio.

Questo è per introdurci al terzo tema che vedremo domenica prossima, se Dio vorrà: “Voi siete dei”.

Per arrivare qui però noi abbiamo il male della tribolazione.

Perché l’uomo può sbagliare e quanto sbaglia.

Perché l’uomo, proprio perché porta in sé la passione dell’assoluto, il primo errore che è portato a fare, è quello di abbracciare le creature al posto del creatore.

È quello di ritenere che la realtà sia quella che lui vede, tocca e sente.

È quello di vivere per la realtà che lui vede, tocca e sente.

Per questo che l’uomo spoglia l’opera di Dio dello spirito.

L’uomo ha questo terribile potere, nel pensiero di se stesso, l’uomo chiama realtà quello che lui vede, tocca e sente.

E dicendo questo “per me la realtà è ciò che vedo”, l’uomo non se ne accorge ma sta uccidendo il Figlio di Dio.

Sta facendo fuori il Figlio di Dio dalla sua vita.

Cioè sta spogliando l’opera di Dio dello Spirito.

L’opera di Dio è tutta scrittura.

E quando dico scrittura vuol dire che porta con sé uno spirito, un pensiero.

L’uomo non può considerare una cosa, senza vederne il pensiero.

Perché è il Creatore che sta parlando all’uomo attraverso tutte le cose.

Dio non ci presenta soltanto delle pietre.

Sulle pietre Lui ci scrive qualche cosa.

E per noi è scrittura.

E tutto l’universo è scrittura.

Siamo noi che nel pensiero del nostro io, vediamo le pietre e non vediamo la scrittura di Dio che c’è in esse.

Noi vediamo le creature ma non vediamo la scrittura di Dio che c’è in esse.

E questo perché?

Perché soltanto se si tiene presente Dio non si trascura Dio e si vede la scrittura di Dio, si vede il segno di Dio.

Altrimenti le cose sono cose per noi.

Le creature sono solo creature per noi.

E tutto noi trasformiamo in “affari”, in interessi, in possesso.

Ecco il grande errore dell’uomo: trasformare la sua vita in desiderio di possesso, anziché in desiderio di capire.

Perché là, dove tu vedi la scrittura in te si forma il desiderio di capire.

Se tu non hai presente Dio Creatore non puoi vedere la scrittura di Dio.

La scrittura si vede in quanto si ha presente una persona in noi.

Se noi non vediamo la scrittura, noi consideriamo tutte le cose sotto questo desiderio del nostro io: possedere le cose.

Il possesso, l’ho detto molte volte è un desiderio infantile di conoscenza.

Infantile in questo senso: l’uomo crede di conoscere possedendo.

Ecco l’errore gravissimo che fa l’uomo.

L’uomo, fatto per la conoscenza, s’illude di conoscere una cosa in quanto la possiede.

No, non è unendola al suo io che l’uomo conosce la cosa.

La cosa si conosce in Dio e soltanto da Dio, poiché Dio è il principio della cosa.

La luce viene dalla luce.

La verità viene dalla Verità.

Dio viene da Dio.

Quindi non è unendo a noi le cose che noi le conosciamo, tutt’altro.

Le perdiamo unendole a noi.

È l’unico modo per perderle.

È la legge del contrappasso.

Più l’uomo crede di possedere e più perde.

Invece, l’uomo deve tenere presente Dio creatore e lo deve tenere presente perché non lo può ignorare.

E non lo può ignorare perché non è l’uomo a fare il filo d’erba.

Le cose arrivano all’uomo indipendentemente dall’uomo.

Quindi non è l’uomo che fa le cose.

E allora l’uomo è tenuto a non trascurare ciò che non può ignorare.

Quindi ciò che l’uomo non può ignorare, diventa in lui il suo dovere essere.

Problema di giustizia.

E se l’uomo tiene presente ciò che non può ignorare, vede ovunque scrittura di Dio.

Tutto ha un pensiero.

E quando c’è la scrittura, la preoccupazione dell’uomo è soltanto imparare a leggere, cioè cercare il significato.

Che pensiero c’è?

Che significato ha?

Che senso ha?

La nostra vita è un dono ma che senso ha la vita?

E le creature sono un dono ma che senso hanno le creature?

E anche le disgrazie e i dolori sono un dono ma che senso hanno?

Che significato hanno tutte queste cose?

Se uno tiene presente Dio.

In tutto c’è questo Dio che dice: “Io ho detto”.

“Io dico, Io parlo”.

È Dio che parla con noi in tutto.

E di fronte a uno che parla con noi in tutto, il problema principale è capire il pensiero.

E un altro errore che noi facciamo, è quello di ritenere di conoscere il pensiero di un essere, partendo dalle sue opere.

Non si può risalire dalla scrittura al pensiero di Dio.

La scrittura mi annuncia il pensiero di Dio, perché è segno di pensiero ma non mi rivela e non può rivelarmi il pensiero di Dio.

E noi facciamo un errore gravissimo, se noi prendiamo alla lettera la scrittura e la consideriamo come pensiero di Dio.

Noi senza rendercene conto, implicitamente, rivestiamo la Scrittura delle nostre intenzioni.

Proiettiamo le nostre intenzioni sulla scrittura.

E a questo noi diamo il nome di Dio.

Un altro errore superficiale che facciamo.

Non si può passare dalla scrittura allo spirito.

Anche se è scrittura di Dio.

Anche se crediamo che è scrittura di Dio.

Non si può passare dalla scrittura allo spirito.

Come non si può passare dalla terra al cielo.

Se tu vedi un uomo che va alla fontana, non puoi capire perché l’uomo vada alla fontana.

Non puoi capire il pensiero che ha quell’uomo nell’andare alla fontana.

Ed è una cosa elementare.

Eppure già in questa cosa elementare, noi possiamo prendere della cantonate solenni.

Perché?

Perché il pensiero, l’intenzione della persona viene solo dalla persona, è unigenito.

Unigenito che vuol dire singolare.

Singolare di quella persona.

Tutto è segno, il pensiero di Dio, il Figlio di Dio è unigenito, singolare.

E se è singolare, vuol dire che è figlio di Dio e non figlio delle opere di Dio.

Non è figlio delle scritture.

Non è figlio dei segni.

È figlio di Dio.

Il che vuol dire che si conosce e si può conoscere soltanto da Dio.

Mentre tutte le opere di Dio, tutti i segni di Dio arrivano a noi e si presentano a noi e restano davanti ai nostri occhi e ci annunciano che c’è un pensiero, ci dicono anche di stare attenti, perché ci dicono che loro che vengono annunciandoci il pensiero di Dio non possono darci il pensiero di Dio.

Per cui cose, creature e scritture c’invitano ad alzare gli occhi a Dio, a guardare Dio, perché solo da Dio si può conoscere il pensiero di Dio.

Quindi l’intenzione che c’è nelle cose e nelle scritture è possibile coglierla soltanto da Dio.

Tutto serve per farci alzare i nostri occhi a Dio: ecco il frutto che matura.

Tutto serve per portarci a questa dedizione a Dio, a questo pensare a Dio.

Dio da Dio.

Luce da luce.

Vita da vita.

Perché soltanto da Dio si riceve la comunicazione del suo pensiero.

E il suo pensiero è Dio.

E soltanto qui, in questo rapporto tra divinità in noi (“Voi siete dei”) c’è la comunicazione di Dio.

Dio comunica Se stesso soltanto a suo Figlio.

L’infinito si comunica soltanto all’infinito.

L’eterno all’eterno.

L’assoluto all’assoluto.

E Dio per comunicare Se stesso a noi che siamo niente, Lui deve condurci a essere assoluti, eterno e infiniti, per potere comunicare a noi la sua eternità, il suo assoluto, il suo infinito.

Per farci una sola cosa con Lui.

Ma è tutto opera sua.


GV 10 VS 34 Disse loro Gesù:«Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? ».


Terzo tema - La Verità muta ma non muta.


Argomenti: I due tempi dell’opera di Dio – Gli argomenti difficili – I tre mondi dell’uomo: visibile, udibile, invisibile – La voce: significazione di un essere – Il nulla e Dio – La creazione -  A Dio non si giunge con il mangiare o l’azione – La comunicazione attraverso il pensiero - Dio per comunicare a noi Se stesso, forma in noi Dio – Dio immutabile e creatura mutabile – Dio trasforma il pensiero dell’uomo in Suo Pensiero.


 

17-18/ Maggio /1992


Ci resta da vedere stasera l’uoltima parte del versetto: “Voi siete dei”.

Gesù la presenta come un’affermazione della scrittura e dirà in seguito che la scrittura non può essere annullata.

Per restare presso Dio, non bisogna mai scartare nulla ma comprendere tutto.

Perché quello che noi scartiamo, diventa poi la pietra angolare che impedisce a noi di costruire.

Con Dio si cammina comprendendo, non escludendo.

E qui c’è un’affermazione strana, difficile, apparentemente assurda.

“Voi siete dei”.

La scrittura effettivamente afferma questo nei salmi.

Parola rivolta agli uomini.

Questa è una di quelle parole, con le quali Dio viene a chiedere a noi il frutto, l’interesse che abbiamo saputo maturare dai doni ricevuti da Dio.

La vigna, i talenti, le mine.

La prima parte dell’opera di Dio è quella nella quale Dio inonda noi di doni: la vita, il tempo da vivere, l’amore, l’intelligenza e che abbiamo compreso sotto la voce scrittura.

Scrittura è tutto ciò che porta in sé il segno del pensiero, il segno dello spirito.

E proprio perché porta in sé il segno di un pensiero, di uno spirito, la scrittura ci sollecita a capirne il significato.

Infatti noi di fronte alle cose sentiamo sempre questa pressione “Perché? Che signigicato ha?”.

Soprattutto che significato ha la nostra vita.

A cosa serve questo vivere qui in terra?

Vuol dire che percepiamo che c’è un pensiero.

Se noi cerchiamo il significato è segno che noi percepiamo la presenza di un pensiero.

La funzione della scrittura è quella di formare in noi l’interesse per conoscere Dio.

L’interesse per conoscere Dio, per conoscere la verità, per conoscere il significato che è in tutte le cose.

E poi c’è il secondo tempo dell’opera di Dio, il tempo in cui Lui viene a chiedere a noi quanto interesse abbiamo saputo maturare da ciò che Lui ci ha dato.

Tutto è dono di Dio, anche quello che per noi è negativo.

Questa visita, questa richiesta di Dio a noi, si esplicita, si manifesta, attraverso la presentazione a noi di argomenti difficili.

Per noi gli argomenti sono difficili, quando non li vediamo nella realtà del mondo che ci è attorno.

Non li vediamo in ciò che i nostri occhi vedono.

Quando uno ci parla di un albero non è un argomento difficile capire quello che dice.

Se ci parla di una strada o di un fiume non è difficile, perché sono cose che noi vediamo con gli occhi, cioè scrittura.

Ma poi ci sono parole che per noi sono difficili, molto difficili, difficilissime.

Sono proprio queste parole difficili di Dio che arrivano a noi che devono essere scrutate.

Che richiedono tutta la dedizione del nostro pensare.

Perché bisogna andare al di là di tutte le cose che si vedono se si vuol capire qualcosa.

Sì, è vero, noi le possiamo anche scartare, perché si tratta di cose astratte, cose che non riteniamo indispensabili, però assumiamo anche la responsabilità e la colpa di scartare la parola di Dio.

Il cammino verso Dio è un cammino di comprensione.

Quindi non si tratta di scartare le cose che sono difficili a noi.

Ma si tratta di comprenderle, soprattutto perché sono difficili.

Proprio attraverso queste parole difficili, Dio viene a chiedere a noi quanto interesse abbiamo saputo maturare per gli argomenti di Dio.

Per cose che non sono visibili con i nostri occhi, che non sono percepibili con i nostri sensi.

È lì che si rivela l’interesse o meno per Dio.

L’amore vero si rivela quando si fa difficile, non quando è facile.

Lì si rivela il grado di maturità che uno porta con sé di un amore.

Qui ci troviamo di fronte a una parola molto difficile.

Apparentemente assurda, perché tutti noi facciamo esperienza di essere creature e povere creature.

Perché nasciamo dal niente e torniamo al niente.

La parola stessa di Dio di Dio dice che siamo cenere e torneremo cenere.

Eppure su questa parola che dice: “Cenere sei e cenere ritorni”, noi troviamo un altra parola (“Voi siete dei”) che la contraddice.

È un assurdo.

Ma in quanto ce la propone ci sollecita a renderci conto se è un assurdità da buttare via, oppure se attraverso queste parole non sia nascosto un mistero profondissimo.

Anche perché ci sono altri accenni.

A un certo momento noi troviamo parole di Dio che ci presentano la possibilità di diventare una sola cosa con Dio.

Fare una sola cosa con Dio.

Essere una sola cosa con il Padre come lo è il Figlio.

Si parla di una prospettiva di vita eterna.

Ed è un assurdo anche questo, perché quello che noi vediamo e tocchiamo è tutt’altro che vita eterna.

Tutti i gioni noi sentiamo campane che annunciano la morte di qualcuno.

Ed è tutto un morire.

Un nascere per morire.

E dov’è questa vita eterna?

C’è questo dubbio terribile che grava sull’uomo, per cui l’uomo a un certo momento dice: “Morto io è morto tutto”.

Eppure c’è anche questa parola che dice che c’è una vita eterna.

E t’invita ad entrare in questa vita eterna.

“Sforzati di entrare nella vita eterna”.

È parola di Dio.

Sì la possiamo scartare, perché non la vediamo, non la tocchiamo, non la esperimentiamo, però dobbiamo anche assumerci la responsabilità di scartare questo annuncio, questa parola che ci parla di cose che non vediamo e non tocchiamo.

Per cui c’è qualche altro riferimento a questo: “Voi siete dei”.

È una di quelle parole, con le quali Dio viene a chiedere a noi, il frutto, l’interesse che noi abbiamo fatto maturare per Lui dal lavoro su quei doni che Lui ci ha dato.

Abbiamo visto che in realtà, ogni uomo è posto in tre grandi mondi.

C’è il mondo visibile, quello che percepiamo con gli occhi.

Abbiamo il mondo udibile che arriva a noi attraverso le parole, la voce.

E poi abbiamo il mondo delle cose invisibili.

Il principale è il terzo.

Il principale è il mondo invisibile.

Perché?

Perché la parola di Dio dice che la nostra vita è nelle cose invisibili.

Addirittura a un certo momento, la parola stessa di Dio dice a noi: “Non vivete più per le cose visibili ma vivete per le cose invisibili”.

Perché quelle sono eterne.

Allora ci viene annunciato che le cose eterne sono nel mondo invisibile.

Mentre invece le cose visibili sono cose che passano.

Allora abbiamo la parola di Dio che dice che c’è un mondo di cose eterne, cose che non mutano, che non passano.

E c’è invece un mondo di cose che mutano, che passano.

Però la cosa principale è che la parola di Dio ci dice che la nostra vita è nascosta nelle cose invisibili.

Quindi non ci lascia sprovveduti.

La parola di Dio ci segnala la presenza di un eternità e c’invita a cercarla e a cercarla come l’unica cosa necessaria.

Quindi c’impegna in questo, se noi vogliamo tenere presente la parola di Dio.

Quindi i primi due mondi: visibile e udibile, sono al servizio del terzo mondo: il momdo delle cose invisibili.

Il mondo essenziale, principale è quel mondo invisibile.

Gli altri due mondi sono al servizio di questo.

E a cosa devono servire?

Noi siamo spettatori di un opera, certamente non fatta da noi.

Dio, creatore di tutte le cose, essendo l’essere assoluto, è Colui che è.

E quindi in tutte le cose che Lui fa ed opera, in tutta la sua creazione, Lui non fa altro che significare Se stesso.

Non può significare altro, perché Lui solo è assoluto.

Quindi in tutte le cose che Lui opera, Lui non fa altro che significare Se stesso.

Quindi è tutta una comunicazione.

In tutte le cose che Dio opera, Dio comunica.

E chi o cosa comunica?

Non fa altro che comunicare Se stesso.

Dio quindi è l’essere che significa Se stesso.

Significando Se stesso, in tutto quello che Dio ci presenta, le cose e le creature non fanno altro che ripetere a noi quello che Dio è.

E siccome Dio comunica, tutte le creature comunicano.

Noi viviamo in questo mondo meraviglioso in cui tutte le creature comunicano.

E quindi ogni esistente ha la sua voce.

L’acqua ha la sua voce.

Ogni persona ha la sua voce originale da tutte le altre voci.

E quando abbiamo parlato della voce ci siamo chiesti cosa è una voce.

La voce non è altro che significazione di un essere, là dove non è presente.

E cosa vuol dire questo?

Vuol dire che ogni essere ha la possibilità di manifestare se stesso in altro da sé.

Può far sentire la propria presenza in altri, dove non è presente.

Vuol dire che ogni esistente ha la possibilità di modificare, mutare l’altro.

Quando uno parla, in quanto parla ad un altro, modifica qualcosa nell’altro.

Ogni esistente ha questa possibilità, in quanto ha una voce e si fa sentire là dove non è presente, vuol dire che modifica l’altro.

Per cui l’altro s’accorge di essere mutato, di subire qualche cosa.

Ecco subisce l’effetto della presenza di un essere magari lontano.

Tutto è segno di Dio.

Anche Dio ha la sua voce.

E quindi Dio operando muta.

Uno dei primi mutamenti che fa Dio è stupendo.

Siccome Dio è l’essere assoluto, ha la possibilità di affermare Se stesso su tutto e in tutto.

Ed essendo l’essere assoluto, Dio ha la possibilità di manifestarsi anche al nulla.

L’unico esistente contrapposto all’esssere assoluto è il nulla, il niente.

Infatti il niente non esiste, Dio solo è.

Il niente non esiste.

Però anche su questo niente, Dio ha la possibilità di far sentire la sua voce.

La voce non è altro che la manifestazione di un essere, là, dove non è presente.

Dio manifesta la sua voce, là dove non è presente.

Là, dove Dio non è presente è il nulla.

Dio fa sentire la sua voce sul nulla.

E anche il nulla diventa una glorificazione di Dio, per la voce di Dio.

Noi possiamo certamente dire che Dio non esiste.

Noi che non esista Dio, lo possiamo dire solo per grazia di Dio.

Per la voce di Dio che arriva a noi.

Ora, il fatto da parte di Dio di far sentire la sua voce sul niente, sul nulla, su ciò che non esiste, è creazione.

Infatti creare è far esistere qualcosa dal nulla.

Dal nulla non deriva niente.

Però Dio converte il nulla in una manifestazione di sé, in una glorificazione di Sé, in una voce di Sé.

La voce, in quanto è manifestazione di un esistente su altro, crea una mutazione nell’altro.

Muta qualche cosa nell’altro.

Dio muta il nulla in essere, in esistente.

Certamente cent’anni fa nessuno di noi esisteva.

Nessuno di noi era qualcosa.

E ci ci ha tirato fuori dal niente?

Chi ci ha dato l’esistenza?

Chi ci ha fatto passare dal non essere all’essere?

Dal nulla all’esisto?

Dio ci fa essere.

Questo passaggio all’esserci.

Noi che prima eravamo niente.

Certamente la creazione c’è sempre stata ma noi non ci siamo sempre stati.

E chi ci ha fatti?

La creazione è continua, tutti i giorni sentiamo la campana di qualcuno che muore ma tutti i giorni c’è qualcuno che nasce.

E chi è che fa nascere?

Cosa è questo nascere se non una creazione continua?

Cent’anni fa noi non eravamo.

Chi ci ha fatti passare dal non essere all’essere, all’esistente?

C’è una mutazione qui.

E la prima mutazione che opera Dio, l’essere assoluto è questo passare dal non essere all’essere.

Dal nulla all’esistente.

È la prima opera meravigliosa di Dio che Dio fa.

Quella che noi chiamiamo creazione, non è altro che voce di Dio che giunge là, dove Lui non è.

Lui è in tutto.

Sì, però non tutti sanno che Lui è in tutto.

C’è un punto in cui la creatura non conosce la presenza di Dio.

Tant’è vero che a un certo momento, il problema principale della vita dell’uomo è il proplema proprio di Dio.

“Dio c’è o non c’è?”.

Dio opera anche dove non è conosciuto.

Il non essere di Dio corrisponde soltanto nella creatura che ha presente altro da Dio.

Noi abbiamo presente altro da Dio.

Noi vediamo le creature.

Noi non vediamo Dio.

Ecco per cui ho detto che ci sono tre mondi.

C’è un mondo che vediamo e tocchiamo.

A tal punto che, a un certo momento, proprio la presenza di questo mondo materiale che noi vediamo e tocchiamo, ci fa dubitare della realtà invisibile.

La materia non può annullarci il mondo invisibile, però ci fa dubitare circa la sua esistenza.

Perché noi diciamo che la realtà è quella che vediamo e tocchiamo.

Quando una persona muore, noi diciamo che quello è morto, non c’è più.

Ma la cosa è sempre relativa a noi, perché noi non lo vediamo e non lo tocchiamo.

Quindi ad un certo momento, il mondo che noi vediamo e tocchiamo, diventa talmente premente su di noi da farci dubitare di quell’altro mondo che noi non vediamo e non tocchiamo.

E noi ci chiediamo...perché Dio non si fa vedere?

Se Dio è la realtà, l’essere, perché non si vedere tra le cose che vediamo?

Perché è invisibile?

Dio, necessariamente è invisibile.

Perché se fosse visibile non sarebbe più Dio.

Abbiamo detto che tutto il mondo è fatto di esistenti (significazione di Dio) e di voci di questi esistenti che provocano un mutamento.

Però se stiamo attenti, noi ci accorgiamo che ogni esistente che con la voce crea mutamento in un altro esistente, muta lui stesso.

Tutto è comunicazione.                               

Dio è l’essere che comunica e quindi tutte le cose che accadono, sono tutte comunicazioni a noi.

E comunicare vuol dire informare.

La prima grande comunicazione che avviene nel modo più elementare e naturale è il mangiare.

Il mangiare è una comunicazione.

L’uomo vive di comunicazioni.

L’uomo che non può mangiare, che quindi non può fare comunione con altro da sé muore.

L’uomo vive di comunione, quindi di comunicazione.

Però ogni esistente in quanto si cumunica all’altro cambia l’altro ma resta a sua volta modificato.

Quando noi mangiamo un pezzo di pane, il pezzo di pane cambia noi.

Tant’è vero che se noi non mangiamo il pezzo di pane, cominciamo ad indebolirci e poi moriamo.

Perché non ci nutriamo.

Quindi il pezzo di pane assimilato ci cambia.

Ci fa crescere ma a sua volta il pezzo di pane cambia.

Quindi noi abbiamo queste comunicazioni in cui si crea un cambiamento in chi riceve la comunicazione ma si crea un cambiamento anche in chi dà la comunicazione.

Cambia uno e cambia l’altro.

Nel mondo relativo c’è questo cambiamento.

Se nel mangiare avviene una comunicazione che modifica tanto chi la riceve (pane) come chi la dà (uomo), questo cosa ci fa capire?

Ci fa capire che Dio certamente non si può comunicare attraverso il mangiare.

Perché?

Perché Dio certamente non si modifica.

Dio è l’assoluto quindi non può cambiare.

Abbiamo detto che l’argomento di oggi è: la Verità muta e non muta.

I latini dicono con più precisione: mutat et no mutato.

Muta e non è mutata.

Ora tutto quello che avviene attraverso il mangiare, muta entrambi.

Ora, la Verità certamente, comunicandosi muta chi riceve la comubicazione.

La Verità ci cambia.

Però la Verità non cambia.

La Verità è immutabile.

Quindi noi qui ci troviamo con un essere che cambia tutti gli altri ma Lui non cambia.

Non cambiando cambia.

Allora se noi credessimo di conoscere Dio mangiando certamente noi sbaglieremmo.

Quindi nel regno di Dio non si entra attraverso il mangiare.

Non è mangiando che si entra nel regno di Dio.

Un altra forma di comunicazione è l’azione.

Nell’azione rientra anche il parlare.

Ognuno agendo, provoca un mutamento in altro da sé e riceve a sua volta un mutamento, a seconda dell’azione che fa.

Se io tiro la coda ad un asino, quello mi molla un calcio.

Il calcio che mi tira, è una reazione ad un’azione mia.

Anche questa è una comunicazione.

Tutte le nostre conoscenze, esperienze e scienze, sono fondate su questo fatto.

Esperienza cosa vuol dire?

Provoco un azione e ricevo una reazione.

E conosco in conseguenza di questo.

Anche tutto il nostro mondo che vediamo con gli occhi, è sempre una conseguenza di una risposta ad una azione.

Così, anche tutto il mondo che noi riceviamo attraverso l’orecchio è sempre una risposta ad una nostra azione, se andassimo a osservare a fondo.

E noi conosciamo, in conseguenza dell’azione che facciamo.

Abbiamo la possibilità di provocare un fatto e di subire le conseguenze del fatto che abbiamo provocato.

Anche questa è comunicazione.

Però anche qui troviamo questo: sia in colui che fa l’azione, sia in colui che riceve l’azione c’è una modificazione.

Se c’è una modificazione nell’uno e nell’altro, noi dobbiamo dire che Dio non possiamo conoscerlo in questo modo.

Allora Dio non si può conoscere attraverso il mangiare e Dio non si può conoscere attraverso l’agire, l’azione dell’uomo.

Perché attraverso la sua azione, l’uomo non fa altro che sperimentare la risposta ad una sua proposta.

La risposta ad una sua azione.

Questo non è il campo per conoscere Dio.

Non possiamo giungere a conoscere Dio, attraverso l’agire nostro, l’operare nostro.

Eppure abbiamo visto che Dio si comunica.

Dio comunicandosi non si modifica.

Tutte quelle comunicazioni, quindi tutte quelle conoscenze in qui c’è una modificazione di colui che comunica e di colui che riceve la comunicazione, ecludono la possibilità di conoscere Dio.

Dio non si conosce in questo modo e non si può conoscere in questo modo.

Ecco per cui a un certo momento arriviamo al mondo invisibile.

Nel mondo invisibile le cose sono eterne.

Cosa vuol dire eterne?

Vuol dire che si comunicano ma loro non mutano.

Mutano colui al quale si comunicano ma loro non mutano.

E allora dobbiamo chiederci se è possibile questa comunicazione.

Cioè, l’essere che non muta, può comunicarsi ad un altro essere, modificandolo, cambiandolo, senza modificarsi?

Una sola è la via attraverso cui è possibile la comunicazione.

La vera comunicazione è la comunicazione dell’essere che comunicandosi non cambia.

Cambia colui che riceve la comunicazione.

Il campo di questa comunicazione è uno solo: il pensiero, la conoscenza.

La conoscenza della Verità cambia colui che conosce la Verità e non cambia la Verità.

La Verità resta sempre tale e quale.

Ma c’è una differenza abissale, sostanziale, essenziale tra chi conosce la Verità e chi non la conosce.

Che uno la conosca o non la conosca, la Verità resta sempre tale e quale.

La Realtà è quella che è.

Però c’è una differenza sostanziale, tra chi conosce la Verità e chi non la conosce.

Ecco il grande mutamento.

E questo avviene solo attraverso il campo della conoscenza, il campo del pensiero.

I primi due mondi (visibile e udibile),dove le comunicazioni avvengono ma c’è la modificazione sia del trasmittente che del ricevente, sono soltanto una preparazione, per quel campo delle cose invisibili.

Dio è invisibile.

Perché?

Perché non riceve l’azione della creatura.

Perché non subisce il mutamento da parte della creatura.

Dio non viene modificato dal fatto che la creatura lo conosca o non lo conosca.

Dio non viene modificato.

E proprio perché non è modificabile, noi non possiamo vederlo.

Perché per vedere una cosa io la debbo modificare.

E lo sanno benissimo tutte le scienze che a un certo momento vengono a trovarsi di fronte a un muro.

Perché sanno che per conoscere qualcosa debbono modificare questo qualche cosa.

A un certo momento non sanno più che pesci pigliare perché si confonde fra la loro azione e l’azione che ricevono di risposta.

Quindi Dio non può appartenere al mondo delle cose visibili.

Perché quello presuppone una modificazione.

La cosa è visibile in quanto io riesco a modificarla.

Dio non posso modificarlo.

E allora c’è un modo solo per conoscere Dio.

Dio attraverso il mondo visibile e il mondo udibile, non fa altro che formare in noi, prima di tutto l’interesse per conoscere Lui.

Perché la comunicazione di Dio avviene soltanto attraverso la conoscenza.

Quindi prima forma in noi l’interesse per conoscere Lui, poi attraverso il mondo delle cose udibili, viene noi a chiedere questo interesse.

E viene a chiederci questo interesse parlandoci dell cose che noi non vediamo e non tocchiamo.

“Voi siete dei”, lo dice a noi che siamo niente.

A noi che oggi ci siamo e che domani non ci siamo più.

A noi che viviamo di paura, perché da un giorno all’altro ci possiamo ammalare o subire una disgrazia.

Dio dice a noi “Voi siete dei”???

Ma Dio sta parlando alla creatura che Lui ha fatto per comunicare Se stesso.

E Lui (eterno, infinito, assoluto) per comunicare Se stesso, deve formare una creatura capace di partecipare in qualche modo alla sua eternità, infinità, assolutezza.

La comunicazione di Dio, avviene soltanto attraverso il pensiero.

E noi dobbiamo precisare.

Avviene attraverso il pensiero ma quale pensiero?

Dio attraverso la sua opera nel mondo visibile e nel mondo udibile, forma in noi il suo Pensiero.

Dio forma in noi l’interesse per Lui, viene a noi a chiedere l’interesse.

Cosa vuol dire chiedere a noi l’interesse?

Viene a chiedere a noi la dedizione del nostro pensiero a ciò di cui Lui parla.

In questo momento qui Lui ci presenta una parola: “Voi siete dei”.

Questo è Dio che viene a chiedere a noi l’interesse.

E cosa vuol dire che viene a chiedere a noi l’interesse?

Viene a chiedere a noi la dedizione del nostro pensiero al Suo Pensiero, a ciò di cui Lui mi parla: “Voi siete dei”.

Qui succede la meraviglia: dedicando il mio pensiero  a ciò di cui Lui mi parla, cioè al suo Pensiero, il mio pensiero viene assorbito nel Suo Pensiero.

Il Maggiore assorbe il minore.

Qui avviene la meraviglia perché il nostro pensiero finito viene assorbito nel suo Pensiero infinito.

Ed è nel suo Pensiero infinito che c’è la comunicazione dell’infinito.

Dio, operando su di noi, forma noi suo Pensiero.

Ma il suo Pensiero è Dio.

Forma in noi Dio.

Dio per comunicare a noi Se stesso, forma in noi Dio, il suo Pensiero.

Il suo Pensiero è Pensiero di Dio.

Se è Pensiero di Dio è Dio.

Quindi il Pensiero di Dio è eterno, infinito e assoluto.

È di Dio.

Ed è in questo suo Pensiero, Pensiero di Dio che c’è la comunicazione di Dio.

Qui la creatura viene mutata.

Dio mutando la creatura non muta Sè.

Lui è l’essere immutabile e poi abbiamo le creature mutevoli.

Quando c’è un essere che è immutabile e opera su una creatura che muta, il risultato è uno solo: ciò che viene mutato, viene mutato in ciò che non muta.

Scherzando dicevo l’altro giorno a un amico che se tu vivi con una donna che non muta, la soluzione è una sola: tu devi essere mutato dalla donna.

Quindi quando abbiamo un termine che non muta e opera su un altro essere che muta, necessariamente ciò che muta, è assorbito nell’essere che non muta.

Dio certamente, essendo l’essere assoluto non muta, però opera su noi, su tutte le creature che sono soggette a mutamento.

La sua opera mutando noi in che cosa ci muta?

Ci muta in Se stesso.

La parola di Dio parla la Verità che contempla in Dio.

Non contempla la verità in mutamento.

Perché il mutamento è tendere al fine.

Lui ci parla le cose nel Fine, nello Spirito di Dio, di Verità.

Nello Spirito di Verità Lui dice: “A coloro che ascoltano, che ricevono la comunicazione di Dio”.

Chi riceve la comunicazione di Dio è soltanto l’essere che partecipa di ciò che Dio è.

Perché l’infinito si può comunicare solo all’infinito.

Quindi soltanto in quanto Dio ha formato dal nulla che noi siamo, un essere che diventa una sola cosa con Lui, a questo essere Dio può comunicare Se stesso.

Ed è qui che noi cominciamo a capire questa parola che sembra ai nostri occhi assurda, che è invisibile a noi, perché non subisce la nostra azione.

E tutto è pura opera di Dio.

Il Pensiero di Dio è Dio e se noi siamo fatti partecipi di quello che è Dio, il pensiero di Dio, lì “Voi siete dei”.

Quel salmo che riporta questa dichiarazione: “Voi siete dei”, a un certo momento dice: “Ma come uomini morirete”.

Questo ci fa capire che se noi viviamo come uomini, moriamo.

Soltanto se in noi avviene questo mutamento dal nostro niente, dalla nostra cenere al Pensiero di Dio, noi saremo dei.

Quindi Dio dà a noi la possibilità di questo immergendoci nel Pensiero di Dio.

Perché soltanto nel Pensiero di Dio avviene la comunicazione di Dio.

E soltanto ricevendo la comunicazione di Dio, noi siamo fatti partecipi di quello che Dio è e possiamo fare una cosa sola, quindi: “Voi siete dei”.

Ma se noi viviamo come uomini, noi esperimenttiamo la polvere: “Voi morirete”, cioè noi ritorniamo a quello che eravamo, a quello che siamo.

Perché Dio ci ha creati con un destino ben chiaro: “Essere una sola cosa con Dio” ma per essere una sola cosa con Dio, noi dobbiamo dedicare il nostro pensiero al Pensiero di Dio.

E soltanto nel pensiero di Dio, qui abbiamo la parola di Dio, detta nel Pensiero di Dio: “Voi siete dei”.

E Dio ci ha creati per questo.

Se volete vivere come uomini morderete la polvere e sperimenterete la morte.


GV 10 VS 34 Disse loro Gesù:«Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? ».


RIASSUNTI Domenica – Lunedì.


Argomenti: Il Dio personale – La volontà del legislatore – La voce di Dio – La funzione della scrittura – Orecchio e occhio – La sete e la voce dell’acqua – L’interesse per Dio – Le mine e i talenti – Scrittura e pensiero – Onde sonore e luminose – I tre mondi dell’uomo – La vera realtà – Scrutare le scritture – L’amministratore ingiusto – La stagione dei frutti – Il mondo invisibile -  


 

24-25/ Maggio /1992