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A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.

Gv 10 Vs 3 Primo tema.


Titolo: La funzione del portinaio.


Argomenti: Il vero Pastore propone il fine e lo rende possibile. Lontano e vicino a Dio. La trasparenza è data dal fine unico. Il fine dà identità alla vita. Chi è il portinaio? Ascolto e attenzione. Pensare è scegliere. La veglia. Il Figlio di Dio è il passaggio per giungere a vedere il Padre.


 

6/agosto/1989 Casa di preghiera Fossano.


Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Questa sera ci fermiamo alla prima parte di questo versetto: "A Lui il portinaio apre".

Anche qui essendo Parola di Dio, e quindi parola personale per ognuno di noi, dobbiamo chiederci quale lezione  per la nostra vita essenziale Gesù, Figlio di Dio, vuole dare a noi, presentandoci questa scena, questa figura del portinaio.

Già precedentemente aveva detto, parlando dell'ovile, che c'è chi passa per la porta dell'ovile e c'è chi entra altrove e aveva precisato:"Chi non passa per la porta è ladro e brigante, non viene altro che per rubare e uccidere".

Quando ci siamo soffermati su questa affermazione, abbiamo visto che coloro che non passano per la porta dell'ovile sono quanti si presentano a noi  proponendoci come fine altro dalla conoscenza di Dio.

Siamo stati creati per conoscere Dio, la vita eterna sta nel conoscere Dio, la salvezza sta nel conoscere Dio.

"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità."

La Parola di Dio fa coincidere la salvezza con il vedere la Verità, con la conoscenza di Dio, poiché Dio è Verità.

La Verità d'altronde la si trova solo conoscendola.

Dio si trova solo conoscendolo.

E aveva precisato che Colui che passa per la porta dell'ovile è Colui che propone come fine, ad ogni uomo, la conoscenza di Dio.

Questo è il vero Pastore che viene a dare la vita.

La nostra vita è nascosta in Dio.

Chi viene a dare a noi la possibilità di conoscere  Dio viene a darci la vita.

Ora il vero Pastore che propone ad ogni uomo il fine per cui Dio stesso lo ha creato (conoscere Dio), non soltanto lo propone ma lo rende possibile.

Il vero Pastore propone il fine e lo rende possibile.

Abbiamo anche visto in cosa consiste questa possibilità.

Perchè gli uomini esperimentano che non basta proporre (o proporsi) una cosa  per poterla fare.

Se c'è una cosa che esperimentano gli uomini è l'impossibilità, è l'impotenza.

Non basta dire a uno: "Fa questo!".

Perchè lui lo faccia o lo possa fare.

Ci sono molti limiti.

Però la parola stessa di Dio dice che presso Dio tutto è possibile.

E questo ci fa capire perchè ci sono le impossibilità.

L'impossibilità che l'uomo esperimenta è segno di lontananza da Dio.

Perchè presso Dio tutto è possibile.

Colui che viene a noi proponendoci la conoscenza di Dio che all'uomo è impossibile, per renderla possibile ci avvicina a Dio, poiché presso Dio, cioè vicino a Dio tutto è possibile.

Quando abbiamo parlato di lontananza e di vicinanza, ci siamo anche chiesti in che cosa consiste questo essere vicini e questo essere lontani.

Ed abbiamo visto che la lontananza è data dalla molteplicità di interessi, molteplicità di amori, molteplicità di fini.

La vicinanza invece è data dall'unicità del fine, dall'unico amore, per cui tanto più noi ci avviciniamo quanto più noi semplifichiamo la nostra vita.

Il Pastore per rendere possibile a noi la conoscenza di Dio, viene a semplificare la nostra vita, a raccoglierla in una cosa sola.

Infatti Lui dice: "Una cosa sola è necessaria, cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù".

È Parola di Dio!!

Parola del Creatore!!

Parola del Signore dell'universo, del protagonista di tutti gli avvenimenti, di tutta la storia e della nostra stessa vita!

Lui dice:"Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto (tutto, quindi niente escluso!) vi sarà dato in sovrappiù".

Lo dice per semplificare la nostra vita.

Colui che viene come Pastore per rendere possibile la conoscenza di Dio, quindi per dare all'uomo la possibilità di entrare nella vita eterna, perchè la vita eterna è conoscere Dio, viene a darci la possibilità di vivere per una cosa sola, un interesse unico, un fine unico, un amore unico.

Perchè soltanto in questa unicità, in questa semplicità c'è la vicinanza a Dio, quella vicinanza in cui tutto è possibile.

Dove l'amore è unico, l'interesse è unico, dove il fine è unico.

Lì c'è la trasparenza.

E dove c'è la trasparenza c'è la comunicazione, c'è la partecipazione.

Per questo noi troviamo tanto difficile giungere a questa presenza, a questa comunione, a questa partecipazione di Dio, che pur non possiamo negare perchè nessun uomo la può negare.

Troviamo tanto difficile perchè abbiamo tanti interessi, abbiamo troppi amori e dobbiamo buttare via tante cose.

Dobbiamo semplificare se vogliamo giungere là dove le cose si rendono possibili.

E poi siamo giunti all'identificazione di questo Pastore che propone e rende possibile questo.

E proprio nel terzo tema del versetto 2 abbiamo visto che questo Pastore è il Figlio di Dio: identificazione del Pastore.

Gesù dice: "Li riconoscerete dai loro frutti".

Il processo di identificazione delle persone si ha conoscendone il fine.

È il fine che dà identità alla nostra vita.

Se ci sono crisi di identità negli uomini è perchè a un certo momento non sanno più per che cosa vivere.

Quando non si sa più per che cosa vivere, tutte le cose perdono di significato.

Anche la nostra stessa vita, anche noi stessi.

Non sappiamo più chi siamo, crisi di identità!

Perchè la consapevolezza di quello che siamo non è in noi.

Viene da altro.

È l'altro che ci rende consapevoli.

Viene dal fine per cui noi viviamo, se l'altro per noi è il nostro fine.

Ora Gesù dice: "Li riconoscerete dai frutti", da ciò che vi propongono come fine.

Abbiamo visto che chi propone come fine altro dalla conoscenza di Dio è ladro e assassino perché porta via la vita.

E a un certo momento ci fa incontrare la crisi di identità, la vanità del tutto, l'inutilità del vivere.

E quando l'uomo scopre l'inutilità del vivere, non riesce più a sopportare la sua vita.

Perchè la vita è possibile ed è sopportabile fintanto che ha un significato.

È il significato che rende valida la nostra vita.

Ma a un certo momento i valori si rendono evidenti e il centro di ogni significazione viene da Dio, e se noi non abbiamo Dio come fine della nostra vita, tutti gli altri valori vengono annullati, perchè è necessario che si renda evidente l'unico vero valore e l'unica sorgente dei valori.

Evidenziandoci il vero valore, c'è il giudizio su tutti gli altri valori e chi è vissuto per altro, esperimenta l'inutilità, la vanità e quindi l'insopportabilità del vivere che non ha più un perchè, che non ha più un significato.

Ora qui entra un'altra figura, oltre al Pastore abbiamo la figura del portinaio.

Qui Gesù dice che al Pastore il portinaio apre.

Abbiamo detto che è Parola di Dio e quindi dobbiamo chiederci quale significato, quale lezione, sopratutto che cosa Dio ci vuol rivelare di Sé, poiché vale soltanto ciò che è eterno.

In ogni Parola di Dio c'è qualcosa di eterno che arriva a noi, e noi non dobbiamo fermarci all'effimero, a quello che passa, non dobbiamo fermarci ai sentimenti.

I sentimenti e le sensazioni passano, non dobbiamo fermarci a ciò che vediamo e tocchiamo, dobbiamo andare oltre.

Oltre fino a quando non vediamo nel segno ciò che di eterno Dio ci vuol comunicare in esso.

E qui dobbiamo chiederci che cosa di eterno Dio ci vuol comunicare presentandoci questa figura: il portinaio.

Quello che è strano è questo, il Padrone dell'ovile si sottomette al portinaio.

Abbiamo visto che il Pastore si caratterizza in questo: ha le chiavi dell'ovile, ma non le tiene per Sé.

La meraviglia di Dio è questa: che dà le chiavi a coloro che lo ascoltano, dà le chiavi del Suo Regno!

Gesù precisa:"Non temere piccolo gregge, perchè piacque al Padre vostro dare a voi il Regno": dato nelle mani!

È l'autorità del mondo che tiene le chiavi per sé ed esercita il potere.

Il Pastore non esercita il potere, il Pastore serve e consegna le chiavi.

Lui stesso si sottomette alla creatura, al portinaio (portinaio è colui che ha le chiavi) e attende che il portinaio apra.

Gesù stesso si definisce nell'Apocalisse come Colui che bussa alla porta e dice "Se qualcuno ode la mia voce  e mi apre, Io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con Me.

Dice: "Se qualcuno ode la mia voce e mi apre...."

Dobbiamo chiederci chi è questo portinaio cui Dio affida le chiavi per aprire a Lui che viene?

Dio essendo Colui che è, è Colui che viene.

Il tempo che passa è Dio che viene.

Nella vita di ogni uomo c'è un portinaio e noi tutti facciamo esperienza della presenza di questo portinaio perchè ognuno apre a certe cose e chiude ad altre.

E dobbiamo chiederci come mai?

Come mai non tutti aprono allo stesso e come mai non tutti chiudono allo stesso?

C'è una diversità infinita nelle scelte degli uomini.

E cosa è che determina questo?

Gli uomini si giustificano dicendo che è il libero arbitrio, ognuno apre a chi vuole.

Eh no, non si apre a chi si vuole.

Si è determinati in questa apertura.

Una cosa che l'uomo esperimenta è proprio questa impotenza, questa impossibilità a seguire certe proposte.

L'uomo non è libero di volere.

Allora chiediamoci: cos'è che fa aprire a certe proposte  e fa chiudere a altre?

Cosa è questo portinaio che è in ogni uomo?

Ogni uomo si caratterizza per il fine, per ciò che mette al di sopra di tutto nella vita.

È il fine che caratterizza l'uomo.

La personalità di ognuno è determinata  da ciò per cui vive.

Ed è proprio ciò per cui vive che determina il portinaio che apre e chiude nella vita di ognuno di noi.

Anche qui dobbiamo chiederci come mai ci sono tanti fini?

L'uomo è stato creato per un fine unico e come mai ci sono tanti fini?

E chi è questo portinaio che apre al Pastore?

Evidentemente se abbiamo fini diversi da Dio il portinaio che portiamo dentro di noi non apre al Pastore, apre ad altri.

Apre cioè a coloro che corrispondono al nostro fine.

Ognuno andrà alla ricerca di quei maestri che soddisfano i suoi interessi.

Per cui ognuno di noi apre a quei maestri che rispondono agli interessi della sua vita.

Dobbiamo chiederci, quando è che in noi c'è il portinaio che apre al Figlio di Dio?

Al Pastore delle pecore?

Che apre cioè a Colui che viene a proporre come fine la conoscenza di Dio.

Perchè se noi abbiamo altri fini, abbiamo altri portinai.

Dio può bussare alla porta della nostra casa, può proporci come fine la conoscenza di Dio, ma noi non possiamo volerlo perchè abbiamo "i buoi i campi e la moglie...".

Siamo impossibilitati.

Il portinaio è colui che ha le chiavi.

Ma dobbiamo chiederci a chi Dio dà le chiavi?

Troviamo nel Vangelo l'episodio di Pietro, a un certo momento Dio dà le chiavi a Pietro.

Ma quando e perchè gliele dà?

Gliele dà perchè a un certo momento Pietro dice su interrogazione di Gesù (perchè l'iniziativa è sempre di Dio, è Dio che ci interroga) chi fosse il Messia (qualcuno aveva detto :”Il Messia deve essere Giovanni Battista oppure un grande profeta").

Pietro risponde:"Sei Tu Figlio del Dio vivo".

È qui che Gesù dice: "Beato te Pietro perchè non la carne, non il sangue, non la tua volontà, non l'uomo o non gli uomini, non le istituzioni, non la legge ma è il Padre mio che te lo ha rivelato".

D'altronde Gesù sarà chiarissimo quando dirà: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre".

Quindi nessuno può riconoscere il Cristo, il Figlio di Dio se il Padre non glielo rivela.

Questo ci fa capire una cosa importante : come si forma il portinaio che apre al Figlio di Dio: ascoltando il Padre.

Anche qui dobbiamo chiederci, forse il Padre non parla a tutti?

Il Padre è Dio Creatore e Dio Creatore parla con tutti.

E perchè il Padre a un certo momento rivela a Pietro che Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio?

Se parla a tutti, tutti quanti hanno questa possibilità.

Sì il Padre parla con tutti, ma c'è una differenza grandissima tra colui che parla e si fa sentire (perchè in quanto parla si fa sentire) e l'uomo che ascolta.

Tutti quanti noi sentiamo l'opera di Dio, tutti quanti noi subiamo la creazione di Dio: e questo è sentire la Parola di Dio, perchè tutto è Parola di Dio.

Tutti quanti noi siamo spettatori  delle opere di Dio che Dio fa nell'universo e fa nella nostra vita personale.

Però c'è una grandissima differenza tra il Dio che parla e l'uomo  che ascolta.

Dio parla, tutti subiscono il suo parlare.

Pochi lo ascoltano.

E chi è che ascolta?

Ascolta colui che pone attenzione a ciò che gli giunge.

Non solo ma ponendo attenzione collega ciò che gli giunge con Colui  che glielo fa giungere.

Questo congiungimento tra il segno, il rumore, la parola, tra la creatura e Dio avviene solo nella mente.

Perchè è solo con la mente che noi possiamo uscire dalla contingenza delle cose.

È solo con il pensiero che noi possiamo superare i segni, il rumore delle cose, le parole ed elevarci  a Colui che fa queste cose, che fa giungere a noi le sue parole, i suoi segni.

È solo con il pensiero e Dio ha dato a noi questo pensiero, questa possibilità di congiungere le sue opere con Lui stesso.

Qui abbiamo l'ascolto.

Ascolta colui che cerca di capire il significato delle cose.

Che non si ferma al rumore delle cose.

Che non si ferma ai sentimenti.

Il sentimento è un rumore.

Non si ferma ai sentimenti che le cose o le creature provocano nella sua vita.

Non si ferma ai segni ma va oltre e cerca il significato.

E il significato c'è solo presso Uno solo: presso Colui che opera queste cose.

Si tratta di elevare la mente a Colui che fa queste cose.

Questi è colui che ascolta il Padre.

Ma elevare la mente, siccome, vuol dire fare  una scelta e questa è una grande rivelazione.

Non possiamo servire a due padroni, sopratutto nel pensiero.

Si pensa a una sola cosa per volta.

E quando si pensa a una cosa sola, si mette questa prima di tutto, perchè tutte le altre si mettono in secondo ordine.

E quindi si fa una scelta.

Ecco, la scelta avviene nel pensiero.

Di fronte alla proposta di Dio (il nostro pensiero da solo non fa niente, il nostro pensiero non è libero, così come la nostra volontà non è libera), a Dio che si annuncia (si annuncia attraverso tutte le sue opere, le sue parole), di fronte all'iniziativa di Dio la nostra mente si può elevarsi a Lui, può mettere Lui prima di tutto, al di sopra del lavoro, al di sopra dei buoi, dei campi, degli interessi, al di sopra della moglie, al di sopra di tutto: pensa Dio!

E quando uno pensa a Dio non può pensare ad altro.

È proprio nel pensare a- che si prende consapevolezza di-.

È proprio nel pensare a Dio Creatore, nel pensare al Padre che si ha la possibilità di riconoscere il Pastore (viene dal Padre!).

"Perchè non la carne, non il sangue, non la tua volontà, non il tuo amore, non i tuoi sentimenti t'hanno fatto capire chi Io sono, ma il Padre" e il Padre non si confonde con nessuna creatura, con nessuna istituzione, con nessuna società, con nessun sentimento: "Il Padre te lo ha rivelato!"

Qui c'è la comunicazione.

C'è il Figlio che dà le chiavi.

Ora colui che riceve le chiavi non è un figlio, è un servo.

Il portinaio è un servo.

E il compito di colui che ha le chiavi, cioè il compito del portinaio è quello di vegliare in attesa del padrone.

Sarà il Vangelo della liturgia di domenica prossima .

Troveremo proprio questa lezione di Gesù.

Del servo che deve vegliare nella notte in attesa che arrivi il padrone.

Qui Gesù ha una affermazione stupenda, bellissima.

Prima dice:"Guai a quel servo che a un certo momento si stanca di vegliare, perchè se smette di vegliare, quando il padrone arriverà lo metterà tra gli infedeli" (cioè non fedeli).

E invece dice:"Beato quel servo che sarà stato fedele nel vegliare e appena il padrone arriverà subito gli aprirà".

E qui dice una cosa bellissima questa: "Perchè allora il padrone metterà il servo a tavola, lo vestirà dei suoi abiti e lo servirà".

A questo punto scopriamo che il servo non è più il servo, il servo è diventato figlio.

Ecco dico la cosa meravigliosa.

Se il portinaio che ha ricevuto le chiavi perchè ha ascoltato il Padre e veglia in attesa che arrivi il padrone e appena arriva subito gli apre, ci sarà un passaggio di qualità, passaggio da servo ad amico, passaggio da servo a figlio.

La condizione essenziale è questa: la veglia.

Abbiamo parlato molte volte dell'importanza di questo vegliare che distingue e caratterizza il portinaio fedele.

Perchè proprio attraverso questa veglia  si forma l'anima capace.

Capace di accogliere il Figlio e di essere servita dal Figlio fino al punto di ricevere la partecipazione al Figlio stesso.

Il Figlio lo serve fino a farlo diventare figlio, una sola cosa con Lui.

E qui sorge il problema.

Se ha già ascoltato il Padre, che bisogno c'è di passare dal Padre al Figlio?

Perchè se è già in ascolto del Padre, che bisogno c'è a un certo momento di questo passaggio dal Padre al Figlio, perchè attraverso il Figlio si diventi figli di Dio?

Chi ascolta il Padre forse non è già figlio?

La caratteristica del Figlio è proprio questa: essere in ascolto del Padre.

Anche qui abbiamo la Parola di Dio che ci fa capire perchè c'è la necessità di questo passaggio  dal Padre al Figlio.

Gesù dice:"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me".

Con questo non chiarisce  perchè se erano del Padre il Padre adesso li dà al Figlio.

Per quale motivo?

Abbiamo una altra Parola di Dio che ci dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a Me".

Chi ha ascoltato il Padre viene a Lui.

Infatti abbiamo visto che a Pietro (Pietro rappresenta ognuno di noi, perchè è tutto segno per ognuno di noi), che ha ascoltato il Padre, Gesù dice: "Beato te perchè è il Padre che te lo ha rivelato".

Avendo ascoltato il Padre riconosce in Gesù il Figlio di Dio.

Gesù dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a Me, ecco perchè voi non ascoltate, perchè voi non potete seguirmi, non mi potete ascoltare perchè non siete da Dio".

Ma anche lì il problema non è risolto perchè dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a Me", ma perchè?

Abbiamo la terza Parola di Dio che finalmente ci dice: "Nessuno ha mai visto il Padre se non il Figlio"

Solo il Figlio ha visto e vede il Padre.

Ah qui sì!

Qui incominciamo a capire qualche cosa.

Se la nostra vita eterna, la nostra salvezza sta nel giungere a vedere il volto di Dio.

Quindi a conoscere Dio.

Quindi a conoscere il Padre.

Perchè soltanto il Padre conosce il Figlio.

E dalla conoscenza del Padre e del Figlio viene lo Spirito Santo.

Qui abbiamo la cosa chiarita.

Se solo il Figlio di Dio vede il Padre e nessun altro lo ha mai visto e nessuno lo vede, evidentemente il passaggio per giungere a vedere il Padre è obbligato: è il Figlio di Dio.

Ma allora salta fuori un altro problema, ed è questo, non basta ascoltare, quando si ascolta si ascolta ma non si vede.

Ecco, la condizione per arrivare al Figlio è di aver ascoltato il Padre.

Ma chi ascolta il Padre ascolta Uno che non vede .

Però soltanto ascoltandolo va al Figlio.

Perchè soltanto il Figlio vede.

Tutto è opera di Dio Padre, di Dio Creatore, tutto è segno di Dio e abbiamo detto che tutti i segni sono dei rumori.

Ora noi possiamo ascoltarli questi rumori.

Però evidentemente quando noi ascoltiamo dei rumori, non vediamo la sorgente.

Se noi vogliamo passare dal rumore alla sorgente del rumore, dobbiamo porre attenzione ed andare a cercare.

"Dove è la sorgente di questo rumore?".

Notate che noi siamo inquieti fintanto che non vediamo la sorgente del rumore.

O la sorgente del segno.

O la sorgente della parola.

Soltanto quando troviamo questa sorgente troviamo la pace.

"Ho visto, ecco, il rumore viene da quel punto là".

Quando vediamo il pensiero: "Ho capito!".

"Questa parola viene da quel pensiero là, da quell'intenzione là".

Questo ci fa capire una grande cosa.

La nostra pace non sta nella parola, non sta nel rumore, non sta nell'ascolto.

L'ascolto ci mette in movimento, il rumore ci mette in movimento.

Ci mette in movimento se siamo disponibili sia chiaro.

Perchè se pensiamo ai buoi ai campi e alla moglie noi, non entriamo in movimento, non ci interessa.

L'ascolto ci mette in movimento.

Ma chi è in movimento è inquieto, non è arrivato a casa.

Si arriva a casa quindi si trova la pace, quando si vede la sorgente del movimento.

La sorgente del movimento è Dio Creatore .

Ma Dio Creatore, il Padre, lo vede soltanto il Figlio.

Ecco perchè chi ha ascoltato il Padre va al Figlio.

Va al Figlio perchè il Figlio è quello che risponde alla sua inquietudine.

Che risponde al suo bisogno di vedere la sorgente del rumore.

Il Figlio dice: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me".

Passaggio obbligato.

E dicendo "Me"  dice una persona e una persona è inconfondibile.

Questo ci fa capire che non c'è nessuna regola al mondo che ci possa condurre al Padre.

Che ci possa condurre a conoscere Dio.

Solo il Figlio di Dio ci conduce a Dio.

Ecco allora la funzione di questo portinaio.

La funzione proprio di aprire personalmente a noi questo incontro con il Figlio.

Di lasciare entrare questo Figlio in noi.

Perchè questo Figlio è Colui che conduce noi a vedere quello che Lui vede.

Perchè solo Lui può condurre noi a veder questo.

"Nessuno può salire al cielo se non Colui che discende dal cielo".

Però Colui che discende dal cielo si subordina al portinaio che gli apra.

E fintanto che questo portinaio che portiamo dentro di noi, non coincide con l'interesse di vedere il volto del Padre, non apre al Figlio, non aprendo al Figlio certamente non si può giungere alla conoscenza di Dio.

E non si può nemmeno volerla.

E quindi non si può giungere alla vita eterna.



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.  Gv 10 Vs 3 Primo tema. Riassunto Lunedì.


Titolo: La funzione del portinaio.


Argomenti: Ovile luogo di riposo – La proposta della conoscenza di Dio – Ladri e assassini – I valori relativi – Il sale della terra – Il Pastore delle pecore – Il come – Il potere di diventare figli di Dio – Il Pastore si sottomette al portinaio – Le chiavi del Regno – Il potere che impone – Il bussare di Cristo – Colui che è e Colui che viene – Il portinaio è l’interesse che apre e chiude a certe proposte – L’uomo non è libero di volere – L’uomo si caratterizza per il fine – I fini diversi da Dio – I maestri che soddisfano i nostri interessi – Le chiavi del portinaio – Le chiavi di Pietro – Riconoscere in Cristo come Figlio di Dio – L’ascolto del Padre – Pensando si prende consapevolezza – Il linguaggio della nostra mente – Pensando si elegge – Il linguaggio binario – Il compito del portinaio – La veglia del servo – Servi, amici e figli di Dio – Il portinaio non fedele – Partecipare al Figlio – Ascolto e visione del Padre – Ascolto e interesse  -


 

7/agosto/1989 – LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.

Gv10 Vs 3 Secondo tema.


Titolo: La voce del Pastore.


Argomenti: Riconoscere la  voce del Pastore.   Appartenenza.   Libertà (campo) di ascolto e di parola.  Interesse per Dio.  Voce del Padre e voce del Figlio. Ascolto. La pace dell'uomo sta nel vedere. Organismo. Cos'è una voce?


 

13/agosto/1989 Casa di preghiera Fossano


Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla prima parte di questo versetto: "A Lui il portinaio apre".

Oggi dobbiamo soffermarci sulla seconda parte.

Cioè: "Le pecore sentono la sua voce".

Il tema di oggi è la voce del Pastore.

In quanto qui si dice "sentono la sua voce" ("sua!"), ci fa capire che c'è una selezione di voci.

C'è chi sente la voce del Pastore e chi sente la voce degli uomini, c'è chi sente la voce della società o della politica o di tante altre cose, c'è chi sente la voce di Dio.

Il problema che si pone è: come riconoscere la voce del Pastore, come distinguere una voce da un'altra?

E perché si sente la voce di uno piuttosto che di un'altro?

Sopratutto come poter giungere a riconoscere la voce del Padre e la voce del Figlio, perché ogni esistente ha la sua voce: gli uomini parlano e Dio parla; anche le cose parlano, anche gli animali hanno la loro voce: tutto ha una voce; anche le pietre parlano e hanno una loro voce.

Qui dice che le pecore, cioè le sue pecore, sentono e riconoscono la sua voce.

Lo mette in relazione a quanto aveva detto prima : "A Lui (ciò al Pastore) il portinaio apre"

Ricordiamo che Pastore è Colui che entra per la porta dell'ovile e quando ci siamo soffermati su questo pensiero, abbiamo visto che Colui che entra per la porta dell'ovile è Colui che propone come fine la conoscenza di Dio, dandoci così la possibilità di riconoscere, di distinguere, tra il Pastore e tutti gli altri.

Vero Pastore è Colui che propone agli uomini come fine la conoscenza di Dio.

Tutto coloro che propongono altro dalla conoscenza di Dio (la conoscenza di Dio è la vita eterna quindi la vita vera), propongono non la vita vera, ma altro, in quanto propongono non la vita vera e in quanto propongono altro non vengono che per rubare e uccidere.

Qui dice: "A Lui questo Pastore, il portinaio apre" e poi c'è una relazione "le pecore sentono la sua voce".

Fa pensare che il sentire la voce del Pastore sia una conseguenza del fatto che il portinaio abbia aperto al Pastore.

Domenica scorsa abbiamo visto perché il Pastore, che è il Padrone delle pecore, il Padrone dell'ovile, si faccia aprire dal portinaio, quasi si renda dipendente dal portinaio.

Già qui c'è un accenno al fatto che Dio stesso dice di essere Uno che bussa alla porta dell'uomo e se qualcuno gli apre, "Lui entrerà e cenerà con lui ed egli con Me."

Abbiamo un Dio che si sottomette, bussa.

Dio può entrare tranquillamente, dove vuole.

Come vuole, quando vuole.

Tutto è opera sua.

Tutto è casa sua.

Eppure Lui bussa.

Alla porta di casa sua.

E aspetta che qualcuno gli apra.

Aspetta che l'uomo gli apra.

Abbiamo qui una raffigurazione di questo Pastore che aspetta che il portinaio gli apra per entrare nell'ovile.

Ci deve essere un significato.

Proprio per il problema che stiamo osservando adesso.

Circa la capacità di riconoscere la voce del Pastore da parte delle pecore.

Sembra che la capacità di riconoscere la voce del Pastore da parte delle pecore dipenda dal fatto che il portinaio abbia aperto al Pastore.

È necessario approfondire.

Abbiamo visto che cosa è il portinaio.

Ogni uomo ha il suo portinaio.

Abbiamo visto che il portinaio in ognuno di noi è il fine per cui viviamo.

È l'interesse principale della nostra vita.

È questo che apre e chiude.

A seconda del fine che noi perseguiamo, noi ci apriamo a certe proposte e ci chiudiamo ad altre.

Ci apriamo all'ascolto di certe parole e ci chiudiamo ad altre.

Gesù dice: "Chi è dal cielo ascolta le parole del cielo e parla parole del cielo".

"Ma chi è della terra ascolta e parla parole della terra."

Ecco il condizionamento che subiscono gli uomini.

A seconda del luogo da dove sono.

Dal cielo o dalla terra.

Qui Gesù ci fa capire che si può essere dal cielo o dalla terra.

E allora dobbiamo chiederci quando è che l'uomo è dal cielo e quando è che l'uomo è dalla terra.

Quando è che viene da-.

Ognuno di noi appartiene a-, cioè viene da-.

Ognuno di noi appartiene a ciò per cui vive.

Ogni uomo è creato da Dio.

Ogni uomo viene dal cielo.

Ogni uomo appartiene a Dio.

Però succede che l'uomo vivendo fa delle scelte.

E finisce per vivere per dei fini diversi.

Si finisce di vivere non più per il cielo dal quale si viene.

Si finisce per vivere o per se stessi o per il denaro o per il mangiare o per la figura o per correre per il mondo.

Si può anche vivere per cercare di conoscere Dio.

Ĕ proprio il vivere per-, che determina nell'uomo l'appartenenza.

Ogni uomo nato da Dio finisce di appartenere a ciò per cui vive.

E vivendo per-, ecco viene da-.

Appartenendo a-, viene da-.

Gli uomini che vengono dal cielo sono quelli che vivono per le cose del cielo.

Gesù dice: "Non accumulate tesori in terra, dove i ladri rubano e le tignole consumano ma accumulate tesori in cielo".

Cioè vivete per le cose del cielo.

Vivere per il cielo vuol dire avere come fine le cose del cielo.

E le cose del cielo sono la conoscenza di Dio.

E allora qui Gesù esorta: "Vivete per conoscere Dio se volete essere dal cielo, se volete diventare figli di Dio, perché se vivete per le cose che passano, cioè per la terra, appartenete alla terra."

Quest’appartenenza che si forma in noi alla terra, condiziona in noi il campo di ascolto e condiziona in noi il campo del parlare, per cui chi è della terra ascolta e parla di cose della terra.

Cosa vuol dire questo?

Vuol dire che il nostro orecchio si chiude, noi non siamo liberi di volere, ma non siamo nemmeno liberi di ascoltare quello che vogliamo.

Non siamo liberi di ascoltare quello che vogliamo!

Come non siamo liberi di parlare di quello che vogliamo.

Che noi non siamo liberi di parlare ciò che vogliamo è facile a capirsi perché non possiamo parlare, dire cose che non conosciamo.

Ma non siamo liberi nemmeno nel campo dell'ascolto.

Arriva un certo momento che noi non possiamo ascoltare quello che vogliamo.

Il nostro orecchio è formato dal campo di ascolto che si determina da ciò per cui noi viviamo.

A seconda di ciò per cui noi viviamo, si forma in noi il condizionamento dell'orecchio, per cui noi diventiamo incapaci, impotenti ad ascoltare  altro da quello che è il nostro interesse principale.

Saremo costretti ad ascoltare quello che avremo voluto ascoltare.

Ecco già questo ci fa intuire come ci siano uomini che riconoscono la voce del Pastore.

E abbiamo visto che il Pastore è il Figlio di Dio.

Perché solo Colui che è Dio e che viene da Dio, dal cielo, può proporre agli uomini la conoscenza di Dio.

Perché la conoscenza di Dio è una cosa che non si vede.

Tutti gli altri uomini propongono altro.

"Nessuno ha mai parlato come Lui".

Come questo Pastore.

Perché?

Perché tutti gli altri uomini possono proporre solo cose che si vedono e si toccano.

Gli uomini propongono come fine il denaro, la gloria del mondo, la politica, il benessere perché sono cose che si vedono e si toccano.

Solo Colui che viene dal cielo può proporre le cose invisibili di Dio.

Ma abbiamo detto che il Pastore si caratterizza non solo per quello che propone ma anche perché rende possibile quello che propone.

Il Figlio di Dio non è solo uno che viene a dire agli uomini: "Cercate prima di tutto il Regno di Dio".

Non è soltanto uno che dice agli uomini: "Impegnatevi a conoscere Dio".

Perché l'uomo, l'abbiamo visto molte volte, di fronte a questa proposta, viene a trovarsi nella più grande impotenza.

È la segnalazione di una meta che per lui può rivelarsi impossibile.

Dico, il Figlio di Dio, il Pastore si caratterizza in questo: propone la conoscenza di Dio all'uomo ma la rende anche possibile.

E come la rende possibile?

La condizione perché il Pastore entri nella nostra vita è che ci sia il portinaio che apra.

Il portinaio che è dentro ogni uomo.

Il portinaio che è dentro di noi.

Il portinaio è l'interesse.

Il portinaio è il fine.

Soltanto quell'uomo che ha interesse per Dio, ha il portinaio in sé che apre alla proposta del Pastore di conoscere Dio.

Chi è l'uomo che ha dentro di sé questo portinaio che ha interesse per Dio?

L'uomo che ha questo portinaio che apre al Pastore che gli fa la proposta della conoscenza di Dio, è colui che ha ascoltato il Padre.

Infatti, Gesù dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a Me".

Forse che il Padre non parla con tutti?

Il Padre è Dio Creatore.

Dio Creatore parla con tutti e parla a tutti.

Non c'è luogo della terra in cui non si oda la sua parola.

"Chi ha ascoltato il Padre..."

Allora c'è una differenza tra il Padre che parla e chi ascolta la voce del Padre.

La differenza sta in questo: Dio parla e la sua parola entra indipendentemente dall'uomo, cioè gli annunci di Dio arrivano indipendentemente da noi.

Noi vediamo le cose, assistiamo agli avvenimenti, incontriamo le creature indipendentemente da noi.

C'è una volontà diversa che ce le fa incontrare.

Tutti i giorni noi subiamo i messaggi, gli annunci, le parole di un essere diverso da noi, che impone a noi queste cose.

Le impone.

Tutta la creazione è un’imposizione.

Nessuno ha chiesto a noi il permesso per farci nascere.

La nostra nascita è un’imposizione.

Qualcuno ci ha imposto di vivere e questi è il Creatore.

Quindi le cose, le opere, gli annunci, i messaggi di Dio Creatore si impongono all'uomo.

Tant'è che quando l'uomo vuole chiudere gli occhi o vuole non udire è perché ha già visto, è perché ha già udito.

Quindi ciò che lui vede e che incontra e che ascolta, lo incontra, lo vede, lo ascolta prima di poter fare una scelta.

Poi fa la scelta perché tutto ciò che Dio opera, essendo Parola di Dio è una proposta per l'uomo.

Dico: c'è una differenza tra il Dio che parla e l'uomo che ascolta.

Quando è che l'uomo ascolta?

L'uomo ascolta quando pone mente a ciò che Dio gli annuncia.

A ciò che Dio Creatore, Padre gli fa incontrare.

Soltanto colui che pone mente, ecco ascolta il Padre.

Si ascolta ponendo mente.

E chi ha ascoltato il Padre, dice Gesù "Viene a Me".

Perché?

Perché ascoltando il Padre, si va al Figlio?

Perché Gesù dice: "Nessuno ha mai visto il Padre se non il Figlio".

Questo ci fa capire che tutti ascoltano il Padre ma nessuno ha mai visto il Padre.

La Parola di Dio s’impone, quindi tutti ascoltano il Padre.

Ascoltano, sentono, subiscono, non possono ignorarlo.

Dio Creatore è Colui che nessuno può ignorare.

La voce di Dio si fa sentire a tutti.

Non tutti ascoltano il Padre.

Ascoltano il Padre soltanto coloro che pongono mente.

Questi che pongono mente, ecco, pongono mente a un annuncio.

A un annuncio di uno che non vedono.

Quando si pone mente a un segno, a un segnale, a una voce di uno che non si vede, cosa si forma nell'uomo?

Il desiderio di vederlo.

L'uomo è inquieto quando sente delle voci e non sa di dove vengono.

Si quieta quando vede la sorgente.

La pace dell'uomo sta nel vedere.

L'ascolto non lo mette in pace, anzi, l'ascolto dei segnali lo mette in movimento.

Ciò gli fa desiderare di vedere la sorgente dei segnali stessi.

È proprio questo desiderio di vedere il Padre, che parla, che si annuncia che porta gli uomini al Figlio, al Pastore.

Ad aprire al Pastore.

Che porta gli uomini ad aprire al Figlio di Dio.

Perché solo il Figlio di Dio vede il Padre.

Ora quando si lascia entrare qualche cosa in noi, noi seminiamo in noi.

Abbiamo detto che una cosa entra in noi in quanto noi dedichiamo il pensiero, dedichiamo la mente a.

Ascoltando (ma precisiamo, ascoltare significa porre mente), ponendo mente, noi seminiamo in noi una creatura nuova.

Un seme.

Ed è il seme della Parola di Dio.

Il seme del desiderio di vedere il Creatore.

L'attrazione per il Padre.

Sarà quest’attrazione per il Padre che ci condurrà al Figlio.

In quanto si semina in noi un seme, si semina una creatura nuova.

Ecco l'inizio di una creatura nuova nell'uomo.

Un seme ha una caratteristica meravigliosa.

Perché è l'inizio di un organismo.

Quando si dice organismo, s’intende un insieme che è strettamente organizzato al raggiungimento di un fine.

Ora proprio in quanto c'è questo"strettamente organizzato al raggiungimento di un fine", c'è nel seme, nello sviluppo del seme stesso, una capacità meravigliosa, anzi due capacità:

-La capacità di assimilare tutto quello che serve al fine.

-La capacità di rigettare tutto quello che non serve al fine.

Ecco, l'organismo che viene dal seme.

Da questo seme che l'uomo semina nella sua vita quando dedica la sua mente all'ascolto di ciò che Dio gli fa giungere.

Ciò che Dio Creatore gli fa giungere.

Si semina una creatura nuova.

Una creatura che è organizzata al raggiungimento di un fine e che assimila tutto quello che gli serve, quindi distingue tutte quelle voci, tutte quelle cose che servono per il fine.

E rigetta invece tutto quello che non serve per il fine.

Qui incominciamo già a capire le pecore che riconoscono la voce del Pastore.

Pecore di Dio.

Sue pecore.

Quindi che appartengono al Padre.

"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me".

Quindi appartengono al Padre.

L'appartenenza è data dalla finalità e quindi in quanto hanno posto nella loro vita (dedicando il pensiero) questo seme della Parola di Dio che fa crescere un organismo tutto organizzato, tutto orientato verso una finalità.

È questo seme al quale noi abbiamo dedicato il pensiero che forma in noi la capacità di riconoscere quelle parole, quegli argomenti, quelle voci che servono al raggiungimento del fine (e un’organizzazione in atto!) e di respingere, di rigettare quelle parole, quei segni, quegli argomenti che non servono per il fine.

Gesù in seguito dirà'"Le pecore non conoscono la voce degli altri, conoscono solo la voce del Pastore".

Perché?

Perché proprio la voce del Pastore è quella che le aiuta a raggiungere il fine.

Ma il fine devono averlo già dentro di sé.

Ecco perché il Pastore aspetta che sia il portinaio ad aprire.

Il portinaio è quest'interesse, questa finalità che l'uomo deve già avere dentro di sé.

L'ha dentro, in sé solo se ha ascoltato il Padre.

Se ha dedicato il pensiero a ciò che il Padre ha fatto giungere a lui indipendentemente da lui creatura.

Qui si forma la capacità di riconoscere la voce del Pastore, la voce del Figlio di Dio.

Ma cosa è una voce?

Ogni esistente ha la sua voce.

Ogni esistente è formato da due fattori:

-la singolarità, l'unità dell'essere stesso che lo caratterizza, la pietra è una pietra, l'albero è un albero, l'uomo è un uomo...eccetera.

-E poi è formato dal segno di sé. Abbiamo detto che anche le pietre hanno la loro voce, la voce delle pietre è la gravitazione.

Tutto ha una voce, l'elefante ha una sua voce, le rondini hanno la loro voce, anche l'uomo ha la sua voce.

Che cosa è una voce?

La voce è segnalazione di presenza.

Ogni esistente per esistere deve poter segnalare la sua presenza.

Anche Dio ha la sua voce: segnala la sua presenza.

Un essere che non avesse la possibilità di segnalare la sua presenza a tutto il mondo diverso da sé cesserebbe di esistere.

Un essere esiste in quanto ha la possibilità di segnalare la propria presenza.

E cosa vuol dire segnalare la propria presenza?

La voce è un corridoio che conduce alla presenza di colui che parla o di colui che fa sentire la sua voce.

Quindi la voce è un richiamo a una presenza.

Gli uomini fanno sentire la loro voce per richiamare la loro presenza.

Dio fa sentire la sua voce per richiamare, per convogliare, per convocare alla sua presenza.

E qui dobbiamo distinguere la voce del Padre dalla voce del Figlio.

Il Padre fa sentire la sua voce, convoca alla sua presenza.

Ma noi la sua presenza non la vediamo, non possiamo vederla.

Perché solo il Figlio di Dio vede la presenza del Padre.

Solo il Figlio di Dio conosce il Padre.

Il che vuol dire che noi sentiamo la voce del Padre, desideriamo vedere chi parla, perché la voce è un corridoio, è una strada che ci convoca a un fine, a una presenza.

Ma questa presenza noi non possiamo vederla perché solo il Figlio di Dio la vede.

Allora chi ha ascoltato il Padre e noi possiamo riconoscere se in noi c'è stato quest’ascolto del Padre, ascolto di Dio Creatore (teniamo presente che si ascolta in quanto si dedica la mente) chi ha ascoltato il Padre ha maturato in sé un interesse per vedere uno che non riesce a vedere, di vedere cioè Colui che fa sentire la sua voce.

Non solo, ma chi ha ascoltato il Padre, proprio perché ha ascoltato il Dio Creatore, ha capito, perché ascoltando, si prende consapevolezza di, ha capito che Dio è il Creatore di tutto, di beni e mali.

Quando in noi si è formata la consapevolezza, la coscienza, questo capire che Dio è il Creatore di tutte le cose, beni e mali, e questo non può avvenire se noi non abbiamo ascoltato il Padre cioè se noi non abbiamo dedicato il nostro pensiero a ciò che Dio Creatore annuncia di Sé (anche se non lo vediamo), questa è la caratteristica che noi abbiamo ascoltato la voce del Padre.

-Interesse per vedere il Padre.

-Convinzione che tutto nell'universo, tutto quello che accade, tutte le creature, beni & mali, tutto è voluto da Dio Creatore, tutto è fatto da Lui.

Queste sono le caratteristiche dell'aver ascoltato la voce del Padre.

La voce del Padre si fa sentire ma il Padre non lo si può vedere perché il Padre si rivela solo al Figlio.

E allora qui abbiamo la voce del Figlio.

Ecco perché chi ha ascoltato il Padre, va al Figlio.

Perché, ed è il Figlio stesso che lo dice: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".

Qui dobbiamo riconoscere la voce del Figlio.

"Le pecore di Dio, quelle che hanno ascoltato il Padre, riconoscono la voce del Pastore, riconoscono la voce del Figlio di Dio".

E in cosa sta questa voce del Figlio di Dio?

Figlio di Dio è Colui che vede il Padre.

Ora se il Figlio di Dio è Colui che vede il Padre, la sua voce è quella che ci conduce in quel luogo, in quel punto in cui si vede il Padre.

Perché questa è la caratteristica del Figlio.

Il Figlio di Dio vedendo il Padre parla di quello che Lui vede e quindi parla delle condizioni (luogo) per poter vedere il Padre.

La parola è una strada, il Figlio di Dio dice: "Io sono il cammino, Io sono la strada!".

Ecco le sue parole, la sua voce è questa strada.

Chi l'ascolta viene condotto, portato in quel luogo in cui si trova il Figlio di Dio, in quel luogo cioè in cui si vede il Padre.

Questa è l'opera del Figlio di Dio.


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Secondo tema. Riassunto Lunedì.


Titolo: La voce del Pastore.


Argomenti: La voce del Padre e la voce del Figlio – La voce delle pietre – L’ascolto del Pastore – Il Pastore si sottomette al portinaio – Riconoscere la voce del Pastore – L’interesse è il portinaio – Essere dal cielo o dalla terra – Il fine determina l’interesse – La libertà d’ascolto e di parola – Il campo d’ascolto – La proposta di conoscere Dio e il come del Pastore – Ascolto e visione del Padre – La Sorgente del rumore della creazione – Il test dell’ascolto – Il seme è principio di una creatura nuova – Lo sviluppo del seme -


 

14/agosto/1989 – LUNEDI - Casa di preghiera Fossano



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.

Gv 10 Vs 3 Terzo tema.


Titolo: Passaggio dall'ascolto al vedere/In fondo al corridoio.


Argomenti: Il vedere è una conseguenza dell'ascolto. Voce e attrazione. L'alimento dell'uomo. A chi apre il portinaio? Cosa apre il nostro orecchi a Dio? Voce e esistente. La voce è mutamento. Una sola è la voce.

Voce e mondo. Appartenenza. La voce diventa intenzione.

1) L'andare a Cristo è condizionato dall'ascolto del Padre.

2) Cristo si sottomette al nostro fine-portinaio

3) Se il portinaio apre le pecore ascoltano la voce del Pastore.

4) Ascoltare la voce del pastore e vedere l'opera di Dio.


 

20/agosto/1989 Casa di preghiera Fossano.


Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Le domeniche scorse, abbiamo visto le prime due parti di questo versetto e cioè "A Lui il portinaio apre".

E abbiamo visto chi è il portinaio e qual è il suo significato.

E poi "le pecore sentono la sua voce".

Il tema è stato la voce del Pastore.

Adesso ci rimane l'ultima parte: "Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori".

Ma gli argomenti di quest’ultima parte sono profondi e richiedono molto tempo per cui dobbiamo dividere questo versetto in due parti, l'ultima parte la riserveremo per un'altro ciclo.

In quest’ultima parte dicendoci "Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori" ci presenta l'opera del Pastore.

Evidentemente la visione di quest'opera è collegata al fatto che le pecore sentono la Sua voce.

Cioè fa dipendere la visione dell'opera del Pastore dall'ascolto della voce del Pastore.

Questo è l'argomento su cui ci dobbiamo fermare oggi.

Per poterci poi aprire ai successivi argomenti dell'ultima parte.

Cioè del Pastore che chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.

Dobbiamo chiederci qual è il passaggio dall'ascolto al vedere, vedere le opere.

Tutto è segno e quindi dobbiamo considerare il passaggio dall'ascolto di Dio al vedere le opere di Dio, e come il vedere le opere di Dio sia condizionato, conseguenza dell'ascolto.

Sappiamo che nel Regno di Dio, nel Regno della Verità ognuno vedrà in relazione a quello che avrà ascoltato.

Già questo ci fa capire come il vedere sia una conseguenza dell'ascolto.

In questo versetto tre il problema dei rapporti è molto importante.

Abbiamo già visto come non si può ascoltare, non si può nemmeno individuare il Pastore se non si è attratti dal Padre.

Il Pastore è il Figlio di Dio perché solo il Figlio di Dio può condurci a vedere il Padre.

Il Pastore è Colui che propone la conoscenza di Dio.

E non soltanto la propone ma, dà la possibilità di giungere a essa.

Questa proposta e questa possibilità ci vengono dal Figlio di Dio.

Solo il Figlio di Dio, solo Lui che è in cielo, solo Colui che contempla il Padre può condurre noi a questa meta.

A questo fine.

Dico, il problema dei rapporti è molto importante.

1) Prima di tutto, tutto viene da Dio Padre.

"Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre".

L'andare al Cristo, l'incontrare il Cristo, il poterlo ascoltare, il poterlo seguire è condizionato ( è questo il primo rapporto) dall'attrazione per il Padre.

Il Padre parla a tutti.

Dio Padre è il Creatore di tutte le cose ed essendo il Creatore di tutte le cose, tutto è sua voce, tutto è parola sua.

"Non è una voce di cui non si oda il suono...giunge in tutti i confini della terra" dice il salmo.

Ecco, la voce del Padre si fa sentire ovunque.

Tanto che Dio Creatore è Colui che nessuno può ignorare.

Che Dio faccia giungere la sua voce a tutti, non è detto che tutti ascoltino la voce di Dio.

Coloro che ascoltano la voce di Colui che parla in tutto, ecco, costoro entrano in quest'attrazione che li condurrà all'incontro con Cristo.

Come?

Ascoltando la voce di Dio si ascolta una voce ma non si vede Dio, cioè non si vede la fonte, la sorgente di questa voce: ecco il rapporto!

"Nessuno ha mai visto Dio, solo il Figlio vede Dio".

Però quanti hanno ascoltato Dio "Vengono a Me".

Ecco, qui allora c'è questa grande differenza.

Tutti possono ascoltare Dio perché Dio parla a tutti.

Se parla a tutti, tutti hanno la possibilità di ascoltare Dio.

Tutti hanno la possibilità di ascoltare la voce del Padre.

Quindi la possibilità è data a tutti.

"Quanti l'ascoltano (ecco! Quanti l'ascoltano!) vengono a Me".

Ora, quando abbiamo parlato di questo, abbiamo detto che si ascolta non con le orecchie, ma dedicando la mente, il pensiero.

Dio Creatore è Colui che nessuno può ignorare.

Colui che dedica il pensiero a Dio Creatore, quindi che pensa Dio, questi entra nell'attrazione di Dio.

Questi fa la giustizia essenziale.

Questi mette Dio in alto.

E mettendo Dio in alto resta attratto.

Perché resta attratto?

È semplice, quando si sente una voce e non si vede la fonte di questa voce si resta attratti.

L'attrazione è la conseguenza dell'aver ascoltato uno che non si vede.

Chi ha ascoltato desidera vedere il volto, la presenza di Colui che parla, di quella voce che ha ascoltato.

È quest’attrazione, questo desiderio di vedere la presenza di Colui che ha fatto arrivare a noi la sua voce che ci condurrà al Cristo.

"Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre."

Attratto dal desiderio di vedere il Padre, di conoscere Dio.

È questo il primo rapporto che abbiamo visto.

2) È questo desiderio di vedere Dio che forma in noi il portinaio che apre al Pastore.

Per cui il secondo rapporto è questo:

il Pastore, cioè il Figlio di Dio, Cristo tra noi, Presenza di Dio tra noi, si sottomette al portinaio che apre a Lui.

Perché se il portinaio apre, Lui entra e cenerà con Lui, e renderà quindi partecipe la creatura di ciò che Lui è venuto a recare: la cena, il cibo, l'alimento.

L'alimento dell'uomo è la verità

L'uomo è fatto per la verità.

La nostra anima è essenzialmente fame di verità, bisogno di verità: si nutre di verità.

Questo il cibo che nutre la nostra anima.

Ora notiamo che la nostra anima è quella che mantiene su il nostro corpo.

Non è il nostro corpo che tiene su l'anima.

Se la nostra anima è malata, il nostro corpo non sta su e presto corre al suicidio.

Non può farne a meno.

Non si può sopportare la vita quando manca il principio della vita.

Il principio della vita del corpo è l'anima, ma l'anima da sola non sta su.

Il grande errore che fanno gli uomini è di ritenere che la loro anima stia su da sola.

La nostra anima da sola non sta su.

Poiché anche la nostra anima è una creatura e come tutte le creature ha bisogno di alimentarsi.

La nostra anima ha bisogno di un cibo per stare su, per mantenersi in vita.

Cibo della nostra anima è la verità.

Se noi lasciamo mancare questo cibo alla nostra anima, la nostra anima deperisce e muore.

E morendo trascina dietro di sé la vita del nostro corpo.

La vita di tutto il nostro mondo.

Perché centro del nostro corpo e del nostro mondo, è la nostra anima e centro della nostra anima è Dio, è la verità.

Cristo viene a portare questo cibo: "Io entrerò e mangerò con Lui e Lui con Me ".

Però l'entrata del Pastore dell'ovile nella nostra vita è subordinata (ed è questo il secondo rapporto) al portinaio.

Ognuno di noi ha un portinaio in sé e questo portinaio apre soltanto a coloro che corrispondono a quello che è l'interesse principale della nostra vita.

Perché il portinaio è il fine della nostra vita.

Il portinaio è ciò per cui viviamo.

Per cui vivendo per una cosa determiniamo in noi questo portinaio.

Diamo le chiavi a questo portinaio.

Il quale apre soltanto a coloro che servono al fine della nostra vita.

Abbiamo accennato al fatto che la nostra esistenza è un organismo che si costruisce sulle finalità.

Per cui è un principio di scelta.

Come una pianta.

Sceglie tutto quello che serve al suo fine e rigetta tutto quello che non serve al suo fine.

A seconda del fine che portiamo in noi, noi diventiamo un principio di scelta: scegliamo tutto quello che serve per il nostro fine.

Soltanto se il nostro fine è Dio il portinaio che è in noi, apre a Cristo.

Perché soltanto se il nostro fine è Dio, il nostro portinaio lascia entrare ciò che serve al fine.

Cristo è proprio ciò che serve al fine, perché soltanto se noi siamo attratti dal Padre, soltanto se abbiamo desiderio di conoscere Dio, apriamo a chi ci propone Dio.

Ecco perché il Pastore è Colui che viene a proporci come fine la conoscenza di Dio.

Le due cose collimano.

Se in noi si è formato il desiderio di conoscere Dio, il portinaio apre al Pastore che viene a offrire a noi come fine la conoscenza di Dio.

3) E abbiamo visto e qui troviamo il terzo rapporto, che soltanto se il portinaio apre al Pastore, le pecore ascoltano la voce del Pastore.

Perché?

Perché il Pastore non viene soltanto a proporre come fine la conoscenza di Dio, ma da anche la possibilità di giungere a conoscere Dio.

Dare la possibilità di conoscere Dio, vuol dire farsi strada per i nostri passi.

Condurre a conoscere Dio, quel Dio che ci ha proposto come fine.

Noi abbiamo la possibilità si ascoltare e quindi seguire la voce di Cristo solo se il portinaio in noi ha aperto a Cristo.

Ecco perché Cristo si sottomette.

Perché soltanto sottomettendosi, in noi forma il principio dell'ascolto.

Perché quello che apre i nostri orecchi all'ascolto è quello che coltiviamo dentro di noi.

Ecco perché il Pastore si sottomette a quello che portiamo dentro di noi: è la condizione per aprire il nostro orecchio ad ascoltare le sue parole.

Noi possiamo anche aver incontrato il Cristo ma non è che il portinaio in noi abbia aperto al Cristo, perché noi non abbiamo interesse per ascoltare le sue parole.

Apre soltanto se in noi c'è questo interesse principale per conoscere Dio.

È la conoscenza di Dio quindi, in noi come fine, che apre a noi l'orecchio per ascoltare la voce del Pastore.

Perché?

La voce è un corridoio.

Il fatto stesso che ci siano questi rapporti, uno subordinato all'altro, uno condizionato dall'altro, ci fa capire questo grande significato: è tutto un cammino a senso unico.

Se manca ad esempio il principio, il primo anello, tutto il resto parte.

Se non si è attratti dal Padre, se non si desidera conoscere Dio, tutto il resto parte.

E se si desidera conoscere Dio ma non si pone questa conoscenza di Dio come fine e come fine principale tutto il resto parte: non c'è l'orecchio preparato per ascoltare la voce del Pastore.

4) E sopratutto e ultimo rapporto (che vedremo le volte prossime) se non si ascolta la voce del Pastore, non si giunge a vedere l'opera del Pastore, perché il vedere è subordinato all'ascolto.

Tutta questa serie di rapporti ci rivela che il cammino è a senso unico, e in quanto a senso unico va verso un fine una meta.

E il fine qual è?

Abbiamo detto che l'anima di questo cammino è la voce che conduce.

"Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole."

"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".

Quest’ascolto che è a senso unico ci conduce verso una meta ben precisa.

E qual è questa meta ben precisa?

Quando si ascolta una voce, la meta è una sola: vedere Colui che parla con noi.

Vedere il volto di Colui che parla con noi.

Questo è al termine di questo corridoio che rappresenta la voce.

La voce del Pastore.

Vedere il volto, la presenza di Colui che parla con noi.

Perché noi sentiamo la voce, ma non vediamo il volto di Dio, il volto di Colui che parla con noi.

È un cammino a senso unico, però abbiamo anche accennato che le voci sono tante.

Ci sono le voci delle cose, ci sono le voci delle piante, ci sono le voci degli animali, ci sono le voci degli uomini e c'è anche la voce di Dio!

E Dio è in tre persone.

E allora c'è la voce del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

La voce è il segno di un esistente, ogni esistente è costituito da:

-Una singolarità: ogni cosa essendo espressione di Dio è una singolarità.

Dio è uno e in tutte le sue opere manifesta, significa questa sua unità, per cui ogni cosa è differente dall'altra.

Quindi ogni cosa è costituita da una singolarità.

-Dalla voce di questa singolarità.

Quindi abbiamo questi due fattori che costituiscono ogni esistente.

Ogni esistente si distingue dall'altro e la voce di ogni esistente si distingue dall'altra.

Tutti gli esistenti parlano, però se notiamo a fondo, diciamo: "Cosa è una voce?"

E perché la voce ci fa desiderare di vedere chi è colui che parla?

Infatti, la voce è un richiamo di un esistente perché ce lo annuncia: la voce è un annuncio.

Perché la voce ci fa desiderare di vedere la presenza di colui che parla?

Perché?

Perché la voce è mutamento.

La voce è voce in quanto è cosa che muta.

E quando noi ci troviamo di fronte a qualche cosa che muta, noi andiamo a cercare chi fa mutare questa cosa.

Anche il nostro parlare è tutta una modulazione, è tutto un continuo mutare.

E quando noi sentiamo qualcuno parlare, andiamo alla ricerca di che cosa è che fa mutare queste parole, andiamo a cercare il pensiero.

Teniamo presente che la voce è voce in quanto è presenza di ciò che muta e tutto ciò che muta ci mette in movimento, alla ricerca di ciò che lo fa mutare.

Adesso noi scopriamo questo, sì tutti parlano, ogni esistente ha la sua voce, però tutti gli esistenti che noi vediamo e troviamo (pietre, animali, uomini...) mutano, anche loro mutano.

Ma se cambiano, se mutano allora sono voci.

La voce è ciò che muta e se io noto che un esistente muta dico: "Questa è la voce di qualcuno, chi lo fa mutare?".

La conclusione è questa: noi ci troviamo alla presenza di tante voci ma in realtà è Uno solo che parla.

In realtà c'è una voce sola, perché Uno solo è l'essere immutabile.

Perché tutto ciò che muta a sua volta, anche se parla, è una voce e quindi è tutto voce di uno solo.

Una sola è la voce che parla nell'universo in realtà.

Attraverso tutte le voci, c'è una sola voce che arriva a noi.

Ma allora dobbiamo chiederci questo: perché se una sola è la voce che arriva a noi, noi sentiamo tante voci?

Per cui si forma in noi il problema di arrivare a distinguere tra la voce di Dio e la voce degli uomini per non confondere.

E poi arriviamo a preoccuparci e dire così: "Ma quando è che sono sicuro di essere alla presenza di Dio?"

"Quando è che sono alla presenza di un Tu?".

Per non confondere questo Tu con qualche mio pensiero o con il pensiero di qualcun'altro o con la voce di qualcun'altro?

E dico: perché noi abbiamo questa difficoltà: presenza di tante voci?

In realtà c'è una voce sola che parla in tutto, ed è la voce di Dio.

Gesù stesso dice: "Chi è dal cielo ascolta le parole del cielo e parla parole del cielo, ma chi è della terra, ascolta e parla parole della terra".

Questo ci fa capire perché noi abbiamo questa difficoltà e perché per noi ci sono tante voci.

Non c'è la voce vera, la voce reale, perché non siamo dal cielo.

Ci fa capire che ognuno ascolta, ha l'orecchio capace di ascoltare la voce del mondo al quale lui appartiene.

Chi appartiene al cielo, ascolta la voce del cielo in tutto, quindi ascolta la voce di Dio in tutto e solo la voce di Dio.

"Chi è da Dio ascolta le Parole di Dio" dice Gesù.

Ascolta Parole di Dio.

Quindi non ascolta più parole di uomini, non ascolta parole di animali, non ascolta parole di alberi, non ascolta parole di cose: ascolta Parole di Dio perché Dio parla in tutto.

Ma soltanto se Lui è da Dio.

Chi invece non è da Dio ascolta le parole del mondo al quale Lui appartiene.

Se io appartengo al mondo degli uomini io, ascolto parole di uomini e non ascolto Parole di Dio.

E se io appartengo alla società, io ascolto parole della società, e se io appartengo al mondo della politica, ascolto parole di politica.

Perché il nostro orecchio, la nostra capacità di ascolto è condizionata dal mondo al quale apparteniamo.

E cosa è che ci fa appartenere a un mondo piuttosto che a un'altro?

Forse che non apparteniamo tutti a Dio?

E perché noi possiamo appartenere alla terra e ascoltare le voci della terra e non ascoltare più la voce di Dio?

Dio parla in tutta la terra, ma io non ascolto le Parole di Dio nella terra, io ascolto parole della terra, parole degli uomini.

E perché questo?

Chi è che mi fa appartenere a questo mondo piuttosto che all'altro?

Ognuno appartiene a ciò per cui vive.

Per cui fintanto che in noi non c'è, e ritorniamo al primo rapporto, fintanto che non c'è Dio come fine nostro, noi apparteniamo ad altri e ascoltiamo altri, ascoltiamo parole di altri.

Quando Dio per noi non è lo scopo principale, essenziale, unico nella nostra vita, noi non apparteniamo a Dio, noi apparteniamo a ciò per cui viviamo.

E appartenendo a ciò per cui noi viviamo, ascoltiamo le voci del mondo cui noi apparteniamo.

Il cerchio si chiude e non ne usciamo più.

"Chi fa il male resta schiavo di esso".

Soltanto se in noi c'è la conoscenza di Dio come fine personale nostro, proprio nostro, unicamente nostro, noi apparteniamo al cielo, cioè apparteniamo a Dio e appartenendo a Dio noi ascoltiamo Parole di Dio in tutto e in tutti perché uno solo è Colui che parla in tutto.

Tutto, voci e non voci creature e non creature eccetera...

Tutto quanto è voce unica di Dio.

Dio essendo il Creatore è Colui nel quale c'è la ragione di tutto ciò che muta e tutto ciò che muta è voce.

Se tutto ciò che muta ci lascia inquieti, ci mette in movimento, ci introduce in questo corridoio al fondo del quale c'è la presenza di Colui che fa giungere a noi la sua Voce.

Soltanto chi cerca Dio, chi ha messo Dio come fine essenziale della propria vita, costui ascolta in tutto le Parole di Dio e solo Parole di Dio, perché questa è la Realtà.

Qui abbiamo l'uomo che conosce la realtà, gli altri invece vivono nell'immaginazione, perché ritengono si tratti della voce di uno e della voce di un'altro e invece sia l'uno che l'altro mutano e sono voci a loro volta di un UNO.

La realtà è questa: la voce è una sola: è la voce di Dio!

Questa voce è un corridoio: chi ascolta questa voce, cammina a senso unico verso il fondo del corridoio.

L'anima di questo movimento è dato dal desiderio di vedere Colui che parla con noi, di Colui che fa sentire la sua Voce.

Ma in fondo al corridoio cosa troviamo?

Il desiderio è quello di arrivare alla presenza e noi ci aspettiamo, arrivando al fondo del corridoio di vedere la presenza di Dio.

Si però Dio è invisibile.

La voce che si sente in questo corridoio è la voce del Figlio di Dio e il Figlio di Dio ci conduce al fondo del corridoio, perché chi ascolta cammina a senso unico e naturalmente se si va a senso unico si va verso un fine e si arriva al fondo del corridoio.

Ma al fondo di questo corridoio....Dio è invisibile, Colui che parla con noi è invisibile, perché soltanto il Figlio vede il Padre.

E allora questa voce cosa ci fa trovare in fondo al corridoio?

Questa voce in fondo al corridoio ci manifesta una meraviglia: non il volto del Padre, perché soltanto il Figlio può vedere il volto del Padre.

La voce che parla con noi in fondo al corridoio diventa "Intenzione".

Cosa vuol dire che diventa intenzione?

Noi seguiamo una voce, a un certo momento scopriamo che questa voce è un'intenzione su di noi: rapporto personale!

Diventa "intenzione" in quanto la voce infonde in noi un'intenzione.

Quando noi ci troviamo (ecco il problema della persona) di fronte a una voce che si trasforma in richiesta d’intenzione in noi, noi ci troviamo di fronte a una persona.

La voce a un certo momento rivela un’intenzione, e un'intenzione su di noi.

Qui subentra la meraviglia e la crisi, perché fintanto che noi siamo nel pensiero del nostro io, noi ascoltiamo la voce (perché la voce si ascolta nel pensiero del proprio io, altrimenti non è più voce, sarebbe luce) e questa voce ci rivela una sorpresa.

La sorpresa della necessità di morire al nostro io, di dimenticare il pensiero del nostro io, per immergerci nel pensiero di un'Altro.

Perché questa è la condizione per vedere.

Noi nel pensiero del nostro io non vediamo e non possiamo vedere, Dio non si vede nel pensiero del nostro io.

Nel pensiero del nostro io si ascolta la voce, la voce si fa sentire anche nei sepolcri, la voce arriva dappertutto, però ascoltare la voce non vuol dire vedere, tant'è vero che ascoltando la voce, la voce mi mette in movimento per arrivare a vedere Colui che parla.

Però proprio ascoltando la voce, a un certo momento la voce mi dice: "Guarda che per vedere Colui che ti parla tu devi fare un salto di qualità: tu devi superare il pensiero del tuo io e immergerti  nel Pensiero di un'Altro, perché soltanto nell'Altro tu vedrai".

Ecco.

Altrimenti non si arriva a vedere.

Si vede Dio guardando da Dio.

Si conosce il Figlio, guardando dal Padre.

Si conoscono le opere del Figlio guardando da-.

Ecco perché al fondo del corridoio noi non troviamo la presenza di Colui che parla con noi.

Noi troviamo la rivelazione dell'Intenzione di Dio.

Per dare a noi la possibilità di vedere Colui che parla con noi.

Cristo all'ultimo non ci fa vedere il Padre ma ci rivela l'intenzione, la condizione per giungere a vedere il Padre.

Infatti, Lui all'ultimo non ci fa vedere il Padre ma ci affida al Padre.

E cosa vuol dire questo?

Vuol dire che soltanto guardando dal punto di Vista del Padre, soltanto dando a noi la possibilità di guardare dal punto di vista del Padre, noi abbiamo la possibilità di vedere il Figlio che parla con noi e di vedere le opere del Figlio.

Soltanto conoscendo un'intenzione si ha la chiave per vedere, per capire le opere di uno.

Ecco qui nel fondo del corridoio abbiamo la rivelazione dell'Intenzione di Dio e l'Intenzione di Dio è quella di farci passare  dal pensiero del nostro io  al suo Pensiero per guardare dal suo Pensiero.

perché soltanto da quel punto di vista noi abbiamo la possibilità di vedere Colui che parla con noi e di vedere tutte le opere  che Lui ha fatto per noi: quelle opere che qui sono accennate e che vedremo in seguito:"Chiama per nome le pecore e le conduce fuori."


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Terzo tema. Riassunto Lunedì.


Titolo: Passaggio dall'ascolto al vedere/In fondo al corridoio.


Argomenti: Il vedere è conseguenza dell’ascolto – L’attrazione del Padre – Il desiderio di vedere il volto di Dio – Il Pastore sottomesso al portinaio – Il cibo dell’anima – Anima e corpo – Il seme della creatura nuova – La selezione per il fine – Il maestro e le passioni – La possibilità di seguire la voce di Cristo – Il fine seminato in noi da Dio – La coce è il corridoio che ci conduce alla presenza – La voce e l’opera del Pastore – Vedere il volto di Dio – La voce è mutamento – La fonte del mutamento – Il principio della voce – La voce di Dio in tutto e tutti – La presenza di Colui che parla – La Voce diventa intenzione su di noi – La persona è caratterizzata dall’intenzione – Immergerci nel Pensiero di Dio – Passaggio dalla Voce alla Luce – La Voce giunge ovunque – L’affidamento al Padre – L’intenzione è la chiave per capire le opere – Superare il pensiero dell’io -


 

21/agosto/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. Gv 10 Vs 3  Riassunti Domenica.


RIASSUNTI DOMENICA


Argomenti: Il vedere è la conseguenza dell’ascolto – Il vedere del bambino – Il Pastore e i briganti – La proposta del fine – Il seme e il frutto – La capacità di accogliere la proposta del Pastore – L’attrazione del Padre forma in noi il portinaio che apre al Pastore – Il portinaio che apre e chiude – La libertà dell’uomo è determinata dal fine – La giustizia essenziale – L’ascolto del Padre condizione per seguire Cristo – L’interesse per conoscere Dio – Riconoscere il Figlio di Dio – Le chiavi che aprono al Pastore – La veglia del servo – Il cibo dell’anima – L’uomo sottomesso a Dio e Dio sottomesso all’uomo – Il seme e la finalità – La voce del Pastore – Singolarità e voce – La voce è segnalazione di presenza – La Voce del Padre e la Voce del Figlio – La voce e la presenza – La voce è un corridoio – Visione e ascolto – I tre rapporti – Vedere il volto di Dio – Il Fine del cammino a senso unico – La Voce e le voci – Vedere Colui che parla con noi – La pace sta nel vedere – La voce di Cristo giunge a noi nel pensiero dell’io – La voce infonde in noi una intenzione – Il Tu del Figlio – La morte al pensiero dell’io per immergersi nel Pensiero di Dio – Il passaggio dal finito all’infinito – L’affidamento al Padre – L’intenzione e le opere – Capire le opere di Dio -


 

27/agosto/1989 Casa di preghiera Fossano.


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Terzo tema. Riassunti Lunedì.


RIASSUNTI LUNEDI


Argomenti: Il Figlio non fa niente se non lo vede fare dal Padre – Le nozze con Dio – Il Padre parla con tutti, il Figlio no – Le false sicurezze dei cristiani – La voce della forza di gravità – L’infinito è in ogni punto – Dio è già adesso e qui – Il buco nero – L’anticipo di Cristo – La reincarnazione – Cristo ci raccoglie nel Principio – Il saluto di Dio – La purezza di sguardo – Vedere Dio che ci chiama per nome – La molteplicità di presenze – L’uomo e l’animale – La coscienza di essere – Il tempo nello spirito – Cristo è il centro dell’opera di Dio – Il limbo dei patriarchi – Tutto è già scritto – Vedere il Pensiero di Dio – L’ascolto della voce del Pastore – Il vedere è in relazione all’ascolto – Si vede con il pensiero – Le proposte del Pastore e dei briganti – La fedeltà del servo – La manifestazione dell’unità – Singolarità e voce – La voce è segnalazione di presenza – La voce del Figlio – La voce è un corridoio – Il cammino a senso unico – Vedere il volto di Dio – Tutto ciò che muta è voce – Tutto è voce di Dio – Ascoltare parole di Dio o parole di uomini – La sorgente del mutare – Le cause secondo sono effetti -


 

28/agosto/1989 Mindino



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori

Gv 10 vs 3 Quarto tema.


Titolo: Dio ci chiama per nome-Le stelle stanno a guardare?


Argomenti: La solitudine dell'uomo.  Chiamare per nome vuol dire essere conosciuti.  Corridoio.   Segnalazione di un'intenzione.  Guardare a e guardare da.   Il punto di vista.  Esperienza o Parola di Dio? Chiamare per nome è conoscere il problema.


 

3/settembre/1989 Casa di preghiera Fossano


Dall’esposizione di Luigi Bracco

Abbiamo visto la prima parte di questo versetto: "A Lui il portinaio apre e le pecore sentono la sua voce”.

Adesso ci rimane la seconda parte: "Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori".

Oggi in questa seconda parte considereremo la prima affermazione: "Egli, il Pastore, chiama le sue pecore per nome".

C'è una relazione, un rapporto con la frase precedente: l'abbiamo già visto la volta scorsa.

D'altronde tutto il parlare di Dio è un parlare unitario e tende all'unità e ci raccoglie nell'unità: così si va di luce in luce.

Dio opera confermando.

Qui la frase precedente dice: "Le pecore sentono la sua voce".

E l'argomento delle ultime domeniche è stato proprio questa voce del Pastore e la conclusione di essa, poiché la voce del Pastore che abbiamo paragonato a un corridoio, va verso una conclusione, un termine.

Adesso dopo aver detto che le sue pecore ascoltano la voce del Pastore dice: "Egli chiama le sue pecore per nome".

Ci vuol rivelare che il capire che Dio, il Pastore ci chiama per nome dipende dall'ascoltare la sua voce.

Pastore è il Figlio di Dio, è Colui che arriva a noi proponendo a noi il fine vero: fine vero è Dio stesso, è la conoscenza di Dio, quindi la nostra vita eterna.

Soltanto il Figlio di Dio può proporre a noi questo.

Soltanto Colui che viene dal cielo può proporre a noi il cielo.

Gesù dice che il Figlio di Dio chiama le sue pecore per nome.

Lo mette in relazione al fatto che le pecore ascoltano la sua voce, quindi fa capire che noi ci accorgiamo di essere chiamati per nome solo come conseguenza dell'ascolto della voce del Pastore, quasi a dire che la voce del Pastore conduce noi a prendere consapevolezza che Dio ci chiama per nome.

Il problema che subito si affaccia, ed è la prima difficoltà di fronte a questa dichiarazione ("Dio ci chiama per nome") è il fatto che a noi sembra la cosa ben diversamente.

Tutt'altro che sentirci chiamare per nome, facciamo proprio l'esperienza di non essere chiamati per nome.

Il tempo passa e non ci conosce.

L'universo esiste e non ci conosce.

Le stelle stanno a guardare: che l'uomo nasca o che l'uomo muoia, le stelle continuano indifferenti il loro cammino e così tutto l'universo intorno a noi rivela questa indifferenza.

Il mondo, il tempo, le creature esistono indipendentemente da noi, come se noi non ci fossimo.

È la sensazione che noi avvertiamo.

Quando noi moriamo, le cose continuano come prima, come se noi non ci fossimo stati.

Dico: la prima grande difficoltà di fronte a questa affermazione meravigliosa della Parola di Dio (Dio chiama gli uomini per nome) è questa: noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo di non essere conosciuti, quindi di non essere chiamati per nome.

Noi ci sentiamo soli, soli di fronte a questo grande mistero dell'universo.

Soli di fronte al grande mistero della vita.

Soli di fronte ai veri grandi problemi della vita e poi sopratutto di fronte al problema della morte.

Di fronte alla morte l'uomo fa esperienza di essere solo.

Anche se fosse attorniato da amici e da parenti, da gente che conosce, che lo ama, tutto quello che si vuole, lui solo, vive la sua esperienza.

Lui solo, deve affrontare sopratutto la morte.

Il problema della vita e il problema della morte è un problema che si affronta personalmente.

Tutto il mondo attorno a noi ci può esortare, ci può confortare però le scelte sono personali.

Dico: proprio questo ci fa toccare con mano la grande solitudine in cui di trova ogni uomo di fronte al mistero dell'universo, di fronte al mistero di Dio.

E questa solitudine ci impone il problema, il dubbio di non essere chiamati per nome.

Di non essere conosciuti.

Eppure c'è la Parola di Dio che dice che Lui chiama le sue pecore (sue pecore sono gli uomini), chiama gli uomini per nome.

A questo punto cosa dobbiamo privilegiare?

Dobbiamo privilegiare la nostra esperienza?

Quello che vediamo e tocchiamo?

Dobbiamo privilegiare la nostra solitudine?

Dobbiamo privilegiare questa consapevolezza che il mondo ci ignora, che tutto ci ignora attorno a noi?

Non c'è niente che ci chiama per nome.

Le pietre non ci chiamano per nome.

Gli alberi non ci chiamano per nome perché ci ignorano nel nostro problema essenziale.

Dobbiamo privilegiare quello che noi sentiamo, i nostri sentimenti, quello che noi esperimentiamo, quello di cui tutti i giorni facciamo esperienza, oppure dobbiamo privilegiare la Parola di Dio che noi non vediamo e non tocchiamo e che ci annuncia una cosa che a noi sembra impossibile?

Chiamare per nome vuol dire conoscere, vuol dire essere conosciuti e conosciuti personalmente da Dio.

La Parola di Dio ci afferma una cosa che noi non vediamo e non tocchiamo, non esperimentiamo.

Anzi ci afferma una cosa che è completamente contraria a quello che noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo.

Nello stesso tempo non possiamo dire che non è vero se crediamo in Dio.

Se non crediamo in Dio, è vero proprio il rovescio: noi non siamo conosciuti.

Ma anche se crediamo in Dio, non è che noi esperimentiamo di essere chiamati per nome da Dio.

Anche credendo in Dio, il mondo continua il suo corso, il tempo continua a passare a senso unico, le stelle continuano a guardarci.

Però se crediamo in Dio, anche se non esperimentiamo di essere chiamati per nome o esperimentiamo a un certo momento il rovescio: il silenzio di Dio, la morte di Dio, dico, anche se esperimentiamo il rovescio, noi non possiamo smentire questa parola che afferma che Dio ci chiama per nome.

Non possiamo capirla, però non possiamo smentirla.

Una delle grandi esperienze dell'uomo è proprio questa, quella che l'uomo chiama "senso del mistero", ed è proprio questa: che l'uomo non può smentire una verità che si annuncia a lui, ma non può vederla, non può capirla, non può comprenderla, perché quello che vede, quello che tocca è testimonianza contraria a quello che dice la parola.

A questo punto noi ci troviamo di fronte a questi due termini.

Abbiamo detto: si tratta di privilegiare uno dei due.

Dobbiamo privilegiare quello che noi esperimentiamo?

Quello che noi vediamo e tocchiamo.

O dobbiamo privilegiare la Parola di Dio?

La conclusione dell'ultimo argomento che abbiamo visto nella prima parte di questo versetto è stato quello che si trova al termine del corridoio, nella fine del corridoio.

"Corridoio", abbiamo visto è la voce di Dio che ci conduce alla conclusione di un discorso.

Tutto è voce di Dio.

Tutto l'universo è voce di Dio, proprio perché tutto muta.

Infatti, abbiamo chiamato con il nome di voce non solo il rumore delle parole che arrivano a noi ma anche tutta la creazione, perché tutto muta.

Tutta la voce che arriva a noi ci convoca a una presenza.

Tutto è rumore.

Il rumore rappresenta ciò che muta.

Noi di fronte a ciò che muta non siamo in pace finché non giungiamo alla sorgente del rumore, alla sorgente della voce, e fintanto  che non giungiamo a vedere Colui che parla.

Quindi tutta la voce che arriva a noi è la voce del Padre: se l'ascoltiamo si forma in noi la fame,l'attrazione del Padre, il desiderio di vedere Colui che parla a noi e questa attrazione ci fa riconoscere il Cristo e seguire la voce del Cristo, il Pastore: la conclusione della voce del Pastore, se la seguiamo è la presentazione di una intenzione.

La conclusione al termine del corridoio di questa voce che parla, abbiamo detto, è la presentazione di un'intenzione, l'invito, cioè, che la voce stessa ci fa a superare noi stessi per guardare dal punto di vista di Dio.

Questo invito è l'ultimo segno che la voce lascia a noi.

Quindi se teniamo presente che tutto è voce di Dio, tutto è Parola di Dio, possiamo capire che l'universo finisce con quest'ultimo segno per ognuno di noi: segnalazione di un’intenzione.

Tutto il mondo finisce invitando noi ad avere un’intenzione, ad avere un pensiero.

E quest’intenzione non è invito a guardare a, ma è invece un invito a guardare da-, perché soltanto guardando da-, si trova la presenza di Colui che parla con noi, si trova la presenza di Colui che fa giungere a noi la sua voce.

Certo, fin dall'inizio noi siamo invitati a guardare a-, e tutta la creazione dice a noi: "Noi non ci siamo fatti da soli, non ci hai fatti tu, ci ha fatti un'Altro, alza gli occhi a Colui che ci ha fatti, a Colui che ci fa".

La creazione è continua e ogni giorno  Dio, per ognuno di noi fa tutta la creazione e parla con noi.

E tutta questa creazione dice a noi ogni giorno: "Non ci hai fatti tu, non ci siamo fatti da noi, ci ha fatti un'Altro, alza gli occhi, guarda a- "

Ma quando arriviamo al termine del corridoio al termine della voce che ci convoca alla presenza, a quel punto lì, dove tutto finisce, la voce dell'universo, la voce di Dio (voce del Padre e voce del Pastore), si conclude nella manifestazione di un’intenzione che è invito a noi a guardare da-, a guardare dal punto di vista di Dio, di Colui che parla con noi.

S’incomincia, altrimenti non si comincia nemmeno, la vita dello Spirito guardando a-, perché sollecitati da questa voce che ci giunge a noi come un rumore che ci invita, ci sollecita a cercare la sua sorgente, la sorgente di questa voce.

Però man mano che noi ascoltiamo, ecco, abbiamo le pecore che ascoltano la voce, cui il portinaio, cioè l'interesse per Dio, apre.

È necessario che ci sia questo interesse personale per Dio, perché nessuno può andare al Pastore (Pastore è il Figlio di Dio), nessuno può andare a Cristo se non è attratto dal Padre: per aprire a Cristo, al Pastore, bisogna che in noi si sia formata quest’attrazione per il Padre, questo interesse per vedere il volto di Dio, per conoscere il Creatore.

Quando si è formato in noi questo interesse per il Creatore, allora, cioè questo portinaio che è in noi, apre a quel Pastore che parla a noi del Padre e ci convoca.

Ma tutte le voci, quindi anche la voce stessa del Pastore, terminano, concludono, e Cristo stesso conclude con ognuno di noi, invitandoci a questo passaggio: dal guardare a- (che è nostra intenzione) a guardare da-, perché Dio si conosce solo per mezzo di Dio.

La presenza di Dio alla quale ci convoca la voce di Dio si trova, si conosce soltanto in Dio e per mezzo di Dio.

Abbiamo detto che in questa conclusione c'è una meraviglia e c'è anche un grande rischio (la crisi), perché per guardare da-, si richiede il superamento di tutto di noi, il superamento di tutti i nostri punti di vista, sopratutto il superamento del punto di vista del nostro io.

Qui capiamo che cosa deve succedere, perché l'universo, il mondo, la realtà che noi esperimentiamo tutti i giorni attorno a noi, tutto è conseguenza del punto di vista da cui noi guardiamo.

L'universo stesso assume aspetti molto diversi a seconda del punto di vista da cui noi lo guardiamo, c'è una finestra ottica che ci fa vedere l'universo come noi lo vediamo con i nostri occhi, ma c'è anche una finestra ai raggi infrarossi, a onde radio che ci fa vedere un universo tutto diverso da come  noi lo vediamo con gli occhi.

L'universo può essere visto affacciati alla finestra del pensiero del nostro io, ma può anche essere visto affacciati alla finestra del Pensiero di Dio, dell'Intenzione di Dio.

Si tratta, però, di affacciarsi a una finestra.

All'ultimo noi saremo chiamati ad affacciarci alla finestra, quindi a guardare tutte le opere di Dio, l'universo, con l'occhio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, tutto deve essere visto nel Padre nel Figlio e nello Spirito Santo, perché lì è la visione della verità, lì è la visione del Regno di Dio.

L'universo cambia secondo i punti di vista da cui noi lo guardiamo.

Tutte le esperienze che noi facciamo, quelle esperienze che ci dimostrano ben il rovescio di quello che ci dice la Parola di Dio, per cui noi facciamo esperienza di non sentirci chiamati per nome, di essere soli, tutte queste esperienze, tutto quest’universo, sono visti così perché sono visti  sotto il punto di vista del pensiero del nostro io.

Ma evidentemente, siccome il nostro io non è il Creatore, il nostro io non giustifica niente, quindi questo punto di vista è soltanto sensazione, è sentimento, non è verità perché è nel pensiero del nostro io.

Il nostro io non giustifica niente quindi non è verità.

Allora il nostro io non giustifica nemmeno il fatto di non essere chiamati per nome, non è verità.

La verità è ciò in cui tutto è giustificato.

Ora certamente non siamo noi il Creatore, basta un filo d'erba per convincersene.

Quindi noi non giustifichiamo niente.

Noi subiamo tutta l'opera del Creatore ma non giustifichiamo niente.

Quindi allora, se vogliamo trovare la verità (la verità è ciò in cui tutto è giustificato), noi dobbiamo superare il punto di vista del pensiero del nostro io e quindi dobbiamo superare anche la nostra esperienza.

Ecco, dicevo prima, cosa dobbiamo privilegiare?

Quello che noi vediamo e tocchiamo?

Quello che noi sentiamo?

Questa solitudine di cui ognuno di noi fa esperienza?

Dobbiamo privilegiare questo e quindi scartare la Parola di Dio e dire: "La Parola di Dio è pazzia, non è vera"?

La Parola di Dio ci impegna a superare il pensiero del nostro io e come conseguenza dobbiamo superare anche tutto quello che è nostro sentimento, tutto quello che è nostra esperienza, anche l'esperienza della nostra solitudine.

Anche l'esperienza di non sentirci chiamare per nome da nessuno.

Anche l'esperienza di sentirci soli di fronte al grande mistero dell'universo.

Noi dobbiamo superare questo perché dobbiamo superare il pensiero del nostro io: non è vero che noi siamo soli.

Questa è sensazione.

Sentimento.

Vale allora la Parola di Dio perché la Parola di Dio ci dice una cosa che noi non possiamo smentire.

Difficilmente possiamo capirla.

Però non possiamo smentirla.

Però certamente sappiamo che tutto quello che vediamo affacciati alla finestra del nostro io, non è giustificato nel pensiero del nostro io e se non è giustificato, va superato, come?

Ecco la conclusione della voce che parla con noi: "Alza gli occhi e guarda dal punto di vista dell'altro".

Altro chi?

Colui che fa tutte le cose.

Non sei tu che fai le cose, non sono le cose che si fanno da sole, sopratutto non sono le cose che parlano con te.

Ecco perché le cose ci ignorano.

Le cose non parlano con noi.

Il filo d'erba non parla con noi, gli alberi non parlano con noi e noi ci accorgiamo che non parlano con noi, perché proseguono nel loro vivere o nel loro moto indifferenti, sia che noi moriamo o sia che noi viviamo, sia che noi abbiamo problemi, sia che noi siamo angosciati: le stelle se ne stanno indifferenti, fanno il loro giro, ci ignorano.

Ma c'è un dubbio: che qualcuno per mezzo di loro parli con noi.

Loro non parlano ma c'è il dubbio che qualcuno parli con noi.

Dio creando Adamo l'ha invitato a dare il vero nome alle cose e invitandolo gliene ha dato la possibilità.

Adamo diede il vero nome alle cose alla presenza di Dio.

Cosa è che ha dato ad Adamo la possibilità di dare il nome alle cose?

È la presenza stessa di Dio, cioè, Dio creando Adamo ha invitato Adamo a guardare da (presenza di Dio, da), a guardare da Dio le cose, le creature e quindi a dare il vero nome, e la Parola di Dio ci dice che questo che Adamo ha dato è il vero nome.

Adamo ha dato il vero nome alla creazione, alle creature di Dio guardando da Dio, secondo l'Intenzione di Dio e alla presenza di Dio, guardando da Dio ha detto che cosa le cose significavano di Dio.

A chi? A lui!

Allora Dio ha invitato Adamo a capire che Lui lo sta chiamando attraverso tutte le cose.

Attraverso quelle cose che ignoravano Adamo, come ignorano noi nel pensiero del nostro io.

E quando a un certo momento ci fu la crisi, Adamo incominciò a scoprire che più nessuno parlava con lui e questo fu in conseguenza del fatto che incominciò a guardare il mondo affacciato dalla finestra del pensiero del proprio io.

Ma in un primo tempo Dio ha dato la possibilità ad Adamo di guardare tutte le cose dal punto di vista di Dio, secondo l'Intenzione di Dio, perché soltanto guardando con l'Intenzione di Dio e non con l'intenzione nostra, possiamo vedere e intendere che Dio ci chiama per nome.

È l'intenzione quella che ci illumina tutte le cose.

È l'intenzione che ci fa capire se c'è uno che parla con noi.

Essere chiamati per nome non è usare il nome che noi abbiamo all'anagrafe o che ci hanno dato all'inizio della nostra vita: quella è convenzione.

Ci accorgiamo di essere chiamati per nome perché è la cosa più abituale con cui ci si rivolge a noi.

Ma questo non è il vero nostro nome.

Il vero nome di ogni uomo è ciò per cui vive: il suo problema principale.

Ecco per cui dico: l'uomo esperimenta la solitudine, perché non c'è nessuna creatura e non c'è nessun uomo che possa rispondere al suo problema principale.

E il problema principale di ogni uomo è un problema Assoluto, è un problema di pace, è un problema di trovare il significato della vita, è il problema della luce, è il problema di capire se veramente c'è Dio o non c'è.

È un problema di verità.

Non c'è nessuna creatura nell'universo che possa rispondere a questo problema dell'uomo.

Ecco perché l'uomo esperimenta la solitudine.

Ecco perché l'uomo sente di non essere chiamato per nome da nessuno.

Anche da nessun uomo, perché il problema dell'uomo è il problema di ogni uomo e se è il problema di ogni uomo, di tutta l'umanità, non c'è nessun uomo che possa rispondere al problema dell'uomo.

Se non c'è nessuno che possa rispondere al problema dell'uomo, tanto meno potranno rispondere al problema dell'uomo le stelle (ecco per cui tutte stanno a guardare), il sole...tutti stano a guardare, nessuno ci può chiamare per nome.

Però dico, anche qui c'è una meraviglia, perché quello che nel pensiero del nostro io è esperienza, è sentimento, è vedere e toccare la nostra solitudine, proprio questo, questa esperienza che tutto è indipendente da noi, che tutto ci ignora, proprio questa esperienza ci rivela una cosa meravigliosa.

Il mondo è indipendente da noi, non dipende da noi, ma il fatto che non dipende da noi ci rivela che Uno sta parlando con noi e sta parlando con noi chiamandoci per nome, proprio attraverso quelle cose che nel pensiero del nostro io ci fanno sentire la solitudine, l'abbandono, il non trovare nessuno che ci chiami per nome.

Proprio attraverso queste cose, se noi teniamo presente Dio, scopriamo che Dio ci sta chiamando a Sé.

Nel pensiero del nostro io è fatale, noi non possiamo uscire da questa solitudine, poiché nessuno può rispondere al nostro problema.

Ma se teniamo presente Dio e se attraverso tutta la creazione, o semplicemente guardando una pietra, io sono costretto (sono costretto!) a cercare il significato di questa pietra, perché non sono io che ho fatto la pietra: che cosa mi vuol significare attraverso questa pietra, che cosa mi vuol significare Colui che ha creato questa pietra, scopro che Dio mi sta chiamando a Sé attraverso quello che io ho presente.

Ora io ho presente un problema: se uno viene a me e mi conosce in questo mio problema e risponde a questo mio problema, questo mi chiama per nome.

Non mi chiama per nome dicendomi Antonio, Giovanni o Luigi o che so io: mi chiama per nome in quanto mi conosce nel mio pensiero.

Natanaele è stato conosciuto per nome non in quanto è stato chiamato Natanaele, ma in quanto Gesù gli ha detto: "Ti ho visto ieri sotto il fico".

Ecco, noi abbiamo bisogno di essere veduti, veduti in questo problema essenziale.

Il nostro problema essenziale è quello di capire, di capire il significato delle cose, che cosa il Creatore ci vuol dire attraverso tutto ciò che ci presenta.

Ma se attraverso tutto ciò che ci presenta, che è indifferente a noi perché non dipende da noi, quindi ci ignora, noi siamo sollecitati ad alzare il nostro pensiero a Colui che presenta a noi queste cose, qui noi, ci troviamo conosciuti, noi scopriamo di essere chiamati per nome.

Perché chi chiama per nome, è uno che vede il nostro problema e invita noi a passare dal nostro pensiero al suo pensiero, perché soltanto nel Suo Pensiero noi abbiamo la soluzione del problema.

Costui mi chiama per nome.

Costui risponde al mio bisogno principale.

Costui parla con me e allora io scopro, che attraverso la pietra, le stelle, il filo d'erba, l'albero, l'acqua, i monti, le creature, gli uomini e tutte le vicende degli uomini che Dio che forma in noi un problema per far alzare a Lui i nostri occhi.

Quindi chiama noi dal nostro pensiero al suo pensiero, affinché noi abbiamo a guardare Lui.

Ecco chi chiama per nome!

È uno che ci prende là in ciò che abbiamo presente e ci fa passare alla sua presenza.

Lì capiamo il significato di tutto quello che Lui ha fatto.

Lui ha fatto tutto per portarmi a guardare Lui, per portarmi a pensare Lui.

È lì che scopro che Lui mi ha chiamato per nome fin dal principio.


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori

Gv 10 vs 3 Riassunto Lunedì.


RIASSUNTO LUNEDI.


Argomenti: Il Me di Cristo è l’Intenzione di Dio – Morire al nostro io – L’occhio della Trinità – Vedere in tutto la visione dell’Unità e della Trinità di Dio – Il nostro io non giustifica niente – La voce delle cose e la voce di Dio – Il principio d’immutabilità – Rispondere al bisogno di assoluto – Il vero nome delle cose alla presenza di Dio – Dominare la terra – Dio in tutto manifesta Se stesso – Il peccato originale fu guardare il mondo dal pensiero dell’io – L’intenzione illumina le cose – Nulla nella creazione può chiamarci per nome – L’universo esiste indipendentemente da noi – Natanaele – Il bisogno di essere conosciuti – Scoprire di essere chiamati per nome – L’interesse e il maestro – Dio parla sempre personalmente con noi – La voce giunge ovunque il vedere è solo in un luogo – Tutto è voce di Dio – La pace è vedere Colui che ci chiama – Dare il nome secondo Dio e non secondo i nostri sentimenti – La vera conoscenza – Il vero nome – Dio non si trova nel sentimento -


 

4/settembre/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano


 


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori

Gv 10 vs 3 Quinto tema.


Titolo: La tromba dell'Apocalisse.


Argomenti: La Giustizia.     La Parola di Dio non intelletta.  Le opere del Pastore.  "Fuori".  Chiamare per nome & cambiare luogo.  Fuori dal nostro mondo Passione di possesso e passione per capire.


 

10/settembre/1989 Casa di preghiera Fossano


 Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Siamo ancora nel versetto 3 del capitolo 10 di San Giovanni, qui Gesù dice: "A Lui il pastore, il portinaio apre e le pecore sentono la sua voce, ed Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori".

Abbiamo già visto le parti precedenti.

Oggi ci troviamo nell'ultima parte di questo versetto: "Le conduce fuori".

Anche qui dobbiamo chiederci il significato per la nostra vita essenziale, poichè è Parola di Dio per noi, che cosa Dio ci vuole significare di Sé, poichè è Lui che regna in tutto, dicendoci che questo Pastore (dopo esser entrato nell'ovile perché il portinaio gli ha aperto e le sue pecore sentono la sua voce), chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.

Ecco, chiediamoci quale significato ha questo condurre fuori le pecore dall'ovile da parte del Pastore.

Domenica scorsa abbiamo visto che il Pastore chiama le pecore per nome e abbiamo considerato in cosa consista questo chiamare per nome.

Il Pastore rappresenta il Figlio di Dio, poiché è il Figlio di Dio che conduce, guida (è il Maestro).

Le pecore rappresentano gli uomini.

Cosa significa questo essere chiamati per nome?

Tutte le parole che arrivano a noi sono voci, voci di Dio, ma le voci che arrivano a noi,sono da noi intese (intese nel senso che sono udite), ma non sono capite.

Per noi tutto arriva come parabola.

Infatti, in ogni cosa noi dobbiamo sempre cercare il significato se vogliamo rapportare le cose a Dio, se vogliamo mantenere la giustizia.

La giustizia sta nel dare a Dio quello che è di Dio e dare a Dio quello che è di Dio vuol dire riportare sempre tutto nel principio: le cose arrivano a noi senza di noi, non sono riportate nel principio senza di noi, per cui c'è sempre quest’opera d’integrazione che è affidata a noi, tra Dio e la sua parola.

Dio fa arrivare a noi la sua voce, Dio fa arrivare a noi la sua parola e poi l'affida nelle nostre mani e dice a ognuno di noi:"Adesso portala a Me, offrila a Me sul Mio altare".

L'altare su cui si offrono le offerte a Dio è la nostra mente.

"Portale a me - ci dice Dio -nella tua mente alla mia presenza affinché Io ti faccia vedere il mio Pensiero, il significato che ho posto in esse per te".

Perché la vita, la salvezza, la liberazione della nostra anima non stanno nell'ascolto della Parola di Dio.

Certo, è necessario ascoltare le Parole di Dio.

Ma non basta ascoltare le Parole di Dio, perché tutto quello che noi ascoltiamo, se non lo intendiamo e noi non possiamo intenderlo senza Dio, per noi è perduto, sono segni che arrivano a noi ma che non fecondano la nostra terra, sono aborti, progetti di vita falliti.

Tutto quello che noi perdiamo non ci lascia come prima, brucia!

Ci lascia come terra desolata e deserta, terra bruciata che non produce più niente.

Quindi non è sufficiente ascoltare la Parola di Dio ma è necessario passare a intendere il Pensiero di Dio, quel Pensiero che Dio vuol far giungere a noi, facendo giungere a noi la sua Parola, facendo giungere a noi la sua voce.

Per cui abbiamo il compito di realizzare, di intendere  la Parola che Dio fa giungere a noi.

Non si tratta di "fare" nel senso di creare qualcosa, di operare qualcosa di nuovo, si tratta di intendere il significato della Parola di Dio, perché la realtà è Dio che la fa e la realtà è già fatta.

Quando qui si dice che il pastore chiama le sue pecore per nome, ci dice che Dio chiama gli uomini per nome: sue pecore sono gli uomini, tutti gli uomini.

Perché Dio vuole salvare tutti: "Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la verità".

Il che vuol dire che la realtà è questa.

Non si tratta di fare qualcosa di nuovo, si tratta di scoprire quello che già è.

Soltanto che per scoprire quello che già è, noi dobbiamo passare attraverso l'intelligenza del Pensiero, dell'Intenzione di Dio, perché è l'Intenzione di Dio che fa vedere a noi la realtà in cui ci troviamo.

E la realtà in cui ci troviamo è questa: Dio parla con noi tutti i giorni e in tutte le cose e in tutte le cose Dio ci chiama per nome, il che vuol dire che in tutte le cose, ogni giorno c'è una parola per noi personalmente da Dio.

Questo è l'annuncio, questa è la Parola di Dio.

Ma dico, noi sentiamo questo annuncio, sentiamo queste parole: "Il pastore chiama le sue pecore per nome": sono parole, noi possiamo anche crederle, però non vediamo questo pastore che ci chiama per nome, sopratutto non lo esperimentiamo.

Questa è la realtà com’è realtà che Dio è presente.

Che sia presente è una parola, però noi abbiamo presente ben altro.

Eppure non possiamo smentire, non possiamo dire: Dio non è presente perché io vedo e tocco altro.

La verità di Dio che si annuncia a noi è più forte di noi e non può essere smentita da noi, però difficilmente è esperimentata, difficilmente è intelletta.

E perché?

Che cosa ci manca?

Quello che dà a noi la possibilità di intendere e quindi di vedere le opere di Dio è l'Intenzione di Dio, e fintanto che non giungiamo a quest'Intenzione di Dio, noi ci troveremo sempre immersi in parole che non capiamo, che possiamo sentire perché sono più forti di noi, superiori a noi, perché sono creazione di Dio.

Però ci troveremo sempre in un mondo che è diverso da queste parole, in un mondo che smentisce queste parole, in un mondo che ci confonde, che ci lascia dei dubbi, in un mondo che ci impedisce di servire Dio, per cui ci fa sentire in prigione, in carcere, carichi di catene, per cui vediamo quello che dovremmo essere ma non possiamo perché la realtà che ci domina è un'altra, ci sentiamo schiavi.

La Parola di Dio che arriva a noi e che non viene da noi intelletta, ci fa sentire il peso, la schiavitù, l'impotenza perché non vediamo Dio, ma vediamo altro da Dio.

E quell'altro da Dio che noi vediamo ci schiaccia.

La materia ci schiaccia, ci soffoca in una tomba.

Eppure anche la materia è una Parola di Dio, ma una parola non intelletta e fintanto che non sarà intelletta noi non potremo superarla come non potremo superare le presenze fisiche e saremo dominati da queste presenze fisiche, degli altri e nostra.

Questo ci fa capire che la via della liberazione dai nostri pesi, dalle nostre schiavitù sta nell'arrivare a realizzare la parola ascoltata, nel giungere a intenderla.

È l'intelligenza, è la conoscenza di quello che ci è annunciato che ci libera, perché ci fa vedere, ci fa toccare con mano la presenza di Colui che è annunciato, perché ci fa vedere, ci fa toccare con mano che Dio ci chiama per nome.

Per giungere a costatare che Dio ci chiama per nome, non dobbiamo aspettare o aspettarci di sentirci chiamati per nome da Dio, non lo sentiremo mai.

Ma dobbiamo invece cercare di capire "come" Dio ci chiama per nome, e soltanto quando conosceremo come Dio ci chiama per nome, scopriremo di essere chiamati per nome in tutto da Dio.

Proprio quel mondo che ci fa esperimentare la solitudine, perché nessuno ci conosce, proprio questo mondo che non ci conosce e che l'uomo esperimenta, se visto con gli occhi di Dio, dall'Intenzione di Dio, dal Pensiero di Dio, ci fa invece capire che proprio attraverso esso, Dio sta parlando con noi ogni giorno e ci sta chiamando per nome: proprio perché esso non dipende da noi.

Le opere di Dio, le opere del Pastore per essere viste devono passare attraverso il Pensiero di Dio, attraverso l'Intenzione di Dio e quindi debbono passare attraverso il superamento del pensiero del nostro io.

Le opere del Pastore sono due ed è annuncio, Parola di Dio:

-La prima opera è questa: il pastore chiama le sue pecore per nome.

-La seconda è: le conduce fuori.

C'è un rapporto fra le due perché le cose Dio le fa sempre con intelligenza, sempre con misura e quindi sempre in un certo rapporto.

Se prima Lui dice che chiama gli uomini per nome e poi dice che li conduce fuori è perché in questo prima e in questo poi si significa il rapporto.

Ci fa capire che non possiamo intendere cosa vuol dire condurre fuori se prima non abbiamo capito che cosa vuol dire chiamare le pecore per nome.

Il concetto di fuori è un concetto ambiguo.

È per questo che è spiegato, condizionato da un altro.

Infatti, noi ci aspetteremmo che Dio ci conduca dentro, non che ci conduca fuori.

Il concetto di fuori è un concetto di non intelligenza delle cose, uno è fuori in quanto non capisce.

Allora perché qui dice che conduce fuori le pecore dall'ovile?

Proprio da quell'ovile in cui loro stanno al sicuro, sono in pace?

Ho detto che l'intelligenza di questo condurre fuori dipende dall'aver capito cosa vuol dire chiamare le pecore per nome e chiamare le pecore per nome dipende a sua volta dall'aver ascoltato la voce del Pastore.

Tutto è un rapporto perché tutto è strada, tutto è cammino.

Le parole del Signore sono un sentiero e man mano che noi assimiliamo una parola, noi percorriamo un tratto del sentiero e percorrendo un tratto del sentiero siamo fatti capaci di percorrere il successivo.

La voce di Dio, del Pastore essendo un corridoio ci conduce, se l'ascoltiamo, a un certo termine in cui si rivela l'intenzione di Colui che parla con noi, di Colui che fa arrivare a noi la sua voce.

E quest'intenzione è un invito, una proposta a passare dal pensiero del nostro io al Pensiero di Dio, a passare cioè dal guardare le cose dal punto di vista del nostro io a guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Perché solo guardando le cose dal punto di vista di Dio noi, abbiamo la possibilità di incominciare a vedere bene.

E quando incominciamo a guardare dal punto di vista di Dio, lì incominciamo a capire cosa vuol dire chiamare per nome.

Dio chiama per nome in quanto ci conosce.

Noi non dobbiamo aspettarci di sentirci chiamare da Dio con il nostro nome convenzionale (che è il nome che ci è dato nel pensiero del nostro io): Dio non sottoscrive le nostre convezioni.

Dio parla nella sua verità e ci chiama per nome non secondo il nome che ci hanno dato gli uomini nel mondo, ma ci chiama per nome secondo il nome che Lui ha dato a noi.

E qual è questo nome che Dio da all'uomo?

È il nostro destino, questo è il vero nostro nome.

È il nostro fine, ciò per cui dobbiamo vivere, è ciò cui Lui ci ha destinati.

Lui ci ha dato il suo nome perché noi siamo destinati a Lui.

Chiamarci per nome allora vuol dire chiamarci nel nostro destino, vuol dire chiamarci nel nostro fine, in ciò per cui viviamo.

Quando si chiama uno per nome, lo si chiama dal luogo in cui quell'uno si trova e gli si fa arrivare la nostra voce, fino a farlo passare, se lui ascolta, da ciò che lui ha presente alla presenza di colui che lo chiama.

Questo vuol dire chiamare per nome, vuol dire far trasferire uno dal luogo in cui si trova al luogo in cui si trova colui che lo chiama.

È una meraviglia questo chiamare per nome perché ci rivela l'immensità e la meraviglia dell'opera di Dio, Dio che crea l'uomo dal niente ha creato anche in quest’uomo questa meravigliosa possibilità di passare dal luogo in cui l'uomo si trova o si disperde nel suo niente al luogo in cui si trova Colui che lo chiama per nome.

Il che vuol dire che l'uomo ha questa possibilità, non per opera sua, non per volontà sua, ma ha la possibilità, se ascolta la voce di Chi lo chiama di passare dal suo finito all'infinito di Dio, a quell'infinito nel quale Dio stesso dice: "Dove Io sono voi non potete venire".

L'uomo non può passare dal finito all'infinito, però ha la possibilità, se ascolta la voce di Dio, quando la voce di Dio gli giunge, se ascolta la voce di Dio che lo chiama per nome, di passare dal luogo in cui si trova, dal suo finito, al luogo in cui si trova Colui che gli fa giungere la sua voce, di passare dal luogo in cui si trova (mondo creato, mondo finito), all'infinito di Dio, all'eternità di Dio, all'Assoluto di Dio.

Il concetto di fuori è dipendente da questa intelligenza del chiamare le pecore per nome.

Se noi vediamo questo condurre fuori insieme al concetto di chiamare per nome vuol dire far passare dal luogo in cui uno si trova al luogo in cui si trova colui che lo chiama, adesso possiamo definire in che cosa consiste questo fuori, questo condurre fuori che il Pastore fa.

È proprio portare l'uomo dal luogo in cui si trova al luogo in cui si trova il Pastore.

Al luogo in cui si trova Dio.

E per far uscire l'uomo dal suo mondo, cioè per far uscire l'uomo da tutto ciò che non è Dio, perché tutto ciò che non è Dio, è il mondo dell'uomo, per portarlo là dove è Dio.

È la tromba dell'Apocalisse che ci chiama dal nostro mondo, ci fa uscire dai nostri sepolcri e ci convoca alla presenza di Dio, là dove Dio è, al trono di Dio.

Ora, mondo dell'uomo è questa soggezione a tutte le cose che si dicono nel mondo, a tutte le cose che dicono gli uomini, a tutte le cose che possono dire padre, madre, famiglia, istituzioni, regole, leggi eccetera... a tutti i nostri interessi, a tutte le nostre figure, a tutte le nostre problematiche, e farlo uscire di qui e liberarlo da tutte queste schiavitù che condizionano l'uomo al punto da incatenarlo e da impedirgli di fare il minimo passo verso Dio, perché lo rendono indisponibile, sopratutto interiormente indisponibile, perché gli portano via il tempo interiore per Dio.

Ecco, il pastore fa uscire le pecore e le conduce fuori dal loro ovile, da questi luoghi di sicurezza, da questi luoghi di tranquillità in cui l'uomo muore, per farlo camminare e per condurlo ai pascoli liberi di Dio.

Dunque lo libera da-.

Se l'uomo ascolta la sua voce.

Lo libera da- e lo conduce a-.

Sopratutto lo libera dal pensiero del proprio io, perché quello che ci rende schiavi del mondo (del mondo che è opera di Dio) è il pensiero del nostro io che si ferma ai sentimenti, alle sensazioni, alle cose che vede e tocca e non li riporta in Dio.

L'anima di tutta questa schiavitù è il pensiero del nostro io.

E il pastore chiamandoci per nome, ci fa uscire dall'ovile, dal luogo in cui noi ci troviamo, cioè dal pensiero del nostro io e ci conduce ... dove?

Il pastore fa uscire le pecore dall'ovile e le conduce nei pascoli, le conduce alle sorgenti.

E tutto è parabola.

E quali sono questi pascoli?

E quali sono queste sorgenti?

Pascolo di Vita, sorgente di vita è lo Spirito stesso di Dio, è il Padre, perché il Pastore (e il Pastore è il Figlio stesso di Dio), chiamando le pecore per nome, le fa uscire dal luogo in cui si trovano e le conduce nel luogo in cui Lui è.

E qual è questo luogo in cui Lui è?

Il luogo in cui il Figlio è, è il Padre.

Ecco l'opera del Pastore!

E da cosa ci accorgiamo se stiamo seguendo questo pastore?

C'è un test meraviglioso che ci fa capire se noi siamo in ascolto della voce del Pastore e stiamo uscendo dal nostro mondo.

Ho detto che tutto il nostro mondo è il pensiero del nostro io, perché: "Principe di questo mondo è il demonio " dice Gesù.

E il demonio è il pensiero del nostro io quando non si mantiene unito a Dio.

Ora quando il pensiero del nostro io è staccato da Dio, per la passione d'Assoluto che porta in sé, diventa passione di possesso: tende a proiettare questa passione di possesso su tutto e su tutti.

Qualunque forma di azione opera parola del nostro io nel mondo è sempre dominata da questo desiderio di possedere.

Possedere le creature, possedere le cose eccetera...

Nel desiderio di possesso non si rispettano più le persone per quello che sono.

Perché ogni persona è tale in quanto è destinata a Dio.

Appartiene a Dio ed è destinata a Dio.

Abbiamo detto che il nome vero della persona è questo destino.

Ora dico, invece, quando il nostro io non si rapporta a Dio, nel pensiero di sé, in tutte le forme, sia che voglia esercitare autorità, sia che si sottometta come servo, sia che faccia il prepotente, sia che faccia l'umile, in tutte le forme, questo pensiero del nostro io è dominato dal desiderio di possedere.

Lo chiama anche amore, però è desiderio di possesso, è di possesso, quindi è strumentalizzazione.

Diciamo una parola non bella... di cosificazione di tutte le persone, anche di Dio.

L'uomo tende a fare cosa tutte le persone, non le considera più come persone, perché la persona è sacra.

È sacra in quanto è intangibile.

Ed è intangibile in quanto ha un suo destino.

È orientata a Dio e nessuno la deve portare via da Dio.

Quando invece noi pensiamo a noi stessi, al nostro io, noi portiamo via a Dio le persone e le facciamo cose.

Per questo offendiamo le persone e tutti si sentono offesi.

Ecco perché nel mondo non c'è la comprensione.

Ecco per cui nel mondo nessuno ci conosce.

Perché non c'è questo rispetto del nome dell'uomo, del destino dell'uomo.

Ogni uomo vuole mettere le mani sull'altro e possedere l'altro e quindi lo trasforma in cosa e lo offende.

Dico, c'è un test che ci rivela se abbiamo capito che Dio ci chiama per nome, e il test sta in questo.

Quando camminiamo verso Dio noi, cessiamo di essere dominati dalla passione di possedere le creature, le cose. Assolutamente non si desidera più il possesso delle creature, il possesso delle cose.

Subentra un'altra passione, la passione di capire.

Non si desidera più possedere, si desidera capire, si desidera capire gli uomini, cioè cosa Dio ci significa negli uomini, che cosa Dio ci significa nelle creature, ma non si desidera più mettere le mani sugli uomini o sulle creature.

E proprio qui, in questo desiderio di comprendere, di capire il Pensiero di Dio, il significato di Dio in tutte le sue opere, in tutte le creature.

È qui che noi rispettiamo veramente le creature, è qui che veramente le creature si sentono amate, perché si sentono comprese.

Questo è il test che Dio ci offre per misurare se noi siamo in ascolto della sua parola che ci chiama per nome, perché quando ci chiama per nome, ci fa uscire da questo mondo in cui siamo dominati dalla passione di possesso per condurci nel suo mondo in cui si è dominati (ma qui si è liberi) dalla passione di capire le cose nella luce di Dio, nella sapienza di Dio.


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori

Gv 10 vs 3 Quinto tema.Riassunto Lunedì.


Titolo: La tromba dell'Apocalisse.


Argomenti: Come Dio ci chiama per nome – La salvezza sta nel capire – Gli aborti ci cambiano – Ascolto e comprensione – Il Pensiero della Parola – La realtà è già fatta – Scoprire la Realtà in cui siamo – Dominati dalle presenze fisiche – Realizzare la Parola ascoltata – La pietra e Dio – Il problema essenziale dell’uomo – Le opere del Pastore – Dentro e fuori – Guardare DA Dio – Dio ci conosce nel nome che Lui ci ha dato – Il destino dell’uomo – Passaggio dal finito all’infinito – “Dove Io sono” luogo – Il nostro luogo e il luogo di Dio – Il luogo del Pastore è il Padre – Comprendere la creazione – Il cambiamento di luogo – Alla presenza di Dio – Solo il Figlio vede il Padre -


 

11/settembre/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori

Gv 10 Vs 3 Sesto Tema.


Titolo: Dal nuovo mondo.


Argomenti: I tre mondi della realtà.  Gli uomini sono analfabeti.   Nuovo e Vecchio. Non capire la Parola di Dio.   Dio ci parla personalmente.    Compenetrazione di pensiero.


 

17/settembre/1989  Casa di preghiera Fossano.


Dall’esposizione di Luigi Bracco

Domenica scorsa abbiamo considerato l'ultima frase della seconda parte del versetto, cioè questo: "Le conduce fuori" da parte del Pastore delle pecore.

"Pastore" abbiamo visto, significa il Figlio di Dio.

E la Parola di Dio (il Figlio di Dio è Colui che parla tra noi di Dio), giungendo a noi, ci conduce fuori: fuori dal nostro ovile, fuori dalle nostre sicurezze, fuori dal nostro mondo, dalle nostre mentalità.

Ci dobbiamo chiedere e ci siamo chiesti, perché questo condurre fuori?

La nostra mentalità si forma sulla realtà del mondo in cui ci troviamo, mondo sensibile, mondo che esperimentiamo giorno dopo giorno, mondo fatto di uomini che sono creature di Dio.

Eppure la Parola di Dio ci conduce fuori da questo mondo, come il Pastore conduce fuori le pecore dell'ovile.

Ci siamo chiesti: "Dove le conduce?"

Le conduce al pascolo al pascolo e alle sorgenti di acqua viva.

Il Figlio di Dio facendo sentire a noi la sua parola ci conduce nei pascoli.

E quali pascoli?

I pascoli di Dio, alle sorgenti di acqua viva.

Così noi scopriamo che il nostro mondo, la realtà in cui noi ci troviamo, non è costituito soltanto dal mondo che vediamo e tocchiamo, dal mondo sensibile, dalle cose che esperimentiamo.

Non è costituito soltanto da ciò che ci piace e da ciò che non ci piace, non è costituito solo dalle gioie e dai dolori.

La realtà in cui noi ci troviamo è costituita essenzialmente da tre mondi:

1) C'è questo mondo sensibile delle cose che noi vediamo con i nostri occhi, tocchiamo con i nostri sensi.

2) C'è poi il mondo della Parola di Dio, un mondo che ci annuncia cose che non vediamo e che non tocchiamo, ma che non si possono smentire.

La Parola di Dio fa ancora parte del nostro mondo sensibile perché si fa sentire, è voce, abbiamo detto.

E la voce di Dio arriva a noi indipendentemente da noi, si fa sentire da noi e ci annuncia cose però che non vediamo e che non tocchiamo ma che come abbiamo detto non si possono smentire.

3) Poi abbiamo un terzo mondo, che è il mondo della verità, il mondo di Dio, il cielo di Dio.

Questa verità, questo cielo di Dio è la vera realtà per cui noi siamo fatti, tant'è vero che noi siamo inquieti fintanto che non possiamo giungere a contemplare questa verità, a vedere questo Dio.

Allora qui capiamo che il mondo della Parola di Dio è un mondo che fa da ponte tra gli altri due, tra il nostro mondo sensibile cioè tra il mondo che vediamo, che tocchiamo, tra il mondo che fa la mentalità della maggior parte degli uomini del mondo e l'altro mondo.

Perché il mondo sensibile noi, è vero, lo vediamo, lo tocchiamo ma non sappiamo cosa sia.

È un mondo che vediamo e tocchiamo ma non lo intendiamo.

Tanto che sempre chiediamo: "Perché questo?" "perché quell'altro?".

Il grande problema è arrivare al significato delle cose.

Perché il significato delle cose è più importante delle cose stesse.

Ma il significato delle cose lo attingiamo solo da Dio e in Dio.

Perché ciò che dà significato alle cose è il pensiero che è nelle cose, è l'Intenzione di Dio.

Le cose, anche tutte quelle che appartengono al nostro mondo sensibile, sono create da Dio, esistono indipendentemente da noi.

E fintanto che noi non arriviamo a vedere l'Intenzione, il Pensiero di Colui che fa queste cose, noi non possiamo intendere il significato delle cose stesse.

Ecco la ragione per cui c'è il mondo della Parola di Dio, che fa da ponte, che ci annuncia le cose dello Spirito e se noi crediamo, se noi ascoltiamo questa Parola e crediamo in essa e cerchiamo di capirla (perché non basta ascoltarla, non basta accoglierla, non basta crederla, bisogna cercare di capirla).

Dico: se noi cerchiamo di capirla, questa, anche se con fatica, ci fa uscire dai nostri schemi, dalle nostre sicurezze, e ci conduce nei pascoli dello spirito.

In che cosa consistono questi pascoli dello spirito?

Consistono nel vedere le cose dalla finestra di Dio, dal punto di vista di Dio.

E cosa vuol dire vedere le cose dal punto di vista di Dio?

Vedere le cose dal Pensiero di Dio.

Forse che noi non possiamo vedere le cose dal Pensiero di Dio?

Il Pensiero di Dio è dato a ogni uomo, proprio per dare a ogni uomo la possibilità di passare dal suo pensiero o dai suoi pensieri, di passare dai suoi punti di vista, che possono anche essere i punti di vista di tutti gli uomini, al punto di vista di Dio, perché solo guardando dal punto di vista di Dio, si vede bene, si vede la verità, si legge sopratutto il significato delle opere di Dio, si legge, s’impara a leggere.

Gli uomini sono analfabeti.

Sapessero anche tutte le lingue del mondo.

Sono dei grandi analfabeti.

Non sanno leggere le opere di Dio.

E fintanto che non vedono il Pensiero di Dio e non guardano dal punto di vista di Dio, non possono nel modo più assoluto intendere, leggere le opere di Dio.

Succede questo: che gli uomini credono di interpretare, di leggere le opere, i fatti, gli avvenimenti che avvengono nella loro vita, nel mondo, secondo quello che hanno nella testa, non secondo Dio.

E allora abbiamo un analfabeta che non sa leggere.

Ma che però osservando una scrittura la interpreta secondo quello che lui ha in testa.

Dico: nel mondo la maggior parte degli uomini fa così.

Invece la Parola di Dio ci invita prima di tutto e sopra tutto a cercare la Volontà di Dio, l'Intenzione di Dio, il Pensiero di Dio, perché, quello che illumina l'opera e il parlare di una persona è l'intenzione di quella persona e fintanto che noi non giungiamo a conoscere l'intenzione  di una persona, noi assistiamo alle cose che fa quella persona, assistiamo alle parole di quella persona ma non possiamo intendere.

È l'intenzione che illumina e l'intenzione di un essere dipende da ciò che uno è.

L'Intenzione di Dio dipende da ciò che Dio è.

Ecco per cui è assolutamente necessario passare dal nostro mondo a Dio, per vedere da Dio, per conoscere da Dio il Pensiero, l'Intenzione di Dio che ci permette, che ci dà la possibilità di leggere la scrittura di Dio.

Di conoscere il significato delle opere di Dio, di vedere le opere di Dio, altrimenti non le vediamo.

Abbiamo visto qui le prime opere: il Pastore chiama le pecore per nome e le conduce fuori.

E abbiamo visto che il chiamare per nome non è il sentirsi chiamati con il proprio nome.

I nostri nomi sono convenzionali.

E Dio non opera nel mondo convenzionale.

O meglio opera nel mondo convenzionale, ma non sottoscrive il nostro mondo convenzionale.

Dio non condivide la nostra mentalità

Dio opera nella nostra mentalità, ma per trasformarla nella sua mentalità.

Per capire questo chiamare le pecore per nome, dobbiamo vedere dal punto di vista di Dio, come Dio chiama per nome.

Soltanto guardando da Dio (il tema di oggi è appunto dal nuovo mondo), soltanto guardando da Dio si scopre il significato delle Parole di Dio.

E una delle prime scoperte è questa: come Dio chiama per nome gli uomini.

Chiamare per nome abbiamo visto vuol dire far passare l'uomo da ciò che ha presente alla presenza di colui che lo chiama.

Questo è il vero chiamare per nome.

Farlo passare da ciò che ha presente, alla presenza di Colui che lo chiama.

Per cui Dio ci chiama per nome convocandoci alla sua presenza, facendosi pensare.

Dio ci dà la possibilità di pensarlo.

E tutte le volte che noi pensiamo Dio, non siamo noi a pensare Dio ma è Dio che ci chiama per nome, è Dio che ci convoca alla sua presenza e convocandoci alla sua presenza... ecco che noi capiamo anche cosa vuol dire questo far uscire le pecore dall'ovile: ci fa passare da ciò che noi abbiamo presente alla presenza di Dio.

Ci fa uscire quindi da ciò che noi abbiamo presente.

Quello che noi abbiamo presente, è il mondo sensibile, è la realtà che noi vediamo e tocchiamo e che magari anche ci scandalizza.

Perché è necessario che l'uomo sia scandalizzato.

Ci scandalizza perché noi siamo troppo sicuri e allora è necessario che a un certo momento Dio butti delle pietre in questo lago delle nostre sicurezze per farci uscire, per metterci in movimento, perché Lui ci vuole condurre fuori da quello che ci fa invecchiare.

Noi vivendo nel mondo, infatti, costruiamo la nostra vecchiaia fino alla nostra morte, perché il mondo del pensiero del nostro io diventa sempre più vecchio e Dio invece è una novità continua.

Dio è sorgente di vita perché è sorgente di novità.

Noi nel mondo vediamo per la prima volta le cose solo una volta, la seconda volta è già una seconda volta perché noi diciamo: "L'ho già vista ieri questa cosa".

E come noi diciamo: "L'ho già vista ieri questa cosa", per noi è finito.

Per noi la cosa è diventata vecchia e non ci dà più vita.

La vita viene dalle cose nuove.

Quando noi diciamo novità, cosa s’intende per novità?

Nuovo è ciò che noi vediamo per la prima volta o che non abbiamo ancora capito.

Sostanzialmente nuovo per noi è ciò che noi non abbiamo ancora capito.

Nel tempo, nel nostro mondo, succede una sola volta che noi incontriamo una cosa nuova: la prima volta e poi non più.

Perché poi tutto è ripetizione.

Per questo le cose per noi diventano vecchie, e più diventano vecchie e più ci portano via la vita.

All'ultimo a noi resta un senso di grande stanchezza perché non c'è più novità.

È questa la morte di cui muoiono gli uomini nel mondo, perché non trovano più novità, ma non trovano più novità perché sono rimasti chiusi nel loro ovile, perché non si sono impegnati nella Parola di Dio.

Questa parola che annuncia loro un mondo superiore, un mondo diverso, un mondo che non si vede e non si tocca ma solo s’intende.

Perché la Verità si trova solo conoscendola.

Chi ci dicesse che la Verità si trova toccandola o esperimentandola o correndo qui o andando là o in un certo tempo, ci direbbe menzogne, perché la Verità certamente non si trova andando qui o correndo là e non appartiene al tempo.

Quindi non ci sarà mai un tempo in cui si vedrà la Verità se noi l'aspettiamo.

Ecco per cui la nostra vita vivendo nel mondo si conclude con il vuoto, la tristezza, la noia, cioè fondamentalmente

la delusione: "Noi speravamo....".

Ci resta questo: "Noi speravamo" ed è tutto delusione.

La Parola di Dio ci vuole condurre alla novità.

Ho detto: nel tempo la novità si trova una prima volta soltanto.

Soltanto una prima volta.

Poi tutto è seconda volta e non serve più.

Invece nell'infinito di Dio, proprio perché è infinito, non c'è mai una seconda volta.

È sempre tutto prima volta.

La Parola di Dio ci vuole condurre qui: una novità continua e quindi una novità eterna.

Perché Dio è infinito.

La Parola di Dio ci conduce, in quanto ce le annuncia, a cose che ancora non capiamo ed è proprio questa la prima esperienza e la prima novità che noi esperimentiamo, che noi vediamo quando prestiamo orecchio e attenzione alla Parola di Dio: non capiamo.

Perché fintanto che uno mi dice: "Sai cos'è un albero?" io rispondo di sì, so cosa è l'albero.

Infatti, lo vedo, lo tocco e lo posso anche definire.

Ma se qualcuno mi chiede, ed è la Parola di Dio che me lo chiede: "Che cosa dice Dio a te attraverso l'albero?" faccio scena muta, non capisco.

Ecco, la Parola di Dio ci invita a questo: ci invita a superare quello che è la cosa secondo i nostri occhi, secondo i nostri sensi, a superare il mondo come lo vediamo e tocchiamo e a vedere invece il mondo come segno di Dio, come Parola di Dio, perché in realtà tutto è Parola di Dio, perché il mondo è creato da Dio, ed essendo creato da Dio, tutto è Parola di Dio.

Ma se è Parola di Dio allora cosa ti dice questa parola?

Per cui di fronte a una semplice pietra io mi debbo chiedere che cosa Dio mi dice attraverso la pietra e di fronte all'acqua mi debbo chiedere che cosa Dio mi dice attraverso l'acqua e di fronte a un monte, a un uomo, di fronte a una sventura, di fronte a una disgrazia, di fronte al male, mi debbo chiedere: "Che cosa Dio mi dice di Sé attraverso tutte queste cose?".

Perché è Dio che parla.

Noi siamo spettatori del Dio Creatore, quindi del Dio che parla a noi.

La prima cosa che si vede da questo "mondo nuovo" è proprio questo senso di non capire niente.

Per noi potrebbe essere desolazione e sconforto, invece è un  primo segno per noi di consolazione e conforto.

Perché se teniamo presente che novità è ciò che non capiamo, se Dio attraverso la sua Parola ci conduce a capire di non capire, è la prima grazia che Dio ci fa.

La prima grazia che Dio fa all'uomo che lo ascolta, è quella di accecarlo.

Quella di fargli capire che è cieco e che ha bisogno di luce.

È la prima grazia che viene a noi dal nuovo mondo quando noi prestiamo ascolto alla Parola di Dio.

La crediamo e alziamo gli occhi a Dio, è la prima grazia.

Facendoci capire di non capire, Dio già ci mette in movimento.

Perché noi sostanzialmente siamo desiderio di capire, anche se disprezziamo, anche se rifiutiamo, ma in fondo in fondo noi siamo desiderio di capire perché siamo una passione di Assoluto, siamo passione di luce, la nostra anima si nutre di verità e guai a lasciare mancare un giorno solo, una parola di verità per la nostra anima, perché noi condanneremmo la nostra anima alla morte.

La nostra anima, infatti, da sola non sta su, non vive in modo autonomo.

La nostra anima come tutte le creature ha bisogno di cibo, ha bisogno di nutrirsi e noi non dobbiamo lasciar mancare questo cibo alla nostra anima.

Ogni giorno vale in quanto offriamo alla nostra anima una parola che ci annunci qualcosa di Dio che ancora non conosciamo.

Perché soltanto quello che non conosciamo di Dio, ci porta nella novità.

Novità è cosa che ancora non conosciamo, che ancora non capiamo, per cui è impegno.

Se la Parola di Dio ci fa passare dalle nostre sicurezze, da quello che noi vediamo e tocchiamo, al capire che non vediamo e tocchiamo, dico, qui è Dio personalmente che ci chiama per nome.

La seconda novità che noi incontriamo guardando dal nuovo mondo di Dio è questa la scoperta che Dio parla personalmente con ognuno di noi.

E ci chiama per nome.

Se Dio parla personalmente con ognuno di noi, qui noi troviamo una liberazione immensa: è la liberazione dalla dipendenza di tutti i maestri.

La liberazione dalla dipendenza da tutto il mondo.

Da tutto quello che dicono gli uomini.

Qui scopriamo che ogni uomo è veramente ammaestrato da Dio.

Qui realizziamo questa Parola di Dio, perché c'è questa Parola di Dio che dice: "Saranno tutti ammaestrati da Dio".

La Parola di Dio ci dice un futuro ma noi sappiamo che presso Dio non c'è futuro, Dio è il presente, tutto presenza.

Il futuro è per noi, è per noi perché attualmente non capiamo ancora questa parola, ma il giorno in cui capiremo questa parola, capiremo che gli uomini sono (sono=presente) tutti, attualmente ammaestrati da Dio.

E allora scopriamo questo che ascoltando la Parola di Dio e guardando le cose da Dio, si supera il tempo, il futuro diventa presente e anche il passato diventa presente.

Si recupera tutto.

Abbiamo già visto: non c'è più il "quando Dio ti chiama per nome", se tu guardi le cose dal punto di vista di Dio, scopri che Dio oggi ti chiama per nome.

In tutto ti chiama per nome.

E quando vedi una foglia, vedi un albero, una goccia d'acqua, vedi un monte, una persona, un uomo vedi un avvenimento e attraverso quella cosa, quell'avvenimento senti dentro di te questo bisogno di capire il significato, di capire che cosa Dio ti vuol dire attraverso quella cosa, è Dio che ti chiama per nome, oggi, subito.

Ecco che noi superiamo la situazione (attraverso la visione del come Dio chiama per nome) del tempo.

Noi nel pensiero del nostro io o restiamo nel tempo e ci aspettiamo un giorno in cui Dio ci chiamerà per nome, oppure un giorno in cui Dio ci ammaestrerà personalmente.

Ma guardando le cose da Dio, noi realizziamo le Parole di Dio, perché è per mezzo di Dio che tutto si realizza e quello che era passato o futuro, diventa presente.

E lì noi capiamo che Dio è il vero Maestro, oggi, in ogni uomo.

È la seconda novità che scopriamo affacciati alla finestra del Pensiero di Dio.

E poi c'è una terza novità, perché se Dio parla personalmente con noi, e parlando personalmente con noi, abbiamo detto, conduce noi alla sua presenza, a guardare le cose in Lui, qui avviene un fatto straordinario e meraviglioso, proprio perché a Dio si arriva solo con il pensiero.

Non si arriva a Dio con il sentimento.

Non si arriva con il cuore.

Non si arriva correndo o agitandoci.

Ed è infantile credere di trovare la verità facendo o spostandosi.

Noi crediamo di "fare" nel mondo, ma noi non facciamo assolutamente niente, noi siamo spettatori di quello che Dio fa.

Poiché Dio è il creatore, ed è un errore gravissimo nella nostra vita quello di tentare di fare cioè di voler rendere Assoluto ciò che Assoluto non è.

Il problema essenziale nella nostra vita non sta nel cercare di rendere Assoluto ciò che Assoluto non è, altrimenti sprechiamo tutta la nostra vita in un'azione che si conclude nel vuoto.

Nel fallimento.

Poiché dobbiamo capire che tutte le cose che non sono assolute, non si presentano "non assolute" alla nostra passione di Assoluto (noi siamo passione di Assoluto) per essere trasformate in Assoluto.

Ma si presentano "non assolute" a noi perché noi abbiamo a cercare che cosa è l'Assoluto.

Così, dico, come dobbiamo evitare l'errore di voler trasformare in Assoluto ciò che Assoluto non è, perché tutto questo è per farci capire che cosa è l'Assoluto, così dobbiamo evitare l'errore di aspettarci di essere chiamati per nome da Dio, perché Dio ci chiama già per nome adesso.

Invece dobbiamo cercare di capire come Dio ci chiama per nome.

Perché soltanto capendo questo noi, scopriamo la realtà, cioè di essere già ora chiamati per nome.

Dico, la terza novità è questa meraviglia, che fintanto che noi non guardiamo le cose da Dio, anche nei riguardi di Dio, noi siamo io e Tu, uno di fronte all'altro.

Ma come incominciamo a guardare le cose da Dio, dico, noi scopriamo questo da Dio, ed è la grande realtà del nuovo mondo nel quale tutti noi siamo chiamati a entrare, noi scopriamo che l'io e il Tu sono dentro uno dell'altro reciprocamente.

Perché a Dio si giunge offrendo a Dio il nostro pensiero e Dio facendo suo il nostro pensiero ci rivela il suo pensiero, e abbiamo così questo scambio reciproco di pensiero.

Contrariamente a quanto avviene nel mondo in cui il contenuto non può essere il contenente, e il contenente non può essere il contenuto, in Dio invece c'è questa meraviglia che il contenuto che siamo noi, in Dio, diventa anche contenente.

Dico, abbiamo il passaggio dall'io al Tu, l'uno di fronte all'altro all'io e al Tu l'uno dentro l'Altro in uno scambio reciproco di pensiero.

Pensiero della creatura che offre a Dio il suo pensiero e Pensiero di Dio che facendo suo il pensiero della creatura dice: "Questo è il mio pensiero".



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori

Gv 10 Vs 3 Sesto Tema. Riassunto Lunedì.


Titolo: Dal nuovo mondo.


Argomenti: I tre mondi dell’uomo – Mondo sensibile, della Parola e della Verità – L’intenzione dà significato alle cose – La Parola capita è ponte tra i due mondi – I pascoli dello Spirito – La nuova visione delle cose – Guardare da Dio – Solo conoscendo l’Intenzione possiamo capire le Opere – L’analfabetismo dell’uomo – L’intenzione di Dio viene dall’essere di Dio – Il nome dell’uomo – Convocati alla presenza di Dio – Dal mondo sensibile verso il mondo della Verità – La vecchiaia e la morte dell’io – Il nuovo è ciò che non è ancora capito – Morire di noia – Impegnarsi nella Parola di Dio – La Verità si trova solo conoscendola – La novità eterna – Capire di non capire – Il contenuto e il contenente – Lo scambio reciproco con Dio – L’io e il Tu uno dentro l’altro – La presenza oggettiva del Pensiero di Dio -


 

18/settembre/1989   - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.



A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori    Gv 10 Vs 3


RIASSUNTO Domenica


Argomenti: Ciò che muta è voce – La visione delle opere di Dio – L’ascolto della voce del Figlio di Dio – Visione e ascolto – Vedere ciò che è fin dal principio – Dio ammaestra personalmente ogni uomo – Come Dio ci chiama per nome – L’esperienza vs la Parola di Dio – La menzogna o la Verità – La morte al pensiero dell’io – Adeguarsi alla Verità – Chiamare per nome – La voce è un corridoio che conduce alla presenza – Dentro e fuori – Uscire dal mondo dell’io per andare al mondo di Dio – Strumentalizzare gli altri e Dio – I tre mondi: sensibile, Parola, Verità – La Parola è ponte fra tenebre e luce – La Verità si trova solo conoscendola – L’Intenzione illumina le Opere – Capire di non capire – Vedere la novità guardando da Dio – Il principio di novità – Il capito diventa vecchio – Dio ci chiama per nome nel nostro bisogno di assoluto – Scoprire il Maestro -


 

24/settembre/1989  Casa di preghiera Fossano.


A lui il portinaio gli apre  e le pecore ascoltano la sua voce  egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori Gv 10 Vs 3


RIASSUNTO LUNEDI


Argomenti: La voce è mutamento – Il principio della voce – La funzione dell’antico testamento – La Parola che acceca – Riconoscere il Figlio – L’incarnazione del Verbo – Il rapporto personale con Dio – L’attrazione per il Padre – Sottomissione al Figlio – Il rapporto giusto e vero – La presenza oggettiva di Dio – La conoscenza della Verità – L’ascolto della Voce – Visione e ascolto – Il vedere è relativo all’ascolto – Solo il Figlio vede il Padre – Il vedere è condizionato dal luogo, la voce no - La luce materiale e spirituale – Il radio – La luce rispetta i corpi -  La Sindone – L’io nuovo – I colori delle creature – La voce è un esistente che muta – La teoria e la pratica – Si pensa Dio con il Pensiero di Dio – Offrire, consacrare il pensiero – “Questo è il mio Pensiero” – Contenente e contenuto – L’ascolto e l’interesse – L’attrazione per il Padre e Cristo -


 

25/settembre/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.