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Ma colui che entra per la porta, è il pastore delle pecore.    Gv 10  Vs 2  Primo tema.


Titolo: La trasparenza della porta-il problema del come.


Argomenti: Tutto arriva a noi come proposta. Un mare separa la volontà dell'intelletto. La nostra volontà non scatta fintanto che non vede il come. L'interesse e l'interrogazione. È l'intelligenza che vede come fare per arrivare alla meta. Trasparente è ciò che rivela il suo principio. La trasparenza ci viene dal principio.  Il criterio della trasparenza è il principio. Il nostro pensiero può non essere trasparente. La molteplicità delle cause crea l'opacità. Il pensiero è trasparente quando guarda una cosa sola. Quando il pensiero è trasparente comunica alla volontà il come.


 

9/luglio/1989 Casa di preghiera Fossano


Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Dice "ma": una contrapposizione a quanto aveva affermato prima :"Chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante."

Adesso contrappone: "Ma chi entra per la porta...."

Anche qui dobbiamo chiederci il significato (è Parola di Dio ed è Parola di Dio per ognuno di noi).

Il significato per la nostra vita personale di questa affermazione, di questa dichiarazione di Gesù.

Che cosa Dio ci vuol significare di Sé dichiarando che colui che entra  per la porta è il pastore delle pecore.

Prima ci ha fatto vedere chi è che non entra per la porta.

Adesso ci fa vedere chi è che entra per la porta.

E intanto ci offre un criterio di selezione, un criterio di osservazione: "Per evitare -dice Gesù-che siate sedotti".

"State attenti a non lasciarvi sedurre dagli uomini", Egli ci dice.

Perché nel Regno di Dio tutti parlano.

Parla Dio ma parlano anche gli uomini e parlando possono sedurre (non tutti).

Possono sedurre soltanto coloro che hanno aperto il cuore alla seduzione.

Poiché chi è forte nell'amore, non può essere sedotto.

Maria non può essere sedotta.

Però quanti sono in cammino, e le creature sono in cammino  proprio perché sono imperfette, non hanno chiaro davanti a sé l'unico amore, la luce unica, la meta unica, ritengono che sia valido questo o quell'altro.

E allora proprio in questa incertezza l'uomo può essere sedotto da argomenti che apparentemente sono di bontà, di umiltà, di sottomissione, di ubbidienza e di virtù ("Vengono a voi vestiti da pecore") e poi invece sono ladri e briganti, sono ladri e assassini.

E Gesù dice: "Quanti non passano per la porta sono ladri e briganti".

Abbiamo visto nel primo versetto chi sono coloro che non passano per la porta, perché abbiamo anche visto, richiamandoci a parole di Gesù che commentano, illustrano questa sua dichiarazione, che cosa vuol dire passare per la porta.

Passano per la porta coloro che propongono come fine della vita dell'uomo la conoscenza di Dio.

La conoscenza di Dio è il vero frutto: "Li riconoscerete dai frutti".

La conoscenza di Dio è la vita eterna e Gesù dice che: "La vita eterna è conoscere Te Padre come vero Dio".

La conoscenza di Dio è la salvezza dell'uomo, il che vuol dire che proporre altro dalla conoscenza di Dio, dalla conoscenza della Verità, è distogliere l'uomo dal cammino della sua salvezza.

Quindi quanti non passano per la porta sono tutti coloro che propongono fini diversi dalla conoscenza di Dio.

Chi invece entra per la porta, cioè chi propone come fine la conoscenza di Dio, Gesù precisa: "È il vero pastore".

Qui ci fa capire la distinzione delle persone: possiamo distinguerle, ne abbiamo la possibilità, se teniamo presente la Parola di Dio che ci ammonisce, che ci avvisa, perché senza la Parola di Dio noi non abbiamo il criterio per poter riconoscere le persone.

Ci dà la possibilità di distinguere le persone, cioè di distinguere le proposte, ogni persona che arriva a noi è una proposta.

Tutto è proposta.

Anche le parole di Cristo sono proposte e ogni persona si caratterizza per ciò che propone.

Però c'è un fatto, se verso coloro che propongono altro dalla conoscenza di Dio basta sapere questo per riconoscerli e scartarli, verso chi propone invece la conoscenza di Dio non basta sapere questo per poterlo accogliere.

Chi mi propone una cosa negativa, basta che io possa riconoscere che la cosa è negativa perché la rifiuti, perché la scarti e sapere questo è sufficiente.

Ma verso chi mi propone una cosa positiva, non è sufficiente che io riconosca che è positiva, che è valida, che è buona, non è sufficiente perché in quanto mi propone una cosa positiva, mi propone una cosa a cui io debbo tendere, cioè offre qualcosa alla mia volontà, qualcosa che debbo perseguire, a cui devo arrivare.

E basta proporre questo per capire che non è sufficiente riconoscere che questa è una cosa giusta.

Sì con l'intelletto noi possiamo riconoscere "Questo è giusto", ma c'è un mare che separa l'intelletto dalla volontà.

La nostra volontà non è libera di volere, essa subisce dei condizionamenti e quali condizionamenti!

Per cui dico, se di fronte a delle proposte negative è sufficiente scartarle, di fronte invece a ciò che ci viene proposto, che noi dobbiamo abbracciare e che noi stessi riconosciamo valido, noi abbiamo bisogno di una quantità grande di altre informazioni che rendano a noi possibile perseguire quel fine.

Infatti, non è sufficiente che uno mi dica: "Tu devi salire sul Monte Bianco", io posso anche riconoscere che è valido oppure che è importante salire sul Monte Bianco, ma questo non è sufficiente perché io giunga sol Monte Bianco.

Per arrivare sul Monte Bianco devo conoscere la strada, devo conoscere le attrezzature, debbo essere allenato, debbo avere una infinità di conoscenze, sopratutto debbo sapere come.

Ora, chi mi fa la proposta positiva, colui cioè che passa per la porta delle pecore, e quindi mi dice una cosa valida, (dico valida in quanto la riconosco giusta e la riconosco giusta con la mente, perché è con la mente che uno riconosce che questo è giusto, che questo è vero, che questo è valido), non è sufficiente che mi proponga questo perché  la mia volontà scatti.

La nostra volontà non scatta fintanto che non vede il "come", cioè fintanto che non vede come fare per giungere a quello che mi è stato proposto.

Dirò: "È bello, è giusto, è buono... però io non posso".

Cioè l'uomo si trova nell’impossibilità di volere ciò che egli riconosce che è giusto.

E quando si trova così cosa fa, cosa può fare?

Qui si rivela se l'uomo aderisce o non aderisce a ciò che gli è proposto.

Perché se aderisce incomincia a interrogare.

"Maestro cosa debbo fare per ottenere la vita eterna?"

Ecco abbiamo l'uomo che interroga dopo aver ricevuto la proposta.

Se l'uomo non riceve la proposta non può assolutamente fare niente.

Ma non è sufficiente che l'uomo riceva la proposta, bisogna che l'uomo debba poter volere ciò che gli è proposto.

La nostra volontà non è libera e non essendo libera può volere solo a determinate condizioni.

La condizione principale è questa: vedere come si giunge a quella meta, perché soltanto così scatta la volontà.

E il come è vedere la strada, vedere la via, la via che collega il punto in cui io mi trovo con i miei problemi, con le mie situazioni, con le mie questioni, con le mie debolezze, con le mie insufficienze, con le mie abitudini, con tutto quello che si vuole, con l'ambiente in cui io mi trovo.

Che collega il punto in cui io mi trovo con la meta che mi è stata proposta e che la mente ha riconosciuto giusta e valida.

Sì, bisogna anche che la cosa sia valida perché la nostra volontà di fronte a una cosa che la mente vede inutile non può assolutamente volerla.

Qui incomincia a riconoscersi, a rivelarsi l'uomo che aderisce a ciò che gli è stato proposto, perché l'uomo di fronte alla proposta può assumere diversi comportamenti.

Può accontentarsi di dire: "Ho capito, l'uomo è destinato a questa meta".

Oppure può fare qualche passo e poi desistere.

Oppure può dire:"Si, si va bene ...vuol dire che ci impegneremo in questo però...."

Può invece se aderisce veramente, interrogare circa i modi, le condizioni, la strada per arrivare a ciò che gli è stato proposto.

Cioè: "Cosa debbo fare? Come fare per arrivare là?".

È qui che l'animo si rivela, è un problema di conoscenza e siamo sempre lì.

Chi veramente ama, chi veramente aderisce a ciò che gli è stato proposto incomincia ad interessarsi.

Ecco perché il Signore premia l'interesse, non premia ciò che Egli dà, non premia le proposte che Egli fa.

Tutto l'universo è una proposta e tutti gli avvenimenti della nostra vita sono proposte che Dio ci fa arrivare e quindi sono talenti che Dio ci dà.

Però Dio non premia quello che ci fa arrivare.

Dio premia l'interesse che noi sappiamo trarre da ciò che ci fa arrivare, cioè l'interesse che noi sappiamo trarre dalle proposte che Lui ci fa, e trarre interesse dalle proposte vuol dire proprio interrogare sul come.

Cioè l'anima trae interesse proprio in quanto interroga su come fare per raggiungere quella meta che Dio ci propone, che Dio ha proposto.

Perché si accorge che fintanto che non vede la strada, la sua volontà è impotente, è impossibilitata a volere quella proposta, quel fine, quella meta.

Allora dobbiamo chiederci qual è la condizione per passare da una situazione d’impossibilità alla situazione di possibilità.

Perché l'uomo può volere solo quando vede la cosa possibile.

Perché non basta che una cosa sia bella, buona, ottima, sia valida e tutto quello che si vuole, la nostra volontà può volere solo in certe condizioni.

Ora dico, in quanto uno si impegna in ciò che gli viene proposto, interroga.

E interroga sul come fare per-.

Qui evidentemente il come non viene dalla volontà.

Il come viene dall'intelligenza.

È l'intelligenza che vede come fare per arrivare.

È l'intelletto che vede la strada.

È l'intelligenza che interroga.

Che si accorge che non dà alla volontà dei dati sufficienti perché la volontà possa partire, volere.

Ora se il vedere "come" è un problema d’intelligenza, problema di mente, ecco è la mente che attraverso il pensiero ha la possibilità di integrare, di portare a compimento quello che viene proposto.

Fino a vedere tutto lo sviluppo della situazione in cui l'uomo si trova, fino a vederlo possibile.

Questa visione totale, completa è trasparenza della verità è trasparenza di ciò che ci viene proposto.

Colui che passa per la porta ha questa caratteristica: giunge con la trasparenza di Dio.

Quando parliamo di trasparenza, parliamo di cosa che rivela a noi il principio di sé.

Noi ci troviamo di fronte a delle cose e anche delle creature che sono trasparenti e cose e creature che non sono trasparenti.

A dei segni che sono trasparenti e a dei segni che non sono trasparenti.

A delle parole che sono trasparenti e a delle parole che sono tutt'altro che trasparenti, sono opache, dicono niente.

Dobbiamo chiederci, quando è che un segno è trasparente e quando è che un segno non è trasparente?

Dio all'inizio divise la luce dalle tenebre.

Ecco, divise le cose trasparenti dalle cose non trasparenti.

Ci sono nella creazione di Dio dei segni, delle parole, delle creature che sono trasparenti.

E ci sono dei segni, delle parole, delle creature che non sono trasparenti.

Dico, non sono trasparenti in quanto non ci lasciano vedere la causa, il principio, non ci lasciano vedere l'intenzione.

Noi quando vediamo un uomo operare e parlare e non vediamo l'intenzione ci accorgiamo che non è trasparente.

Perché non capiamo con quale intenzione operi o faccia o dica queste cose.

Questo ci fa capire che la trasparenza ci viene dal principio.

Per l'uomo è l'intenzione, per tutte le cose è il vero Principio, Dio, il Creatore.

È nel principio che noi troviamo la trasparenza delle cose.

Qui allora possiamo anche capire perché ci sono delle cose opache, cioè, più una cosa è lontana dal suo principio e più è opaca, non ci rivela il principio.

Ora da che cosa è data questa lontananza dal principio?

La si ha quanto più una cosa si rivela come principio di sé.

Nell'universo di Dio, nella creazione di Dio, ci sono creature che sono puro effetto di un principio e ci sono altre creature che sono anche causa.

Per cui, ad esempio, vedendo un uomo uno dice: "È l'uomo che opera questo"

Oppure magari lo giudichiamo e diciamo: "Costui è cattivo e quell'altro è buono...per questo si comporta così".

Perché l'uomo è apparentemente principio di se stesso e quindi proprio perché è principio di sé, l'uomo è opaco.

Non è trasparente.

Non è trasparente perché nell'uomo noi non vediamo la trasparenza di Dio che è la vera causa, che è la vera intenzionalità che opera in tutte le creature.

La luce è trasparente.

È trasparente perché ci fa vedere la causa.

La creatura più trasparente (infatti Dio all'inizio divise la luce dalle tenebre) che c'è nell'universo è la luce.

Perché è la più trasparente?

Perché la luce ci fa sempre vedere la sua sorgente.

La luce è caratterizzata da questo: è in diretto contatto con la sua sorgente.

Noi vediamo la luce di una stella lontanissima, milioni o miliardi di chilometri o di anni luce, eppure attraverso quel raggio vediamo la stella da cui proviene.

Ecco, la luce ha questa caratteristica, ci collega sempre con la sua fonte, con la sua sorgente, con il suo principio.

Ma quanto più ci allontaniamo dalla luce e più troviamo delle creature che non sono collegate con la sorgente.

Sopratutto l'uomo è un essere che non è collegato con la sorgente.

Ecco perché l'uomo è un essere non trasparente.

Noi non vediamo la sorgente dell'uomo, la sorgente dell'uomo è Dio.

Ma noi vediamo l'uomo, non vediamo Dio nell'uomo.

Gesù dice: "Fate le vostre opere e quindi anche parlate in modo che questi vedano, lodino il Padre vostro che è nei cieli".

Noi quando vediamo un uomo operare lodiamo l'uomo, glorifichiamo l'uomo se fa delle cose grandi, altro che il Padre del cielo!!

Perché questo?

Perché per noi la causa è l'uomo e quindi noi diciamo: l'uomo non è trasparente nel regno della verità perché non rivela il suo principio.

Però proprio questo ci fa capire il criterio della trasparenza.

Il criterio della trasparenza è il principio.

Colui che viene a noi passando per la porta, proprio perché viene con la trasparenza, viene proponendoci come fine la conoscenza di Dio, in quanto lo collega con il fine, il principio, con Dio.

Ecco, colui che passa per la porta collega il fine con il principio e collegandolo con il principio ce lo rende trasparente, perché abbiamo detto che ciò che rende trasparente è il principio.

La cosa vista da- (dal principio) diventa trasparente, vista lontana dal principio diventa opaca, cioè non ci rivela il principio, subentra al principio.

Per cui noi diciamo: "Il cane ha fatto questo, il gatto quell'altro, l'uomo ha fatto questo, oppure i politici, la società, gli istituti eccetera....fanno questo".

Ecco, tutto questo è opaco, è opacità non è più trasparenza, non è più luce.

Non essendo più luce, giustificata nel principio, perché la luce, la trasparenza è tale perché trova la sua giustificazione nel principio, essendo allora opaca rende noi incapaci di poter volere la cosa.

Perché una cosa per noi, per essere voluta deve essere trasparente, l'incapacità di volere che a un certo momento ci paralizza.

Ora soltanto colui che passa per la porta parla a noi il linguaggio trasparente perché lo giustifica nel Creatore di tutte le cose.

Cioè nel Principio di tutte le cose.

La mente ha bisogno di vedere il come, di vedere la trasparenza.

E soltanto in quanto la mente è collegata con il principio, può ricevere la trasparenza di quello che gli viene proposto.

Le scienze ad esempio, certamente non possono determinare il cammino dell'uomo.

Perché?

Perché la scienza non dà il significato delle cose.

La scienza non collega le cose con il loro principio e non può d'altronde, collegare le cose con il principio.

La scienza non dirà mai all'uomo:"Tu devi vivere per questo" perché la scienza non rivela il significato delle cose, non è trasparente.

Il significato delle cose, l'ho soltanto nel principio che giustifica le cose.

Cioè nel Principio Creatore, è trasparente, ed essendo trasparente allora può giustificare quello che Lui mi propone.

La cosa giustificata ha un’intenzionalità in sé, ha un significato.

Quando una cosa ha un significato per noi, diventa possibile volerla.

Prima no.

Se la trasparenza viene dal principio, il Principio è Dio Creatore, al Principio Creatore si arriva solo con il pensiero.

È problema di mente, non problema di volontà.

Si arriva solo con il pensiero.

E qui succede per l'uomo quello che può essere la tragedia per l'uomo, perché non basta che la mente veda, non basta che l'intelletto veda perché la volontà parta.

La volontà ha bisogno di vedere il come.

E succede questo, la mente può vedere ma non trasmettere ciò che vede.

Può vedere perché può ricevere la luce, ma non essere trasparente.

Il nostro pensiero può ricevere ma può anche non trasmettere.

Dio è la massima trasparenza.

La luce è trasparente perché ci collega immediatamente con la sua sorgente, con la sua fonte con la sua causa.

Un mezzo per essere trasparente deve trasmettere la stessa luce che riceve.

Ora succede che anzichè trasmettere la stessa luce che si riceve, perché c'è la luce che arriva e la luce che parte, la luce parte dalla mente in modo diverso.

Qui succede la tragedia perché il pensiero nostro può non essere trasparente.

Può ricevere la Luce da Dio ma può non trasmettere questa luce alla volontà.

E allora abbiamo le frange fino ad arrivare al corpo opaco.

Si definisce la trasparenza come perfetta trasmissione della luce che arriva, per cui la trasparenza diventa un rapporto tra la luce che arriva e la luce che parte.

Quando la luce che parte da un mezzo, è l’identica di quella che è arrivata  vuol dire che il corpo che è in mezzo non ha assorbito niente e ha lasciato passare tutto.

E allora si dice: trasparenza uguale uno.

Ora tutto ha un significato, tutto è pieno di significato.

Quando invece il mezzo assorbe qualche cosa, la luce che parte da questo mezzo è deformata, acquista colori diversi oppure addirittura non parte più e il corpo diventa nero, qui la trasparenza è uguale a zero.

Per cui la trasparenza oscilla tra lo zero e l'uno.

Il corpo perfettamente trasparente è uguale a uno.

Ora teniamo presente che l'uno è Dio e il corpo perfettamente trasparente è il corpo che guarda solo Dio.

Allora possiamo capire da che cosa è data quest’opacità.

L'opacità è data dal fatto che nel pensiero nostro ci sono altre cause, oltre a Dio ci sono altre cause.

Per cui noi quando siamo raccolti nel Pensiero di Dio, la nostra intelligenza, la nostra mente, il nostro pensiero riconosce: "Questo è vero, questo è giusto, questo è valido" però in noi abbiamo altre cause.

Ora la molteplicità delle cause (la molteplicità è contrapposta all'uno), è la molteplicità delle cause che crea l'opacità.

Per cui la la luce che arriva a un certo momento attraverso il pensiero dell'uomo viene deformata.

Assume colori diversi.

Tutto l'universo, tutte le creature sono fatte di colori, di colori proprio perché la luce non si vede è invisibile.

La luce si vede proprio perché incide su certi corpi e i corpi assorbono una parte della luce e trasmettono una altra parte.

E noi non vediamo quello che il corpo assorbe, noi vediamo quello che il corpo lascia passare di luce e noi diciamo che il corpo è così.

Ciò che noi vediamo è ciò che il corpo lascia passare di luce.

La foglia è verde, è verde perché lascia passare il raggio verde e assorbe tutto il resto, il corpo nero è invece quello che assorbe tutto e non lascia passare niente.

Il nostro pensiero è veramente trasparente quando guarda a una cosa sola.

Qui possiamo anche capire che la trasparenza del nostro pensiero è causata da ciò cui il nostro pensiero guarda.

Se il nostro pensiero guarda solo a Dio, a Dio solo e Dio è uno solo, ecco che il nostro pensiero è fatto trasparente, ma è fatto trasparente perché Dio è uno.

Se invece il nostro pensiero guarda Dio ma guarda anche altro, ecco, il nostro pensiero viene offuscato, deforma la luce.

Deformando la luce provoca nella volontà (perché è la volontà che viene determinata) incapacità o possibilità limitata di volere.

Il difetto della volontà sta nel pensiero.

Quando la nostra volontà è difettosa è perché il nostro pensiero è molteplice, quindi è il pensiero che va curato non la volontà.

La cosa veramente importante è questa, sapere che il nostro pensiero riceve di trasparenza, (non è trasparente di per sé), nella misura in cui guarda Colui che è trasparente, Colui che è Uno e guarda solo questo.

Il pensiero riceve luce da ciò cui guarda.

Non soltanto riceve luce ma è formato da ciò cui guarda.

Abbiamo detto: "Colui che entra per la porta è il pastore delle pecore".

Che cosa ci dice questo per la nostra vita spirituale?

L'argomento di stasera è la trasparenza.

La trasparenza di Colui che passa per la porta .

Che cosa ci insegna?

Ci insegna che ognuno di noi viene fatto capace di giungere a ciò che gli viene proposto nella misura in cui guarda Dio solo.

Perché è Dio che forma in noi la trasparenza del nostro pensiero.

E quando il nostro pensiero è trasparente comunica alla volontà come può giungere a realizzare ciò che la mente  riconosce vero, giusto e valido.

Quando il pensiero è trasparente comunica alla volontà il "come", perché il come è effetto di intelligenza.

Si giunge alla situazione personale in cui ci troviamo a conoscere Dio

Quindi la via è unica ma il come è personale.

Per attingerlo non basta che il pensiero riconosca la validità del fine, ma deve essere talmente trasparente da poterlo trasmettere alla volontà (e diventa trasparente nella misura in cui 

guardando a Dio si semplifica).

Per questo scatta la volontà, l'interesse che fa interrogare: "Come?".

Se interroga la risposta è personale, poiché la situazione di partenza e quindi il collegamento dal punto di partenza alla Meta, è personale per ogni uomo.


Ma colui che entra per la porta, è il pastore delle pecore.    Gv 10  Vs 2  Primo tema. Lunedì.


Titolo: La trasparenza della porta-il problema del come. RIASSUNTO.


 

10/luglio/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano


Argomenti: La trasparenza del pensiero -  I fini proposti – Le proposte sbagliate e la proposta giusta – La volontà deve vedere il “come” – La volontà non è libera – I condizionamenti della volontà – La volontà deve vedere il valore – Realizzare l’utopia – L’interrogazione – Il “come” appartiene all’intelletto – La volontà di compiere la proposta – Interesse e interrogazione – La parabola dei talenti - Tutto è proposta – La dedizione alla Proposta – La frattura con la Realtà – L’amore per il prossimo – L’amore possessivo – Il filtro dell’intelletto – La Luce deformata – La luce e le tenebre -

                                                                                                                                                                                          


 

Ma colui entra per la porta, è il Pastore delle pecore.  Gv 10 Vs 2 Secondo tema.


Titolo: La potenza della trasparenza.


Argomenti: Articolo di Messori su L’Avvenire. I condizionamenti della volontà. Segni e significati: il primo come. Costanza e incostanza:il secondo come. La nostra volontà non è libera. La trasparenza si forma nella misura in cui il nostro pensiero pensa Dio. Le chiavi del regno.


 

16/Luglio/1989 Casa di preghiera Fossano.


Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla trasparenza di Colui che entra per la porta.

Il passaggio dalla trasparenza alla potenza della trasparenza è breve.

E questa sera il tema è proprio questa potenza della trasparenza.

Cioè il dono delle chiavi del regno di Dio.

Ricordiamo che passa per la porta, colui che propone come fine la conoscenza di Dio.

Sale altrove (brigante ed assassino) colui che propone altro dalla conoscenza di Dio, come fine, come impegno della nostra vita.

Quando si parla di proposta, si parla di un invito ad impegnarsi in qualche cosa.

A dedicarsi a qualche cosa.

Però abbiamo anche visto che la nostra volontà, non è libera di aderire a ciò che le viene proposto.

La nostra volontà subisce dei condizionamenti.

Ad esempio il condizionamento del valore.

Fintanto che la nostra volontà non vede una cosa che sia valida, importante, la nostra volontà non può scattare.

Ma soprattutto abbiamo visto che la nostra volontà non può volere ciò che le viene proposto, se non vede come si può realizzare quello che gli viene proposto.

E fintanto che non vede quel “come”, non può impegnarsi, non può dedicarsi a ciò che le viene proposto.

Ora, il vedere il “come”, non è effetto della volontà.

La volontà è cieca.

Chi vede il “come” è l’intelligenza.

E la volontà sollecita la stessa intelligenza, con la sua impotenza.

Quindi la volontà è un mezzo che serve, ma serve all’intelligenza.

Perché reclama all’intelligenza, quella conoscenza del come, fino a quel punto di trasparenza in cui la volontà diventa capace di volere quello che le viene proposto.

Il fatto che ci arrivino delle proposte di cui non si vede il “come”, già ci fa capire che a noi giungono dei segni che non sono intelletti.

Di cui non capiamo il significato.

Questo ci fa capire che nella nostra vita ci sono dei segni e dei significati.

Ci sono cose che arrivano a noi come segni, altre che arrivano a noi come significati.

I segni arrivano a noi senza di noi.

Colui che arriva a noi proponendoci qualcosa e anche Colui che arriva a noi per la porta dell’ovile, arriva a noi e ci fa una proposta.

E in quanto ci fa una proposta, la fa a noi, indipendentemente da noi e questo arrivando a noi è un segno.

Ed in quanto è un segno, non è capito da noi.

A noi sfugge il significato.

Il segno arriva a noi senza di noi e quindi tutto quello che arriva a noi senza di noi, non è capito da noi.

Tutta la creazione è una proposta.

E tutte le parole che arrivano a noi, arrivando a noi sono senza significato.

Noi non vediamo il significato, vediamo il segno ma non capiamo.

Il significato invece non possiamo attingerlo senza di noi.

Per significato s’intende il pensiero che è contenuto nella proposta o nei segni che arrivano a noi.

Tutti i segni che arrivano a noi, in quanto arrivano a noi indipendentemente da noi, arrivano per volontà di un Altro.

Dio è il creatore di tutte le cose che arrivano a noi.

I segni, contengono quindi il Pensiero di un Altro.

Noi avvertiamo i segni ma non avvertiamo il pensiero contenuto nei segni.

Il significato sta nel pensiero.

Fintanto che noi non vediamo il pensiero di Colui che invia a noi i segni, le creature, le parole, le proposte, noi non intendiamo il significato.

Ecco per cui la volontà è paralizzata.

La volontà si muove sui significati.

E fintanto che non vede il significato, la volontà non può muoversi.

Se noi teniamo presente Dio Creatore, noi non possiamo disgiungere il segno che arriva a noi per volontà di un altro, dalla volontà dell’altro, da Dio Creatore e quindi dal Pensiero dell’Altro.

Ecco per cui per giustizia, noi non dobbiamo mai fermarci ai segni ma andare sempre oltre.

E cercare il significato di questi segni qui.

Soprattutto il significato della proposta di Colui che passa per la porta e il significato è questo: il fine tuo è conoscere Dio.

Quando ad uno si propone un fine, si propone un impegno.

Per cui deve dedicarsi per realizzare questo fine.

Per raggiungere questo fine se lo ritiene valido.

Ma sia la validità del segno, di ciò che gli è proposto, sia il come si giunge a questa conoscenza di Dio, non è dato alla volontà capirlo.

La volontà è cieca.

È l’intelligenza che può capire.

La volontà paralizzata dalla proposta, impotente, sollecita l’intelligenza, in modo da ricevere la luce, per volere ciò che gli viene proposto.

Ma il compito però è del pensiero, è dell’intelligenza.

Al significato si arriva con l’intelligenza.

Il significato vuol dire il pensiero di colui che parla con noi.

Il pensiero di colui che fa arrivare a noi le sue proposte.

E Gesù dice: “Scrutate le scritture, parlano di Me”.

Tutto è scrittura di Dio.

Quindi vuol dire che tutta l’opera di Dio parla a noi di Dio, però ciò che essa ci dice, il pensiero contenuto in essa non si attinge dalle cose stesse.

Noi vediamo le cose, vediamo i fatti ma non possiamo assolutamente in essi trovare il pensiero di Dio.

Il pensiero si trova soltanto in Dio, guardando Dio.

Quindi il primo “come” per giungere alla conoscenza di Dio è quello di capire che alla conoscenza di Dio non si arriva attraverso la creazione.

Non si arriva al pensiero di Dio attraverso le creature o attraverso i segni.

Ma i segni sono una sollecitazione ad alzare il nostro sguardo, il nostro pensiero a Dio creatore di tutte le cose.

Perché il pensiero si conosce soltanto in Dio e da Dio.

E non dalle creature.

Le creature sono una sollecitazione al nostro pensiero.

Perché soltanto con il pensiero, noi possiamo distrarci dai segni, dalle creature, dal mondo e rivolgerci a Dio Creatore.

Certo noi possiamo rivolgerci a Dio soltanto in quanto abbiamo in noi il pensiero di Dio tra tutti i nostri pensieri.

Se Dio per primo non concedesse a noi il suo pensiero, noi non potremmo minimamente pensarlo.

Quindi Dio per primo concede a noi il suo pensiero.

E proprio concedendoci il suo Pensiero, dà a noi la possibilità di pensarlo.

Tutti quanti i segni che Dio ci fa arrivare, non sono comprensibili da noi e sono quindi un richiamo, una sollecitazione da parte sua, a rivolgere il nostro pensiero a Lui.

Perché soltanto rivolgendo il nostro pensiero a Lui, da Lui, noi possiamo intendere il significato, il pensiero che è nelle cose.

Intendere cosa vuol dire conoscere Dio e cosa vuol dire questo fine che ci viene proposto.

Questo è il primo come.

Ma Gesù, Proprio sul cammino della ricerca di Dio, ci presenta la possibilità di essere mutevoli.

Di cambiare, di essere incostanti.

Un secondo “come” che bisogna tenere presente per giungere a quella trasparenza che necessita l’intelletto per potere muovere la volontà, è la costanza.

Perché qui è sempre la parola di Dio che lo dice a noi, chi è incostante non ottiene nulla.

E Gesù parlando dei diversi tipi di terreno che accolgono il seme, dice chi sono coloro che avendo ascoltato la Parola di Dio (seme), subito con entusiasmo aderiscono a questa parola.

Però, di fronte ai primi contrasti, alle prime persecuzioni, alla non approvazione degli altri subito vengono meno.

E giustifica la cosa dicendo: “Perché non hanno la radice in se stessi”.

Teniamo presente che l’uomo non è libero né di volere, né di essere fedele, né di essere costante, l’uomo subisce i fatti e se l’uomo subisce delle cose che mutano, l’uomo diventa mutevole, non c’è niente da fare.

E questo ci fa capire una cosa molto importante e cioè che quello che rende l’uomo costante , che lo rende fedele, che lo fa camminare con pazienza, fino ad arrivare al Fine, è l’avere in noi stesso, la radice di ciò che cerchiamo.

E questo ci fa capire che fintanto che la radice, cioè il motivo per cui ci occupiamo e ci dedichiamo a qualcosa, è in altro o altri da noi, questo determina in noi l’incostanza, la volubilità, il mutamento.

Soltanto coloro che hanno la radice in se stessi, hanno la possibilità di essere costanti sul cammino del raggiungimento del fine, fino ad arrivare.

“Con la pazienza giungerete a possedere le vostre anime, giungerete alla Luce”.

Con la pazienza.

Questa pazienza che è patire, ed è questo patire che rende costante l’uomo, ma questo presuppone che l’uomo abbia in se stesso il motivo, la ragione, la convinzione di ciò che egli cerca, del fine verso cui tende.

Ora, cosa vuol dire avere in noi stessi la radice?

Qui evidentemente c’è la responsabilità personale che entra in gioco.

S’incomincia a definire quale è il cammino che conduce noi a quella trasparenza, cui è necessario attingere per muovere la nostra volontà alla risposta di ciò che ci viene proposto.

Prima di tutto il superamento del mondo creato, dei segni per impegnare il nostro pensiero in Dio.

In secondo luogo, avere in noi stessi la radice di questo movimento, di questa ricerca della conoscenza di Dio.

E questa convinzione si deve formare dentro di noi.

Radice è il principio di una cosa.

E quando è che il principio di una cosa è dentro di noi?

Una cosa è dentro di noi, quando la facciamo nostro fine.

Perché in noi è veramente, soltanto e sempre presente, ciò per cui viviamo.

Possono anche essere delle sciocchezze ma quelle sciocchezze entrano dentro di noi, in quanto viviamo per esse.

Noi abbiamo dentro di noi una cosa, in quanto la facciamo nostro fine.

Facendo una cosa nostro fine, la introduciamo in noi.

E soltanto se in noi abbiamo come fine, il Principio delle cose, noi abbiamo in noi la radice delle cose.

Il principio delle cose è Colui che crea tutto ciò che esiste.

Soltanto se noi abbiamo come fine nostro, personale questo Principio di tutte le cose, questo dà a noi la possibilità di essere costanti.

Ma fintanto che noi abbiamo come fine altro da Dio, in quanto è diverso da Dio è soggetto a mutamento e quindi rende noi mutevoli.

Noi mutiamo e non possiamo fare a meno di mutare, fintanto che noi abbiamo come fine qualcosa che è soggetto a mutamento.

Soltanto se noi abbiamo come fine ciò che è immutabile, noi siamo costanti.

E solo l’assoluto è immutabile.

È immutabile perché nessuno lo può condizionare o modificare.

Dio è il principio di mutamento di tutto.

Ecco per cui tutto e tutti mutano.

Mutano perché Lui è immutabile.

Lui è la causa di tutti i mutamenti, anche dei nostri.

Noi diventiamo immutabili, nella misura in cui partecipiamo a ciò che non muta.

Fintanto che noi viviamo per ciò che muta, necessariamente noi mutiamo.

Perché noi cresciamo a immagine e somiglianza di ciò per cui viviamo e se ciò per cui viviamo è una cosa che muta, noi necessariamente mutiamo.

Solo se noi viviamo per ciò che non muta, per Colui che trascende tutto ciò che muta, soltanto qui noi troviamo la nostra immutabilità e la nostra costanza e quindi abbiamo la capacità di arrivare al Fine.

È attraverso questi fattori che si arriva alla trasparenza del principio.

Quella trasparenza che è assolutamente necessario che si formi nella nostra intelligenza, nel nostro pensiero, nella nostra mente, perché la luce di Dio, muova la nostra volontà.

Fintanto che nella nostra intelligenza non si forma questa trasparenza, la luce  di Dio che è il vero Movente, non passa alla volontà.

E la volontà è paralizzata.

Noi sappiamo che è giusto cercare Dio prima di tutto, noi sappiamo che è giusto vivere per Dio, noi non possiamo smentire né Dio, né la sua volontà, però non possiamo volerla.

Perché chi muove le cose è Dio, non è la nostra intelligenza.

Tanto meno la nostra volontà.

Sant’Agostino ha sbagliato dicendo che la nostra volontà è libera.

La nostra volontà non è libera, tutt’altro che libera.

Se la nostra volontà fosse libera ci sarebbe una contrapposizione con Dio, Dio subirebbe dei condizionamenti.

La nostra volontà vuole, soltanto quando è Dio che la muove.

Soltanto quando cioè, la luce di Dio la muove.

Ma forse non è Dio che muove tutto?

Ecco perché la nostra volontà viene filtrata dall’intelligenza.

Fintanto che nella nostra intelligenza non si forma la trasparenza, la luce di Dio non passa alla nostra volontà e la nostra volontà è paralizzata e non si muove.

Perché quello che muove la nostra volontà è la luce di Dio.

Ma se quello che muove è la luce di Dio, è Dio l’autore della mia volontà.

Ma la condizione essenziale è che l’intelligenza raggiunga la trasparenza.

E allora ecco l’ultimo come.

Come la nostra intelligenza può diventare trasparente?

La trasparenza nella nostra intelligenza e nel nostro pensiero, è formata da Dio stesso.

Cioè la trasparenza si forma in noi, nella misura in cui il nostro pensiero guarda Dio.

È Dio che forma la trasparenza nella nostra intelligenza.

È Dio che forma la trasparenza nel nostro pensiero.

Se il nostro pensiero guarda Lui.

Cioè, noi non ci rendiamo sufficientemente conto ma, la nostra intelligenza, il nostro pensiero, prende forma da ciò a cui guarda.

E soltanto se guarda Dio, Dio è l’Autore della trasparenza.

Se però con il nostro pensiero noi guardiamo un cane, noi diventiamo cane.

Dio ha fatto un dono meraviglioso dandoci il pensiero, il dono di ricevere la trasparenza della luce di Dio.

Però la condizione è che il nostro pensiero guardi Dio.

Quindi è Dio che forma i suoi figli.

È Dio che forma in noi il suo pensiero.

Questo ci fa capire che Dio sta formando in coloro che lo guardano, suo Figlio, il suo Pensiero.

E il suo Pensiero, è pura trasparenza di Dio.

La caratteristica della trasparenza, è quella di lasciare passare la luce.

La luce che arriva, è identica alla luce che viene trasmessa.

E allora qui scopriamo una cosa molto importante, che là dove c’è la trasparenza, c’è il passaggio del Principio.

Cosa vuol dire: passaggio del Principio?

Vuol dire dono della Luce stessa.

Colui che riceve il Principio della Luce, riceve la potenza, la possibilità di illuminare, la possibilità di aprire e di chiudere.

Il tema di oggi è la chiave del Regno.

Ecco la meraviglia di Dio.

Dio non è uno che tiene le chiavi per Sé.

Dio attraverso la trasparenza del pensiero che lo pensa, dona la possibilità di aprire e di chiudere.

Allora capiamo cosa vuol dire questo dare le chiavi del Regno.

“Non temere piccolo gregge, perché piacque al Padre vostro, dare a voi il regno”.

Ecco la potenza che viene trasmessa attraverso la trasparenza.

La potenza del Principio.

Il Principio che si dona.

E allora qui possiamo capire chi è il vero pastore delle pecore che passa per la porta.

Il vero pastore, non è colui che tiene le chiavi per sé, ma è Colui che dà le chiavi.

Perché dà la possibilità di entrare e di uscire quando si vuole.



 

Ma colui entra per la porta, è il Pastore delle pecore.  Gv 10 Vs 2 Secondo tema. Lunedì.


Titolo: La potenza della trasparenza. RIASSUNTO.


Argomenti: L’angelo di Filadelfia – La Chiave che apre e chiude – La costanza e l’incostanza La trasparenza  e l’opacità – La volontà e la passione – La radice in noi del credere – L’immutabilità della Verità – L’agonia per giungere alla Luce – Stancarsi a vegliare – La trasparenza e la volontà -


 

17/Luglio/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.



Ma colui entra per la porta, è il Pastore delle pecore.  Gv 10 Vs 2 Terzo tema.


Titolo: Chi è il Pastore delle pecore (definizione del Pastore).


Argomenti: Volontà & intelletto. La trasparenza del Pastore.  Potere che esercita e potere che dona.   Possibilità e impossibilità.  Vicinanza e lontananza.   Vicinanza e possibilità.  "Uno e tanti".  L'uomo è uno. L'opera del Pastore. La generazione dei figli di Dio.


 

23/Luglio/1989 Casa di preghiera Fossano.


Dall’esposizione di Luigi Bracco.

Abbiamo visto le volte scorse di questo versetto la trasparenza di chi entra per la porta e il potere che viene trasmesso attraverso questa trasparenza.

Adesso ci soffermiamo su chi è questo Pastore delle pecore.

Già il campo dell'identificazione è stato molto precisato in quanto Gesù stesso ha detto che "Colui che non entra per la porta delle pecore è ladro e brigante".

Qui abbiamo già una grande delimitazione di campo.

Abbiamo visto che chi non entra per la porta dell'ovile, è colui che propone altro dalla conoscenza di Dio.

Per cui tutti coloro che propongono come fine della vita dell'uomo altro dalla conoscenza di Dio, costoro appartengono a questa categoria di gente che cerca di entrare nell'ovile da altra parte e non dalla porta.

Chi passa per la porta è Colui che propone come fine all'uomo la conoscenza di Dio.

Perché questo?

Perché l'uomo è creato per la vita eterna e la vita eterna è conoscere Dio, la salvezza sta nel conoscere Dio, cioè la Verità, quindi questo è il nostro destino ed è la Parola di Dio che ci dice questo.

D'altronde la Parola di Dio è giustificata nell'essenza stessa di Dio.

Dio essendo Colui che è, opera ogni cosa per far conoscere Se Stesso, non per far conoscere altro e non per altri fini.

Dio opera ogni cosa per far conoscere Se Stesso, per cui Lui è il Principio Creatore di tutte le cose e Lui stesso è il Fine di tutte le cose.

La Parola di Dio lo conferma che: "La vita vera (quindi eterna) è conoscere Dio".

Chi propone altro è fuori campo, cioè è fuori di questo destino.

Quindi già è precisata questa natura di questo Pastore che passa per la porta delle pecore.

Ma possiamo andare avanti e capire che il Pastore non si accontenta soltanto di proporre il fine.

Si può proporre un fine ma questo fine può anche essere impossibile all'uomo, l'uomo può non vedere la strada per giungere a questo fine.

Il Pastore non è uno che si accontenta di segnalare la meta, ma è sopratutto uno che accompagna alla meta e lo vedremo nei versetti successivi.

Gesù stesso precisa che il Pastore è Colui che fa uscire le pecore e le conduce al pascolo.

Pastore è uno che segnala il fine e il fine è la conoscenza di Dio, questo è il fine dell'uomo e in questo fine l'uomo deve impegnare tutte le sue forze se non vuole deviare dal suo destino.

Il Pastore non solo propone il fine ma lo rende possibile.

Proponendolo lo rende possibile.

L'uomo, infatti, è un essere che costata l'impossibilità di tante cose.

Abbiamo visto che la nostra volontà non è libera, se fosse libera tutto sarebbe possibile quando gli viene proposto.

Invece l'uomo è un essere che fa esperienza d'impotenza, impossibilità.

Perché questo?

Prima di tutto perché la volontà non è libera di volere quello che le viene proposto.

In secondo luogo perché la volontà ha bisogno di essere illuminata.

La volontà da sola non intende.

La volontà riceve dall'intelletto.

Abbiamo visto che c'è una funzione nella volontà ma proprio l'impotenza della volontà è una sollecitazione all'intelligenza a compiere il suo dovere.

Cioè ad approfondire ciò che deve approfondire.

Altrimenti la volontà non può muoversi.

È l'intelletto che convince.

Però l'intelletto non è che di per sé sia luce.

L'intelletto è possibilità di ricevere luce, ma da solo non intende niente.

L'intelletto riceve luce da ciò cui guarda: se guarda una causa limitata riceve una luce limitata, se guarda una causa grande riceve una luce grande, se guarda una causa infinita riceve luce infinita.

Perché la nostra intelligenza è in relazione a ciò che ha presente come causa.

Ognuno conosce in relazione a ciò che giustifica in una causa.

L'intelligenza è il tramite necessario perché la volontà possa volere, ma l'intelligenza non vede se non in relazione a ciò cui guarda.

Per cui l'intelligenza diventa quell'occhio di cui parla Gesù: "Luce del tuo corpo è il tuo occhio, se tu il tuo occhio guarda una sorgente luminosa tutto resta illuminato, se il tuo occhio guarda una sorgente tenebrosa, tutto di te diventa tenebra".

Quindi la luce passa attraverso questo passaggio obbligato che è l'intelletto.

E tutto dipende dall'occhio di questa intelligenza, cioè da ciò cui l'intelligenza guarda.

Il Pastore fa la sua proposta ma la fa in modo trasparente per l'intelligenza.

Cosa vuol dire trasparente?

Trasparente in quanto fa vedere il Principio, il motivo.

Trasparente è ciò in cui si vede il motivo.

Là dove noi vediamo una parola o un avvenimento e non vediamo la motivazione di quella, diciamo che non è trasparente.

La trasparenza si ha là, dove c'è il motivo, il Principio che determina la cosa.

Caratteristica del Pastore è quella di presentare la sua proposta in modo trasparente.

Ora, se la trasparenza vuol dire manifestare il Principio, la proposta che il Pastore fa è trasparente in quanto è giustificata nel Principio.

È il Principio che rende trasparenti le cose.

C'è un solo Principio: Dio Creatore e quando una proposta è fatta secondo Dio Creatore, quella proposta lì è trasparente secondo Dio, non è trasparente magari secondo altre nostre motivazioni.

Ma l'avere in noi motivazioni diverse da Dio, è segno che noi abbiamo deviato dal credere in Dio Creatore.

Dio solo è il Creatore di tutte le cose visibili ed invisibili.

E se Lui è il Principio di tutte le cose, trasparenti sono quelle cose e quelle parole e quelle proposte in cui si vede Dio come Principio.

La proposta che fa a noi il Pastore dicendo: "Uomo sei stato creato per conoscere Dio e quindi il tuo fine deve essere conoscere Dio", è una proposta in cui si rivela il Principio.

Dio essendo il Creatore di tutte le cose, quindi Principio di tutte le cose, non può essere altro che il fine di tutte le cose.

Tutto ciò che Lui fa, lo fa per Sé, per far conoscere Sé e per rendere "altri" partecipi di quello che Lui è.

È in questo Principio che c'è la trasparenza della proposta del Pastore: tutte le cose e gli avvenimenti ci sono dati perché noi ci impegniamo a conoscere Dio, ritenendo che questo sia lo scopo della nostra esistenza.

Ora, attraverso questa trasparenza, rivelandoci il Principio, il Pastore dà a noi il potere.

Domenica scorsa abbiamo parlato del potere delle chiavi.

Comunicare il Principio è dare la possibilità di capire le cose.

Quando noi abbiamo un Principio, abbiamo la possibilità di intendere, non abbiamo la possibilità di intendere quando non vediamo il Principio.

Il Pastore dà il potere alla creatura di avere in se stessa il Principio.

Il Pastore comunica il Principio, appunto perché parla in modo trasparente, nella trasparenza c'è la comunicazione.

E nella comunicazione c'è il potere.

Quindi il Pastore si caratterizza in questo: non è uno che tiene per Sé la chiave della porta dell'ovile, ma è uno che dà, che affida, che consegna la chiave della porta dell'ovile.

Due sono i poteri che si manifestano del nostro mondo.

C'è il potere dell'autorità, il potere che esercita, che impone, che fa subire l'effetto di sé: questo non consegna le chiavi, questo impone la sua autorità, comanda, crea movimento: tutto l'universo giunge a noi per opera di un'autorità diversa da noi, che impone a noi queste cose; ma tutte le cose che ci vengono imposte non ci danno la luce, perché non ci danno il Principio della luce, arrivano a noi senza di noi.

C'è un altro potere ed è quello che comunica il Pastore che non tiene per sé il potere, ma lo comunica all'altro.

È questo che dà le chiavi dell'ovile.

Noi troviamo proprio che una delle caratteristiche del Figlio di Dio è proprio questa: "Ha dato il potere a coloro che credono in Lui, di diventare figli di Dio", non ha esercitato il potere, ha dato il potere.

In greco ci sono due termini che manifestano chiaramente questi due poteri.

Quando si parla di questo potere dato agli uomini, trasmesso, lo chiama exsusia che deriva dall'essere, il potere che deriva dalla conoscenza dell'essere, dalla trasmissione del Principio.

Invece il potere che si esercita con l'autorità che impone si chiama dinamis, cioè che esercita, fa subire una forza al di fuori di sé.

Il Pastore si caratterizza per questo: non fa subire la sua autorità.

Cioè non opera imponendo, opera proponendo e convincendo.

Però proponendo e convincendo, deve dare la possibilità alla creatura che ascolta di realizzare ciò che egli propone.

Allora dobbiamo considerare in cosa consiste possibilità e impossibilità.

La Parola di Dio stessa ci dice che presso Dio tutto è possibile, questo ci fa capire che l'impossibilità è segno che non si è presso Dio.

Perché presso Dio tutto è possibile.

Più ci allontaniamo da Dio e più noi perdiamo questa possibilità, cioè cadiamo sotto l'autorità che s'impone e questo è effetto di lontananza da Dio.

Ma allora se presso Dio tutto è possibile e se il Pastore è Colui che propone all'uomo come fine la conoscenza di Dio e proponendola la rende possibile, noi dobbiamo dire che poiché la possibilità si ha solo presso Dio, il Pastore per renderci possibile quello che lui propone ci deve portare presso Dio.

Allora qui dobbiamo anche approfondire e chiarire che cosa vuol dire: "presso Dio" e "lontano da Dio".

Cos'è che determina in noi la lontananza e cos'è che determina in noi questa vicinanza?

Gesù venendo nel mondo parla di vicinanza: "Il Regno di Dio è vicino".

Con Gesù, il Regno di Dio si fa vicino.

In cosa consistono lontananza e vicinanza nel campo dello spirito?

Tutto quello che avviene nel mondo sensibile è segno del mondo spirituale, ecco perché ci sono le distanze, lo spazio e il tempo, sono tutte significazione di questi rapporti con lo Spirito.

C'è lontananza in quanto in noi c'è molteplicità di presenza di causa.

È la molteplicità che rende lontani: molteplicità di cause, di interessi, di amori, questo crea lontananza da-.

Se questo crea la lontananza, è facile capire che la vicinanza è data dalla semplificazione di ciò che è molteplice, dalla riduzione delle tante cause in un’unica causa.

Dall'unificazione di tutto in una causa.

Più noi ci unifichiamo in un’unica causa, in un unico Principio e più questo crea vicinanza e più noi ci avviciniamo a questo Principio e più noi acquistiamo possibilità, perché presso Dio, vicino a Dio non c'è nulla d'impossibile, tutto è possibile.

Il Pastore è colui che porta a noi questa possibilità di conoscere Dio, possibilità che a noi non è data (perché la possibilità è solo presso Dio) né dalla nostra volontà, né dalla nostra intelligenza.

Abbiamo visto che la nostra intelligenza riceve da ciò cui guarda e la nostra volontà poi riceve dall'intelligenza e quindi è bloccata.

Questo Pastore, per renderci possibile quello che lui ci propone ci porta vicino a Dio, vicino al Principio, vicino alla sorgente di tutto.

Vicino all'unica causa, il che vuol dire che elimina tutte le altre cause.

L'Apocalisse è la sintesi di tutti quei segni che l'anima incontra man mano che si avvicina alla presenza di Dio.

Nell'Apocalisse si parla di un momento in cui Dio elimina tutte le potenze.

C'è l'eliminazione di tutte le potenze ed eliminando tutte le potenze rivela l'unica potenza.

Eliminando tutte le cause seconde si rivela l'unica causa.

Proprio raccogliendoci nell'unica causa (Dio Creatore) ci avvicina a Dio in quella vicinanza in cui la cosa diventa possibile.

Cioè più la nostra anima viene semplificata nell'unica causa e più si avvicina più c'è  trasparenza e nella trasparenza c'è la comunicazione.

Questa è l'opera del Pastore.

L'opera del Pastore ci porta vicino alla sorgente, cioè vicino al Padre.

Perché solo colui che è uno, può ricevere la comunicazione di Colui che è Uno.

Dio è uno.

Fintanto che noi siamo "tanti" non possiamo ricevere comunicazione.

Teniamo presente che il demonio, in una scena del Vangelo definisce se stesso come uno che ha tanti nomi.

Fintanto che noi siamo tanti dentro di noi, noi, nel modo più assoluto, non possiamo ricevere comunicazione.

Può darsi che noi restiamo tanti.

Se noi restiamo "tanti" veniamo a trovarci eternamente, nell'impossibilità di conoscere Dio.

L'inferno è caratterizzato dall'impossibilità di conoscere Dio.

Solo colui che è uno può ricevere la rivelazione di Colui che è Uno, c'è la comunicazione.

Ecco perché la persona umana è una grande sintesi di tutto l'universo é, l’universo ridotto a uno.

La persona è uno.

Appunto perché solo nella persona umana avviene la rivelazione della presenza di Dio, avviene la conoscenza di Dio.

Però questa persona umana corre il rischio di disperdersi in tanti interessi, in tanti amori, in tante cause.

Il tema di oggi è la definizione del Pastore.

Infatti, Cristo definisce Se Stesso come Colui che è venuto per raccogliere ciò che si disperdeva.

La dispersione è proprio nella molteplicità.

Cristo viene per raccogliere la nostra molteplicità nell'unità di Dio (ecco l'opera del Pastore), viene per raccogliere la nostra dispersione nell'ovile.

Però Colui che ci raccoglie e quindi ci fa uno, in quanto ci porta alla presenza di Colui che è Uno non è ancora Colui che ci dà la conoscenza di Dio.

Cristo ci porta sulla soglia ma la rivelazione della conoscenza è data soltanto ai figli di Dio.

Cristo ci dà la possibilità di diventare figli di Dio ma non ci fa figli di Dio.

E ci dà la possibilità di diventare figli di Dio in quanto ci porta alla presenza di Dio.

Ci porta alla presenza del Padre.

Però il fatto che ci abbia portato alla presenza del Padre, non significa che ci abbia fatti figli di Dio.

Qui ci dà la possibilità di diventare figli di Dio ma non ci ha fatti figli di Dio.

Perché?

Perché i figli di Dio nascono da Dio, nascono dal Padre.

Cristo, Figlio di Dio, non genera figli di Dio, perché Lui è generato.

Se è generato non genera, chi genera è il Padre.

Cristo ci porta nella condizione di poter essere generati dal Padre.

Perché?

Perché il Padre non genera automaticamente come generano le creature.

I figli di Dio, nascono dal Padre con consapevolezza con partecipazione piena.

I figli di Dio non generano se stessi, il Figlio di Dio non genera figli di Dio, i figli di Dio sono generati dal Padre, come il Figlio è generato dal Padre ma per partecipazione consapevole.

La partecipazione consapevole viene proprio dalla possibilità di guardare unicamente il Padre, questo è opera del Figlio.

Il Figlio ci conduce là, dove Lui è.

E dove è Lui?

Lui è puro sguardo del Padre.

Lui è tutto nel Padre.

Il Figlio di Dio (Pastore) ci conduce lì, nella possibilità di guardare il Padre, in attesa di partecipare dal Padre (chi genera è il Padre e non il Figlio) alla generazione e qui adesso entrare nella conoscenza.

Soltanto generati dal Padre, con la conoscenza del Padre e del Figlio si giunge allo Spirito Santo che è lo Spirito della presenza del Padre e del Figlio e che quindi è la pienezza della conoscenza di Dio, il fine per il quale siamo destinati.

Il tema era: chi è il Pastore.

A questo punto evidentemente è chiarissimo.

"Nessuno può salire al cielo", cioè, nessuno può salire a questo sguardo sul Padre se non Colui che ha lo sguardo sul Padre.

Soltanto il Figlio che è nel Padre.

Solo il Figlio può condurre, quindi essere il Pastore.

Pastore è colui che viene dal cielo di Dio, è il Figlio di Dio.

Ed è soltanto il Figlio di Dio che dà a noi la possibilità di diventare figli di Dio, non ci fa figli di Dio, ci dà la possibilità (ecco perché ci consegna le chiavi) di diventare figli di Dio, in quanto ci porta lì, a guardare il Padre ed unicamente il Padre.

Perché soltanto colui che è uno e quindi che guarda una cosa sola ha la possibilità di ricevere la comunicazione di Colui che è uno.

Teniamo presente che i figli di Dio non nascono dal Figlio di Dio ma nascono dal Padre.


A.: Io ho sempre pensato che la meta cui mi conduce il Figlio è la conoscenza del Padre e invece scopro che la meta cui mi porta il Figlio è la possibilità di conoscere il Padre....

Luigi: Sì, ti porta alla presenza del Padre, in attesa che il Padre ti generi, ma il Padre ti genera non il Figlio.

Infatti, Gesù parla di un tempo che nemmeno il Figlio conosce perché dipende solo dal Padre.

Ora, senza il Figlio tu non arrivi al Padre, perché nessuno arriva al Padre se non per mezzo del Figlio.

Solo il Figlio ti porta in quell'unità, in quello sguardo semplice tutto rivolto al Padre, per cui sottomette tutto a questo unico pensiero, però la generazione dal Padre è opera del Padre, il Figlio stesso conosce Se Stesso per generazione del Padre, quindi opera del Padre.

Siccome i figli di Dio nascono consapevolmente, c'è una partecipazione consapevole a questa generazione.

Nella conoscenza del Padre c'è la generazione del Figlio dal Padre.

Nella conoscenza del Padre.

A.: Qui il Figlio è sempre Maestro esterno o è interno?

Luigi: Esterno, Lui dall'esterno ti educa al Maestro interno.

Abbiamo le tre notti di cui abbiamo parlato.

Passaggio dall'esterno all'interno, dall'interno al Pensiero di Dio (verbo interiore) e dal Pensiero di Dio al Padre.

A.: Io pensavo che la meta cui ci porta il Figlio è l'entrata nella conoscenza, invece è la possibilità della conoscenza.

Luigi: Infatti, nel prologo del Vangelo di San Giovanni si dice: "Venne nella sua casa e non lo accolsero, ma a quanti lo accolsero diede il potere (exsosia che non è la dinamos, l'imposizione) di diventare figli di Dio".

Il potere vuol dire che te lo dà nelle mani, non te lo impone dall'esterno.

Ti porta nella possibilità.

"Io me ne vado a prepararvi un posto, affinché dove sono Io siate anche voi", ecco la condizione per poter diventare figli di Dio: Dio si rivela solo nel suo Pensiero e se noi non siamo fatti (dal Figlio di Dio) tutto Pensiero di Dio, noi non possiamo ricevere la conoscenza del Padre.

Il Padre si rivela solo a suo Figlio.

A.: Come si concilia il fatto che il Pastore ci dà il potere con il fatto che noi non siamo liberi...non entriamo mica automaticamente  in questo potere che ci viene offerto?

Luigi: È il potere che mi rende libero.

Presso Dio nulla è impossibile.

Presso Dio tutto è possibile, ma presso Dio, il che vuol dire che fintanto che io non sono presso Dio niente mi è possibile: io faccio esperienza d'impossibilità, la mia volontà non può volere.

A.: Allora il potere del Figlio mi è imposto?

Luigi: No, no lo accetto liberamente.

Quando il Figlio mi fa la proposta, nella proposta ho la possibilità di essere libero.

Se Dio non parla, io sono impotente.

Quindi io non sono libero.

La libertà mi viene concessa quando il Figlio bussa alla porta, ma è un momento.

Tu puoi andare avanti quando il semaforo si fa verde, ma non è sempre verde.

A.: Nella risposta alla proposta io sono libero.

Luigi: Certo, se io non fossi libero la cosa mi sarebbe imposta e se mi è imposta io non posso conoscere, là dove c'è imposizione non c'è conoscenza.

La conoscenza c'è solo là dove c'è partecipazione e quindi c'è una proposta.

Noi non siamo liberi...

A.: Ma di fronte alla proposta sì.

Luigi: Sì ma la proposta che cosa è? È Dio che si fa vicino a te.

Nella vicinanza sei libero.

Perché là dove c'è Dio, c'è libertà.

Quindi quando Dio ti fa la proposta, Dio si fa vicino con la proposta.

Ma è un istante: affrettati.

Infatti, San Paolo dice: "Se oggi tu senti la sua Parola affrettati a entrare" perché?

Perché dopo cinque minuti tu non sei più libero.

Perché la libertà ti viene data solo quando Dio si fa vicino, ma Dio si fa vicino a te quando ti parla, cioè quando ti fa la proposta ma solo in quel punto lì.

È un errore dire che l'uomo è libero.

L'uomo non è libero.

L'uomo è libero solo quando Dio gli parla e gli dà la possibilità di aderire o di dire no, "Il tuo parlare sia si, si, no, no".

Ma se Dio non ti fa la proposta tu, non puoi dire né sì, né no.

Tu sei determinato dalle cose che hai presenti e non puoi uscire da lì.

Aderendo alla proposta di Dio, Lui si fa compagno e ti conduce semplificando tutto.

Parlando, ti raccoglie dalla tua dispersione nell'unita, ti porta cioè presso Dio.

In questo presso Dio c'è la libertà, si realizza la possibilità.

A.: C'è una scelta in cui la nostra libertà deve giocare altrimenti non saremmo responsabili di dire no a Dio.

Luigi: Il gioco avviene lì, quando Dio ti parla, solo in quel punto lì.

Non sempre parla e non sempre bussa, noi siamo liberi solo nel punto in cui bussa,  in quel momento lì in cui personalmente fa arrivare a te la proposta, l'invito a pranzo, in quel punto lì tu puoi dire: "Io ho i buoi, i campi e la moglie".

A.: In quel punto lì il libero arbitrio c'è....

Luigi: Sì ma non nel senso di dire che siamo liberi, allora io potrei cercare Dio tutte le volte che io voglio.

"Mi cercherete ma non mi troverete", se io fossi libero, sarei libero di trovarlo tutte le volte che lo cerco.

Io lo posso cercare quando Lui mi cerca, quando Lui mi dà la possibilità di cercarlo.

Prima no e dopo nemmeno.

B.: Ma ci sono situazioni in cui è impossibile...

Luigi: Certo, ci sono situazioni in cui è impossibile: le vergini stolte bussano alla porta ma qui nessuno apre, qui siamo nella impossibilità.

Gesù stesso dicendo: "Mi cercherete e non mi troverete" ci dice che ci sono situazioni d'impossibilità.

B.: Ma se ci lasciamo guidare dal Cristo...

Luigi: Lì tutto diventa possibile è Lui che ci conduce proprio nel campo dove tutto è possibile, cioè nel campo della conoscenza di Dio.

Io posso fischiare da mattina a sera ma non so nemmeno dove appigliarmi per conoscere Dio.

Però se credo in Lui e lo seguo, Lui mi conduce là, dove per me è impossibile.

Senza Cristo noi non possiamo neppure sognarcele queste cose.

"Ha dato a tutti coloro che credono in Lui la possibilità di diventare figli di Dio".

Ci rendiamo conto di cosa vuol dire avere la possibilità di diventare figli di Dio?

Il Figlio di Dio è un figlio libero che partecipa di quello che Dio è.

Il figlio partecipa dell'onnipotenza di Dio.

B.: A tutti coloro che vogliono, quindi solo coloro che non vogliono....

Luigi: A tutti coloro che credono, io posso credere in quanto uno mi propone qualche cosa, posso credere o posso non credere.

Infatti "Venne nella sua casa e i suoi non l'accolsero, ma a quanti l'accolsero ha dato il potere" ma "Senza di Me non potete fare niente" questa è impossibilità, impotenza.

B.: Ma le vergini stolte volevano entrare...

Luigi: Ma se erano stolte! È un peccato essere stolti.

Lo stolto non ama l'intelligenza.

C.: Ma perché nella teoria è tutto chiarissimo e nella pratica si fatica tanto?

Luigi: Perché noi lo seguiamo magari per un tratto di strada e poi ci mettiamo a danzare da altre parti.

E allora abbiamo molta difficoltà perché non restiamo con Lui.

Perché non restiamo con Lui!

C.: Ma si dice che Lui ci fa fare l'esperienza della sua assenza così che noi camminiamo più svelti per stare con Lui...

Luigi: Per restare con Lui certo, se tu stai andando dietro a qualcuno e questo ti precede, evidentemente tu acceleri il passo per restare sempre con lui.

Lui non ti precede per allontanarti da Sé, ma per accelerare il tuo cammino, ma tu ti devi preoccupare, non devi dire: "Io adesso mi diverto un poco e poi dopo lo cercherò".

Si capisce che quando tu ti sei divertita poi fai molta fatica a ritrovarlo.

C.: Ma io non ho proprio l'idea di divertirmi ma solo il desiderio di correrli dietro.

Luigi: Ma correrli dietro vuol dire restare nelle sue Parole.

Il discepolo è quello che gli corre dietro: "Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie Parole", restare nelle sue parole vuol dire camminare, perché tu cammini in quanto cerchi di capire, di approfondire le sue Parole.

Ma le devi mangiare le sue Parole: tutte.

Tutte le sue Parole sono un sentiero, ora tu un sentiero o lo percorri tutto o  non serve a niente.

Se tu percorri un tratto di strada e poi torni a divertirti e poi torni a camminare, questo non serve a nulla, il percorso va percorso tutto dall'inizio alla fine.

Ora, le Parole di Cristo sono un sentiero, vanno percorse tutte, vanno assimilate, capite tutte, dall'inizio all'ultimo: quando ti consegna al Padre, quando ti promette lo Spirito Santo.

Ora, queste Parole tu non le devi soltanto leggere, registrare, scrivere, ricordare, devi cercare di capirle, perché soltanto nella misura in cui tu cerchi di capirle Lui ti conduce.

C.: Allora uno crede di corrergli dietro e invece si sta divertendo?

Luigi: Può succedere.

Pensa che i suoi stessi discepoli che avevano lasciato tutto per andare dietro di Lui a un certo momento, mentre Cristo parla loro, discutono fra loro chi sia il primo dei discepoli, a chi spetti il primato, evidentemente erano con Cristo, andavano dietro a Cristo, avevano lasciato tutto per Lui e poi stavano pensando a se stessi.

Ora, quando io penso a me stesso, certamente, non sono più con Lui.

Come tu dici:"Ma io...", tu stai già facendo giri di danza da altre parti.

D.: Il Figlio ci lascia soli con il Padre solo quando abbiamo la possibilità....

Luigi: Certo, lo credo bene, infatti, il Signore saluta i suoi apostoli quando ha formato in loro la possibilità di guardare il Padre e dice: "Adesso li affido a Te, prima erano tuoi e Tu li hai dati a Me".

Se erano già del Padre che senso ha darli al Figlio?

Perché il Figlio ha formato in loro la capacità di guardare il Padre, ecco l'opera del Figlio, del Pastore, li ha portati lì, su quella soglia in cui possono partecipare dell'opera del Padre.

E.: La lontananza è provocata dalla molteplicità di amori...

Luigi: Certo ma anche in senso umano la semplificazione di amori crea vicinanza, la moltiplicazione di amori crea lontananza.

Cristo viene per portarci in un unico amore e quindi ci avvicina moltissimo, ora è proprio in questa vicinanza che si ha la trasparenza, un amore semplice diventa trasparente e nella trasparenza c'è la comunicazione.

F.: Prima di questa nascita nuova dell'io dal Padre, il pensiero della creatura che viene accompagnato dal Cristo alla presenza del Padre, non vede niente finché non vede la generazione dal Padre del Figlio.

In cosa consiste arrivare alla meta se non si vede niente fin quando il Padre non vuole...

Luigi: No, tu arrivi lì sulla Parola del Figlio. È il Figlio che ti porta lì e ti affida al Padre. Tu a quel punto lì cosa hai dentro di te?

E.: Lo sguardo sul Padre.

Ma lo sguardo sul Padre è ancora per fede, perché è sulla garanzia della Parola che ti dice: "Guarda".

Se io ti dico a mezzanotte di guardare a oriente e vedrai il sole sorgere, se tu guardi, a un certo momento vedi il sole sorgere, se tu non guardi tu, a un certo momento ti accorgi che il sole è sorto ma tu non lo hai visto sorgere.

Tu nasci soltanto in quanto tu vedi il sole sorgere ma per vedere il sole sorgere tu devi restare fisso lì, quando è ancora mezzanotte, cioè quando la parola ti dice:"Guarda a oriente perché lì sorge il sole", tu dici che è tutto buio, non si vede niente, però tu guarda, se continui a guardare arriverà un momento in cui incomincerai a vedere l'alba, le luci dell'aurora e a un certo momento vedi il sole sorgere, cioè partecipi al sorgere del sole.

E.: Partecipare alla mia nascita va bene ma prima devo partecipare alla nascita, alla generazione del Figlio dal Padre.

La mia nascita è susseguente quella.

Luigi: Ma certamente è logico, ma la prima partecipazione è questa: la generazione del Figlio dal Padre e tu sei chiamato a questa partecipazione qui, ma dal Padre, perché non è il Figlio che genera Se Stesso.

Non è il Figlio che ti possa comunicare come Lui è generato dal Padre.

Lui ti conduce al Padre, perché tu dalla sorgente, dal Principio possa trarre le stesse conseguenze che ne ha tratto il Figlio (detto in termini poveri).

F.:Noi siamo in positivo bisogno di unificare, semplificare tutto in Dio, ma nel pensiero dell'io questo bisogno lo traduciamo nell'essere confusi e molteplici e finiamo con l'essere dei semplicisti: "In fondo Dio è solo quello, la Verità è solo quella...", e vi è molta differenza tra il semplice e il semplicista.

G.: Il Pastore non solo propone la meta ma precisa anche la strada.

Luigi: Fino a renderci possibile quello che Lui propone. Ce lo rende possibile.

G.: La proposta Lui ce la fa trasparente, poiché è giustificata nella sua Causa.

Quando c'è trasparenza la volontà scatta, perché passa la luce del Principio.

Per cui il Pastore deve fare tutta quest'opera di raccolta e ci raccoglie nell'unica causa, ci insegna a sottomettere tutto al Pensiero di Dio.

Quando tutto è sottomesso al Figlio, allora il Figlio consegna il regno al Padre.

E solo colui che è uno può ricevere la comunicazione di Colui che è Uno.

Luigi: Per questo si fa esperienza d’impotenza e impossibilità, fintanto che io sono molteplice, non posso ricevere assolutamente, quindi la porta è chiusa.

È inutile che invochi o pianga o faccia appoggio sulla volontà: nessuno apre.



Ma colui entra per la porta, è il Pastore delle pecore.  Gv 10 Vs 2 Terzo tema. Lunedì.


Titolo: Chi è il Pastore delle pecore (definizione del Pastore). RIASSUNTO.


Argomenti: L’identificazione del Pastore – Il fine proposto – La potenza della trasparenza – La proposta e il come – La volontà è condizionata dal valore e dal come – La volontà riceve dall’intelletto – L’impotenza della volontà – L’intelletto riceve luce da ciò a cui guarda – La cecità dell’intelletto – Il potere delle chiavi della conoscenza – Il potere dell’autorità che impone e il potere della verità che propone – Possibilità e impossibilità – La proposta della conoscenza di Dio – Vicinanza e lontananza – Molteplicità di presenze – Dio unico principio – Riferire tutto a Dio – L’Apocalisse – L’unità di pensiero – La dispersioni di amori – Il Pastore ci raccoglie nell’unità di Dio – Solo Dio rivela Dio – Cristo ci dà la possibilità di diventare figli di Dio – Essere generati dal Padre – La partecipazione consapevole – I figli di Dio nascono dal Padre -


 

24/Luglio/1989  - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.


Ma colui entra per la porta, è il Pastore delle pecore.  Gv 10 Vs 2 Riassunto


RIASSUNTO VERSETTO 2 DOMENICA


Argomenti: La trasparenza del Pastore – La luce rivela il proprio principio – La variazione della trasparenza da 1 a 0 – Luce e tenebre – Luce che arriva e luce che parte – I colori dell’arcobaleno – Bianco e nero – La trasparenza proposta nello spirito – La trasparenza o l’opacità dell’uomo – La glorificazione del principio – L’educazione a superare il pensiero dell’io come principio di scelta – Perfetti come il Padre – “Io sono la Luce” – Ladri e assassini – La delusione del vivere per altro da Dio – I falsi profeti – Le proposte negative e la proposta positiva – Il come della proposta del Pastore – La trasparenza del linguaggio di Cristo – La volontà necessità il come – La parola di Cristo motivo di libertà o rovina – L’unica libertà dell’uomo – Aderire alla proposta del Pastore – Unità è trasparenza – Restare nelle parole di Cristo – Il come di Maria – Fede, speranza, carità – Il pensiero riceve trasparenza guardando Colui che è trasparente poiché è Uno – L’unicità di pensiero – Il pensiero prende forma da ciò a cui guarda – Il potere di scegliere tra la vita e la morte – La trasparenza del Principio che arriva a noi attraverso il Figlio – La passione d’assoluto dell’uomo – L’impotenza della volontà – Il potere della trasparenza – La dedizione del pensiero a Dio -


 

30/Luglio/1989 - Casa di preghiera Fossano.



Ma colui entra per la porta, è il Pastore delle pecore.  Gv 10 Vs 2 Riassunto


RIASSUNTO VERSETTO 2 LUNEDI


Argomenti: L’alpha e l’omega – Dio crea unicamente per farsi conoscere – Il potere di avere in noi il principio – I due poteri – La parabola del seminatore – Nell’unicità di pensiero c’è l’essere – L’essere viene dalla conoscenza -  La morte al pensiero dell’io – La capacità di penetrazione nei misteri di Dio – La possibilità di tradire un amore e crescere in esso – Il colore di Dio – Chi cerca di salvare la sua vita la perde – Perdere la vita per amore di Dio – La trasparenza della porte – Il come e la volontà – Il vero Pastore – Il discorso nella sinagoga di Cafarnao -


 

31/Luglio/1989 - Casa di preghiera Fossano.