GV 10 VS 32 - Gesù
disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre:
per quale di esse volete lapidarmi?»
Primo tema – L'opera del Figlio di Dio.
Argomenti: Le ragioni di Dio e le
ragioni del mondo – “Chi è come Dio?” – Predicare l’essere di Dio – Gli idoli –
L’uomo ha presente chi è Dio – Sapere e non sapere chi è Dio - L’intenzione di
Dio – Coincidenza d’intenzioni – L’uomo vive per vedere – Il rumore –
L’incompiutezza della creazione – Luce e mistero – Vedere dal Principio – Il
cieco di Gerico – Cristo ci raccoglie nel Principio.
8-9/ Marzo /1992
Il tema di questa sera è l’opera del Figlio
di Dio.
Stasera ci fermiamo alla prima parte del
versetto: “Io vi ho fatto vedere molte opere”.
Questa scena è inquadrata nel fatto che i
giudei, avendo sentito Gesù dire: Io e il Padre siamo uno”, raccolgono delle
pietre per lapidarlo.
Perché evidentemente Lui che era uomo, si era
dichiarato Dio, aveva dichiarato di fare una sola cosa con il Padre eterno, Dio
Creatore.
Abbiamo visto le domeniche precedenti il
significato di queste pietre, perché in queste pietre che i giudei raccolgono,
sono significate le ragioni del mondo e quindi le ragioni degli uomini che
vivono per le cose del mondo, oppongono alle ragioni di Dio.
Dio parla con gli uomini.
Dio è il Creatore, è il Signore, è Colui che
opera tutto in tutti.
E parlando, non fa altro che manifestare Se
Stesso, significare Se Stesso, perché Lui solo è.
In tutte le cose c’è una parola di Dio per
noi.
In tutte le creature, in tutti gli
avvenimenti, c’è un significato, c’è Dio che significa qualcosa per noi.
E in tutte le cose, Lui ci fa delle proposte.
La Parola di Dio è sempre una proposta.
E la proposta di Dio sta in questo: “Uomo,
cerca prima di tutto Dio”.
E perché Dio dice agli uomini: “Cercate prima
di tutto Me”?
Perché gli uomini, corrono il rischio di
vivere per altro da Dio.
E in effetti gli uomini, vivono per altro da
Dio.
Per il mangiare, per il vestire, per la
carriera, per i soldi, per la famiglia, per le istituzioni.
Vivono per altro.
Ed è qui che giunge la Parola di Dio ed a
tutti dice: “Lasciate perdere tutto, una sola cosa è necessaria, cercate prima
di tutto il Regno di Dio”.
Per cui la Parola di Dio, è una Parola che
arriva a noi come un ladro, perché porta via gli uomini agli interessi del
mondo.
Porta via gli uomini agli affari del mondo.
Alle occupazioni e alle preoccupazioni del
mondo.
“Non preoccupatevi del mangiare e del
vestire, cercate prima di tutto Dio”.
Perché in Dio è nascosta la nostra vita.
E Dio parla in tutto per portarci nella vita.
Lui ci ha creati per la vita, non per la
morte.
Abbiamo vista questa settimana nelle letture,
la Parola di Dio che dice: “Vi metto davanti la vita e la morte, perché Io oggi
vi propongo di mettere, cercare e amare Dio al di sopra di tutto”.
Ed è proprio proponendoci questo che Dio ci
mette davanti la vita e la morte.
Perché dà a noi la possibilità di aderire, ma
dà anche a noi la possibilità di rifiutare: “Io ho i buoi, i campi la moglie,
non posso venire”.
Quel mettere prima di tutto Dio, non è un
invocare Dio, non è un chiedere aiuto prima di tutto a Dio, è impegnare la
propria vita per conoscere Dio.
È avere Dio come fine.
Come passione di vita.
Perché Dio o è passione di vita o è tutto
fasullo.
Quindi Dio si propone come interesse
principale di vita.
Come interesse che deve prendere gli uomini,
più di qualsiasi altro interesse nel mondo.
E soltanto quando la conoscenza di Dio, la
ricerca di Dio diventa interesse dell’uomo più del mangiare, del vestire, del
guadagnare, soltanto qui, l’uomo aderisce a quella che è la proposta di Dio.
Ora, Dio si fa sentire nel mondo, come uno
che porta via gli uomini al mondo.
Ed è proprio qui che sorge il problema delle
pietre.
Perché il mondo non sopporta di vedere le sue
creature portate via da Dio.
Le pietre significano le ragioni che il mondo
oppone alle ragioni di Dio,
Alla ragione di Dio che afferma, dichiara,
chiede, pretende, comanda: “Cerca prima di tutto il tuo Signore”, il mondo
oppone i buoi, i campi, la moglie, i doveri nel mondo.
Nasce qui il problema delle pietre.
Però abbiamo anche visto che questo problema
delle pietre che è contrasto all’amore e alla ricerca di Dio, non fa altro che
rafforzare l’amore per la ricerca di Dio, in coloro che sono presi da Dio.
Perché la passione contrastata è una passione
fortificata.
Le ragioni che contrastano, è ancora Dio che
le suscita.
Tutto è opera di Dio.
“Quando vi porteranno davanti ai tribunali,
non abbiate paura”, perché tutto questo deve accadere, per rafforzare
maggiormente in voi, questo legame questa conoscenza, questa passione per Dio.
Quindi tutto è positivo per coloro che
cercano Dio, per coloro che mettono Dio al di sopra di tutto.
E qui troviamo Gesù che, a un certo momento
dialoga, con coloro che lo vogliono lapidare.
Abbiamo accennato la volta scorsa, al fatto
che Gesù attira su di Sé le pietre.
E attira a Sé le pietre, per liberare noi da
quella schiavitù, da quella sottomissione alle strutture, ai sistemi del mondo
che tendono ad appropriarsi della nostra vita, che tendono a strumentalizzare
la nostra vita a se stesse.
Gesù prende su di Sé le pietre del mondo, per
liberare noi dalla schiavitù a quel sistema.
E proprio per liberare noi, lo vediamo adesso
qui che sta ragionando con coloro che cercano di lapidarlo, che vogliono
lapidarlo.
Già precedentemente, abbiamo visto che hanno
preso le pietre per lapidarlo, quando disse: “Prima che Abramo fosse, Io sono”.
È una bestemmia, per gli argomenti e la
mentalità del mondo.
Già allora avevano preso le pietre per
lapidarlo.
Allora, Lui si era sottratto.
Qui fa già un passo avanti, qui Gesù non si
sottrae.
Gesù qui discute.
Chiede l’intenzione.
Chiede il perché.
Sta ragionando, sta ragionando!
Con uomini che vogliono essere violenti
contro di Lui, che vogliono ucciderlo, lapidarlo.
Vogliono mandarlo a morte.
E Lui ragiona.
Dice: “Io vi ho fatto vedere molte opere buone
dal Padre, per quale di queste mi volete lapidare?”.
Invita a dichiarare l’intenzione, per cui lo
vogliono lapidare.
Lo vedremo anche più avanti nella Passione.
Durante la Passione, davanti al Sommo
Sacerdote, c’è un servo che lo colpisce e Gesù gli dice: “Se ho parlato male,
dimostralo ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”.
Qui ci fa capire la sua immensa superiorità.
Lui non si offende con quel servo lo ha
colpito o schiaffeggiato per quello che Lui aveva risposto al Sommo Pontefice.
Ma chiede soltanto la dimostrazione, ecco
l’intelligenza.
Ecco la sapienza.
Dà la dimostrazione di quello che fai!
Non lasciarti dominare dal sentimento,
dall’impulso, dal sentito dire, dalla struttura, dal sistema o dall’autorità.
“Così tu rispondi al pontefice?”.
Se ho parlato male dimostramelo
Qui abbiamo il compimento dell’opera che Dio
sta facendo contro le ragioni del mondo.
Ed è così che Lui ci libera dal sistema di
cui restiamo schiavi.
È una lotta nel cielo, nel campo
dell’intelletto.
Abbiamo detto che le pietre che il mondo
scaglia contro coloro che sono portati via da Dio, sono per rafforzare in loro
l’amore per Dio.
Queste pietre sono ragioni del mondo, sono
obbiezioni alle Parole di Dio.
L’uomo obbietta a Dio con i propri argomenti:
“Io ho i buoi, i campi, la moglie, ho i miei doveri, non posso occuparmi di
quello che Tu Dio mi proponi”.
“Non posso impegnarmi nel cielo, non posso
occuparmi delle cose invisibili, perché ho la pressione delle cose visibili,
della terra, di tutto quel mondo che pesa su di me, la famiglia, l’istituzione,
ho la pressione della realtà che pesa su di me ...e Tu mi proponi di occuparmi
delle cose invisibili?!”
La Parola di Dio che mi dice di non occuparmi
delle cose visibili ma di quelle invisibili, perché lì è la vita eterna.
Tutte le cose che vediamo e tocchiamo, sono
cose che passano.
Ora, la vita è eterna, soltanto se noi
viviamo per le cose eterne.
Ma fintanto che noi ci occupiamo di cose che
passano, la nostra vita è soggetta al tempo, quindi soggetta a transitorietà e
quindi è soggetta a quella situazione di tristezza che l’uomo porta in sé.
Perché l’uomo è fatto per ciò che è
immortale, eterno, infinito, assoluto.
Questi argomenti che il mondo obbietta, a
coloro che fuggono dal mondo perché sono appassionati, presi da quello che Dio
propone loro, sono argomenti che sollecitano la creatura che cerca Dio ad un
impegno ancora maggiore.
È una lotta nel cielo, quindi è una lotta tra
argomenti: “Se ho parlato male dimostramelo”.
Siamo nel campo dell’intelletto.
Quindi è un conflitto nel campo dello
spirito: “Chi è come Dio?”.
Di fronte alle tante ragioni che il mondo
oppone alla Ragione di Dio, c’è questo angelo che dice: “Ma chi è come Dio?”.
Quale ragione può essere valida, di fronte
alla Ragione di Dio?
Tutto sollecita ognuno di noi a dire chi è
Dio.
Tutto il mondo che contraddice Dio, non fa
altro che sollecitare, coloro che sono presi da Dio, a dire chi è Dio.
E qui veniamo a trovarci di fronte al vero
problema della vita dell’uomo.
Perché il vero problema della vita dell’uomo,
di ognuno di noi è Dio.
Ed è soltanto Dio.
Ognuno di noi, quando si troverà sul letto di
morte, si troverà davanti al solo, unico vero problema che ebbe durante tutta
la sua vita.
La morte non fa altro che evidenziare l’unica
cosa che abbiamo sempre portato dentro di noi, forse sepolta sotto tutte le
ragioni del mondo e tutti i problemi del mondo, il problema principale di tutta
la nostra vita è Dio.
È solo Dio.
Però di fronte a questo problema, noi abbiamo
terribilmente bisogno di dire chi è Dio.
Prima Dio ci fa osservare che cosa è Lui per
tutti gli altri, per tutto il mondo, per tutti gli uomini.
E poi:”Che cosa sono Io per te?”.
E poi arriva alla richiesta fondamentale:
“Chi è Dio?”.
È assolutamente necessario che ognuno di noi
dica chi è Dio.
E lo dice, anche senza rendersene conto
quando lo rifiuta.
Se invece aderisce a Dio, non può dirlo,
senza rendersene conto.
È assolutamente necessario che si dica chi è
Dio, perché solo quando si può dire chi è Dio, si stabilisce quella unione fondamentale
che diventa una unione eterna.
I figli di Dio, non fanno altro che predicare
Dio.
Si parlerà sempre di Dio nel cielo di Dio,
perché tutte le creature che sono nel cielo di Dio, sono figlie di Dio e i
figli di Dio, non fanno altro che proclamare la gloria di Dio.
E proclamare la gloria di Dio, è predicare
chi Dio è.
È comunicare chi Dio è.
Abbiamo detto molte volte che ognuno di noi,
ogni uomo, posto di fronte alle creature (minerali, vegetali, animali o umane)
sa perfettamente che tutte queste creature non sono Dio, non sono l’assoluto.
Forse con qualche difficoltà, ma ogni uomo sa
che l’uomo non è Dio.
Se l’uomo sa dire ciò che non è Dio,
evidentemente è perché sa che cosa è Dio.
L’uomo sa che cosa è Dio, perché quando di
fronte a una creatura fa un confronto.
E il confronto lo fa con che cosa?
Quando gli si dice che la pietra, il sole o
le stelle sono Dio, l’uomo riceve questa proposta e l’uomo confronta questa
proposta (l’uomo confronta sempre) con quello che porta dentro di sè (l’assoluto)
e dice che la pietra, il sole o le stelle non possono essere Dio.
L’uomo nelle passionalità del suo io, può
anche illudersi.
Perché l’uomo inganna e vuole allo stesso
tempo essere ingannato.
S’inganna perché trova qualcuno e gli dice:
“Tu sei tutto per me”, lo pone al posto di Dio e sorge l’idolo.
Però arriva presto un momento in cui, ogni
uomo tocca con mano e deve confessare di essersi sbagliato: “Questo non è Dio,
questo non può essere Dio”.
Come fa l’uomo, ad un certo momento a
costatare, dichiarare, confessare che suo malgrado: “Questo non è Dio e non può
essere Dio”?
Evidentemente deve avere un punto di
riferimento, di paragone per dire che quello non è Dio.
Altrimenti non potrebbe dirlo.
E se ha un punto di riferimento in sé, per
poter dire che quello non è Dio, l’uomo certamente ha presente chi è Dio.
Per cui Dio diventa una singolarità,
assoluta, estrema, inconfondibile, “la mia volontà non è la vostra”.
Il fatto di riconoscere che non c’è nessuna
creatura che possa uguagliarsi a Dio, questo basta per rendere l’uomo
responsabile, tutte le volte che confonde Dio con qualche cosa di creato.
E quando è che l’uomo confonde(pur non
potendolo confondere) Dio con qualche
cosa di creato?
Dio è il fine per cui l’uomo è creato.
In tutte le sue parole, Dio non fa altro che
presentare Se Stesso e dire all’uomo: “Metti Me prima di tutto, vivi per Me,
perché Io sono la tua Vita”.
Lui è la nostra Vita!
Ed abbiamo detto altre volte che soltanto
quando la nostra intenzione con l’intenzione di Dio, noi siamo nella Verità.
Con quale intenzione Dio ci ha creati?
Dio ha creato noi per farsi conoscere.
Noi restiamo nell’intenzione di Dio, soltanto
in quanto viviamo per l’intenzione di Dio.
Allora qui abbiamo l’intenzione dell’uomo e
l’intenzione di Dio che coincidono.
Quando le due intenzioni coincidono, siamo
nella Verità.
Quindi la Verità è in noi, quando
l’intenzione, il fine per cui noi viviamo, coincide con il fine per cui Dio ci
ha dato la vita.
Al di fuori di questa coincidenza
d’intenzioni, noi siamo fuori dalla Verità.
Allora, tutte le volte che noi viviamo per
altro da Dio, noi costruiamo gli idoli e siamo responsabili e siamo in colpa.
In colpa perché?
Perché non possiamo confondere Dio con altro
da Dio.
E se lo confondiamo vuol dire che siamo in
colpa, perché non possiamo.
Lo sappiamo che nessuna creatura è Dio,
eppure noi viviamo per le creature e non per Dio.
Ciò per cui viviamo diverso da Dio diventa
idolo.
Le cose diventano idolo, quando diventano lo
scopo della nostra vita.
Perché scopo della nostra vita è uno solo: è
Dio.
E creati per occuparci di Dio, per vivere per
Dio, quando viviamo per altro, noi costruiamo gli idoli.
E l’uomo lì e in colpa e naturalmente
succedono tutte le tragedie che tutti gli uomini patiscono.
Appunto perché il fine per cui loro vivono,
non coincide con il fine per cui Dio li ha creati.
Dio non abbandona l’uomo in questo errore.
Però crea una tragedia nell’uomo: Dio conduce
l’uomo alla morte.
E la morte è l’ultimo atto di misericordia
che Dio fa all’uomo, per salvare l’uomo.
All’uomo che ha messo l’idolo al posto di
Dio.
All’uomo che ha confuso Dio con la creatura.
All’uomo che ha messo la creatura al posto di
Dio.
Ed è assolutamente necessario che Dio usi
questa misericordia, che mandi a morte la creatura, per salvare la creatura.
È l’ultimo atto di misericordia.
Gli annulla l’idolo.
La morte non è altro che l’annullamento dei
nostri idoli.
Annullamento di quella realtà che noi,
abbiamo sostituito a Dio.
E Dio lo fa, per salvarci l’anima.
Infatti nella morte tutti i nostri punti di
riferimento crollano, non ci interessano più e restiamo noi soli, a tu per tu
con Dio.
È Dio che si ripresenta.
Il fatto di sapere che Dio non si può
confondere con altro, senza nostra colpa, ci rende responsabili del fine per
cui noi viviamo, ci rende responsabili dei nostri errori, però ci fa anche
capire questa grande cosa: noi sappiamo chi è Dio.
Non che dobbiamo sapere come dovere ma che
dobbiamo sapere perché già lo portiamo dentro di noi.
Se noi sappiamo distinguere ciò che non è
Dio, vuol dire che sappiamo ciò che è Dio.
Pero noi ci troviamo in grande difficoltà,
davanti a uno che ci dica di dire chi è Dio.
Noi facciamo scena muta.
Abbiamo la capacità di dire che Dio non è la
pietra, l’albero, il sole, il cane o l’uomo ma davanti a chi ci chiedesse chi è
Dio, noi facciamo scena muta.
Eppure per dire ciò che non è Dio, noi
dobbiamo sapere chi è Dio.
Altrimenti non potremmo dire che il sole o un
leone non sono Dio.
Se io non sapessi chi è Dio, davanti a chi mi
dicesse che un certo uomo è Dio, io direi che sì, quell’uomo è Dio.
Ma se io ho la capacità di distinguere ciò
che non è Dio, vuol dire che dentro di me, so chi è Dio.
Ma allora c’è un conflitto, noi sappiamo chi
è Dio ma non sappiamo chi è Dio.
Dove sta il difetto?
Cosa c’è in noi che non funziona, per cui noi
che sappiamo chi è Dio, non sappiamo dire chi è Dio?
Cosa c’è di guasto dentro di noi? Che
impedisce a noi di dire chi è Dio.
E qui arriviamo all’argomento di cui parla
Gesù: “Vi ho fatto vedere molte opere buone”.
Notate bene una cosa importante.
Lui non dice: “Ho fatto molte opere buone”.
Lui dice: “Vi ho fatto vedere (!) molte opere
buone”.
È Lui che fa vedere.
In noi c’è qualcosa d’incompiuto.
L’uomo è fatto essenzialmente per vedere.
L’uomo è fatto per capire.
L’uomo è fatto per conoscere Dio, la Verità.
Noi facciamo tanti errori, però tutti gli
errori che noi facciamo si concludono in una cosa sola: l’uomo vive per vedere.
L’uomo è dominato dal bisogno di vedere,
Va in montagna perché ha bisogno di vedere.
Gira il mondo, corre a destra e corre a
sinistra in aereo, treno e automobile, al mare o in montagna, perché?
Perché ha bisogno di vedere.
Accende la televisione?
Ha bisogno di vedere.
Chiede cosa c’è di nuovo?
Ha bisogno di vedere.
L’uomo è dominato da questo bisogno di
vedere.
Eppure l’uomo dominato dal bisogno di vedere,
non riesce a vedere.
Corre per tutto il mondo, poi a un certo
momento si stanca, si ferma deluso e scopre che non è riuscito a vedere niente.
Tocca, corre, si agita, sente, parla e interroga
tutte le creature ma, a un certo momento deluso scopre che non è riuscito a
vedere.
C’è questo incompiuto che l’uomo porta dentro
di sé.
L’uomo è uno che riceve un infinità di
annunci.
Già la creazione è tutto un annuncio.
Vede le creature, gli avvenimenti, ascolta
tante parole, ma sono tutte annunci.
È tutto rumore che arriva a noi.
Sentimento, rumore.
Anche le parole sono rumore.
L’uomo quando si trova nel rumore è inquieto,
è triste.
Perché il rumore non lo soddisfa.
Il rumore è dato da tutto ciò che passa.
Tutta la creazione è immersa nel tempo.
Tutta la creazione è ciò che passa.
E l’uomo che è fatto per ciò che non passa,
di fronte a ciò che passa è insoddisfatto.
Ecco l’incompiuto.
L’uomo trova la pace non quando sente gli
annunci o i rumori delle cose.
L’uomo ha bisogno di vedere la fonte di
questi annunci e questi rumori.
L’uomo si dà pace, soltanto quando riesce a
vedere la sorgente del rumore.
La fonte delle cose che arrivano a lui senza
di lui.
Tutto il mondo è rumore.
Tutti i miliardi di parole che giungono agli
uomini sono rumore.
È una inondazione di parole.
Sono tutte rumore.
Tutto rumore.
E l’uomo nel rumore è terribilmente inquieto.
Perché l’uomo trova la sua pace, soltanto
quando vede.
Non quando sente.
L’uomo ha bisogno di arrivare a vedere, ciò
che non è soggetto a mutamento.
Ciò che non è rumore.
Quindi l’uomo ha bisogno di arrivare a vedere
la fonte dei rumori.
Tutti i rumori e le parole che arrivano
all’uomo sono tutti annunci.
Ma sono tutti segnali che lo invitano a
cercare di vedere il significato delle cose che si annunciano a lui.
E fintanto che non arriva a vedere il
significato, l’uomo è profondamente triste.
Perché l’uomo è fatto per arrivare a vedere.
L’uomo soltanto nel vedere trova la sua pace.
Noi siamo in questo mondo che è incompiuto,
perché è fatto tutto di segnali, di segni, di rumori ma non si vede la sorgente
di questi segni e questo rumore.
Non si vede il principio di tutto questo.
Non si vede Dio che fa tutto questo.
Ecco, c’è questa incompiutezza.
Tutte le cose sono movimento.
Cioè invitano l’uomo a camminare.
Ma quando uno è in cammino, è in un
incompiuto.
Non è arrivato al fine, al compimento.
L’uomo arriverà al compimento quando arriverà
alla meta.
Ora, se tutte le cose che arrivano a lui,
sono delle sollecitazioni a correre, a camminare, ad affrontare una certa
avventura, per arrivare a vedere la sorgente, il principio di tutto, l’uomo si
trova in un mondo che è incompiuto.
E l’uomo è lì che fa esperienza di essere
cieco.
L’uomo esperimenta la cecità.
L’uomo si accorge che tutto attorno a lui è
mistero: non si capisce niente.
Non si capisce niente!
Tutto è un abisso di mistero.
Ma come fa l’uomo ad accorgersi che tutto è
profondamente misterioso?
L’uomo si trova con dei frammenti, con delle
tessere di un mosaico, ma il mosaico non lo vede.
Ecco si trova con dei frammenti ma non vede
il tutto.
E l’uomo è passione di questo tutto, ha
bisogno di vedere il tutto.
Ma come fa l’uomo ad accorgersi che tutto è
mistero attorno a lui?
Se l’uomo non fosse fatto per vedere la Luce,
per riposarsi nella Luce, l’uomo non s’accorgerebbe del mistero che c’è attorno
a lui.
Il mistero che l’uomo avverte attorno a lui,
è testimonianza della sua vocazione.
L’uomo non deve rassegnarsi alle tenebre, non
deve rassegnarsi alle parole, l’uomo deve cercare la Luce.
È fatto per la Luce e questo è il suo
destino.
Ecco perché Gesù dice: “Vi ho fatto vedere
opere buone”.
“Vi ho fatto vedere”.
L’uomo è fatto per vedere ma chi fa vedere all’uomo,
è soltanto il Figlio di Dio.
È soltanto Colui che viene da Dio che può
condurre l’uomo a vedere.
È soltanto Colui che ha presente il tutto,
che può comunicare all’uomo il tutto.
È soltanto Colui che viene dal cielo che può
portare l’uomo dalla terra al cielo.
La terra è fatta di frammenti.
La terra è tutto un cumulo di frammenti.
Questi frammenti, formano un mosaico
stupendo.
Ma soltanto Colui che vede il mosaico, cioè
che vede il tutto, ha la possibilità di raccogliere i frammenti e di condurci a
vedere il tutto, il disegno meraviglioso.
È soltanto Colui che vede il Principio.
L’uomo si riposa, soltanto in quanto vede il
Principio.
E il Principio è il Padre, Dio Creatore.
E Cristo, Figlio di Dio, è uno che viene a
noi annunciandoci il Principio.
E Colui che ci annuncia il Principio, ci fa
vedere le cose dal Principio.
Ecco: “Io vi ho fatto vedere”.
All’uomo che è cieco, all’uomo che sta
invocando la luce, che muore perché non vede la luce, Cristo dice: “Io vi ho
fatto vedere la luce”.
“Io sono Colui che fa vedere a voi il
Principio”.
Quindi Colui che fa vedere le cose a noi dal
Principio, ci fa vedere la luce.
E Colui che ci fa vedere la luce, ci dà la
vita.
Perché la nostra vita sta nella luce.
E fintanto che noi siamo nei rumori, in segni
di cui non capiamo il significato, noi esperimentiamo la morte, non la vita.
E questa esperienza di morte che noi
facciamo, è ancora un segno, una indicazione per noi che siamo fatti per la
luce e che noi ci riposiamo soltanto trovando la luce.
Quindi l’opera del Figlio di Dio è questa,
quella di condurre noi a vedere,
La sintesi di tutta la vicenda umana la
possiamo trovare in quel cieco di Gerico che invocava contro tutto e contro
tutti, Gesù il Nazareno che passava.
C’è questo Gesù, questo Dio che sia annuncia
e che passa nella nostra vita.
E il cieco di Gerico urla e grida: “Gesù,
abbi pietà di me”.
E Gesù si ferma e gli chiede: “Cosa vuoi che
Io ti faccia?”.
“Signore che io veda”.
Ecco il bisogno dell’uomo.
Non sono quindi i miracoli queste “opere
buone”.
Non sono i miracoli.
“Vi ho fatto vedere le opere dal Padre”.
Lo vedremo domenica prossima quel “dal”.
“Vi ho fatto vedere”.
Il che vuol dire che all’uomo che è cieco e
sta esperimentando la morte perché non trova la luce, il Figlio di Dio, Colui
che vede le cose dal Principio, dal Padre, dà la luce.
Tutta la missione del Cristo è questa.
Condurre noi a vedere le cose dal Principio.
Noi patiamo la privazione di luce, patiamo la
notte, moriamo nella notte, perché perdiamo il contatto con il Principio.
Soltanto Colui che è nel Principio e che vede
il Principio, quindi soltanto il Figlio di Dio è Colui che ha la possibilità di
raccogliere la nostra dispersione nel principio.
Ecco Lui è Colui che viene a raccogliere noi
che ci disperdiamo dietro tutte le cose del mondo.
E raccogliendoci nel Principio ci conduce a
vedere.
E facendoci vedere, ci dà la luce, ci dà la
vita.
Eligio: Ci è impossibile dire chi è Dio.
Luigi: Ci è possibile soltanto dal cielo.
Dire chi è Dio, è predicare Dio e soltanto il
Figlio di Dio predica Dio.
Cioè soltanto colui che conosce il tutto può
predicarmi il tutto.
Io non posso passare dai frammenti al tutto.
Per questo: “Nessuno può salire al cielo se
non Colui che è disceso”.
Soltanto il Figlio di Dio, può predicare a
noi Dio.
L’uomo nella notte, deve mantenersi in
ascolto di Colui che viene da Dio, dio Colui che gli parla di Dio.
L’uomo con tutto il suo agitarsi, non può
dire chi è Dio.
Perché l’uomo da solo non può salire a
guardare da Dio.
“Vi ho fatto vedere le opere buone dal
Padre!”
Dal!
Lo vedremo domenica prossima.
Soltanto Colui che viene da Dio, mi può
comunicare ciò in cui io manco.
Noi siamo in situazione di incompiutezza.
Soltanto Cristo che viene da Dio mi può
portare alla compiutezza.
Infatti Lui si definisce: “Io sono venuto a
portare a compimento tutte le cose”.
Noi siamo nell’incompiutezza perché riceviamo
dei segni (rumore) e non vediamo la fonte di essi.
Cristo viene a farci vedere la sorgente di
tutto.
Quindi il significato di tutto.
Eligio: l’uomo da solo naufraga nella ricomposizione
del tutto del mosaico.
Luigi: Per cui soltanto ascoltando Colui che viene
da Dio, l’uomo può giungere a vedere la luce, il Principio.
Soltanto ascoltando.
Chi mi porta al compimento di tutte le cose nel
Principio, è soltanto Colui che viene dal Principio.
Quindi se viene a me, soltanto con Lui, io
posso passare dalla mia terra al cielo di Dio.
Quindi bisogna restare in ascolto di questo
Pensiero di Dio che parla a noi le cose dal Padre.
Eligio: Comunque anche nella fede, l’uomo deve
restare nella tensione verso il Principio e poi incontrando il Segno di questo
Principio, questo lo conduce al Principio stesso.
Luigi: Il grave errore dell’uomo che può condurlo
alla perdizione e quello dell’esser cieco e di dire di vedere.
E qui l’uomo afferma che la realtà è quella
che vede e tocca.
Quello che esperimenta.
Per lui le cose del cielo di Dio sono cose
astratte.
Eligio: Però qui l’uomo deve arrivare alla menzogna.
Luigi: A un certo momento arriva alla menzogna.
L’uomo afferma la menzogna.
L’uomo è principio di menzogna.
Eligio: Però uno che si trova nelle tenebre, è
cosciente di essere nelle tenebre.
Luigi: Sì, però non è sufficiente patire la notte
per uscire dalla notte.
Eligio: Ma la notte ha una funzione attiva...
Luigi: Deve incontrare il Dio che gli parla.
Se Dio non gli parla, l’uomo resta nella
notte.
Non può da solo uscirne.
Ha bisogno d’incontrare l’Altro.
Colui che gli parla il Principio.
Altrimenti da solo non può, nel modo più
assoluto.
Franco: L’uomo che è attratto da Dio è desiderio di
vedere, però l’uomo che vive nel pensiero dell’io si accontenta di possedere.
Luigi: No, è sempre passione di vedere.
L’uomo nel pensiero del suo io va in
montagna.
Perché va in
montagna?
Perché vai a Parigi, Londra e Berlino?
Perché giri il mondo?
Perché si vuole guadagnare tanti soldi?
È sempre per arrivare a vedere.
L’uomo è una passione di vedere,
Però scambia questa passione di vedere il
Principio, con il correre per il mondo.
L’uomo deve capire che si deve fermare.
Deve capire che per quanto lui giri per il
mondo, si trova sempre nella stessa marmellata di segni, di rumori.
Non è che cambiando il rumore io trovi la
soluzione al mio desiderio dei vedere.
L’uomo a un certo momento deve rendersi conto
che il problema non sta né nell’andare qui, né nell’andare là.
Nè nell’andare a sentire quello che dice un
uomo, piuttosto che un altro.
Non fai altro che avvoltolarti nel tuo letto
di sofferenza e di dolore.
Ma non è che avvoltolandoti, guarisci la tua
malattia.
La nostra terra è un letto in cui noi siamo i
malati, perché siamo ciechi.
E noi non facciamo altro che avvoltolarci in
questo letto, credendo di guarire dalla nostra malattia.
Il problema non si risolve così.
Perché tu non fai altro che sostituire un
rumore con un altro rumore.
E il problema non si risolve con i rumori,
con i segni, con i frammenti.
Non è che correndo da un frammento all’altro
tu risolvi qualcosa.
Il problema sta nell’arrivare al Principio di
tutte le cose.
Cioè a ciò che si significa in tutto.
Noi avvertiamo i frammenti, ma i frammenti
sono segni di un tutto che arriva a noi.
Altrimenti noi non li vedremmo neppure come
frammenti
E si tratta di arrivare a questo.
È lì che si salda la cosa.
Soltanto Colui che viene dal tutto, cioè che viene
da Dio, mi può rivelare il tutto.
A un certo momento l’uomo deve rendersi conto
che non deve più correre per il mondo.
Deve fermarsi.
Non deve più andare a cercare la soluzione a
destra e a sinistra.
Deve fermarsi!
E se non si ferma, lo ferma Dio.
Se uno non si ferma, Dio lo ferma, pur di
salvarlo.
Un tempo si andava nel deserto, adesso Dio ti
ferma nel letto di un ospedale.
Ti manda magari in una sala chirurgica ma Dio
ti ferma.
E ti ferma perché?
Perché tu non ti sei fermato.
L’uomo ha bisogno di fermarsi.
Perché soltanto fermandosi, incomincia a
pensare.
“Vi diranno andate qui, correte là, non
andateci”.
Non muoverti.
Impara a fermarti, perché si tratta di andare
in profondità.
Tutta la Verità, è già tutta con noi.
Tutta!
In un punto del nostro universo c’è già tutto
l’universo.
Il problema non sta nel correre per
l’universo.
Il problema sta nel fermarsi e scavare.
Sapendo che hai già tutto lì a disposizione.
Tu sei portatore del Pensiero di Dio e in
quel pensiero di Dio hai tutto.
Hai tutto.
Si tratta solo di fermarsi e prendere
contatto con quello.
Questo avviene dopo che Dio dice all’uomo che
pensa Dio: “Il pensiero con cui tu mi pensi, è il mio Pensiero”.
E ci fa questa grande rivelazione, che il
Figlio di Dio è il mio pensiero.
E si tratta di ascoltare questo pensiero.
Perché soltanto ascoltando chi viene da Dio,
ho la possibilità di conoscere Dio.
Ascoltando...non sono parole, perché tutto è
già parola di Dio.
Si tratta di ascoltare questo pensiero che è
Pensiero di Dio.
E tu per ascoltare questo pensiero, non ti
devi più muovere, ti devi fermare.
Per ascoltare questo pensiero.
Per vedere tutto in questo pensiero.
Perché la causa di tutta la nostra notte, è
che io sono soggetto del mio pensare.
Si
tratta di questo io che si ritiene principio del proprio pensare e senza
Dio non può che ritenersi tale.
“Sono io che penso”.
Questo è il principio di tutta la nostra
notte.
Una notte che può diventare eterna.
Perché quando penso Dio, mi mette il dubbio
di essere io a pensare Dio.
E se io dubito, di essere io a pensare Dio,
non entrerò nel modo più assoluto nella conoscenza di Dio.
Perché Dio non si può conoscere nel pensiero
dell’io.
Il pensiero con cui pensiamo Dio, non è
nostro pensiero.
Per cui si passa da “io soggetto del mio
pensare” a “Dio soggetto del mio pensare”.
Fermandoci qui, noi restiamo in ascolto di
questo Figlio di Dio, principio di tutto.
Siccome il principio di ogni errore sta in
“io sono soggetto del mio pensare”, il principio di ogni Luce, è “Dio soggetto
del mio pensiero”.
Per sottomettere tutto a questo pensiero, è
lì che mi devo fermare.
Perché debbo ascoltare quello che dice questo
pensiero, questo Figlio di Dio.
Devo ascoltare quello che Lui mi dice.
Perché mi raccoglie tutto sotto questa
verità: è Dio il principio del mio pensare quando io penso Dio.
Franco: E io ho bisogno di vedere il mondo, perché
ritengo di essere io il principio di questo pensare?
Luigi: E si capisce.
Tu lo porti in giro, per potere essere tu a
verificare tutto.
Franco: Invece partendo da Dio, è Dio che mi conduce
a vedere.
Luigi: È Dio che ti conduce a vedere.
Ora, siccome però Dio non lo trovi muovendoti
ma fermandoti e pensando, quando tu cominci a pensare, tu ti devi fermare.
La caratteristica dell’uomo che appartiene al
mondo è di essere un uomo che corre, sotto molte forme ma, è un uomo che corre
per il mondo.
L’uomo che comincia a scoprire la Verità, è
un uomo che si ferma, non corre più si ferma.
Si ferma in una grotta, in un convento, in
una trappa ma si ferma.
Non ha più interesse per muoversi.
Perché quello che deve trovare è in lui.
Silvana: Il sapere che tutto quello che esperimenta
non è Dio, dà all’uomo la possibilità d’individuare chi gli parla di Dio.
Luigi: Lo rende responsabile.
Colpevole se lui vive per altro da Dio,
perché lui lo sa che non è Dio.
Tu sai che nulla di ciò che esperimenti è
Dio, però tu vivi per quello e allora sei in colpa.
Nello stesso tempo, ti dà la possibilità di
riconoscere Colui che ti parla di Dio.
GV 10 VS 32 - Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte
opere buone dal del Padre: per quale di esse volete
lapidarmi?»
Secondo tema – Vedere dal Padre.
Argomenti: Il rumore e la
sorgente del rumore – Raccogliere in Dio – Ascolto e visione – La fame
dell’anima – La voce di Dio – La fontana e l’anguria – L’essere e l’intenzione
– La voce è universale – La capacità di vedere dal Padre – Il compimento
dell’opera di Dio – Creazione, Voce – Parola – Pensiero – Presenza – Dio
soggetto del nostro pensare Dio
Riconoscere la voce del Padre - La convocazione del Figlio al Padre –
15-16/ Marzo /1992
Oggi l’argomento è la seconda parte del
versetto “Dal Padre mio”.
Il tema è vedere dal Padre.
E qui si nota subito la grande differenza che
c’è tra Gesù, e tutti gli altri uomini.
E tutto il mondo.
Gesù fa vedere dal Padre.
La grande differenza è questa.
Il mondo e tutti gli uomini, non fanno vedere
dal Padre.
Il mondo e gli uomini, attribuiscono e quindi
fanno vedere i fatti, gli avvenimenti, le opere o dal caso o dalla natura, oppure
attribuiscono a altri uomini, alla società, ai tempi e tutto quello che si
vuole, ma non fanno vedere dal Padre.
Non possono far vedere dal Padre.
È la grande differenza tra Gesù e tutti gli
altri uomini.
Per cui di fronte a Gesù, gli uomini devono dire
che nessuno ha mai parlato come Lui.
Perché nessuno ha mai parlato come Lui?
Perché nessuno fa vedere le opere dal Padre.
Lui solo fa vedere le opere dal Padre.
Se Gesù dice: “Vi ho fatto vedere”,
evidentemente è perché gli uomini non vedono.
L’uomo non vede.
L’uomo si trova in un mondo in cui sente le
cose.
Il mondo è dominato dal sentimento.
L’uomo avverte le cose.
I fatti, le cose, le creature, arrivano
all’uomo indipendentemente da lui.
E l’uomo le sente, le avverte, non le può
ignorare.
Però non le capisce.
L’uomo si trova in questa situazione di
cecità.
Abbiamo ascoltato prima: “Può forse il
demonio aprire gli occhi a un cieco?”.
Il demonio non può.
La luce è la prerogativa di Dio.
Presso Dio tutto è luce.
E se qualcuno dice di essere con Dio e cammina
nella notte, è un menzognero.
La caratteristica della Verità è la Luce.
La luce convince.
La luce illumina.
E nella luce c’è la pace.
Gli uomini nel mondo sono terribilmente
inquieti.
Corrono da una parte all’altra, si agitano.
Perché tutto questo?
Perché c’è questa inquietudine che domina
l’uomo.
E perché c’è questa inquietudine che domina
l’uomo?
Perché l’uomo sente, vede ma non intende.
Quindi in realtà non vede.
Cioè quello che avverte è tutto un rumore.
Tutte le cose che accadono, sono rumori che
arrivano a noi.
E l’uomo non può riposarsi nei rumori.
L’uomo trova la pace soltanto in quanto
giunge a vedere la fonte dei rumori.
La sorgente dei rumori.
Il rumore inquieta.
Il rumore agita.
Il rumore mette in movimento.
È necessario.
Certamente è necessario.
Tutta la creazione è tutto rumore.
Ed è rumore che arriva a noi ma inquieta.
È come quando in casa di notte senti un
rumore strano, fintanto che non individui la fonte di quel rumore, senti una
inquietudine.
E tutto questo è testimonianza del nostro
destino.
Noi troviamo la nostra pace, soltanto là,
dove vediamo.
Siamo fatti per vedere.
Il guaio grande è questo, che a un certo
momento l’uomo si stanca di cercare e si abbandona ai sentimenti, ai rumori,
non cerca più.
Si arresta a metà strada.
Questo è il grande rischio che grava su ogni
uomo è questo.
Fermarsi ai frammenti, alle creature, di
fermarsi alle voci, alle parole ma di non arrivare mai al pensiero contenuto in
esse.
L’uomo non arriva all’anima delle cose.
E gli uomini muoiono appunto perché non
arrivano a vedere.
È il rumore che uccide l’uomo.
È il frammento che uccide la vita nell’uomo.
Perché tutto ciò che non è portato nell’unità
e che quindi non è visto, non è contemplato nell’unità, diventa per l’uomo
motivo di morte.
Gesù dice: “Chi con Me non raccoglie
disperde”.
E la dispersione è morte.
Perché disperdendo si resta dispersi.
Per cui tutto ciò che non si raccoglie
nell’unità di Dio del Padre, per opera del Figlio, diventa per noi un seme di
morte.
La Parola stessa di Dio che è seme di vita
(parabola del seminatore), diventa nell’uomo che non vi pone mente (che non
giunge a vederla) seme di morte.
La Parola stessa di Dio, diventa nell’uomo
seme di morte, se non è intelletta, se non è capita.
Quindi tutto ciò che non è capito, semina in
noi la morte.
E quando la morte è seminata in noi, questa
incomincia a sviluppare le sue uova.
Prima dentro di noi, nella nostra anima nella
nostra mente, ma poi ad un certo momento, coinvolge tutto il nostro mondo, il nostro
corpo e tutto l’universo intorno a noi.
E tutto è trascinato, come in un buco nero,
in questa morte che ci portiamo addosso.
Il rischio grande dell’uomo, è quello di non
raccogliere in Dio.
Il rischio di accontentarsi dei sentimenti,
fermarsi a i sensi e non cercare la Luce di Dio.
Ho detto che l’uomo patisce e soffre, è
ferito da tutto ciò che gli arriva come rumore.
Per cui l’uomo ascolta, perché tutte le cose
si fanno ascoltare, ma non arriva a vedere.
Quindi abbiamo queste due grandi funzioni: ascoltare
e vedere.
E questo passaggio necessario, dall’ascolto
alla visione.
Al vedere, al contemplare.
Soltanto lì, l’uomo trova la pace.
La creazione di Dio è continua e ogni
avvenimento che arriva a noi come rumore, arriva a noi attraverso questi sei
giorni della creazione di Dio.
Quindi dall’infinito arriva a noi e giunto a
contatto con noi, lì si fa sentire: rumore: voce, parola.
Ma bisogna passare dai sei giorni al settimo
giorno.
Perché soltanto nel settimo giorno Dio si
riposa.
Dio ha formato il settimo giorno per la
nostra pace.
Dio è entrato nella sua pace, nel suo riposo,
per sollecitare noi ad entrare in quella pace.
E la pace di Dio quale è?
La pace di Dio è la contemplazione, è la
visione.
Ecco il passaggio dall’ascolto al vedere.
C’è un fatto da tenere presente, l’ascolto
arriva a noi indipendentemente da noi, è creazione di Dio e tutto ciò che
arriva a noi, indipendentemente da noi, noi non possiamo ignorarlo ma non lo
possiamo conoscere.
Lo stesso pensiero di Dio creatore che
portiamo in noi, arriva a noi indipendentemente da noi.
E in quanto arriva a noi indipendentemente da
noi, non può essere ignorato da noi.
Appunto perché arriva indipendentemente da
noi, non può essere ignorato da noi.
Quindi tutto quello che è rumore, che è voce,
che è parola, arriva a noi, indipendentemente da noi.
E non può essere ignorato.
Però nessuno di noi, arriva a vedere senza la
propria partecipazione personale.
L’ascolto è il Dio creatore, seminatore, è
Dio che sparge il suo seme su tutta la terra.
Il Dio creatore fa giungere i semi di Sè, la
sua Parola a noi, indipendentemente da noi.
E noi non possiamo ignorarlo.
Però proprio perché arriva a noi
indipendentemente da noi, noi non possiamo ignorarlo, lo sentiamo, lo
ascoltiamo ma non lo vediamo.
Dio non si vede.
E tutto ciò che arriva a noi
indipendentemente da noi, si fa sentire da noi ma noi non lo vediamo.
E soprattutto, noi ci troviamo nella
impossibilità, di passare dal rumore alla fonte del rumore.
L’uomo non può passare dal frammento al
tutto.
L’uomo non può passare dalla terra al cielo.
L’uomo non può passare dal relativo
all’assoluto.
Eppure l’uomo soffre per non vedere l’eterno,
per non vedere l’assoluto, per non vedere il tutto.
E la sua sofferenza è testimonianza del suo
destino.
L’uomo è stato creato per un fine ben preciso
e quindi patisce di non vedere.
Se l’uomo non fosse creato per vedere, l’uomo
non patirebbe.
Se patisce, questo è segno del suo destino.
L’uomo è stato creato per vedere, per capire,
per intendere, per conoscere.
Perché proprio in questo capire e in questa
conoscenza, c’è la comunicazione dell’essere da parte di Colui che crea tutte
le cose.
Altrimenti l’uomo resta sempre al di qua, nel
relativo, nel frammento.
E il frammento diventa addirittura motivo di
morte per l’uomo.
Perché la comunicazione dell’essere avviene
soltanto attraverso la conoscenza.
Qui bisogna essere chiari e netti.
È inutile che noi ci appoggiamo sul
sentimento, sul cuore, sulle parole degli uomini, sull’autorità o sulle
istituzioni, la comunicazione dell’essere, quindi la comunicazione di Dio, la
luce della verità, giunge a noi attraverso un canale unico: la conoscenza.
In questo si distingue il Figlio di Dio, da
tutte le creature e da tutti gli uomini.
Tutti gli uomini si accontentano di nozioni
superficiali
Nozioni superficiali cosa vuol dire?
Vuol dire che gli uomini attribuiscono i
rumori, le cose, i fatti a delle cause seconde.
Ecco le nozioni superficiali.
Gli uomini non arrivano mai alla causa prima.
Non fanno mai vedere dal Padre.
Perché soltanto il Figlio, può far vedere dal
Padre.
E quindi soltanto il Figlio porta la luce al
mondo.
E nella luce c’è la vita, perché fin dal
prologo era scritto che in principio, la luce era la vita degli uomini.
Se noi fossimo veramente convinti che la
nostra vita sta nella luce, quanti guai noi eviteremmo!
Perché Dio non si diverte a mandarci le
disgrazie.
E quanta ansia, angoscia e morte noi ci
eviteremmo.
Tutto questo perché noi non siamo convinti
che la vita sia nella luce, nella conoscenza.
Noi siamo convinti che la vita sia nel
possesso, nella ricchezza, nelle creature, sia nella cultura, nel sapere quello
che dicono gli altri.
E invece noi trascuriamo sempre la conoscenza
e questo vuol dire trascurare la nostra anima.
Questa fame di conoscenza che Dio ha seminato
dentro di noi dandoci l’anima.
La nostra anima è soprattutto fame di Verità,
fame di conoscenza.
E non disprezzare la tua anima, perché
disprezzeresti la tua vita.
Tutti i fatti arrivano a noi come segni,
quindi come frammenti.
Ma frammenti che ci fanno desiderare di
vedere l’unità, il tutto.
Però qui si verifica un qualcosa che fa
sempre arrestare gli uomini a metà strada.
L’impotenza di conoscere, l’impotenza di
passare dal frammento al tutto.
Come mai?
Dio ha seminato in noi un bisogno e poi ci ha
resi impotenti schiavi, non riusciamo a passare dal frammento al tutto.
Dove sta il difetto?
Per cui soltanto il Figlio di Dio, Colui che
viene dall’alto, può condurre noi a vedere il tutto.
Noi abbiamo bisogno del tutto, però da soli
esperimentiamo l’impotenza.
Siamo schiavi, non riusciamo a fare questo
passaggio.
Forse Dio ha fatto le cose male?
Ha seminato in noi un bisogno e poi ci ha
reso impossibile raggiungere lo scopo per cui ci ha creati?
Ha seminato in noi una sete e poi ci ha reso
impossibile avvicinarci all’acqua?
Ha seminato in noi una fame e poi ci ha reso
impossibile trovare il pane?
Ritorniamo all’esempio dell’acqua...
Ogni esistente ha la sua voce.
Anche l’acqua ha la sua voce.
Soltanto colui che è stato presente almeno una
volta all’acqua e ha collegato il rumore dell’acqua con l’acqua, può adesso,
tutte le voce che sente la voce dell’acqua, collegare questo rumore con
l’acqua.
E ha la possibilità di passare dal rumore
dell’acqua, alla presenza dell’acqua.
Ogni esistente ha la sua voce, come ogni uomo
ha la sua voce.
Così anche Dio ha la sua voce.
Ma chi è che è capace a riconoscere questa
voce?
Tutti sentono la voce di Dio, ma soltanto coloro che sono stati una volta
almeno, alla presenza di Colui del quale essa è voce. Soltanto costoro hanno la
possibilità di passare dal rumore all’esistente causa di quel rumore.
Lì, noi possiamo capire perché troviamo tanta
difficoltà.
Tutto è voce, tutto è rumore.
Tutto è creazione di Dio e tutto è voce di
Dio.
Ma soltanto coloro che sono stati almeno una
volta con Dio e hanno capito la voce di Dio, soltanto costoro hanno la
possibilità di passare dalla voce di Dio a Dio.
È qui l’anima di tutta la nostra difficoltà.
Fintanto che si parla di creature è facile,
sto con una persona e capisco il timbro e la tonalità della sua voce e poi la
so riconoscere fra mille.
Se sono stato con l’acqua, ho associato
all’acqua il rumore dell’acqua e tutte le volte che sento quel rumore, il
rumore dell’acqua mi fa pensare all’acqua.
E il rumore dell’acqua è inconfondibile con
ogni altro rumore.
E lo stesso per tutte le altre voci.
Però è necessario che uno sia stato, non con
la voce, ma con la persona che ha quella voce.
O sia stato con quell’esistente che ha quella
voce.
Fintanto che noi non siamo stati una volta
sola con Dio...
Ma non solo essere stati....
Se io sto con l’acqua ma non ho potuto
sentirne il rumore, io non posso riconoscere la voce dell’acqua.
Devo essere stato con l’acqua ed avere udito
la voce dell’acqua.
Così, fintanto che noi non siamo stati almeno
una volta con Dio e ne abbiamo udito la voce, noi non possiamo passare dalla
voce di Dio a Dio.
La voce di Dio per noi è sconosciuta.
Dio parla in tutto.
Tutto è voce di Dio.
Nessuno lo può smentire.
Perché nessuno di noi fa le cose.
Tutto è parola di Dio, tutto è voce di Dio.
Eppure noi non sappiamo riconoscere la voce
di Dio.
E perché non la sappiamo riconoscere?
Cristo stesso, voce di Dio tra noi, parola di
Dio tra noi, luce di Dio tra noi, e non sappiamo riconoscerlo.
E perché?
Perché non siamo stati mai, nemmeno una volta
sola, noi personalmente con Dio.
Nessuno di noi può imparare per
corrispondenza la voce dell’acqua.
Quindi per sentito dire, non si conosce la
voce delle cose.
Se uno mi vuole spiegare a parole come è la
voce dell’acqua, io certamente non ricevo la comunicazione.
Devo essere stato io, personalmente con
l’acqua e avere udito personalmente il rumore dell’acqua.
Quindi fintanto che noi non siamo stati una
volta con Dio, non dico con Cristo, con Dio, a tu per tu, personalmente
segretamente, ma stati al punto tale da capire la voce di Dio, noi nel modo più
assoluto, non potremo mai passare dalla voce di Dio che è in tutto, a Dio.
Noi potremo anche incontrare il Cristo (voce
di Dio), ma tutte le creature sono voce di Dio, ma noi ci fermeremo sempre al
rumore, alla voce e non potremo mai passare a Dio.
Si noi possiamo rivestire tutte queste
voci del pensiero dell’io.
Infatti noi facciamo così, noi proiettiamo le
nostre intenzioni ma, per quanto proiettiamo le nostre intenzioni noi siamo
sempre nell’incertezza.
Se vedo uno che sta correndo verso una
fontana, io dico che quel tale ha sete e corre verso la fontana per bere, ma
lui può avere mille intenzioni diverse dal bere.
Può volere lavarsi le mani, può essere
ferito, può bagnarsi i capelli e noi saremo sempre nell’incertezza circa la sua
vera intenzione.
Solo quando sentiamo personalmente da lui la
sua intenzione noi siamo sicuri.
L’intenzione è propria dell’essere.
Noi saremo sempre nel dubbio.
Ecco come noi ci carichiamo di dubbi.
Perché ci carichiamo di dubbi?
Perché l’intenzione la possiamo ricevere solo
dall’essere stesso.
E quell’essere stesso richiede un rapporto
personale e diretto.
È solo lui che mi può dire il motivo per cui
va alla fontana.
E nessun altro.
È come quella barzelletta dei due studenti di
medicina in tram, che vedono un
vecchietto con il braccio contorto in una strana posizione.
E uno comincia a dire frattura e l’altro dice
un altra cosa e cominciano a discutere.
Poi per essere sicuri vanno a domandare al
vecchietto.
Scusi signore, che cosa è successo al suo
braccio?
E quell’altro guarda e sorpreso dice:” Huu ho
perso la mia anguria”.
Ognuno attribuiva una intenzione e poi la
cosa era completamente diversa.
Ecco quello che succede nella vita di ognuno
di noi.
Noi possiamo attribuire un significato alle
cose.
Certo che possiamo, noi abbiamo bisogno di
giustificare le cose e le giustifichiamo.
Provate ad andare con lo stesso sintomo da 50
medici diversi, vi daranno 50 soluzioni diverse.
Ognuno dà una ragione, perché ognuno ha
bisogno di giustificare.
Soltanto in quanto uno attinge personalmente
dalla persona ha la certezza.
E solo attingendo personalmente da Dio si ha
la certezza.
Soltanto Dio può rivelarci la sua intenzione,
quindi la sua voce.
Ma questa sua intenzione la può rivelare
soltanto in quanto uno personalmente si è trovato con Lui.
Non s’impara per corrispondenza, non s’impara
per sentito dire, non s’impara dall’autorità.
Nessuna autorità, può insegnare a noi quale è
la voce delle cose.
Questo ci fa capire come Dio sia il vero
Maestro dell’uomo.
E come Dio insegni a noi personalmente.
Il rumore giunge a noi indipendentemente da
noi, però il vedere la fonte del rumore, non avviene senza di noi.
Richiede dedizione.
L’uomo deve dedicare il suo pensiero a-.
E man mano che dedica il suo pensiero, è lì
che si forma in lui la capacità.
È tutta opera di Dio ma che non si forma in
noi senza di noi.
Qui possiamo capire quale sia questo cammino
che Dio fa fare all’uomo per condurlo a essere capace.
Gesù stesso dice: “Ho molte cose da dirvi ma
per ora non siete capaci di portarle”.
Perché non siete capaci di portarle?
Come si forma questa capacità?
Capacità di portare è capacità di ricevere.
Questo ci fa capire che non basta che ci sia
uno che comunichi a noi.
Dio comunica a noi.
Dio comunica Se Stesso a noi, non fa alcuna
riserva.
Eppure non è sufficiente che uno comunichi a
noi, perché noi riceviamo la comunicazione.
Dio comunica a noi ma che cosa si richiede
perché uno possa ricevere la comunicazione?
Se Gesù dice che ha tante cose da comunicarci
e se non siamo capaci di portarle, vuol dire che non siamo capaci di riceverle.
Ci deve essere uno che comunica ma ci deve essere
anche uno capace di ricevere la comunicazione.
E allora cosa è che forma in noi la capacità
di ricevere la comunicazione.
Ritorno all’acqua.
Cosa è che forma in noi la capacità di
ricevere la comunicazione dell’acqua?
La comunicazione dell’acqua è la voce.
L’acqua occupa un luogo ben preciso ma la
voce dell’acqua arriva dappertutto.
Noi generalmente avvertiamo il rumore
dell’acqua quando siamo ad una certa vicinanza.
Ma questa è grossolanità nostra.
Se noi fossimo anche a migliaia di chilometri
di distanza dall’acqua se noi avessimo una certa sensibilità, riceveremmo
perfettamente il rumore dell’acqua.
Perché la voce di un esistente è universale.
Arriva dappertutto.
L’ho detto molte volte che in un punto solo
dell’universo c’è la voce di tutto l’universo.
È solo la nostra grossolanità che non ce la
fa percepire.
Cos’è allora che forma in noi la capacità di
ricevere la comunicazione dell’acqua?
L’essere stati una volta con l’acqua.
Ecco come si forma la capacità.
All’inizio noi non non abbiamo la capacità.
La capacità si forma se sono stato almeno una
volta con l’acqua.
Ma cosa vuol dire essere stato con l’acqua?
Mi sono dedicato.
Quindi la voce dell’acqua arriva a me anche
prima che io sappia che cosa è l’acqua, soltanto se sono stato una volta con
l’acqua (dedicato), a quel punto si è formata in me la capacità di ricevere la
comunicazione dell’acqua, cioè la sua voce.
Qui possiamo capire come Dio opera per
formare in noi la capacità, quale capacità?
È la grande capacità di vedere le cose dal
Padre.
Tutta l’opera di Dio si conclude in questo.
Portare noi al compimento.
Abbiamo visto che viviamo in un mondo di
frammenti, incompiuto.
E tutta la nostra sofferenza sta in questa
incompiutezza che portiamo con noi.
E la sofferenza è data da questo: ci troviamo
tra cose incompiute.
È Cristo che viene per portare a compimento
tutte le cose.
La caratteristica del Figlio è questa: porta
a compimento tutte le cose.
Quindi se le porta a compimento, vuol dire
che ci troviamo in una realtà che è incompiuta.
Ma perché c’è una realtà che è incompiuta?
Il Padre inizia l’opera.
Quindi l’opera è iniziata.
“Io sono venuto per portare a compimento,
l’opera che il Padre ha iniziato”.
La missione del Cristo.
Quindi il Padre inizia l’opera e noi
avvertiamo tutta la creazione di Dio ma è un inizio, per condurre noi ad un
certo destino, ad un certo fine.
Quindi noi ci troviamo con questa realtà
sensibile che noi esperimentiamo e tocchiamo, la creazione e le creature: opera
iniziata.
È Dio che semina il suo seme ma il seme è un
opera iniziata.
E l’opera iniziata, attende tutto uno
sviluppo.
Noi ci troviamo in questa realtà che è tutto
rumore, però questa realtà dobbiamo sempre mantenerla associata a Dio Creatore.
Perché questa realtà non siamo noi a farla.
Tutte le cose che arrivano ai nostri sensi,
non siamo noi che le facciamo arrivare ai nostri sensi.
È un altro che le fa arrivare ai nostri
sensi.
E questo va associato al Dio Creatore.
E se noi associamo a Dio Creatore abbiamo il
primo passaggio.
Si passa dalla realtà sensibile a questa
grande scoperta: la realtà sensibile è voce, è segno.
E se poi sempre attraverso la dedizione, se
noi associamo questa voce, questo segno di Dio Creatore a Dio Creatore, noi
facciamo un ulteriore passaggio, il segno, la voce è Parola.
È Parola di Dio.
E se noi associamo la Parola di Dio a Dio
Creatore, salta fuori che la Parola mi annuncia un pensiero.
La parola è un frammento, la parola è un
incompiuto.
E il compimento sta nel pensiero.
E lì dobbiamo passare al pensiero.
E lì, mano a mano si forma la capacità.
E se noi associamo il pensiero a Dio
Creatore, noi scopriamo un altra grande cosa.
Quando noi pensiamo Dio, il pensiero con cui
pensiamo Dio, è Pensiero di Dio: “Questo è mio”.
E lì si forma un altra capacità: quando noi
pensiamo Dio, in quel pensiero, Dio che si è fatto oggetto del nostro pensare,
si rivela come soggetto del nostro pensare.
Per cui Lui dice che il pensiero con cui io
lo penso è il suo Pensiero.
E lì avviene questa trasformazione, questa trasfigurazione
della nostra esistenza.
Quel Pensiero di Dio, è il punto cruciale,
per il passaggio da tutto il nostro mondo, da tutta la nostra mentalità, a
vedere le cose dal Padre, cioè da Colui che è il principio del nostro pensare.
Tutta la nostra confusione e le nostre
incertezze, tutta questa nostra vita vissuta in un mondo fatto di frammenti, è
determinata dal fatto che noi riteniamo di essere il soggetto del nostro
pensiero.
Invece quando Dio ci fa capire che Lui è il
soggetto del nostro pensare, lì ci dà la possibilità di vedere le cose dal
Principio.
Qui c’è la grande meraviglia: vedere le cose
dal Principio.
È lì il vedere.
Perché il non vedere sta nel percepire le
cose, senza poterle collegare con il Principio.
Per cui tutti gli uomini che collegano le
cose non con il Principio ma a cause seconde, a ciò che non è il Principio
vero, non fanno vedere nulla e non possono far vedere nulla.
Soltanto il Pensiero di Dio, di cui Dio è il
principio, Padre, soltanto quel Pensiero lì mi può comunicare, far vedere,
illuminare.
E mi fa trovare la pace.
Perché la nostra pace sta nel vedere.
Nel Vedere che cosa?
Il Principio.
Soltanto Colui che viene dal (da) Principio,
mi può comunicare, quindi far vedere le opere di Dio dal Padre, dal Principio.
Questo è il grande dono che Dio fa a noi.
Dio forma in noi la capacità, fino ad
arrivare a quel punto in cui noi possiamo vedere le cose dal Principio.
Ma questo vedere le cose dal Principio ,
notate bene che è condizionato a questa scoperta che il pensiero di Dio in noi
che pensa Dio, è il Pensiero di Dio.
Di cui Dio stesso è soggetto.
È il Principio.
Qui c’è il dono dell’intelligenza, soltanto
restando in ascolto di questo Principio.
C’è la scala attraverso cui Dio forma in noi
la capacità.
Noi passiamo da un gradino all’altro, quindi
da una capacità all’altra, sempre in quanto riferiamo le cose a Dio Creatore.
Quindi in quanto noi stiamo ad ascoltare Dio
Creatore.
E Gesù dice che nessuno può andare a Lui se
non ha ascoltato il Padre.
“Ecco per cui voi non potete sopportare le
mie parole”.
Quanti leggono il vangelo e poi non possono
sopportare certe parole del vangelo?
E allora dicono che bisogna metterci il “buon
senso”.
Perché non possono sopportare le parole del
vangelo.
E perché non le possono sopportare?
“Perché non avete ascoltato il Padre”, dice
Gesù.
“Chi ha ascoltato il Padre ha la possibilità
di accogliere le mie parole, voi non avete ascoltato il Padre e non potete
sopportare le mie parole”.
Per cui soltanto se uno è rimasto almeno una
volta, a tu per tu, in questo ascolto del Padre e ha visto quale è la voce del
Padre, può ascoltare il Figlio.
Perché nessuno ha mai visto il Padre, se non
il Figlio.
Ed è il Figlio che narra a noi il Padre.
E come lo narra?
Parlando a noi del Padre.
Ma come noi possiamo ascoltare le parole del
Figlio?
Soltanto se abbiamo ascoltato il Padre.
Allora, come la voce dell’acqua arriva
dappertutto, così la voce di Dio arriva dappertutto.
Ma soltanto se noi siamo stati una volta
nella fede, in ascolto a tu per tu con il Padre ed abbiamo lì notato quale è la
voce del Padre....
Il Padre a tu per tu nessuno lo ha visto, ma
tutti ne sentono la voce.
E tutti possono riconoscere la voce del
Padre.
Chi ha riconosciuto la voce del Padre, questi
ha la possibilità di ascoltare il Cristo.
Ed è il Cristo che forma in noi questa
possibilità, perché parlando a noi e avendo in noi la capacità di riconoscere
la voce del Padre, Lui ci convoca (verbo bellissimo) a vedere ciò che Lui vede.
“Vi ho fatto vedere le cose dal Padre”, è
portarci a vedere dal Suo punto di
vista.
Lui ha la possibilità di portarci a vedere
dal suo punto di vista.
E Lui vede tutte le cose dal Padre.
E se noi ascoltiamo le sue parole, Lui ci
convoca, cioè ci libera da tutti gli altri amori e gli altri interessi.
E ci convoca là, dove Lui vede.
“Affinché dove Io sono siate anche voi e
possiate vedere”.
Vedere quello che vede Lui, la sua Gloria.
E la sua gloria sta nel vedere tutte le cose
dal Padre.
Questa è l’opera del Figlio che è
condizionata all’ascolto del Padre.
La voce del Padre arriva dappertutto.
Per riconoscere la voce del Padre, debbono
essere stati una volta almeno con il Padre.
Quanti sono stati almeno una volta con il
Padre, hanno la possibilità adesso di riconoscere la voce del Figlio di Dio, il
Quale vedendo il Padre, conduce noi a vedere le cose dal Padre e le opere di
Dio da Dio.
GV 10 VS 32 - Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte
opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?»
Terzo tema – La tartaruga.
Argomenti: Vedere e capire – Il
destino dell’uomo – Segno e intenzione - Voce e presenza di Dio – La funzione
della voce – La contestazione a Gesù – Logica divina e logica umana – Le due
realtà dell’uomo – La ricerca del principio – La tartaruga e la scienza – Margherita
Hack – La realta “assoluta” dell’uomo – L’ignoranza dell’uomo – La fede di Abramo -
22-23/ Marzo /1992
Oggi ci resta da vedere l’ultima parte del
versetto:”Per quale di queste opere mi volete lapidare?”.
Gesù ci ha fatto capire che l’opera del
Figlio è quella di condurci a vedere.
Vedere è il bisogno principale dell’uomo.
L’uomo è stato creato per la luce.
E nella luce c’è la vita dell’uomo.
E nella luce c’è il compimento.
E Gesù è venuto per portare a compimento
l’opera che il Padre ha iniziato.
Quindi, ci ha annunciato che la sua opera è
quella di far vedere e di far vedere dal Padre
Se si annuncia come missione da parte di Dio
quella di condurci a vedere, è segno che noi non vediamo.
Non si dice che si farà vedere a uno che già
vede.
Si dice: “Tu farò vedere” a uno che non vede.
E in realtà noi non vediamo, gli uomini non
vedono.
Ma a quale livello non vedono?
C’è una cecità naturale che impedisce agli
uomini di vedere il mondo esterno.
Gli uomini hanno questa possibilità, vedono
“naturalmente”.
Vedono il sole che sorge e vedono il solo che
tramonta.
Gli uomini vedono le cose di questo mondo.
Eppure Gesù a costoro che vedono naturalmente
dice che è venuto a far vedere, vedere dal Padre.
Quindi non siamo nel campo del vedere
naturale, perché nel campo sensibile noi
vediamo.
Eppure si dice: “Vi farò vedere” a chi ancora
non vede.
E dove è che noi non vediamo?
Noi tutti costatiamo che non capiamo le cose.
Noi vediamo le cose, le creature, gli avvenimenti,
la storia e la nostra vita che passa ma non capiamo.
Per noi tutto è mistero.
Noi siamo nella notte,
Ma è una notte della conoscenza, dello
spirito.
Ed è qui che la Parola di Dio arriva, per
portare a compimento l’opera che è iniziata.
Noi tutti ascoltiamo le cose, anche il nostro
vedere è un ascoltare.
Noi sentiamo ed esperimentiamo le cose, però
non capiamo.
Il non capire è un non vedere.
È un non capire intelletuale, spirituale.
È un non capire la ragione delle cose.
Il perché, il significato delle cose.
Noi infatti tutti, soffriamo per non vedere
il significato delle cose.
Soprattutto per non vedere il significato
della vita. È
A che giova, a che vale questo nostro vivere?
A che serve questo nostro esistere qui in
terra?
Ogni uomo sente questa cecità perché patisce
di non capire.
Se l’uomo soffre e patisce per qualche cosa è
perché questo qualcosa gli manca.
Però nello stesso tempo, questa è una
testimonianza grandissima per l’uomo.
Testimonianza di Dio.
Se l’uomo patisce la mancanza di qualcosa, è
perché è fatto per questo qualcosa.
Se l’uomo sente il problema, è perché è fatto
per giungere alla soluzione del problema.
Altrimenti non sentirebbe e non avvertirebbe
neppure il problema.
Gli animali che non sono fatti per capire le
cose nella luce di Dio, non sentono la mancanza del significato delle cose.
A loro basta mangiare, accoppiarsi, dormire,
soddisfare i loro bisogni naturali, e sono più che soddisfatti.
L’uomo no.
Evidentemente c’è tutto un campo di cui
l’uomo sente il difetto, la privazione, sente di essere insufficiente ma nello
stesso tempo sente il bisogno.
Questo è testimonianza, è rivelazione del
destino e del fine dell’uomo.
Ma se questo è rivelazione del destino
dell’uomo, già qui abbiamo la prima grande risposta.
Basta riflettere un pochino sulle cose che
Dio ci presenta, per subito accorgerci che il cielo si squarcia.
Se noi patiamo per la mancanza di
significato, vuol dire che la nostra vita ci è data, per arrivare al
significato delle cose.
E nell’arrivare al significato delle cose,
c’è il significato della nostra stessa vita.
Tu uomo sei stato creato per arrivare a
capire il significato della tua esistenza e di tutte le cose.
L’uomo è fatto per conoscere, l’uomo è fatto
per capire.
E nel conoscere e nel capire, si risolve il
suo destino.
L’uomo purtroppo, nella maggior parte dei
casi, fallisce nel suo destino.
Ma fallisce nel suo destino, non per difetto
dell’opera creatrice di Dio, ma evidentemente, perché l’uomo non si occupa del
suo destino.
Se ciò che l’uomo patisce, testimonia che
l’uomo è fatto per giungere a conoscere la Verità, a conoscere Dio, l’uomo si
deve impegnare prima di tutto e sopra di tutto con questo.
Altrimenti fallisce tutta la sua vita e
tradisce il suo destino.
L’uomo che vive per il mangiare, il vestire,
la casa, la famiglia, le istituzioni, che vive per tutte le cose di questo
mondo, certamente fallisce.
E tutti quanti noi siamo spettatori di questi
fallimenti.
L’uomo fallisce il suo destino.
E fallisce il suo destino, perché non
s’impegna nel suo destino.
L’uomo è stato creato per questo e si deve
dedicare a questo.
Gesù ci ha annunciato che fa vedere le cose
dal Padre.
E con questo dice che è venuto ad aiutare noi
a giungere al compimento del nostro destino.
A noi che siamo fatti per la luce, Lui è
venuto a dare a noi la luce.
E nella luce c’è la vita: Lui è venuto per
dare a noi la vita.
Dopo averci annunciato questo, la ragione del
suo operare, adesso interroga coloro che avevano raccolto delle pietre per
lapidarlo.
E dice: “Per quale di queste opere mi volete
lapidare?”.
Cioè per cosa di ciò che io vi ho fatto
vedere dal Padre volete lapidarmi?
Per quali di queste opere che vi ho fatto
vedere da Dio, dal Principio mi volete lapidare?
E sta invitando gli uomini a capire la
ragione, il movente, il motivo per cui hanno le pietre in mano.
Noi ci siamo chiesti cosa significano queste
pietre.
Pietre per lapidare Dio.
Ma qui dice in modo specifico, dice pietre
per lapidare Colui che ci fa vedere le cose da Dio.
La missione di Cristo qui è chiarissima: ci
fa vedere le opere dal Padre.
Quelle opere che noi non vediamo dal Padre.
Lui è venuto per condurci a vedere le cose
dal Padre.
Ed abbiamo visto che l’uomo, nella
incompiutezza in cui si trova, è nella incapacità, nella impossibilità di
vedere le cose dal Padre.
L’uomo sente il problema.
Ma non può risolvere il problema.
Abbiamo già visto che l’uomo non può passare
dal frammento al tutto.
L’uomo non può passare dal tempo all’eterno.
L’uomo non può passare dal segno al
significato.
Abbiamo detto che il tema di questa sera è la
tartaruga.
Qualcuno ha cercato di arrivare
all’intenzione, al significato di questa “tartaruga” ma è perfettamente
inutile fare delle supposizioni,
applicare le nostre intenzioni.
Perché non si può passare dal frammento al
tutto.
Soltanto colui che ha presente il tutto può
raccogliere il frammento.
L’altra volta abbiamo accennato all’uomo che
va verso la fontana.
Ma è passibile di svariate interpretazioni il
movimento di un uomo che va verso la fontana.
E noi possiamo con la nostra fantasia
applicare tante intenzioni, tanti significati, ma non potremmo mai essere
sicuri dell’intenzione di colui che va alla fontana.
Come non possiamo essere sicuri
dell’intenzione che uno ha, portando come tema di stasera: la tartaruga.
Tutto questo per dire a noi che, soltanto
colui che ha il tutto, può rivelare il tutto.
Noi siamo passione del tutto, noi subiamo il
bisogno di arrivare a questo tutto, di vedere il significato delle cose e
l’intenzionalità che c’è in tutto ma soltanto chi ha il significato delle cose,
Dio Creatore, solo Lui lo può rivelare a noi e Lui ce lo vuole rivelare.
I suoi annunci arrivano dappertutto...
Abbiamo accennato la volta scorsa al tema
dell’acqua e abbiamo visto come l’acqua si trovi in un punto ben preciso.
La voce dell’acqua invece arriva dappertutto.
E così anche per Dio, Dio si trova in un
punto ben preciso.
La voce di Dio arriva dappertutto.
Molti stanno facendo un errore gravissimo e
l’errore gravissimo sta in questo.
Molti si accontentano di udire la voce
dell’acqua e non vanno a cercare l’acqua nel punto in cui si trova, in cui è
presente.
Gli uomini fanno così.
Quanti ritengono di trovare Dio, perché
ascoltano la voce di Dio?
La voce di Dio non è Dio.
Quanti dicono: “A me basta osservare la
creazione, le creature, la natura e lì trovo Dio”.
È menzogna!
Nella natura non si trova Dio!
Come non si trova l’acqua ascoltando la voce
dell’acqua.
Tutta la creazione è voce di Dio ma non è
Dio.
Le creature sono voci di Dio ma non sono Dio.
E quanti dicono che gli basta credere è
menzogna!
Non hanno trovato Dio.
Chi dice: “Io credo in Dio e questo mi
basta”, è menzogna, non è vero.
La fede di Dio è voce di Dio ma non è Dio.
E noi ci chiediamo perché la voce dell’acqua
arriva dappertutto e invece l’acqua si trova in un punto solo?
Semplicemente perché noi non siamo capaci di
restare sempre presenti all’acqua.
L’uomo è un essere che si disperde, si
allontana in continuazione dal Principio.
L’uomo a un certo momento sente il bisogno di
bere, perché l’uomo è fatto di una Sete e si avvicina all’acqua, ma l’uomo non
è capace q vivere con l’acqua.
Ogni esistente è fatto di due termini: della
sua natura, di ciò che esso è, e della sua voce.
E la sua voce arriva dappertutto.
Così la voce dell’acqua arriva dappertutto.
L’uomo che non è capace a restare sempre con
l’acqua, in modo da averla sempre a
disposizione quando ha sete, l’uomo si allontana dall’acqua ed ecco che Dio,
anche nella sua lontananza gli fa arrivare la voce e se l’uomo, quando ha sete
ascolta la voce dell’acqua e la segue, può arrivare a trovare l’acqua.
Perché l’acqua si trova in un punto solo.
La voce arriva dappertutto.
Allora la funzione della voce è quella di
dare la possibilità all’uomo di passare dalla sua dispersione là, dove non c’è
l’acqua, al luogo in cui c’è l’acqua.
Ma l’uomo non si disseta alla voce
dell’acqua.
L’uomo si disseta quando trova l’acqua.
E così è lo stesso per Dio, perché tutto è
parola di Dio per noi.
Dio si trova in un punto solo ed in un punto
ben preciso ed è suo Figlio, il suo Pensiero, il suo Verbo.
Dio si trova solo lì e si rivela solo lì.
Dio si trova in un punto solo.
La voce di Dio arriva dappertutto.
Ovunque noi andiamo, fossimo anche
nell’inferno più profondo o nel peccato più mortale, la voce di Dio ci arriva.
È come la voce dell’acqua.
Ma non illudiamoci, non facciamo l’errore di
ritenere che sentendo la voce di Dio si sia trovato Dio!
Oppure l’errore che Dio sia presente
dappertutto.
Dio è presente in tutto come voce.
Come essere è presente soltanto nel suo
Pensiero.
E si trova soltanto lì.
Nessuno si disseta sentendo la voce
dell’acqua.
E nessuno dica: “Io ho trovato Dio, perché
sento la voce di Dio”.
La funzione della voce è quella di farci
camminare, di farci cercare Dio, fino ad arrivare a quel punto in cui si trova
Dio.
E quel punto in cui si trova Dio è il
Pensiero di Dio.
Ed è il Pensiero di Dio in noi.
Qui Gesù sta interrogando queste creature,
per cercare di salvare queste creature che lo vogliono lapidare.
E perché lo vogliono lapidare, quando Lui
solo può portare loro alla presenza dell’acqua.
Lui solo può portare loro alla presenza di
Dio.
Perché è la presenza di Dio che dà vita
all’uomo, come è la presenza dell’acqua che disseta l’uomo.
Come mai gli uomini arrivano a non sopportare
Colui che fa vedere loro le cose dal Principio?
Gli uomini non vedono le cose dal Principio e
non possono vedere le cose dal Principio.
Sentono il bisogno di vedere le cose dal
Principio e vedere le cose dal Principio vuol dire essere nella Luce, nella
sapienza, vuol dire avere la sapienza di Dio.
Noi vediamo, assistiamo, sentiamo le cose
(voce di Dio) ma non sappiamo né il principio né il fine di queste cose.
E il Figlio di Dio, Colui che è nel
Principio, solo Lui può condurre noi a vedere le cose dal Principio.
Eppure ad un certo momento, prendiamo le
pietre per lapidarlo.
È la grande contestazione del mondo.
Le pietre abbiamo visto che sono le ragioni
del mondo. Le ragioni degli uomini.
È la grande contestazione del mondo al Figlio
di Dio.
A Dio.
E ci siamo chiesti com’è possibile che nel
regno di Dio, dove tutto è di Dio, nasca questa opposizione a Dio?
Di Gesù alcuni dicevano che era buono, altri
dicevano che traviava le genti, altri dicevano che era un demonio, i suoi
famigliari addirittura dicevano che era uscito di senno.
Altri dicevano che non poteva essere da Dio
perché non rispettava il sabato.
Era una contestazione continua (specchio di
noi oggi):” È un bestemmiatore, un indemoniato perché fa i miracoli per mezzo
del demonio”.
Siamo arrivati a questo punto.
“Tu che essendo uomo ti fai Dio”, lo vedremo
prossimamente.
Ecco c’è questa grande contestazione a Gesù.
Ma ci rendiamo conto che là, dove tutto è opera
di Dio, dove tutto è fatto molto bene sorga la volontà di uccidere Dio?
Come può sorgere la contestazione a Dio?
L’uomo che si ribella a Dio.
L’uomo che vuole annietare Dio.
Che vuole uccidere, soffocare questa voce,
questa ragione divina.
Il Figlio di Dio è il Logos.
È la logica divina che arriva a noi.
E noi alla logica divina, opponiamo la logica
umana, la logica del mondo.
Come è possibile che nasca una logica
contraria alla logica divina, quando tutto è Logos.
Tutto è fatto nel Pensiero di Dio.
E noi patiamo la cecità, il non capire,
proprio perché non vediamo questo pensiero di Dio.
Però quando questo Pensiero di Dio viene a
noi e cerca di farsi vedere da noi, noi lo lapidiamo, noi prendiamo le pietre.
Le pietre rappresentano le nostre ragioni materiali.
Le pietra è la materia.
Noi opponiamo a Dio le nostre ragioni
materiali: i buoi, i campi, la moglie.
Qui anche la moglie diventa una pietra.
Ecco le ragioni del mondo.
Ecco le pietre che gli uomini prendono nelle
mani, per contestare, per lapidare Colui che viene a noi, per far vedere a noi
le cose dal Principio, dal Padre.
Come è possibile questo?
Su che cosa è fondata, da cosa nasce questa
ragione che si pone in conflitto con Dio?
Da che cosa nasce?
Come si forma?
L’uomo si trova di fronte a tutte opere di
Dio che sono voce di Dio, cioè la voce dell’acqua.
Si trova di fronte a questo.
Ho detto che chi dice di trovare Dio nella
natura è menzognero.
Perché la natura non è Dio.
La natura è voce di Dio ma la voce di Dio non
è Dio.
Come la voce dell’acqua non è l’acqua.
E colui che crede di dissetarsi alla voce
dell’acqua, muore di sete.
Colui che dice di trovare Dio nella natura
(voce di Dio) muore di sete.
Perché la voce di Dio nella natura non è Dio,
è voce di Dio.
Tutto questo ci testimonia che l’uomo si
trova con queste due grandi realtà.
Si trova con l’acqua e con la voce
dell’acqua.
Si trova con Dio e la voce di Dio.
Sono due realtà.
Dio nessuno lo può smentire perché non siamo
noi i creatori.
La voce di Dio sono tutte le cose, le
creature, i fatti, noi stessi.
La voce di Dio non la possiamo smentire
perché ci arriva addosso, s’impone su di noi, noi non possiamo ignorare questa
realtà.
Quindi abbiamo una realtà che s’impone e che
è una realtà sensibile.
È la realtà di quello che vediamo e
tocchiamo.
La voce dell’acqua arriva dappertutto e la
voce di Dio arriva dappertutto quindi si fa sentire.
Quindi c’è un mondo che l’uomo sente,
subisce.
E poi c’è un altra realtà, ed è la realtà di
Dio Creatore.
Anche questa l’uomo non la può ignorare,
perché non è l’uomo il creatore delle cose.
L’uomo subisce le cose, quindi non è lui che
le fa.
L’uomo con la sua ignoranza in tutto ciò che
vede e tocca, testimonia che non è lui a fare le cose, perché non le capisce.
Con questo testimonia che lui non può
ignorare Dio Creatore.
Allora abbiamo queste due grandi realtà: Dio
Creatore e la voce di Dio, la creazione.
E succede che l’uomo può non tenere conto
della realtà di Dio.
Se l’uomo non tiene conto di Dio, la realtà
dell’uomo è quello che vede e tocca, quello che esperimenta.
La realtà dell’uomo è quello che lui vede,
tocca ed esperimenta.
Cosa succede?
Succede che questa realtà che l’uomo vede,
tocca ed esperimenta, diventa il fondamento della sua logica.
La realtà che vede (la voce di Dio), a questo
punto diventando il fondamento della logica dell’uomo, gli fa predicare questa
realtà sensibile che ha presente su tutto.
Se l’uomo non tiene presente Dio, l’uomo non
fa altro che predicare la realtà di quello che vede, tocca ed esperimenta.
E non può farne a meno, necessariamente.
Necessariamente deve predicare questo.
La realtà per l’uomo sono” i campi, i buoi e
la moglie”, quella è la sua realtà.
Qui sorge nell’uomo una realtà che è in
conflitto con Dio, perché l’uomo non tiene conto di Dio.
C’è quindi una logica divina, che si
contrappone alla logica umana.
La logica non è altro che una predicazione di
una realtà.
L’uomo è fatto per predicare la logica
divina, perché questa è la grande realtà, questa è la Realtà che giustifica
quello che vediamo e tocchiamo.
Questa Realtà divina giustifica la voce di
Dio.
Ma l’uomo invece può predicare la voce di
Dio.
L’uomo può predicare la realtà che vede,
tocca ed esperimenta.
E allora cosa succede?
È qui che nascono le pietre.
Succede che l’uomo avendo la passione
dell’assoluto, ha bisogno di giustificare, dare un fondamento a quello che
afferma e quindi deve andare alla ricerca di un principio che giustifichi
quella sua logica.
Che giustifichi quella realtà per cui lui
vive e che ha messo a fondamento della sua logica.
L’uomo è un essere che sta andando alla
ricerca del principio delle cose che vede, tocca ed esperimenta.
Se voi osservate, tutta la scienza è andare
alla ricerca di un principio.
Del principio di tutte le cose.
Perché le cose da sole non stanno su, l’uomo
però le ha messe a fondamento e quando s’accorge che non riesce a giustificarle
deve andare alla ricerca del loro principio.
E qui arriva la tartaruga.
A noi non importa se è un fatto vero o una
barzelletta, a noi interessa il significato.
C’era uno scienziato che teneva una
conferenza a Londra e esponeva i punti raggiunti dalla scienza e parlava della
terra che gira attorno al solo, la sua orbita stabile e cercava di giustificare
la realtà, perché la realtà va giustificata.
A un certo punto si alza una vecchietta magra
e gli dice: “Giovanotto, lei ce la racconta bella ma le cose non stanno mica
così, la terra è una cosa piatta che sta sul dorso di una tartaruga”.
E lo scienziato adattandosi all’obbiezione
dice: “Ma la tartaruga su che cosa sta?”
E la donnetta gli dice: “Giovanotto lei vuole
fare il furbo. La tartaruga sta su un altra tartaruga”.
Questa vecchietta, non faceva altro che
presentare lo specchio allo scienziato di quello che lui stava dicendo.
La scienza non è altro che una tartaruga che
sta su un altra tartaruga.
E si va di tartaruga in tartaruga.
La scienza, sta cercando il suo principio.
E non fa altro che rinviare questo principio
da una cosa all’altra.
E sapete a che punto si è arrivati?
Si è arrivati al big bang.
Gli scienziati sono arrivati ad una frazione
di secondo che loro la rappresentano con 10 elevato al meno 43, chi può capire
capisca!
Una frazioncina di secondo elevata ad un
numero enorme.
Però non hanno toccato.
Si arriva vicinissimi
Ma non si tocca.
Non si riesce a giustificare ma il big bang
da dove viene?
Ecco questa corsa a cercare il principio.
A cercare la giustificazione.
Si va di tartaruga in tartaruga.
E prima del big bang cosa c’era?
Perché l’uomo è un terribile ricercatore del
principio.
È dominato dalla passione dell’assoluto.
“E prima cosa c’era?”.
“E prima di Dio chi c’era?”.
L’uomo porta questa passione d’assoluto e
fintanto che non arriva a toccare con mano questo assoluto, è sempre a
domandarsi” prima cosa c’era?”
Arriviamo a queste meravigliose assurdità che
vi vado a leggere.
È uscito un libro ultimamente un libro di
Margherita Hack, una astronoma di Trieste che in fatto di stelle e big bang è
una delle più quotate in Italia.
Lei si professa atea.
Ha pubblicato un libro che s’intitola L’universo
alle soglie del 2000.
A un certo punto in questa recensione si
dice: “Ma il libro della Hack, proprio come i migliori romanzi raggiunge
momenti di grande intensità nei capitoli finali, quando si cerca di alzare i
veli, sui misteri dell’universo”.Ora notate che è la scienza che afferma
questo: “Forse prima del tutto esisteva il nulla” Meraviglioso! Sono scienziati
che parlano.
“Ma il nulla non è assenza o negazione”.
State attenti perché ci propinano delle cose
e noi dovremmo berle.
“Bensì qualcosa di vivo che contiene in sé
stupefacenti potenzialità”
E qui ci prendono per i fondelli.
“Sembrano concetti assurdi, eppure è quanto
va affermando la moderna teoria quantistica, secondo la quale anche il vuoto è
soggetto a una legge, a una logica che preesiste allo spazio e al tempo. E
proprio dal nulla, o meglio da una fluttuazione del nulla potrebbe essere
scaturito l’universo “.
Eccetera...
Hai capito?
La scienza che ci dice che dalla fluttuazione
del niente, che è vivo, nasce il big bang.
Arriviamo a questo punto qui.
E quando arrivi a questo punto qui e trovi il
Cristo che ti dice: “Senza di me fate il niente”, arrivi a questa cosa
stupenda: gli uomini stanno attingendo dal niente.
E stanno dicendo che tutto viene dal niente
Noi siamo arrivati a quel punto lì.
È la prova della validità della Parola di
Dio.
Appunto perché l’uomo, non tenendo conto di
Dio e cercando il principio della voce di Dio, cioè della realtà che
esperimenta, deve arrivare al nulla.
Si arriva al niente.
Ora, tutto questo per arrivare alle pietre.
Il nostro problema è quello delle pietre.
Lui viene a parlarci del Principio, del
Padre, dell’Essere assoluto.
Non è il niente.
Perché l’Essere assoluto ha in Sè la ragione
di Sé.
È lì la meraviglia.
La materia non ha in sè la ragione di sè.
E allora se tu scavi nella materia che non ha
in sè la ragione di sé, a un certo momento trovi il nulla.
Se tu cerchi il pensiero e analizzi il
cervello, a un certo momento trovi la pappetta.
Hai perso il cervello e non hai trovato il
pensiero.
Quindi evidentemente soltanto l’essere
assoluto ha in Sé la ragione di Sé, il principio di Sé.
E quindi ha in Sé il principio di tutte le
cose.
E questo non è il nulla.
L’uomo invece che non tiene conto di Dio, per
la passione d’assoluto che porta dentro di Sé, deve, è costretto ad andare in
continuazione a cercare quello che c’è prima, cioè a cercare il principio delle
cose che Lui sta toccando ed esperimentando.
A cercare il principio!
E questo ci fa capire questa cosa stupenda e
meravigliosa: quando l’uomo non mette Dio prima di tutto, è costretto dalla sua
fame a cercare in continuazione quello che c’è prima.
Ma quello che c’è prima, è quello che lui
deve mettere prima.
O l’uomo non trascura Dio e lo mette prima di
tutto, oppure è costretto a morire nella ricerca di quello che c’è prima di
tutto.
Ecco il dramma e la tragedia dell’uomo.
Perché l’uomo cercando quello che c’è prima
trova il niente, il vuoto.
Lo chiamano il muro di Planck.
Quel muro che una frazioncina di secondo prima
del big bang ti chiude e tu non puoi più andare avanti e tu devi dire che c’è
il vuoto, il niente.
E con questo ha ragione Cristo: “Senza di Me
fate niente”.
“Senza di Me toccate il niente.
Il problema è come possa sorgere
l’opposizione a Dio, là dove tutto è regno di Dio.
Per l’uomo che anziché tener conto di Dio e
quindi capire che tutto quello che esperimenta è voce di Dio ed essendo voce di
Dio è sollecitazione a cercare, a conoscere Dio, come la voce dell’acqua, è
sollecitazione a cercare l’acqua, per quest’uomo che trascura Dio, la realtà è
quella che vede, tocca ed esperimenta.
Però questa realtà che lui vede, tocca ed
esperimenta, chiede a lui un principio, la ricerca del principio.
Del principio di questa realtà qui.
All’uomo in questa ricerca di quello che c’è
prima, gli sta scappando dalle mani l’elemento essenziale.
Tant’è vero che in questo processo per
arrivare al big bang, l’uomo deve introdurre tante di quelle volte il caso che
noi non ne abbiamo idea.
Caso, caso, probabilità, caso.
Lo deve introdurre un infinità di volte.
E non s’accorge che ogni volta che dice
“caso”, dice che c’è stato l’intervento di Dio.
Ma gli sfugge l’intervento di Dio, perché non
ne tiene conto e allora lo chiama caso.
La Hack dice che dalla “fluttuazione del nulla”
viene l’essere.
No.
È la Parola di Dio che fa l’essere.
È la Parola di Dio che parlando con noi ci fa
toccare con mano quello che noi esperimentiamo.
È Dio che parla!
L’uomo invece, fermandosi al frammento,
fermandosi alla voce, fermandosi a quello che vede e tocca che è voce di Dio ma
non è Dio, per la sua passione d’assoluto è portato ad assolutizzare questo.
Cioè, senza rendersi conto, l’uomo chiama
Dio, quello che lui vede, tocca ed esperimenta.
Chiama realtà, erre maiuscola, quello che lui
vede, tocca ed esperimenta.
E chiamandola Dio, la riduce al nulla, al
niente.
È lì che viene a trovarsi in opposizione a
Dio.
È per la passione d’assoluto che l’uomo può
fare assoluto, quello che non è assoluto.
E a questo punto se l’uomo può fare assoluto
quello che non è assoluto, per cui a un certo momento oppone la sua realtà alla
Realtà di Dio, qui nascono le pietre per lapidare Gesù.
E capiamo anche da cosa nascono queste
pietre.
Le pietre si formano nelle mani dell’uomo,
contro lo spirito, unicamente per ignoranza di quello che Dio è.
Perché l’uomo chiama assoluto, chiama realtà,
quello che non è assoluto e che non è realtà.
Questa realtà è segno della Realtà di Dio ma
non è realtà assoluta.
Ed è qui che Gesù voleva condurre questi giudei
che volevano lapidarlo.
Non c’era nessuna ragione per cercare di
lapidarlo, perché non hanno una realtà che li sostenga per lapidarlo.
Per lapidare Lui che fa vedere loro la luce,
la vita.
Loro non hanno niente nelle mani, perché
quello che hanno nelle mani, sfuma nel niente.
“Per quale ragione, voi cercate di lapidare
Me?”.
Fa vedere, fa toccare con mano che le pietre
che loro hanno nelle mani, sono niente.
Loro stanno opponendo all’Essere, il niente!
È il niente, perché non c’è ragione.
È soltanto per ignoranza.
Quindi le pietre nascono dall’ignoranza di
Dio.
Ma se le pietre nascono dall’ignoranza di
Dio, queste pietre sono una meravigliosa testimonianza del bisogno di conoscere
Dio.
È a questo punto che capiamo che Dio, trae
“figli di Abramo” anche dalle pietre.
Perché dalle pietre, trae argomento per far
capire il bisogno che l’uomo ha di conoscere Dio.
E là dove l’uomo capisce, per grazia di Dio,
il terribile bisogno che ha per vivere di trovare Dio, di conoscere Dio, qui
abbiamo i figli di Abramo, i figli della fede.
Qui è la fede.
Non quella fede che dice: “Io credo in Dio,
non ho bisogno di conoscerlo”, oppure che dice di trovare Dio nella natura o
nelle creature.
La vera fede è quella di Abramo, che fa
sentire all’uomo il bisogno di trovare Dio, di conoscere Dio,
Ecco che qui Dio, invitando a capire quale è
la ragione per cui gli uomini vogliono lapidarlo, fa capire che non c’è nessuna
ragione su cui possano appoggiarsi per lapidarlo.
Non c’è nessuna realtà su cui l’uomo si possa
appoggiare, per giustificare la sua opposizione alla logica divina.
La logica divina è quella che predica Dio in
tutto.
E coloro che credono in Dio, sono coloro che
predicano Dio in tutto.
In tutto.
L’uomo che invece ha la logica umana o la
logica del mondo, Gesù lo chiama satana.
Perché quando Pietro gli dice che loro
impediranno che sia mandato a morte, Gesù gli risponde: “Via da me satana,
perché tu ragioni (logica) secondo gli uomini e non secondo Dio”.
Ecco la logica umana.
Soltanto la logica divina, quello che parte
da Dio, che ha Dio come principio, per arrivare a Dio come fine, questa è la
logica che salva l’uomo.
Perché è la logica che fa capire, fa vedere,
fa conoscere.
GV 10 VS 32 - Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da
parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?»
RIASSUNTI - Domenica – Lunedì -
Argomenti: Il frammento e il
tutto – Segno e realtà –Spirito di presenza – Fare la Verità – Segno e parola –
Vedere dal Principio – Voce e essere – L’interesse per Dio viene da Dio – Il
Pensiero che pensa Dio – L’oggettività -
29-30/ Marzo /1992