GV 10 VS 31 - Di nuovo
i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo.
Primo tema - Religione personale.
Argomenti: Il principio della vita
eterna - Il cielo è la realtà
delle parole annunciate in terra - Parole e pietre - Le ragioni del mondo -
L’unione col Principio - Cielo e terra - La reciprocità nello spirito - Essere
con Dio, come Dio è con noi – Io e il Padre siamo uno – Portati via al mondo –
L’essere si comunica attraverso la conoscenza – Paradiso e inferno – Lo Spirito
Santo – Il vero lavoro dell’uomo.
9-10/ Febbraio /1992
Siamo giunti al versetto 31 del capitolo
decimo di San Giovanni.
Qui si dice: “I giudei, ancora una volta,
raccolsero delle pietre per lapidarlo”.
Nell’argomento dell’ultima volta, avevamo
accennato che l’uomo si può paragonare a uno che vada in montagna e che lungo
il sentiero raccolga delle pietre, si carichi di pietre.
E la conclusione è che a un certo momento si
paralizza sul cammino, carico di pietre e non può più avanzare.
Qui si dice: “I giudei raccolsero delle
pietre”.
E ci dobbiamo chiedere che significato ha
questo fatto.
Anche questa è parola di Dio per noi.
Ed è una parola di Dio che viene dopo quelle
parole stupende, meravigliose con cui Cristo ha offerto la vita eterna.
La conclusione era: “Io e il Padre siamo
uno”.
Ed è comunicazione di vita eterna, perché
abbiamo visto che la vita sta nell’unità.
E Cristo qui ci ha rivelato, annunciato con
parole (si capisce) il principio della vita eterna.
Questa unione che passa tra Padre e Figlio.
Quindi questa vita che c’è tra Padre e
Figlio.
Sono parole.
Come sono ancora parole quelle che Dio dice
all’uomo, quando dice: “Questo è mio”.
Dio a un certo momento nella nostra vita
dice: “Questo è mio” sul nostro pensiero che pensa Lui.
Lo dice a parole.
E a parole, adesso ci ha detto: “Io e il
Padre siamo Uno”.
Ma fintanto che noi sentiamo parole, non si
realizza mica niente.
Le parole sono necessarie, certo.
Perché le parole ci annunciano cose che
ancora non vediamo e non tocchiamo.
Noi non vediamo e non tocchiamo come il
pensiero che pensa Dio sia di Dio.
Non vediamo e non tocchiamo come il Figlio e
il Padre siano uno.
Però ci viene annunciato
E ci viene annunciato perché noi giungiamo a
vedere (non più a parole), a toccare (non più con i sensi), a riconoscere l’evidenza
di quello che ci è annunciato a parole.
Dietro alle parole di Dio c’è una realtà.
Dietro alla nostra terra c’è un cielo.
Il cielo è la realtà delle parole che ci sono
annunciate in terra.
Fintanto che non si giunge qui, le parole
restano soltanto parole.
E queste parole qui resteranno anche
nell’inferno.
Anche nell’inferno restano queste parole.
Però c’è un abisso che divide la parola dalla
realtà.
L’uomo non è salvato dalle parole, l’uomo è
salvato dalla realtà.
E la realtà si trova soltanto nel cielo di
Dio.
Perché, dopo questi annunci meravigliosi di
vita eterna, di comunicazione che passa tra Padre e Figlio, per noi, Dio ci
presenta la scena di Giudei che prendono le pietre per lapidare Gesù?
Giudei che avevano come centro della loro
religiosità Dio Creatore, che avevano una legge e un tempio, che erano
improntati dalla religione, il cui governo era determinato dalla loro
religiosità.
Perché Dio pone questo rapporto tra le sue
parole e le pietre dei giudei?
Quale lezione ha voluto darci?
L’uomo vivendo perde la Verità.
Raccoglie pietre e perde la Verità.
Come può succedere un fatto simile.
È l’uomo che va in montagna.
Le pietre sono tutte le nostre ragioni del
mondo.
L’uomo vivendo raccoglie ragioni del mondo,
che sono sempre fondate su ciò che si vede, si tocca e si esperimenta e sono le
ragioni degli uomini.
E l’uomo pone queste ragioni in opposizione
alle parole di Dio.
Quando Gesù dice: “Prima che Abramo fosse, Io
sono”, raccolgono pietre.
Qui dice: “Io e il Padre siamo uno”,
raccolgono pietre.
Ecco l’errore grande.
L’uomo a un certo momento della vita scopre
di essere un raccoglitore di pietre.
Anche il denaro e le automobili sono pietre.
Il nostro benessere materiale ed economico, è
tutto pietra.
L’uomo è un terribile raccoglitore di pietre.
Soltanto che raccogliendo pietre, perde la
Verità.
E dobbiamo chiederci quale lezione c’è.
Ed è per arrivare a questo che dobbiamo
premettere l’argomento di questa sera: la religione personale.
Tutte le parole di Dio sulla nostra terra, ad
un certo punto sfociano in un punto ben preciso e l’abbiamo visto le domeniche
scorse.
La necessità per restare in vita è l’unione
tra noi e il Principio.
L’uomo è un essere che si può separare dal
Principio.
L’esempio della vite e dei tralci, è parola
di Dio per noi.
Dio lo dice a noi: “Io sono la vite e voi i
tralci”.
Lui è il principio di tutto.
Noi possiamo separarci e raccogliendo pietre
noi ci disperdiamo, ci separiamo dal Principio.
E separati dal Principio esperimentiamo la
morte, la dispersione.
“Senza di Me fate niente”.
E l’uomo può fare senza Dio e facendo senza
Dio fa niente.
E di qui abbiamo visto la necessità, per
restare nella vita, per restare nella Verità, di restare uniti al Principio.
Però Dio non ci ha forse creati già uniti a
questo principio?
Sì, Dio ci ha creati uniti al Principio, però
noi possiamo separarci.
E come è possibile che noi possiamo separarci
se Dio con la sua volontà, ci ha creati uniti a Sé?
Abbiamo visto che Lui è con noi,
indipendentemente da noi e la sua Presenza in noi, caratterizza l’uomo.
Lo caratterizza a tal punto che l’uomo non si
confonde con nessun animale, con nessuna creatura della terra.
L’uomo è portatore in sé del mistero di Dio,
della presenza di Dio.
A sua insaputa, indipendentemente da lui, che
lo voglia o non lo voglia.
Il che vuol dire che Dio si è unito a noi,
indipendentemente da noi.
Tanto che noi subiamo la sua passione che è
passione d’assoluto.
Tutto quello che arriva a noi,
indipendentemente da noi, non può essere ignorato da noi ma non può essere
conosciuto.
C’è tutto un mondo che arriva a noi,
indipendentemente da noi, che è dato a
noi indipendentemente da noi, che noi non possiamo ignorare ed è tutta l’opera
di Dio, ed è Dio stesso che si dà a noi indipendentemente da noi.
Per cui noi non possiamo ignorare Dio
Creatore come non possiamo ignorare tutta la sua creazione, però non possiamo
conoscere.
Tutto quello che è dato a noi senza di noi,
non possiamo ignorarlo ma non possiamo conoscerlo.
E allora ci sono questi due grandi mondi.
Un mondo che non possiamo ignorare che noi
esperimentiamo, che noi tocchiamo, che non possiamo cancellare, perché arriva a
noi indipendentemente da noi.
Non si può cancellare quello che è volontà di
Dio.
Dio è superiore, è trascendente tutto e
quello che Lui fa è fatto.
E se Lui si è unito a noi, noi non possiamo
minimamente cancellare Lui dalla nostra mente, dal nostro intelletto, dai
nostri pensieri.
E per quanto noi urliamo a destra e a manca
che Dio non c’è, Dio è sempre lì.
Non possiamo cancellarlo, perché Dio
trascende l’io.
Quindi Dio non può essere intaccato da noi.
Dio è in noi indipendentemente da noi, però
c’è un altro mondo ed è il mondo della conoscenza nel quale non si entra senza
di noi.
Abbiamo questi due grandi mondi: il cielo e
la terra.
Dio all’inizio creò il cielo e la terra.
Questi due grandi mondi sono creati
nell’uomo.
Quindi c’è un mondo (presenza di Dio
nell’uomo) che l’uomo esperimenta, tocca, vede e non può ignorare però non lo
può conoscere.
E fintanto che tutto questo mondo esiste
nell’uomo indipendentemente dall’uomo, senza l’uomo, l’uomo non lo può
conoscere.
C’è invece il mondo dei doni maggiori, le
cose che non si vedono e non si toccano e queste sono cose eterne.
La salvezza sta nelle cose eterne.
Però questa salvezza sta nel conoscere le
cose che non si vedono e non si toccano.
Quindi abbiamo questo cielo, in cui ci sono
le cose invisibili a noi.
Le cose eterne, immutabili, assolute.
Alle quali non si giunge senza di noi.
Ecco i due grandi mondi da cui è costituito
l’uomo.
L’uomo non può separarsi da Dio ma l’uomo può
separarsi da Dio.
L’uomo può non entrare nel cielo di Dio.
In ogni uomo c’è il cielo e c’è la terra.
C’è la realtà che l’uomo subisce e tra questa
realtà che l’uomo subisce c’è anche l’assoluto.
In quanto lo subisce non può ignorarlo ma non
può conoscerlo.
E c’è invece il mondo della conoscenza, in
cui non si entra senza di noi.
Ed è in questo mondo della conoscenza che Dio
c’invita a non separarci da Lui.
In questo mondo della conoscenza non si entra
senza il nostro pensiero, senza la dedizione del nostro pensiero.
Quando abbiamo parlato del Dio con noi ci
siamo chiesti “come Dio è con noi?”.
Dio è con noi in quanto ci dona il suo
pensiero.
E noi per essere con Dio, dobbiamo essere con
Dio, come Lui è con noi.
E fintanto che non siamo con Dio come Lui è
con noi, noi non siamo con Dio.
Dio è con noi ma noi non siamo con Dio.
Nel campo dello spirito, non c’è la
reciprocità che c’è nel campo materiale.
Nel campo materiale se un bicchiere è vicino
al piatto, anche il piatto è vicino al bicchiere: c’è reciprocità.
Nel campo dello spirito no.
Nel campo dello spirito e tutti noi lo esperimentiamo, poiché le
persone già appartengo al campo dello spirito, due persone possono essere
fisicamente vicinissime una all’altra ma immensamente distanti nello spirito.
Vicine e distanti.
Nello spirito la vicinanza non è reciproca.
Dio è vicino a noi, vicinissimo a noi, è
unito a noi, non è detto che noi siamo uniti a Dio.
Nel campo della materia una cosa è attaccata
all’altra e viceversa, nel campo dello spirito no.
Dio è con noi in quanto Dio dona a noi il suo
pensiero.
E siamo tutti portatori di Dio.
Tant’è vero che Dio è il problema principale
della vita di ogni uomo.
Volenti o nolenti, atei o credenti che siano.
E l’uomo morendo muore in un problema solo:
Dio c’è o Dio non c’è?
Perché sul letto di morte, tutti gli altri
argomenti spariscono, resta soltanto quello: c’è o non c’è Dio.
Si resta a tu per tu con Dio.
Quindi Dio a un certo momento trova il modo
di convocarci alla sua presenza.
Alla presenza di quel “Tu” che è sempre stato
con noi.
Noi ci troveremo a contatto con quel Dio che,
fin dal principio è sempre stato con noi.
Ma se Dio è sempre con noi, non è detto che
noi siamo con Lui.
E allora che cosa si richiede?
Abbiamo visto che Dio è con noi in quanto ci
dona il suo pensiero.
E allora noi siamo con Dio, soltanto se
doniamo a Dio il nostro pensiero.
Soltanto a quel punto lì, possiamo essere con
Dio, come Dio è con noi.
Quindi le vere unioni si realizzano soltanto
nel pensiero ed in quanto c’è questo pensiero, tutto il resto ci disunisce.
Ecco per cui raccogliendo pietre, noi
perdiamo la Verità...le pietre non sono pensieri.
Siamo sempre in quell’argomento, in cui
stiamo osservando, dove ci conducono le parole di Dio.
Le parole di Dio ci convocano in un punto ben
preciso, stiamo osservando questo.
A questo punto, la creatura capisce che deve
offrire il suo pensiero a Dio, se vuole conoscere quel Dio che non può
ignorare.
Deve dedicare il suo pensiero a Dio.
Deve pensare Dio.
Ed abbiamo detto che è qui che succede la
meraviglia, perché quando la creatura pensa Dio, trova Dio che gli dice, non
più a parole: “Il pensiero con cui tu mi pensi è il mio pensiero”.
E lì la creatura scopre che non è lei a
pensare Dio ma è Dio che si fa pensare col Suo pensiero dalla creatura.
Il Dio che la creatura nel pensiero del suo
io, ritiene sia oggetto del suo pensiero, in realtà è soggetto, principio del
suo pensiero.
Qui avviene la meraviglia e il
capovolgimento.
L’uomo qui non è più punto fisso di
riferimento.
Arrivati qui il punto fisso di riferimento è
Dio, Dio principio dello stesso pensare dell’uomo.
Ed è qui che il Figlio ci fa giungere quella
parola stupenda: “Io e il Padre siamo uno”.
Ecco, le parole di Dio ci convocano qui.
A questo punto, l’anima è lanciata nel cielo
di Dio.
Perché le parole che vengono dette sono
soltanto parole.
Però in quanto vengono dette ci annunciano
una realtà.
E noi siamo salvati dalla realtà, non dalle
parole.
Ci annunciano una realtà, alla quale noi dobbiamo
approdare.
Qui non c’è più niente del nostro mondo, qui
non c’è più niente della nostra terra.
Qui si può entrare e scoprire la realtà che
sta dietro a queste parole: “Io e il Padre siamo uno” soltanto in quanto, con
questo pensiero di Dio su cui Dio ha detto £”Questo è mio”, noi ci lanciamo nel
cielo di Dio.
E il cielo di Dio è Dio stesso.
Soltanto in quanto pensiamo Dio, ci
immergiamo in questo mare di eternità, di assoluto, d’infinito di Persona,
soltanto lì, noi possiamo intendere, conoscere. Capire come il Figlio e il
Padre siano uno.
Dio tutto è un mare di trasparenza.
Presso Dio tutto è comunicazione.
Non ci sono ombre e non c’è notte.
Tutta l’opera di Dio, tutto questo parlare di
Dio ci convoca in questo punto, in cui c’è un salto da fare dalla terra al
cielo, dal nostro mondo, allo spirito di Dio.
Per immergerci nel cielo di Dio, nello
spirito di Dio.
E nel cielo di Dio ci si immerge in un modo
solo: col pensiero e col pensiero di Dio.
Ecco per cui ho detto che s’affaccia il
problema della religione personale.
Qui il problema diventa un problema di
pensiero.
Gesù dice: “Eravate del mondo, Io vi ho
portati via al mondo”!
Ecco il parlare di Dio cosa fa dentro di noi.
Di noi che siamo immersi in questo mondo, di
noi che stiamo raccogliendo pietre.
Dio viene e attraverso il suo parlare ci
porta via al mondo.
Perché?
Perché c’immerge nel cielo di Dio e il cielo
di Dio non è più il mondo.
Il mondo è fatto di parole, il cielo di Dio è
realtà.
È la realtà che le parole annunciano e che
noi non possiamo smentire ma è realtà che nel modo più assoluto, noi non
possiamo trovare, se non attraverso la dedizione del nostro pensiero (che non è
nostro pensiero) a Dio.
Che cosa vuol dire offrire il nostro pensiero
a Dio per trovare la realtà di Dio?
Qui comincia a vedersi un panorama
completamente nuovo da quel panorama che noi siamo soliti esperimentare qui
sulla nostra terra, nel nostro mondo.
Nel nostro mondo noi esperimentiamo questo:
noi prima troviamo la realtà, prima troviamo le presenze, prima esperimentiamo
le presenze.
Tutto il nostro mondo qui in terra è
determinato da fatti, da realtà, da corpi, da presenze fisiche che noi
incontriamo e poi (se accade) cominciamo a capire qualche cosa, a conoscere
qualcosa.
Tanto che noi all’ultimo della vita diremmo
piangendo: “Se avessi saputo”.
Perché tutte le nostre scelte, noi le
facciamo per le presenze fisiche che noi incontriamo nella nostra vita.
Determinati dai nostri sentimenti, da quello
che esperimentiamo di piacevole o spiacevole, di gustoso o di disgustoso.
Per cui qui, sul nostro mondo, sulla nostra
terra, prima di tutto noi esperimentiamo la presenza e poi conosciamo qualcosa.
E man mano che conosciamo ci accorgiamo di
avere sbagliato a fare delle scelte in base alle presenze, in base alla realtà.
Invece nel cielo di Dio, avviene un
capovolgimento.
Perché il cielo di Dio è il luogo in cui si
conosce.
E soltanto conoscendo si trova la realtà, la
verità.
Quindi piena luce, piena conoscenza.
La Verità si trova solo conoscendola.
E solo quando si conosce si trova.
Quindi qui scopriamo che abbiamo un
capovolgimento rispetto alla terra.
Nella terra prima troviamo e poi conosciamo.
E quando conosciamo capiamo che quello che
avevamo trovato era sbagliato.
Nel cielo di Dio prima conosciamo e soltanto
conoscendo troviamo.
Allora capiamo che nel cielo di Dio l’essere
si comunica attraverso la conoscenza.
E se non c’è la conoscenza non si comunica
l’essere.
Non si esperimenta l’essere.
E se non si esperimenta l’essere cosa si
esperimenta?
Si esperimenta il non essere.
Che è il niente.
Perché l’essere solo è.
Il niente è una conseguenza dell’essere non
conosciuto.
Quindi c’è un rapporto strettissimo tra la
conoscenza e l’essere, la realtà.
Allora si capisce come possa esserci un
inferno e un paradiso.
L’inferno è non conoscenza di Dio e questo
vuol dire non esperimentare la presenza di Dio.
E non c’è nessun Demonio, per quanto sia
profondo l’inferno, che possa smentire che Dio sia presente.
Dio è presente e nessuno lo può cancellare.
Però non si esperimenta, non si conosce, non
si capisce.
E non si capisce, non si esperimenta Dio
perché non si conosce.
Nel regno della Verità, nel cielo di Dio,
l’essere, la presenza dell’essere, si comunica solo attraverso la conoscenza.
Qui già possiamo intuire come lo Spirito
Santo che è lo spirito della Presenza del Padre e del Figlio, è conseguenza
della conoscenza del Padre e del Figlio.
Si può capire come lo Spirito Santo procede
dal padre e dal Figlio: “Io ve lo manderò dal Padre”.
Io (Figlio) ve lo manderò dal Padre.
Cioè si può capire come l’essere e quindi
l’esperienza della presenza di Dio, sia una conseguenza della conoscenza del
Padre e del Figlio.
Tutto questo mondo che è strettamente legato
alla conoscenza, a tal punto che Gesù dice che la conoscenza è vita eterna, è
strettamente legato alla dedizione del pensiero nostro a Dio.
Ecco per cui i doni maggiori non giungono a
noi senza di noi, senza la dedizione personale del nostro pensiero a Dio, noi
ce lo possiamo sognare l’incontro con Dio.
Noi saremo sempre alla stessa distanza da
Dio.
Pur non potendolo negare, pur non potendolo
ignorare.
Lui sarà sempre alla stessa distanza da noi.
E noi non esperimenteremo la sua presenza.
Difetto di conoscenza perché non dedichiamo
il nostro pensiero a Dio.
Si entra quindi nel cielo di Dio, soltanto
personalmente.
Perché il pensiero è un fatto essenzialmente
personale.
Qui non è più un problema sociale,
d’istituzioni, di religione o morali, è un problema di dedizione personale del
nostro pensiero a Dio.
Sostenuti dalle parole stesse di Dio, perché
sono quelle parole che ci annunciano una realtà che ancora non vediamo, che ci
fanno interrogare e che ci fanno dedicare il nostro pensiero a Dio.
L’infinito si comunica soltanto all’infinito.
L’eterno si comunica soltanto attraverso
l’eterno.
L’assoluto soltanto attraverso l’assoluto.
La luce viene soltanto dalla luce.
La vita viene soltanto dalla vita.
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio
vero.
Soltanto in quanto a noi è data la
possibilità di pensare personalmente Dio, soltanto da Dio, noi abbiamo questa
possibilità di attingere l’essere di Dio.
Quell’essere che fa del Padre e del Figlio
una cosa sola e quindi che fa la vita.
Perché la vita sta nell’unione.
Noi esperimentiamo la non vita, appunto
perché esperimentiamo la non unione.
Dio ci rivela dove sta l’unione e Dio ci
rivela che dando a noi il suo Pensiero ci dà la possibilità di formare una cosa
sola con Lui, come il Figlio e il Padre sono una cosa sola.
Ma se noi non dedichiamo il pensiero a Dio
come il Figlio dedica il suo pensiero al Padre, noi nel modo più assoluto, non
possiamo ricevere quell’essere che forma una cosa sola.
Perché ciò che forma una cosa sola tra Padre
e Figlio è l’essere di Dio.
Il Figlio riceve l’essere da Dio conoscendo
il Padre.
Conoscendo il Padre, il Figlio riceve
l’essere dal Padre e siccome l’essere è uno solo, riceve l’essere del Padre.
Qui è la rivelazione della vita.
La vita sta in questa unione.
È nell’unione che noi abbiamo la possibilità
di esperimentare Dio.
Di ricevere quello spirito di Verità che è lo
spirito di Dio, che è presenza di Dio, che è Realtà.
Qui scopriamo qual’è la vera opera richiesta
all’uomo, il vero lavoro richiesto all’uomo.
Tra Marta e Maria chi faceva il vero lavoro
non era Marta, era Maria.
E Maria cosa faceva?
Faceva essenzialmente niente
Stava ad ascoltare il Maestro.
Seduta ai piedi di Gesù stava ad ascoltare.
E che cosa diceva?
Gesù parlava del regno di Dio.
E cosa vuol dire parlare del regno di Dio?
Gesù essendo Figlio di Dio, guardava tutte le
cose da Dio.
Guardava tutte le cose dal Padre.
E guardando dal suo punto di vista,
comunicava e comunica le cose dal suo punto di vista.
Ecco il vero lavoro chiesto ad ogni uomo.
Per questo ogni uomo deve sudare.
Questo è quel pane che rimane eternamente.
“Non sudate per il pane che passa,
affaticatevi per il pane che non passa e che il Figlio dell’uomo vi dà”.
Questo è il vero lavoro nel quale ogni uomo
deve impegnarsi: è quello di ascoltare e di capire ciò che Dio gli comunica.
Soltanto ascoltando e capendo e quindi
dedicando il suo pensiero a Dio, soltanto conoscendo, l’uomo entra a fare
esperienza di Dio.
Quell’esperienza che diventa sua vita.
GV 10 VS 31 - Di nuovo
i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo.
Secondo tema – Presi e lasciati.
Argomenti: Il dialogo
tra terra e cielo – La religione personale – La morte, l’ultima grazia di Dio –
“Questo è mio” – Dio oggetto/soggetto del pensiero dell’uomo – La possibilità
di unificare – La comunicazione – Autorità esterna e interna – Il mutamento
della creazione – La proposta di superare il pensiero dell’io -
16-17/ Febbraio /1992
Domenica scorsa, abbiamo visto come tutte le parole di Dio,
convergano verso un punto ben preciso che segna un passaggio, una Pasqua nella
vita di ogni uomo.
L’uomo che è costituito di due parti essenziali: il cielo
e la terra.
E il cielo è Dio.
E l’uomo è costituito dal Tu di Dio.
Una presenza che l’uomo non vede e non tocca, perché Dio
non è relativo all’uomo.
Ma è una presenza che l’uomo porta nella sua mente, nei
suoi pensieri, indipendentemente da sé.
E poi abbiamo tutta l’opera attraverso cui Dio si
annuncia, si significa all’uomo.
Tutta la creazione, l’universo, l’ambiente, la storia, la
vita stessa di ogni uomo, in cui l’uomo è inserito, costituisce la terra, la
nostra terra.
Però terra e cielo non sono separate l’una dall’altra,
anzi.
C’è una interferenza continua tra una e l’altro, direi che
c’è un dialogo continuo tra il cielo e la terra.
E questo dialogo continuo tra il cielo e la terra avviene
dentro ogni uomo.
L’uomo non può ignorare Dio.
Dio, l’uomo lo ha presente.
Dio Creatore, nessuno lo può ignorare.
E tutta l’opera di Dio, quindi la terra in cui l’uomo
vive, in continuazione, sollecita l’uomo a tenere presente Dio.
Per cui la terra è fatta bene.
Tutto l’universo è fatto bene.
Tutta la creazione è fatta molto bene da Dio.
Perché tutto aiuta l’uomo a ricordare il Creatore.
Tutto lo fa pensare a Dio.
Fa pensare all’uomo Dio.
C’è un interscambio continuo tra terra e cielo.
In questa opera che Dio fa per l’uomo, Dio convoca l’uomo
in un punto ben preciso, in cui c’è un passaggio.
C’è un salto di qualità.
La volta scorsa abbiamo parlato di religione personale.
A un certo momento nella vita dell’uomo s’inaugura (per
opera di Dio) una religione personale.
La religione personale.
Perché?
Perché l’opera di Dio converge su due punti, due parole
ben precise.
L’uomo è condotto a pensare Dio
L’uomo può trascurare Dio.
Ma Dio opera sulla terra per far pensare l’uomo.
Per far pensare all’uomo Se stesso: Dio.
L’uomo non può ignorare Dio creatore di tutte le cose.
Però può trascurarlo.
Può non pensarci.
Però ci sono gli avvenimenti (opera di Dio) che in un
modo o nell’altro fanno pensare Dio all’uomo.
E Dio per farsi pensare, a un certo momento conduce
l’uomo alla morte.
Addirittura porta l’uomo ad assistere alla propria morte.
A farlo spettatore dell’anniantamento, della distruzione
di tutto il suo universo, di tutta la sua creazione.
Pur di portarlo a pensare Lui.
E l’uomo nella morte, si trova unicamente, a tu per Tu
con Dio.
Di fronte a Dio.
Convocato a Dio.
Ecco, Dio ha portato a compimento la sua opera.
E se l’uomo non ha capito prima, la porta a compimento
con la morte.
Con la morte dell’uomo.
L’uomo nella morte è convocato a Dio.
È posto a tu per Tu con Dio.
Può darsi che lì capisca.
La morte è l’ultima grazia che Dio offre all’uomo.
Dio dopo aver creato tutte le cose, dopo aver parlato a
lungo con l’uomo, dopo aver operato nella vita dell’uomo in tutti i modi, Dio a
un certo momento, pur di convocare l’uomo alla Sua Presenza che è la salvezza dell’uomo, Dio annulla
tutte le sue opere.
Dio annulla tutto.
Lui creatore di tutto, annulla tutto.
Pur di salvare un pensiero solo dell’uomo.
Lui che per un pensiero dell’uomo ha creato tutto
l’universo, ed è disposto a creare mille universi per un pensiero dell’uomo
(S.Givanni della croce), Dio per un pensiero dell’uomo, annulla tutte le
creature, annulla tutto il suo universo, tutta la sua creazione, per collegare
il pensiero dell’uomo con Se stesso.
In modo che l’uomo non abbia a perdersi.
Perché c’è questo rischio.
L’uomo può perdersi.
Lo vedremo alla conclusione di questo argomento.
Può sull’uomo prevalere il nulla, il niente, il vuoto, ed
è la perdizione dell’uomo.
Ma prima che questo accada, Dio stesso per opera sua,
annulla, fa il vuoto di tutto.
Forse l’uomo capirà.
Su questo orizzonte c’è una prima parola chiara da parte
di Dio
All’uomo condotto a pensare Dio, Dio dice sul pensiero
dell’uomo: “Questo è mio”.
Ecco, sul pensiero dell’uomo che pensa Dio, Dio dichiara:
“Questo è mio, il pensiero con cui tu mi pensi, non è tuo pensiero ma mio
Pensiero”.
Questo è il punto cruciale di tutta l’opera di Dio.
Se tutto l’operare di Dio è per condurre l’uomo a pensare
a Dio, è in questo punto che arriva il miracolo, la transustanziazione.
C’è il cambiamento completo di tutte le cose, perché
cambia il punto di vista.
Dio fa suo, quello che l’uomo ritiene suo.
Ritiene suo per opera di Dio!
“Che cosa è l’uomo che Tu te ne ricordi” dice il salmo.
Dio pone nell’uomo il suo Pensiero.
Abbiamo detto che Dio è con l’uomo.
Ci siamo anche chiesti come Dio è con l’uomo.
Il grande problema dell’uomo è quello di essere con Dio
come Dio è con l’uomo.
Dio è con l’uomo, perché offre all’uomo il suo Pensiero.
Ma qui dobbiamo andare più avanti, che cosa vuol dire
offrire il suo pensiero all’uomo?
Vuol dire che Dio si fa oggetto del pensiero dell’uomo.
Lui, Dio che è il soggetto, il principio, il creatore
dell’uomo e del pensare dell’uomo, Lui si fa oggetto del pensiero dell’uomo.
Per cui l’uomo può pensare Dio ma quando pensa Dio, Dio è
oggetto del pensiero dell’uomo.
Ora, fintanto che Dio per l’uomo è oggetto del suo
pensiero e quindi l’uomo è il soggetto, l’uomo si trova nella impossibilità
assoluta di unificare oggetto e soggetto.
È Qui che c’è il tormento dell’uomo, la tristezza
dell’uomo.
Perché l’uomo è una passione d’assoluto.
E passione d’assoluto vuol dire che è passione di unità,
di unificazione.
L’uomo tende a unificare tutto, a costo di coprire tutto
l’universo di menzogna.
Ma l’uomo subendo la passione d’assoluto, subisce la
passione di unificare tutto.
Ma quando l’uomo, nel pensiero del suo io, si trova ad
avere Dio come oggetto del suo pensiero (figlio dell’uomo) e lui soggetto del
suo pensiero, l’uomo si trova nell’impossibilità assoluta di unificare soggetto
e oggetto.
Perché non può giustificare l’oggetto del suo pensiero
(Dio) nel soggetto del suo pensiero (io).
Non lo può giustificare, nel modo più assoluto.
E questo si riflette in tutta la creazione, in tutta
l’opera di Dio.
Di fronte a un filo d’erba, il filo d’erba è oggetto del
pensiero dell’uomo e l’uomo è soggetto.
E l’uomo non può unificare il filo d’erba nel suo
pensiero.
Questa impossibilità di unificare è il tormento
esistenziale di ogni uomo che se ne rensa conto o meno.
Lo chiamerà con molti modi perché l’uomo quando non è
cosciente dà molti nomi.
E anche al suo stesso tormento, alla sua ansia e alla sua
tristezza, l’uomo dà molti nomi.
L’uomo non sa definire il suo male.
Però l’uomo si trova in questo tormento.
L’uomo ha la passione dell’assoluto e quindi
dell’unificazione di tutto e non riesce ad unificare.
Non riece a giustificare.
Dopo che la parola di Dio ha detto all’uomo: “Questo è
mio”, abbiamo la possibilità di unificazione.
La possibilità di unificare è dove c’è il principio
dell’unificazione di tutto: “Io e il Padre siamo Uno”.
Ecco dove c’è la sorgente dell’unità.
E quindi dove c’è il principio dell’unificazione.
Dove l’uomo ha la possibilità di unificare e quindi
praticamente di realizzare quella passione di unità che lui porta dentro di sé.
Perché l’uomo è fatto per Dio e Dio è uno solo.
Ecco queste due grandi parole, questi due grandi termini
che segnano questa Pasqua, questo punto di passaggio, al quale Dio convoca ogni
uomo, non fosse altro che con la morte.
E l’uomo con la morte si trova a tu per Tu con questo Dio
che guardandolo dice all’uomo: “Il pensiero col quale tu mi pensi, è il mio
pensiero”.
Per cui a questo punto Dio diventa il principio, diventa
il soggetto.
L’uomo non è più il soggetto.
Dio diventa il soggetto.
Dio recupera Se stesso come principio.
Come Verità, come creatore.
Come creatore dell’uomo.
Rivelando “Io e il Padre siamo uno” apre all’uomo la
possibilità di unificare.
Il che vuol dire che la possibilità di unificazione,
viene soltanto dalla conoscenza di come il Padre e il Figlio siano uno.
La capacità viene dalla conoscenza.
Dio ci annuncia le cose sulla nostra terra, attraverso
tutte le sue opere e sono parole di Dio.
Le parole non ci salvano, però le parole di Dio sono
necessarie.
Quello che ci salva è la conoscenza della Realtà.
La conoscenza della Verità.
Tutte le parole di Dio ci annunciano la Verità ma non ce
la danno.
E perché non ce la possono dare?
Perché le parole di Dio arrivando all’uomo, si fanno
oggetto del pensiero dell’uomo.
E fintanto che l’uomo ha qualche cosa davanti a sé, come oggetto
suo, non può nel modo più assoluto trovare la realtà.
Perché l’uomo non è la realtà e non è il principio della
realtà.
Quindi l’uomo non è il principio dell’oggetto che lui sta
pensando.
L’uomo non è il principio del filo d’erba che sta
pensando.
Come l’uomo non è il principio di Dio che sta pensando.
L’uomo ha la possibilità di pensare Dio, perché Dio
creando l’uomo si fa oggetto del pensiero dell’uomo.
È grazia di Dio.
Ed è la condizione essenziale, perché se l’uomo non
potesse pensare Dio, non capirebbe nessun linguaggio di Dio.
Però Dio facendosi oggetto, mette l’uomo nella
impossibilità di unificazione e quindi di realizzazione delle Sue Parole.
Dio che si fa oggetto del nostro pensiero è una cosa
essenziale, sia ben chiaro.
Non è un lusso per l’uomo che l’uomo possa pensare Dio.
Se l’uomo non potesse pensare Dio, l’uomo sarebbe
animale.
E tutto il linguaggio e il parlare di Dio sarebbe tutto
vuoto, perché l’uomo non potrebbe
percepirlo.
Quando abbiamo parlato della comunicazione, abbiamo visto
che la condizione essenziale perché si possa comunicare è che tra colui che
riceve la comunicazione e colui che la trasmette, ci sia un punto in comune, la
stessa lunghezza d’onda.
Altrimenti la comunicazione non passa.
Dio sta comunicando con l’uomo.
Tutta la creazione e tutta la nostra vita è tutta una
comunicazione di Dio.
Ma perché questa comunicazione passi, è necessario che
nell’uomo ci sia lo stesso pensiero che è in Dio.
Ecco per cui Dio, creando l’uomo ha posto nell’uomo il
suo stesso Pensiero.
Perché in questo suo Pensiero c’è la possibilità di
comunicazione Dio-uomo.
Però qui c’è un grande rischio.
L’uomo avendo in sé il pensiero di Dio, lo ritiene “suo”
pensiero e ritiene che Dio sia oggetto del suo pensiero.
E qui si forma nell’uomo un dubbio tremendo che lo può
potratre all’inferno.
Ecco per cui c’è il rischio dell’inferno.
Il Pensiero di Dio nell’uomo è essenziale perché l’uomo
possa ricevere la comunicazione di Dio, quindi conoscere Dio e quindi di
entrare nella vita eterna.
Ma questo stesso Pensiero può essere motivo di dannazione
per l’uomo.
Perché l’uomo può dire: “io sono”.
Perché l’uomo può dire di essere lui a pensare Dio.
Perché l’uomo può arrivare a dubitare che Dio ci sia,
perché è lui che lo pensa.
Ecco per cui a un certo momento, Dio recupera questo
pensiero che ha dato all’uomo per dargli la possibilità di ricevere le sue
comunicazioni.
Dio recupera questo suo pensiero dicendo: “Questo è mio”.
Qualcuno aveva chiesto quale cambiamento avviene nell’uomo
dopo sentirsi dire sul suo pensiero che
pensa Dio: “Questo è mio”.
C’è un capovolgimento enorme.
Come c’è un capovolgimento enorme tra il pane che viene
offerto nella messa e la Parola di Dio che se ne appropria, dicendo: “Questo è
il mio corpo”.
C’è un abisso tra una cosa e l’altra.
Perché prima era l’uomo che pensava.
Perché prima era l’uomo che offriva.
Perché prima era l’uomo che dedicava qualcosa a Dio.
Qui invece l’uomo scopre che non è lui che pensa Dio, ma
è Dio che si fa (si fa!) pensare dall’uomo.
È Lui il principio di tutte le cose.
È Lui che opera tutto in tutti.
Tant’è vero che coloro che hanno scoperto Dio dicono che
è Lui che opera in noi il volere e il fare.
Vedono in tutto Dio principio di tutte le cose.
Quindi tutto il parlare e operare di Dio, fa convergere
l’uomo verso questo punto in cui avviene il capovolgimento.
In cui l’uomo, anziché vedere sè come il principio del
proprio pensare Dio, vede Dio come principio del proprio pensare.
Quindi come Dio che genera nell’uomo il Suo stesso Pensiero.
Qui non si parte più dall’uomo, qui si parte da Dio.
Qui si entra nel cielo di Dio e si cominciano ad
assorbire tutte le parole di Dio, tutte le opere di Dio in questo cielo.
È in questo punto qui che avviene la scoperta della
religione personale.
Religione personale perché?
Perché tutto è incentrato sul pensiero.
Sul pensiero dell’uomo.
Su quel Pensiero che Dio ha dato all’uomo al punto tale
che l’uomo lo ritiene suo pensiero.
E non c’è nulla di più personale e più segreto del
pensiero.
Nessuno conosce i nostri pensieri.
Tanto sono segreti, tanto sono personali.
Gli altri possono conoscere il nostro corpo, i nostri
sentimenti, le nostre abitudini ma il pensiero no.
Il pensiero è personale.
E Dio lo ha dato personalmente all’uomo.
Ora, è proprio su questo fatto, essenzialmente personale,
il pensiero dell’uomo, che Dio opera un capovolgimento.
E quindi questo capovolgimento è un fatto essenzialmente
personale.
Se l’uomo non pensa Dio, se l’uomo non fa Dio oggetto del
suo pensiero, non incontrerà mai questa parola di Dio che gli dice: “Il tuo
pensiero è Mio”.
Si lo sentirà a parole, come lo sentiamo a messa ma
quello non cambia assolutamente niente.
Ma se personalmente pensa Dio e in questo pensare Dio
scopre da Dio, che Dio è il principio di quel pensiero, che Dio è l’autore di
quel pensiero, qui abbiamo un fatto essenzialmente personale.
Che inaugura una religione personale, in contrapposizione
alla religiosità di prima che era una religiosità sociale, ufficiale, quella
religiosità istituzionalizzata.
Qui s’inaugura una religione con dei problemi enormi,
profondissimi.
Perché l’uomo qui, è stato condotto a scoprire
personalmente una verità enorme.
Quella verità che Dio è il principio del nostro pensare.
Qui s’inaugura un rapporto personale tra l’anima e Dio.
Tra l’anima e il suo Creatore.
Tra l’anima e il suo Padre.
Ed inizia un rapporto tutto nuovo che non sconfessa
quelli di prima.
Però vede questo come la conclusione di tutta l’opera
precedente.
Di tutta l’opera che Dio ha fatto per condurlo a questo
punto qui.
A questo punto avviene un’apertura a dei problemi enormi.
È Dio che inaugura questi problemi enormi.
Soprattutto il rapporto tra l’autorità e la conoscenza
della Verità.
È un problema enorme.
La conflittualità tra il mondo esterno e il mondo
interno.
E che rapporto ha il mondo esterno con il mondo interno.
È il mondo esterno che deve prevalere oppure è il mondo
interno che deve prevalere?
Abbiamo sentito stamattina qualcuno parlare dei problemi
dell’obbiezione di coscienza.
Quanta difficoltà, quante obbiezioni, di fronte a dei
problemi che non si sanno impostare.
E non si sanno impostare, perché ci si trova su dei piani
assolutamente diversi.
Sostanzialmente è il rapporto tra l’autorità esterna e
l’autorità che ti convince dentro.
L’uomo è stato creato per la Verità, questo è il vero
diritto che l’uomo porta dentro di sé e lo porta di fronte a tutti.
E lo ha dichiarato Gesù a soli dodici anni di fronte ai suoi
genitori: “Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
E lo ha dichiarato mica per loro ma per tutti noi.
E questo lo ha detto per tutti noi, all’inizio della
vita.
È l’inizio dell’uomo che comincia ad essere consapevole.
Questo è il vero diritto che ha ogni uomo.
Ed è un diritto che l’uomo deve gridare a tutto
l’universo e a tutte le creature.
Parenti vicini e lontani.
Autorità vicine e lontane.
L’uomo ha il diritto e quindi ha il dovere di affermare
di fronte a tutti: “Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre
mio?”.
Noi siamo stati creati per occuparci di Dio.
Noi abbiamo il diritto di occuparci di Dio.
Noi abbiamo il dovere di affermare questo diritto.
A costo di perdere la vita.
Alla conoscenza della Verità si arriva personalmente.
Non si arriva in gruppo.
Non si arriva in massa.
Non si arriva con la chiesa.
La chiesa non ci salva.
Le istituzioni non ci salvano.
Le regole non ci salvano.
I conventi non ci salvano.
Chi ci salva è Dio e solo Dio.
Ed a Dio si giunge personalmente.
“Uno sarà preso e l’altro lasciato”.
Ma è stupendo questo fatto qui.
Perché la parola di Dio quando giunge a noi ci porta su
quella soglia su cui c’è la Pasqua, il passaggio.
Il passaggio dalla vita che fanno tutti, dalla vita
ufficiale, dalla vita secondo l’ubbidienza all’autorità ad una vita che è vita
di ribelle.
Alla vita di uno che ha in se stesso la ragione del suo
vivere.
Dio ci conduce lì, perché la conoscenza è un fatto
essenzialmente personale.
C’è nel Cantico dei cantici quella ragazza che dice che i
fratelli l’hanno messa a vegliare sulla vigna e : “Io non ho vegliato sulla mia
vigna, non l’ho custodita”.
Ecco la ribellione.
Il mondo a un certo momento, tende a strumentalizzare
l’uomo.
Tende ad appropriarsi dell’uomo.
Tende a farlo servire alle proprie istituzioni, ai propri
istituti, alle proprie regole.
E l’uomo invece ha questa nostalgia dell’assoluto, questo
bisogno di Verità, di capire che a un certo momento fa sentire la sua voce e il
suo grido.
Si muore soli.
Qui non conta più nessuno.
Il che vuol dire che Dio attraverso tutto il suo operare,
ci conduce al punto in cui tu sei condotto solo di fronte al vero, grande
problema della vita.
Dio è il vero problema di ogni uomo.
Il Pensiero di Dio che ogni uomo porta dentro di sé, può
essere motivo di salvezza o di dannazione.
E lo è se l’uomo non incontra quel punto in cui Dio gli
dice: “Il pensiero con cui tu mi pensi è il mio Pensiero”.
Questa parola non si ode come parole, ma si ode come
costatazione di realtà.
E la costatazione di realtà la si ha soltanto guardando
personalmente Dio.
Perché Dio è la grande realtà, il cielo è la realtà.
Un tempo i Padri dicevano: “La nostra patria è il cielo,
la nostra città è il cielo, siamo abitanti del cielo di Dio”.
Perché?
Ma perché questa è la vera realtà.
La realtà non è la nostra terra.
La terra sono segni di Dio.
E come tutti i segni passano.
E voglio vedere qualcuno che lo smentisca.
Tutto è soggetto al tempo e il tempo.
E il tempo cosa vuol dire?
Il tempo vuol dire che ti fa passare tutte le cose.
Notiamo che questa realtà, questo mondo, queste creature
che tutti vivendo esperimentiamo, tocchiamo, è tutto in mutamento.
Tutto in mutamento!
Non c’è un attimo in cui questa realtà sia ferma.
È in cambiamento continuo.
Sono come le onde del mare.
Tutte le creature sono in continuo movimento.
Siamo noi che ci illudiamo nel pensiero dell’assoluto che
una creatura sia stabile.
No, quella creatura è in movimento.
E se è in movimento vuol dire che ti delude, attimo per
attimo.
Tu non riesci a fermarla un momento.
Come non riesci a fermare le parole che uno ti dice.
Nel pensiero c’è la stabilità, ma il pensiero è nel
cielo.
Nel cielo c’è l’immuitabilità.
Dio è l’immutabile.
Tutta la terra, quindi tutti i segni di Dio, essendo
segni, parole, sono soggetti a questo mutamento continuo.
Mutamento continuo perché ci annunciano lo Spirito.
E lo Spirito è eterno, i segni dello Spirito no.
Ecco per cui le parole e i segni non salvano.
Ti mettono in movimento, però non ti salvano.
Chi ti salva è lo Spirito, è la Realtà.
Quella Realtà che è assoluta, immutabile, eterna e
soltanto attingendo lì trovi la salvezza.
Tutto coopera per portarti lì, ma non è detto.
Perchè?
Perché l’opera di Dio ti conduce a quel passaggio in cui
le cose non le devi vedere dal tuo punto di vista ma le devi vedere dal punto
di vista di Dio, e questo passaggio è una proposta, è unicamente una proposta.
Questo passaggio non viene imposto.
Per questo uno sarà preso e l’altro lasciato.
Ma perché non prende tutti?
Perché su quel punto, la Parola di Dio non arriva come
imposizione, arriva come proposta.
E perché arriva come proposta?
Perché richiede che l’uomo superi il pensiero del suo io,
rinneghi se stesso, dimentichi se stesso.
Ed è soltanto la proposta che ti può far fare questo
passaggio.
Non te lo può imporre il passaggio.
Perché?
Perché Dio stesso è il creatore del tuo io.
Dio non può andare contro Se stesso.
Se Dio ha creato il tuo io, non te lo può annullare come
imposizione.
Ti può soltanto proporre di rinnegare il tuo io, di
superare il tuo io, di morire al tuo io, di dimenticare te stesso, per guardare
le cose dal suo Punto di vista.
Il cielo, l’abbiamo detto spesso, è il luogo in cui tutte
le cose hanno come punto fisso di riferimento Dio.
E per poter entrare nel cielo di Dio, bisogna poter
guardare dal punto di vista di Dio.
Ma per poter guardare dal punto di vista di Dio, io debbo
superare tutti i miei punti di vista, soprattutto il punto di vista del mio io.
Ecco perché la Parola di Dio qui, arriva come proposta.
Perché mi deve offrire la possibilità di superare quello
che Dio mi ha dato, il pensiero del mio io in nome della Verità.
Perché devo superare me stesso?
“Perché Tu Signore sei il Creatore”.
In nome della Verità, in nome della giustizia, perché io
non sono il Creatore.
Io non sono il soggetto dell’opera di Dio.
In nome della Verità, in nome dell’Assoluto, in nome del
Dio Creatore, pur avendo la possibilità di pensare me stesso, devo poter dire:
“Signore tu mi dai la possibilità di pensare a me stesso ma io non voglio, io
voglio pensare a te, perché sei Tu il Creatore”.
Ecco per cui la nostra anima è fatta per generare la
Verità di Dio.
È l’uomo che deve concepire la Verità di Dio.
E deve concepirla perché non è l’uomo il Creatore.
Dio è il Creatore e se è Lui il Creatore, io non voglio
più guardare le cose dal mio punto di vista.
Devo guardare le cose dal suo punto di vista.
I figli di Dio nascono liberamente, non nascono per
imposizione.
Perché c’è questa possibilità, questa proposta che uno
sarà preso e l’altro lasciato.
Perché è un fatto essenzialmente personale.
Non c’è nessuna autorità al mondo che ti faccia fare
questo passaggio.
Non c’è nessun sacramento al mondo che ti faccia fare
questo passaggio.
È soltanto il Pensiero di Dio che si offre a te, per
farti capire che il pensiero con cui tu pensi Dio non è il tuo pensiero ma è
Pensiero di Dio.
GV 10 VS 31 - Di nuovo
i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo.
Terzo tema - Pietre contro il Cielo.
Argomenti: La follia di Gesù e la
follia del mondo – Le parole insopportabili – Il destino dell’uomo – La
religione personale - Il prezzo di Dio –
Dio oggetto/soggetto del pensiero – La persona – L’attenzione a Dio – Capire la
Parola di Dio – Presi e lasciati – Homo faber e sapiens – Dio il ladro – Il
linguaggio delle pietre – La battaglia con l’arcangelo Gabriele – Partecipare
alla generazione del Figlio dal Padre.
23-24/ Febbraio /1992
Finalmente oggi siamo giunti al tema della
pietre.
Evidentemente si era creata una situazione di insopportabilità, tra
quello che diceva Gesù e la mentalità dei giudei.
Prendono delle pietre per lapidarlo.
Tutto è parola di Dio.
Tutto quello che accade è voluto da Dio.
Anche queste pietre per lapidare Gesù sono
volute da Dio.
Come sarà voluta da Dio la crocifissione del
Cristo.
Perché apparteniamo al regno di Dio.
Uno solo è il Creatore, uno solo è Colui che
regna in tutto.
Tutto è in suo governo.
Tutti i fatti hanno un loro significato,
perché tutto è Parola di Dio.
E soprattutto quello che è avvenuto attorno a
Cristo, vicino a Cristo è una parola carica di significato per la nostra vita
essenziale, perché la nostra vita è nascosta in Dio.
La nostra vita è nel cielo di Dio.
La nostra vita sta nel conoscere la Verità,
nel conoscere Dio.
E Cristo è il Dio tra noi.
Cristo è Colui che parla tra noi la Verità.
Quella Verità che è nostra vita.
Per cui Giovanni dice: “Noi abbiamo visto la
vita tra noi, quella vita che era in principio presso Dio, noi l’abbiamo
vista”.
E come l’hanno vista?
La nostra vita è la Verità, è la conoscenza
della Verità e si sono trovati con Uno che faceva vedere loro la Verità e
vedendo la Verità, hanno visto la vita.
Gli uomini muoiono perché non vedono la
Verità, perché non giungono a conoscere Dio.
Eppure è detto, è annunciato, è gridato in
tutti i fatti e gli avvenimenti della nostra vita.
Ogni giorno è gridato a noi che la nostra vita
sta nel conoscere Dio, sta nel cercare Dio.
Siamo stati creati per un fine ben preciso
quello di conoscere Dio.
E noi viviamo in quanto c’impegniamo a
conoscere Dio.
Qui c’era la vita che stava parlando loro la
Verità.
Eppure arriva un certo momento in cui questo
parlare diventa insopportabile.
Quante volte i giudei, hanno preso le pietre
per lapidarlo?
Poi arriveranno a metterlo in croce ed ad
ucciderlo.
“Avete ucciso la vostra vita”.
E tutto questo non perchè noi abbiamo a
giudicare i giudei ma perché noi abbiamo ad imparare la lezione.
Tutto è una lezione per noi.
E anche questi giudei che prendono delle
pietre per scagliarle contro questa vita, questa Verità che sta venendo a loro,
c’è una parola, ed è una parola di Dio per noi, da capire.
Perché in questi giudei che lanciano pietre
contro Cristo, c’è ognuno di noi.
Tutti i giorni.
Quante volte Cristo è stato considerato
pazzo, indemoniato?
Anche dai suoi famigliari, da sua madre;
“Vennero sua madre e i suoi parenti e cercarono di prenderlo perché era uscito
di senno”.
Quante volte lo hanno considerato
bestemmiatore: “Quest’uomo non è da Dio perché non rispetta il sabato”.
L’hanno considerato indemoniato.
L’hanno considerato uno che faceva i miracoli
per mezzo del demonio.
Ma come succede nell’animo dell’uomo, come
può capitare e perché capita che l’uomo stravolge a tal punto la Verità che gli
arriva, da considerarla un demonio?
Da considerarla una pazzia.
Cristo è un folle.
È una follia il suo messaggio.
“Non preoccuparti del mangiare e del vestire,
cerca prima di tutto Dio e tutto il resto ti sarà dato in sovvrapiù”.
Ma chi oggi che considera seriamente questa
cosa, non la ritiene una follia?
Non dobbiamo preoccuparci del mangiare e del
vestire?
Quindi non dobbiamo preoccuparci di lavorare?
Non dobbiamo preoccuparci dei problemi che
assillano tutti gli uomini?
E dobbiamo preoccuparci di cercare prima di
tutto il regno di Dio???
Questa è una follia.
Eppure, man mano che il tempo passa, man mano
che la nostra vita passa e soprattutto quando si arriva sull’estremo confine
sul quale Dio ci conduce: la morte (ultima grazia di Dio), noi incominciamo a
capire che il vero problema non è il problema di guadagnare, arricchirsi, il
vero problema che tormenta l’uomo è un altro.
“Solo che io possa toccare qualcosa di Dio”.
“Solo che io possa convincermi che Lui
veramente esiste”.
Perché se Lui esiste la nostra vita qui in
terra è tutta una follia.
Noi siamo i folli se Dio esiste.
Se Dio non esiste Cristo è un folle.
Ma se Dio esiste noi siamo i folli a vivere
così come viviamo.
Perché noi vivendo così come viviamo, noi
lanciamo delle pietre contro Cristo, contro Dio, contro il cielo.
Contro la nostra stessa vita.
Noi stiamo uccidendo la vita.
Noi che pur stiamo cercando la vita in tutto
quello che cerchiamo.
Noi siamo dei mendicanti di amore, di verità,
di vita.
Noi tutti i giorni perdiamo la vita e stiamo
perdendo la vita.
Ora qui si era creata una situazione di
insopportabilità.
E cosa aveva detto Cristo da rendere tanto
insopportabile la cosa.
Prima aveva detto; “Prima che Abramo fosse,
Io sono”.
Pazzia!
Abramo era vissuto 2000 anni prima di Cristo.
“Prima che Abramo fosse, Io sono”, e già lì
avevano cercato di lapidarlo.
Qui nel versetto precedente ha detto: “Io e
il Padre siamo uno”: pazzia!
“Tu che sei uomo ti fai Dio”.
Si scatenano le pietre per questa parola
insopportabile.
Ma perché si formano tra noi delle parole
insopportabili e perché sono insopportabili?
Cristo con queste parole rompeva il sistema.
Rompeva l’istituzione, buttava in aria tutto.
Quel sistema su cui il giudaismo, il popolo
ebraico, la legge stessa di Mosè, avevano fondato la loro stessa identità.
E Gesù aveva buttato una pietra nella
piccionaia ebraica.
Si crea insopportabilità.
Perché insopportabile?
E perché si forma questo?
E perché nel Regno di Dio arrivano delle
parole che sono insopportabili?
E quando è che noi possiamo sopportare una
cosa?
L’uomo che è fatto per comprendere, per
capire, quando si trova di fronte a ciò che non riesce a comprendere, non lo
può sopportare.
Questo ci fa capire che la capacità di
sopportare, deriva dalla capacità di capire.
“Ho tante cosa da dire a voi, ma per ora non
le potete sopportare” dice Gesù.
Ecco l’uomo può venirsi a trovare nella
situazione di non potere sopportare la Verità.
L’uomo che è fatto per la Verità, che è fatto
per conoscere Dio, può venirsi a trovare nella situazione di non sopportare la
Verità, di non sopportare Dio.
L’uomo può venirsi a trovare nella
impossibilità di sopportare la luce, lui che è fatto per la luce.
Cosa succede nell’animo dell’uomo e perché
succede questo?
E che significato ha questo?
Anche questa insopportabilità, in quanto
accade è voluta da Dio e Dio in tutto opera per farci conoscere qualcosa di Sé.
Dio opera per comunicare Se stesso.
E quindi anche in questa situazione, c’è
qualcosa che Dio vuole fare sapere a noi, vuol comunicare a noi.
E se noi stiamo attenti al nostro destino, al
fine per il quale siamo stati creati: creati per conoscere Dio, noi in tutti
gli avvenimenti in tutte le cose, dobbiamo sempre interrogarci: “Signore, Dio,
Creatore di tutte le cose che cosa mi vuoi dire, che cosa mi significhi di te
in questo avvenimento, in questo fatto, che cosa mi comunichi di Te?”.
Perché la nostra vita vale in quanto giorno
dopo giorno, cresciamo nella conoscenza di Dio.
E quel giorno in cui non cresciamo in niente
nella conoscenza di Dio, quel giorno è sprecato, non vissuto.
Siamo stati creati con un destino ben chiaro.
Non ci è stato nascosto il nostro destino.
La Volontà di Dio che tutti cercano non ci è
stata nascosta, è dichiarata apertamente: “Dio vuole che tutti si salvino e
giungano a conoscere la Verità.
Questa è la Volontà di Dio, questo è il nostro destino; la vita eterna
e la vita eterna sta nel conoscere Dio,
Parola di Dio, e nessuno può cancellare questa parola.
L’uomo stesso con la sua passione d’assoluto,
con la sua stessa carne, con le sue stesse angosce che porta in sé, testimonia
e confessa che lui è fatto per l’assoluto.
E quando l’uomo è costretto a vivere per
delle cose vane, a un certo punto, la cosa gli diventa insopportabile,
incomprensibile.
Perché nascere, tribolare, morire per niente?
Si fatica tutta la vita per accumulare cose e
persone attorno a sé e poi si perde tutto.
Ma che senso ha tutto questo?
E quando l’uomo s’accorge che manca un senso,
un significato, la vita stessa diventa insopportabile.
Tutto questo è segno ed è testimonianza che
l’uomo è fatto per capire, è fatto per conoscere, è fatto per la luce.
Poiché l’uomo è fatto con questo destino ben
chiaro, ben netto, ben preciso, ogni sua giornata vale in quanto cresce nella
conoscenza di Dio.
In quanto cammina verso questo fine.
In quanto cammina verso questo suo destino.
La sua vita vale in quanto cammina verso la
conoscenza di Dio.
In quanto quindi l’uomo s’impegna a conoscere
Dio.
Prima di trattare l’argomento di questa sera
cioè le pietre, abbiamo dovuto farlo precedere da due argomenti che sono
necessari per capire l’argomento di oggi.
Il primo argomento è stato la religiosità
personale.
A un certo momento bisogna fare questo salto,
questo passaggio da quella che è la religiosità sociale, ufficiale, di gruppo a
quella che è la religiosità personale.
Perché arriva un momento in cui Dio ti
impegna personalmente.
Prima ti fa osservare quello che fanno tutti,
come credono tutti, a un certo momento t’interroga: “E tu?”.
Ecco t’impegna personalmente.
E allora t’accorgi che la vita vale in quanto
tu personalmente affronti il problema di Dio.
Perché è Dio che ti convoca alla sua presenza
e dice ad ognuno di noi personalmente: “Che cosa sono io per te?”.
Lui Dio, dice ad ognuno di noi: “Che posto mi
dai?”.
“Cosa conto io per te, quale prezzo mi dai?”.
Noi siamo dei terribili valutatori nella
nostra vita.
Tutte le cose che arrivano a noi, noi le
stimiamo.
“Questo per me è importante, questo per me
vale poco, questo vale niente”.
E tra tutte le cose che ci vengono presentate
c’è anche Dio: “E a Me che prezzo mi dai?”.
E noi un prezzo glielo diamo a Dio.
Volenti o nolenti, noi stimiamo Dio e gli
diamo un prezzo.
Per cui nella nostra mente diciamo: “Tu
mettiti li al primo posto, e tu lì sullo sgabello e tu all’ultimo banco”.
E il più delle volte Dio per noi è lì,
all’ultimo posto o magari nell’immondizia.
E noi non ci accorgiamo di buttare con Dio,
la nostra vita nell’immondizia.
Ecco per cui a un certo punto, noi diventiamo
incapaci di capire e quindi incapaci di sopportare la parola di Dio, la parola
della Verità, la Verità stessa.
Abbiamo visto che abbiamo dovuto affrontare
due argomenti, prima di tutto questa religiosità personale che si apre in
quanto Dio impegna noi a pensare a Lui.
E il pensiero è un fatto essenzialmente
personale, al punto tale che il pensiero che ognuno porta con sé è il Pensiero
stesso di Dio.
Noi siamo portatori del Pensiero stesso di
Dio.
E Dio parlando ci convoca nel suo Pensiero a
pensare a Lui.
E se noi pensiamo a Lui, Lui dice “Questo è
mio, questo pensiero con cui tu mi pensi è il Mio Pensiero”.
“Tu credi di essere il soggetto di questo pensiero
e che Io sia l’oggetto di questo pensiero ma Io ti dico che questo è il Mio
Pensiero, tu quando pensi a Me, pensi con il Mio Pensiero, e il Mio Pensiero
non è il tuo pensiero”.
E Dio si appropria di questo pensiero.
Dio in un primo tempo si offre a noi e si fa
oggetto del nostro pensiero, perché soltanto facendosi oggetto del nostro
pensiero, Lui, il Creatore di tutte le cose, dà a noi la possibilità di essere
persone.
Noi siamo persone perché Dio ci ha fatto
persone...ma sono parole!
Sono soltanto parole.
Che non ci fanno capire e non ci illuminano
proprio niente.
Cosa vuol dire che Dio ci ha fatti persona?
Dio è persona!
Lui è l’Essere assoluto.
L’Essere assoluto è persona.
Lui ci fa persone in quanto ci dona Se
stesso.
Noi siamo persone, in quanto siamo portatori
del Tu di Dio.
È il Tu di Dio che ci fa persona.
Noi siamo persone perché abbiamo in noi il
Pensiero stesso di Dio.
È questo che ci fa persona.
Essere persone vuol dire avere in noi stessi
la motivazione, la ragione di quello che vogliamo.
E Dio per darci la possibilità di essere
persone, ha dato a noi il suo Pensiero.
Al punto tale che noi diventiamo il soggetto
pensante, perché questa è la condizione per essere persone.
Noi diventiamo principio del nostro pensiero,
quindi abbiamo in noi il motivo del nostro pensare e Lui si fa oggetto del
nostro pensiero.
Lui figlio e noi padri.
È la condizione essenziale per essere
consapevoli e essere consapevoli è la condizione per essere persona.
Ma fintanto che noi siamo il soggetto del
nostro pensiero e Dio è l’oggetto ci troviamo nella impossibilità di conoscere
Dio.
Siamo persone sì, ma proprio perché noi siamo
il principio di ciò che pensiamo, noi ci troviamo nella impossibilità di
intendere, di capire, di conoscere.
Ecco per cui noi ci troviamo in un mondo che
per noi è tutto mistero.
Noi non riusciremo mai a unificare quello che
è oggetto del nostro pensiero (cose, creature, creazione, Dio) con il soggetto
(io) del nostro pensiero.
Soggetto e oggetto non si unificano in noi.
E perché?
Per il semplice fatto che noi non siamo i
creatori delle cose.
Il che vuol dire che noi non abbiamo in noi
la ragione delle cose.
Noi che possiamo pensare le cose, che
possiamo addirittura pensare Dio, noi non abbiamo in noi la ragione di Dio e
non abbiamo in noi la ragione delle cose della creazione.
Noi non possiamo giustificare niente.
Noi abbiamo bisogno di essere giustificati,
altro che giustificare le cose.
Noi non giustifichiamo nemmeno un filo
d’erba!
Noi non giustifichiamo niente.
L’uomo è un essere nudo che ha bisogno di
essere giustificato.
L’uomo porta in sé il Pensiero di Dio ma si
trova nella impossibilità di conoscere.
Ecco per Dio, ad un certo momento ci fa
passare dall’Oggetto al Soggetto.
Lui che si fa oggetto del nostro pensiero,
dice a noi, quando pensiamo Lui: “Questo è il mio Pensiero”.
E Lui diventa il Soggetto del nostro
pensiero.
Perché il pensiero è suo.
Non è più mio.
Lui diventa soggetto del mio pensiero, vuol
dire che Lui è il principio del mio pensiero.
Allora quando io penso, non sono io che penso
ma è Lui che si fa pensare da me.
Quando io prego, non sono io che prego ma è
Lui che prega in me.
È tutto opera sua, perché Lui è il Creatore.
In Lui è l’iniziativa di tutto quello che
accade nel mondo, non è in me.
E facendo questo cosa fa?
Facendo questo ci fa passare a quel mondo
meraviglioso che è il mondo dell’intelligenza.
Prima, quando noi eravamo soggetto del nostro
pensiero (condizione per essere persone), noi ci trovavamo nella impossibilità
di capire, di conoscere, di giustificare, perché eravamo nell’impossibilità di
unificare il soggetto e l’oggetto del nostro pensiero.
Noi che siamo passione di assoluto e quindi
di unità.
E tutti gli sforzi delle scienza, degli
studi, della filosofia, sono sempre per cercare di unificare, di trovare un
principio in cui unificare tutto.
E non ci rendiamo conto che questa passione
di unificare è data dalla passione dell’assoluto che portiamo dentro di noi.
Soltanto quando Dio dice a noi: “Io sono il
soggetto del tuo pensare, perché Io sono il Creatore, Io sono il principio di
tutto quello che accade in te”. Lì noi abbiamo la possibilità dell’unificazione
dell’oggetto nel Soggetto.
Lì abbiamo la possibilità di capire.
Lì abbiamo il principio d’intelligenza.
“Ha aperto loro le menti per capire le
scritture”.
Ecco come Dio apre le menti, per capire le
scritture.
Adesso attraverso questo capovolgimento che
Lui ha creato in noi, per cuoi Lui si fa principio del nostro pensare e quindi ci
apre al mondo dell’intelligenza e del cielo di Dio (conoscenza di Dio).
Questa è una possibilità, perché presso Dio
c’è libertà, lontano da Dio non c’è libertà.
L’uomo si vanta di essere libero, ma quello è
un sogno, perché l’uomo è un sognatore.
L’uomo è tutt’altro che libero, è soltanto
presso Dio che c’è la libertà.
E quindi presso Dio c’è la possibilità,
perché c’è la libertà.
Dio non ci costringe a pensare a Lui, ci dà
la possibilità.
E ci dice: “Guarda che il pensiero con cui tu
pensi a Me, non è tuo pensiero ma è Mio Pensiero”.
Adesso qui mi dà la possibilità, mi dà la
chiave per entrare nel regno della Luce.
E io entro nel regno della Luce in quanto
ricevo da Dio la possibilità di capire quale è il Principio.
Capire vuole dire avere il principio di una
cosa.
E quando Dio mi rivela che Lui è il principio
di tutto, anche del mio stesso pensare, lì mi dà la possibilità, la chiave per
intendere, per capire, per entrare nel regno della Verità, nel regno della
Luce.
Data questa possibilità alla creatura, Lui
dice: “Io e il Padre siamo Uno”.
Ecco quell’unità che gli uomini cercano
invano a destra e sinistra.
Invano ci si appella alla volontà degli
uomini di camminare insieme, di fare una cosa sola.
Tutti sforzi inutili, perché l’uomo non è
libero e non dipende dalla sua volontà.
E l’uomo si trova davanti a sé questa parola
di Cristo che dice: “Io e il Padre siamo Uno”.
Ecco l’unità che gli uomini cercano.
Ecco dove c’è la possibilità di trovare
l’unità.
Il principio dell’unità.
E quindi anche la capacità di unificare
tutto.
Dicendo questo e dicendo questo al pensiero
dell’uomo, s’inaugura quella religiosità personale.
Personale perché è una religiosità fatta
essenzialmente di pensiero.
Di uomo che pensa Dio.
E il pensiero è un fatto essenzialmente
personale.
Uomo che accetta tutto da Dio.
Uomo che pensa Dio.
Uomo che raccoglie tutto in Dio e riferisce
tutto a Dio.
Uomo che dialoga in continuazione con Dio.
Perché?
Perché Dio dialoga in continuazione con
l’uomo.
Tutti i giorni Dio dialoga con noi.
Da quando ci ha dato l’esistenza, tutti i
giorni Dio dialoga con noi.
A nostra insaputa, noi non lo avvertiamo ma è
Dio che dialoga con noi.
E Lui dialogando con noi, fa delle proposte,
c’interroga, c’insegna.
Al punto tale che Lui dice a noi di non dare
a nessuno il nome di maestro.
Perché Uno solo e il nostro Maestro.
Se Uno solo è il Maestro, c’è uno solo che
parla con noi.
L’universo è una grande aula, una grande
scuola dove c’è un Maestro unico.
Per tutti gli uomini.
E tutti gli uomini sono ammaestrati da Dio.
E presso Dio non ci sono differenze di
persone.
Non ci sono scolari di prima o di seconda
classe.
Dio parla personalmente con ognuno di noi.
E non ha bisogno di cultura, né di scienze o
psicologia o d’istituti.
Dio parla personalmente e chiede a noi
soltanto di fare attenzione al Maestro.
Quello che gli antichi sapienti chiamavano il
“timore di Dio”.
Questa attenzione al Maestro che ti parla.
Guarda che Dio ti sta parlando.
Sta parlando con te.
Personalmente.
Tutti i giorni.
Fai attenzione a Lui.
Cerca di capire.
Cerca di conoscere.
Perché la responsabilità di ogni uomo che è a
scuola, è quella di tacere su se stesso, di non parlare, di dimenticare tutto
di sé e di fare attenzione al maestro che gli sta parlando.
Ecco per cui l’uomo si forma attraverso
l’orecchio.
L’uomo è fatto essenzialmente di ascolto.
L’uomo si forma attraverso l’ascolto.
L’uomo quindi deve preoccuparsi di ascoltare,
di custodire, di meditare, di capire tutto quello che Dio gli fa arrivare.
Perché è proprio Dio parlando con l’uomo
forma l’uomo.
“Facciamo l’uomo” e l’uomo non è fatto.
Ognuno di noi non è fatto.
Tutti noi siamo in gestazione.
E tutti i giorni, Dio dice ad ognuno di noi:
“facciamo l’uomo”.
Perché l’uomo si forma in collaborazione con
Dio.
E l’uomo corre il rischio di non giungere al
compimento di quest’opera.
L’uomo corre il rischio di restare un aborto
e un aborto eterno.
L’uomo corre il rischio che anziché prevalere
su di Lui la realtà di Dio, prevalga su di Lui il senso del niente, il nulla,
la vanità del tutto.
L’uomo corre questo rischio: restare dominato
dal nulla.
Tutte le cose di Dio, la conoscenza, la
verità di Dio si conosce solo per mezzo di Dio.
E se l’uomo non guarda Dio, l’uomo fa
esperienza del vuoto, del nulla.
“Senza di Me fate niente” e l’uomo fa
esperienza di ciò che si fa, quando non si tiene conto di Dio, quando non si
guarda Dio.
E così l’uomo viene a trovarsi nella
situazione in cui non è capace di sopportare la Parola di Dio, perché non è
capace di comprenderla.
E non è capace di comprenderla, perché non ha
messo Dio prima di tutto.
La Parola di Dio si comprende soltanto per
mezzo di Dio.
La Verità di Dio si comprende soltanto per
mezzo di Dio, il che vuol dire che se noi non mettiamo Dio prima di tutto, noi facciamo
l’esperienza della incapacità di capire la Parola di Dio.
Per cui noi lo consideriamo pazzo, folle,
demonio.
Ma questo unicamente perché non riusciamo a
sopportarlo.
E non riusciamo a sopportarlo perché non
riusciamo a capirlo.
Dio Colui che parla è anche Colui che dà a
noi la capacità di capire le sue Parole.
Però siccome è Lui che ce la dà, soltanto se
noi guardiamo a Lui, noi abbiamo da Lui questa capacità di capire.
Altrimenti necessariamente dobbiamo ricorrere
alle pietre.
Prima di arrivare a cercare di capire il
significato personale per noi di queste pietre, abbiamo dovuto considerare
questo impegno personale con Dio, questa religiosità personale, vale solo
quello che diventa personale.
Non vale quello che è sociale, istituzionale.
L’istituzione non ti salva.
Quello che conta è questo impegno personale
con Dio.
Questo silenzio, in questo raccoglimento a tu
per tu con Dio.
È lì che noi troviamo la nostra salvezza.
Perché Dio ci salva personalmente, non ci
salva in gruppo.
Non ci salva la società.
È la nostra anima che è fatta per conoscere
la Verità.
Il Mondo non conosce la Verità.
Il mondo non può conoscere la Verità: “Il
mondo non può ricevere lo Spirito di Verità”.
È l’anima che è fatta per conoscere la
Verità.
È un fatto personale di ognuno di noi.
Ecco perché abbiamo dovuto anticipare questi
argomenti , perché proprio attraverso questi argomenti, abbiamo capito che, ad
un certo momento nell’umanità e negli uomini, si forma questa grande divisione:
Uomini presi e uomini lasciati.
Dio vuole che tutti si salvino, eppure a un
certo momento, uno è preso e l’altro lasciato.
Dio che non fa differenze di persone e poi ne
prende uno e ne lascia l’altro.
E presi da che cosa?
Presi e portati via,
Si è presi quando si è portati via.
“Eravate del mondo e Io vi ho presi dal
mondo”.
Quindi questa religiosità personale porta via
al mondo.
Porta via l’anima al mondo.
“Non ti chiedo che Tu li tolga dal mondo”.
Ma allora come si può portare via e non
portare via?
Evidentemente il problema è un altro.
Lui porta via in quanto forma nell’anima, un
amore, un interesse per qualcosa che non c’è nel mondo.
A uomini che vivevano per il mondo, per
lavorare, per mangiare, per far carriera, per sposarsi eccetera.
E Dio paragona la fine di ogni uomo alla
situazione ai tempi dell’arca di Noè, quando tutti pensavano a mercanteggiare e
poi venne il diluvio e portò via tutto.
Ed è la situazione di ognuno di noi.
Perché c’è questo diluvio nella vita di ogni
uomo.
Noi non ce ne rendiamo conto ma ad un certo
momento arriva questo diluvio.
E ci porta via tutto.
In questa situazione qui, c’è questa parola
di Dio che ti porta via, perché ti fa scoprire deve essere dedicata ad altro.
Quindi è un amore nuovo che ti porta via al
mondo.
Non ti toglie dal mondo, perché non è che
essendo in un luogo si appartiene a quel
luogo.
Il problema non sta lì.
Si appartiene a ciò per cui si vive.
E allora uno appartiene a Dio, soltanto in
quanto vive per Dio, in quanto vive per conoscere Dio.
È lì che Dio ti prende e ti porta via al
mondo.
Ti porta via dagli affari del mondo, ti porta
via dai problemi del mondo.
Perché?
Perché forma in te un interesse diverso.
Ti affascina, ti attrae, ecco ti porta via.
È un fatto personale, per questo uno preso e
l’altro è lasciato.
Due saranno in un letto vicinissimi: uno sarà
preso e l’altro lasciato.
Due saranno alla stessa macina: uno sarà
preso e l’altro lasciato.
Due saranno allo stesso campo: uno sarà preso
e l’altro lasciato.
È un fatto personale.
Essenzialmente personale.
Ma se è essenzialmente personale perché
avviene questa preferenza?
Per la passione d’assoluto che l’uomo porta
in sé, si crea ad un certo punto questa grande differenziazione.
Si nasce tutti uguali e poi ci accorgiamo che
ci sono degli abissi tra uno e l’altro.
Si vive tutti nella stessa famiglia,
fisicamente vicini e poi ci sono oceani spirituali tra uno e l’altro
E nell’abisso c’è incomunicabilità.
Non si può passare da una sponda all’altra di
questo abisso.
Uno parla e l’altro capisce il rovescio.
C’è incomunicabilità.
L’uomo proprio per questa passione
d’assoluto, testimonianza che lui è fatto per conoscere Dio, rivolge la sua
vita a cercare di rendere assoluto, ciò che non è assoluto.
E c’è invece l’uomo che rivolge la sua vita a
cercare di capire cosa è questo assoluto.
Quindi abbiamo queste due differenziazioni,
queste due grandi classi di persone.
Uomini che tendono a trasformare in assoluto
quello che non è assoluto e uomini che tendono a capire cosa è l’assoluto.
E per i primi abbiamo tutta la fatica
dell’uomo nel mondo.
Nel mondo che non è assoluto, che passa, c’è
allora tutta la fatica dell’uomo per rendere assoluto, quello che non è
assoluto.
Per cui la realtà di questi uomini è il
mondo, non è Dio.
Dio eventualmente è la cornice.
È Colui al quale ci si rivolge per ricevere
un aiuto a trasformare in assoluto quello che non è assoluto!
E invece le anime che hanno messo Dio prima
di tutto, cercano di capire cosa è l’assoluto.
Il problema non è cercare di trasformare in
assoluto il relativo, ma cercare di capire che cosa ti dicono tutte le creature
che non sono assolute.
E tutte le creature che non sono assolute ti
dicono: “Noi non siamo Dio”.
Tutti te lo dicono, volenti o nolenti.
Anche quelle creature che ti dicono: “io per
te sono tutto”, a un certo momento debbono confessare con il loro mutare e il
loro morire: “io non sono Dio, io non posso essere l’assoluto per te”.
Tutte le creature ad una voce dicono a noi:
“Noi non siamo l’assoluto, cerca altrove”.
E quando tutte le creature e la creazione e
la storia ti hanno detto questo, non possono dirti altro, è inutile continuare
ad interrogali.
È inutile aprire radio, televisioni e
giornali, non ti possono dire altro.
E quando tu hai letto tutti i giornalisti di
questo mondo e ascoltato tutti i filosofi di questo mondo, non ti possono dire
altro.
Tutti gli uomini e tutte le donne in coro ti
dicono: “Noi siamo vanità”.
Noi non siamo l’assoluto, noi non siamo Dio.
E ogni volta che apri il giornale è sempre la
stessa storia.
Perché non ti possono dire nulla di nuovo.
A un certo momento si richiede questa
intelligenza, questo capire.
Guarda che tutte le creature non ti possono
dire niente.
È inutile che tu pretenda di ricevere novità
e quindi vita dalle creature, non possono.
Non ti possono dare la vita, perché la novità
e la vita vengono da Dio.
Cerca di essere intelligente.
Cerca il messaggio che Dio ti consegna
attraverso tutte le creature.
Tutte le creature ad una voce ti dicono di
non essere Dio.
Non sono Dio però ci annunciano Dio.
Tutte le creature ti annunciamo che c’è Dio.
Non te lo fanno conoscere, perché Dio solo è
Colui che si fa conoscere da te.
E allora t’invitano a guardare, a cercare chi
è questo Dio.
A cercare di capire che cosa è l’assoluto.
Ecco la differenziazione che c’è.
C’è la classe di uomini che fatica e suda per
trasformare in assoluto quello che non è assoluto e c’è la classe di uomini che
a un certo momento alzano gli occhi, partono dal mondo avendo capito che il
mondo non può dire nulla a loro.
Allora cominciano ad alzare il loro sguardo a
Dio.
Per cercare presso Dio chi è l’assoluto.
Ecco per cui si crea questa differenziazione:
uno è preso e l’altro lasciato.
Però che cosa succede nel mondo che è
“lasciato”?
Il mondo a un certo momento è lasciato da
questi che sono presi da Dio.
Qui il mondo subisce un tradimento d’amore.
Qui siamo con l’industria, con il negozio che
perde i clienti.
È un tradimento.
Il mondo perde i suoi clienti.
Prima era con me, era ubbidiente
all’istituzione, ubbidiva a tutti i miei comandi, le mie regole e tutti lo
applaudivano.
A un certo momento è passato Lui.
Lui chi?
Il ladro.
Cristo è il ladro.
Dio è il ladro.
È Lui che lo dice.
“Io verrò come un ladro”.
Quindi è uno che porta via.
E passato Lui e li ha portati via.
Ecco, ha portato via i clienti.
Ha portato via coloro che servivano
l’istituzione.
Perché il mondo da solo non sta più su.
Quanti sono presi da Dio, lasciano un
terribile vuoto nel mondo.
E qui che si comincia a capire il linguaggio
delle pietre.
Perchè il mondo inizia a vedere Dio come uno
che gli porta via i clienti.
Dio porta via al mondo e quanto porta via al
mondo.
Quanto amore Dio porta via al mondo!
Il mondo si sente abbandonato, tradito,
perché le creature prima erano sue.
E questi ci fa capire che il mondo e le istituzioni,
non erano per servire l’uomo ma strumentalizzavano l’uomo, lo facevano servire
a loro.
Tant’è vero che quando Dio “ruba” queste
creature a loro si crea questa offesa, questa ferita sanguinante nel mondo.
Perché il mondo non ha più quelle creature e
senza creature, il mondo non ha più significato.
Perché quello che dà senso alla vita
dell’uomo nel mondo sono le persone-
E quando Dio porta via le persone, non c’è
più significato.
L’uomo può essere ricchissimo, un principe,
un re ma quando Dio gli porta via “quella” persona, tutto perde di significato:
le industrie, il regno, il denaro, l’istituzione.
Tutto si svuota.
Dio ti tocca in un punto solo.
E toccandoti in un punto solo ti svuota
tutto.
E ci fa capire la vanità del tutto.
Noi che siamo vissuti per la carriera, per
l’industria, per il lavoro ci accorgiamo che ad un certo punto tutto questo non
ci dice più niente.
Perché?
Perché Dio ti ha portato via quel punto
essenziale che dava significato a tutto.
E quel punto essenziale è la persona.
E Dio ad un certo momento prende per Sé le
persone, perché le persone le ha fatte per Sé.
E ci fa capire che tutto (Industria, aziende,
istituzioni) dovevano essere a servizio della persona e non far servire la
persona a loro.
Perché quando le persone son portate via, non
c’è più niente che stia su.
Allora vuol dire che loro strumentalizzavano
le persone.
Allora si crea questo vuoto e in questo vuoto
c’è la grande ribellione.
C’è la ribellione contro il ladro.
C’è la ribellione contro Dio.
Ecco come nasce l’odio.
Perché cosa significano queste pietre?
Queste pietre sono tutte le ragioni del
mondo, degli uomini, attraverso cui tendono a giustificare la loro vita nel
mondo.
Con cui vogliono giustificare la loro assenza
al problema della conoscenza di Dio.
“Abbimi per giustificato”, ecco le pietre.
Dio è Colui che fin dall’inizio chiama e
dice: “Uomo preoccupati di conoscere Dio”.
“Metti prima di tutto Dio”.
E l’uomo risponde: “Ma io ho i buoi, i campi,
la moglie, l’azienda, abbimi per giustificato”.
Ecco le pietre: “Abbimi per giustificato”.
Cioè le pietre rappresentano tutte quelle
ragioni con cui gli uomini credono di giustificare la loro assenza dal cercare
e dal conoscere personalmente Dio.
L’uomo è un terribile raccoglitore di pietre.
L’uomo nella vita raccoglie pietre, fino al
punto che si paralizza: raccoglie ragioni del mondo.
Perché l’uomo o cerca Dio o raccoglie ragioni
del mondo.
E queste ragioni del mondo man mano che si
accumulano, lo paralizzano.
Lo famno diventare pietra.
L’uomo istituzionalizza tutto.
Diventa tutto regola.
Anche i rapporti con Dio diventano regola.
Comandamenti.
Non è più ricerca di conoscenza di Dio.
È regola.
E qui abbiamo pietrificato ogni cosa, anche i
nostri rapporti con Dio.
Soltanto che una volta pietrificati, l’uomo è
paralizzato.
La pietra non riceve più.
Tu puoi anche inondare la pietra di parole ma
la pietra non assorbe nulla.
E l’uomo può diventare cuore di pietra, cuore
che non riceve più.
Perché ha reso tutto pietra, ha reso tutto
regola.
E queste pietre diventano motivo per
lapidare.
Quante pietre hanno lanciato a Gesù.
Addirittura è stato sepolto sotto un sepolcro
di pietra ed è stato sigillato questo
sepolcro con una pietra.
E sono le ragioni degli uomini.
Ad un certo momento i rapporti dell’uomo con
Dio, diventano un conflitto di ragioni.
Ragioni del mondo, opposte alle ragioni di
Dio.
Ragioni della terra, opposte alla ragione del
cielo.
E questo conflitto è un conflitto nel cielo
di Dio.
Nell’uomo si stanno opponendo le ragioni
della terra alla ragioni di Dio.
E questo avviene nell’animo, nella mente, nei
pensieri e quindi nel cielo di Dio.
Ecco quindi il grande conflitto nel cielo con
l’arcangelo Michele: “Chi è come Dio?”.
Basta questo.
Noi ci giustifichiamo con i buoi, i campi, la
moglie.
E l’arcangelo Michele c’interroga: “Chi è
come Dio”.
E tutte le nostre ragioni crollano di fronte
al “chi è come Dio?”
“Io ho il lavoro”....e chi è come Dio?
“Io devo occuparmi dei poveri”....e chi è
come Dio?
“Io ho da risolvere problemi sociali”....e
chi è come Dio?
“Io ho il problema della giustizia”.....e chi
è come Dio?
E nessuno può cancellare questo arcangelo
Michele che lotta nel cielo di Dio contro le ragioni della terra che noi
portiamo.
E basta questa parola per annullaci tutto.
Dio solo è Se stesso.
Dio solo è l’assoluto.
Dio solo è l’eterno.
Allora qui capiamo il significato di queste
pietre.
Queste pietre sono per rivelarci chi è come
Dio.
E proprio confrontando le nostre ragioni,
lanciando le nostre ragioni contro la ragione di Dio, si forma dentro di noi
questa esigenza di dire chi è Dio.
Tutto accade nella nostra vita su questo
orizzonte, per fare dire a noi personalmente chi è Dio.
L’arcangelo Michele è ancora la voce di Dio
che chiede a noi: “Chi sono Io?”.
E arriva un momento in cui l’uomo deve dire
chi è Dio.
Perché soltanto quando dice chi è Dio,
incomincia a predicare Dio.
Dire chi è Dio, vuol dire partecipare alla
generazione del Pensiero di Dio da Dio.
E partecipare alla generazione del Pensiero
di Dio da Dio, vuol dire predicare Dio su tutta la creazione.
Su tutte quelle creature che noi avevamo
fatto ragione di opposizione a Dio.
A un certo momento siamo chiamati da Dio a
predicare su di esse chi è Dio.
Soltanto partecipando alla generazione del
Figlio di Dio da Dio, soltanto così, noi possiamo restare con Dio come Dio è
con noi.
Perché Dio è con noi in quanto dona a noi il
suo pensiero, noi restiamo con Dio, in quanto doniamo a Dio il nostro pensiero.
GV 10 VS 31 - Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo.
RIASSUNTI – Domenica – Lunedì -
Argomenti: Dio principio del
nostro pensiero – Le ragioni umane – “Chi è come Dio” – Pensiero reciproco – Il
Pensiero di Dio in noi – L’intelligenza del principio – Gli applausi del mondo
– Il conflitto con il mondo – L’unigenicità – Dio oggetto/soggetto
del nostro pensiero – Il cervello -
2-3/ Marzo /1992