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Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.    Gv 10 Vs 19


Titolo: Il secondo sigillo.


Argomenti: Intenzione e vita. Intenzione dell'uomo e della realtà. I tre luoghi di vita dell'uomo. Peccato: preferire la creatura al Creatore. Conflitto tra l'intenzione dell'uomo e di Dio. Discordia e pensiero. Le due realtà. La Parola di Dio principio di discordia. Incapacità di pensare. Funzione della discordia. Intenzione di Dio e superamento dell'io. Pensiero debole e pensiero forte.


 

7-8/Aprile/1991 Casa di preghiera Fossano.


Anche qui ci troviamo con una parola del Vangelo e sono tutte lezioni per la nostra vita essenziale, quel cammino che ognuno di noi deve percorrere per giungere alla vita eterna che è conoscenza di Dio, per la quale siamo stati creati, per la quale vale la nostra vita e per la quale vale ogni giorno che noi viviamo; per cui se noi viviamo per altro il nostro giorno cade nel nulla: come non vissuto.

E poiché è parola del Vangelo, dobbiamo chiederci anche qui, quale lezione, quale significato, Dio vuol dare a noi presentandoci questa scena: discordie fra i giudei, a motivo di questi discorsi.

Fa riferimento ai discorsi fatti da Gesù precedentemente.

E qui dobbiamo cercare il rapporto che c'è tra le parole che Gesù ha detto prima, con questa discordia che quelle stesse parole fanno nascere tra i giudei.

Il rapporto che passa tra le parole dette da Gesù e questa discordia, perché dice che questa discordia nasce a motivo delle parole di Gesù.

Questo già ci fa capire che c'è un rapporto di dipendenza tra la parola di Gesù e la discordia.

Già Gesù, fin dall'inizio è stato presentato al mondo come motivo di discordia, motivo di conflitto, pietra di scandalo, d'inciampo: uno su cui si discuterà.

Apparentemente sembra che Gesù sia motivo di pace, di armonia e di accordo.

Invece viene presentato così.

Gesù stesso dice: "Non crediate che io sia venuto a portare la pace ma la discordia, la divisione, la guerra, il conflitto".

Dobbiamo quindi cercare il significato, il rapporto tra questa discordia e la Parola di Dio che entra nella nostra vita.

E sopratutto dobbiamo cercare di capire che cosa Dio ci vuole significare per la nostra vita essenziale e che cosa Dio ci vuole significare di Sé.

Perché in ogni avvenimento e in ogni fatto c'è una Parola di Dio ed essendo Parola di Dio, c'è la comunicazione a noi di qualcosa di Dio.

È  soltanto Dio che parlando a noi, forma in noi il suo volto, disegna in noi la sua presenza.

Senza il Suo parlare noi cadiamo nel nulla.

Tutta la creazione si sostiene sulla Parola di Dio e sopratutto la nostra vita si sostiene sulla Parola di Dio.

E per poco che noi ci scostiamo dalla Parola di Dio, noi cadiamo nel niente.

Le volte precedenti ci siamo soffermati sul rapporto che passa tra l'intenzione e la vita.

E questo serve per dare a noi la capacità di capire l'anima di questa discordia.

Abbiamo visto parlando di questo rapporto che passa tra l'intenzione e la vita dell'uomo, come tutto sia in relazione all'intenzione che l'uomo porta dentro di sé, a seconda dell'intenzione con cui l'uomo si comporta verso la realtà.

Abbiamo detto che l'uomo può avere un intenzione che non coincide con l'intenzione che c'è nella realtà.

La realtà non è l'uomo che la fa.

Tutta la realtà è fatta in un altra intenzione.

Dio è Colui che regna in tutto.

E se Dio è Colui che regna in tutto, tutto è fatto, tutto accade, tutto avviene, in tutta l'umanità ma anche nella vita personale di ognuno di noi secondo l'Intenzione di Dio e non secondo un altra intenzione.

Dio solo è Colui che regna: "Non avrai altro Dio all'infuori di Me".

E se Dio è Colui che regna, una sola è l'intenzione in cui tutte le cose sono fatte.

Tutto è fatto nel Verbo di Dio, tutto è fatto nel Pensiero di Dio.

Non è detto che in noi ci sia questa intenzione.

Perché se tutto è fatto nell'Intenzione di Dio, le cose arrivano a noi senza intenzione.

Le cose arrivano a noi non con scritta l'Intenzione di Dio.

Cani senza collare abbiamo detto, le cose arrivano a noi anonime.

Tanto che noi possiamo scrivere su di esse il nostro nome, possiamo appropriarcene, possiamo considerarle secondo la nostra intenzionalità.

E tutto il dramma e la tragedia dell'uomo nasce qui, cioè, l'uomo può avere una intenzione diversa dall'intenzione in cui tutte le cose sono fatte.

E perché questo?

Perché l'Intenzione di Dio in cui tutte le cose sono fatte non si vede direttamente, le cose non ci comunicano l'Intenzione.

L'intenzione si conosce soltanto conoscendo la persona.

Dio essendo Assoluto è persona.

E soltanto conoscendo Dio si conosce il Pensiero della Persona, si conosce l'intenzione della Persona.

Per cui tutte le opere di Dio non possono essere smentite da noi, noi le vediamo, le tocchiamo, le esperimentiamo, però non vediamo in esse l'intenzione e non vedendo l'intenzione noi diciamo che sono misteriose, appunto perché quando le cose avvengono e noi non vediamo l'intenzione che vi è in esse, le cose per noi sono incomprensibili, sono misteriose.

Anche se noi cerchiamo di scrivere su di esse la nostra intenzione, il nostro nome cercando di appropriarcene.

Però ci accorgiamo che c'è qualcosa che resiste, che stride ai nostri propositi, alle nostre intenzioni.

Le cose non rispondono a quella che è la nostra intenzione.

Ci annunciano che c'è una Intenzione diversa, ma non ce la fanno conoscere, perché l'intenzione si conosce soltanto conoscendo la persona che opera.

E l'Intenzione di Dio si conosce soltanto conoscendo Dio.

Per cui tutte le cose ci annunciano che non sono fatte da noi, che è un altro che le fa, però il Pensiero, l'Intenzione di quest'Altro non ce lo danno.

Ci invitano però ad alzare gli occhi a quest'Altro.

E soltanto se noi guardiamo a Colui che opera in tutto, è da Lui e solo da Lui che noi possiamo conoscere il suo Pensiero, la sua intenzione e quindi cominciare a leggere le sue opere, a capirne il significato.

Perché è l'intenzione che ci dà la capacità di leggere, di capire il significato, il pensiero di Colui che opera.

Però proprio perché questa intenzione del Creatore non la troviamo fintanto che non alziamo i nostri occhi a Dio e guardiamo Dio e guardiamo da Dio, ecco che noi corriamo il rischio di considerare tutte le cose intorno a noi e le creature come se non avessero intenzioni, come se fossero anonime.

E tutto questo ci fa correre il rischio di porre noi una nostra intenzione su di esse, di proiettare su di esse la nostra intenzione, d'interpretarle secondo quello che noi abbiamo nella nostra mente, nel nostro pensiero.

Ed è qui che noi veniamo a trovarci in un luogo, in una situazione d'impossibilità di vita.

L'uomo abbiamo detto che esperimenta tre luoghi di vita.

Il luogo della possibilità, il luogo dell'impossibilità e il luogo della certezza e della sicurezza.

L'impossibilità di vita è quando l'uomo esperimenta che sta perdendo la vita, che tutto gli porta via la vita.

Gli porta via la vita in quanto gli porta via la disponibilità interiore per pensare Dio, per conoscere Dio.

L'uomo viene a trovarsi in questa situazione d'impossibilità, quando subisce, nolente la sottrazione della vita.

E siccome la nostra vita sta nel conoscere Dio, sta in Dio, quello che toglie a noi la disponibilità (sopratutto interiore) di pensare Dio (solo col pensiero si può conoscere Dio), toglie noi il tempo per poter fermarci con Dio, per meditare con Dio, per raccoglierci in Dio, questo ci porta via la vita.

Impossibilità è uguale a non disponibilità per pensare Dio, uguale perdita di vita: una esperienza che tutti gli uomini fanno prima di giungere a conoscere l'Intenzione di Dio, di incominciare a guardare tutte le cose con l'Intenzione di Dio.

L'uomo non può guardare le cose senza una sua intenzione, perché l'uomo è persona.

E l'uomo in quanto è persona ha sempre una sua intenzione con sé.

La caratteristica della persona è quella di avere in sé la ragione di quello che vuole e di quello per cui vive.

La persona ha sempre una sua intenzionalità: o è la Intenzione di Dio o un altra intenzione.

Quando non c'è l'intenzionalità di Dio, necessariamente l'intenzionalità che determina l'uomo è il possesso delle creature.

Cioè l'intenzionalità in questo caso è determinata dalle creature, dalle cose che s'incontrano.

Quando l'uomo non conosce l'Intenzione di Dio e non vive per conoscere Dio, necessariamente è costretto ad avere come intenzione la creatura anziché il Creatore.

Necessariamente perché la creatura è quella che l'uomo vede e tocca.

E allora lui incomincia a vivere in funzione della creatura e qui siamo nel peccato.

Sant'Agostino definisce il peccato non come violazione di una regola o di una legge ma come preferire la creatura al Creatore: lì sta l'essenza del peccato.

L'uomo essendo stato creato per Dio, avendo la possibilità di non tenere conto di Dio, l'uomo ha la possibilità di preferire la creatura al Creatore.

Preferire la creatura al Creatore vuol dire avere come intenzione la creatura anziché il Creatore.

E qui si apre il campo della discordia, della contraddizione, del conflitto.

Perché?

Ma perché tutta la realtà e tutta la creazione è fatta nell'Intenzione di Dio e quando noi tentiamo di considerare la creazione e le creature con una intenzione diversa, noi inauguriamo in noi un campo di conflitto, un campo di guerra.

Di guerra tra la nostra intenzione e l'Intenzione di Dio.

Perché certamente tutte le cose sono fatte con l'Intenzione di Dio e se noi tentiamo di entrare in questo campo in cui tutto è fatto con l'Intenzione di Dio, tentiamo di entrare con un altra intenzione, ecco che noi suscitiamo la conflittualità.

Non tanto la conflittualità esteriore sia chiaro.

Sopratutto la conflittualità interiore, perché quello che conta in questo concetto di discordia è quello che avviene dentro l'uomo.

La vera guerra, il vero conflitto, la vera discordia, le vere contraddizioni non sono mica tanto quelle che avvengono fuori di noi, attorno a noi ma sono quelle che portiamo dentro di noi.

Così come il vero carcere non è fuori ma è dentro la nostra anima.

La vera guerra, il vero conflitto è dentro di noi.

Dentro di noi perché?

Perché noi non possiamo annullare Dio, noi non possiamo dimenticare Dio e quando noi consideriamo le cose con una intenzione diversa da Dio, noi entriamo in conflitto con Dio.

Si parla nell'Apocalisse di un conflitto nel cielo ed è questo il conflitto nel cielo.

Un conflitto di intenzioni.

Ed è il conflitto tra l'intenzione dell'uomo e l'Intenzione di Dio.

È  questa contraddizione che entra dentro di noi.

Perché se tutte le cose sono fatte in Dio, solo in Dio sono giustificate.

Solo in Dio quindi c'è armonia.

L'unica possibilità che l'uomo ha è di non tenere conto di Dio, per cui abbiamo detto che l'unica possibilità che l'uomo ha, l'unico potere che l'uomo ha è quello di perdere la vita.

Poiché tutte le cose sono fatte da Dio nell'Intenzione di Dio, solo in Dio c'è la giustificazione di tutte le cose.

Il che vuol dire che soltanto in Dio c'è l'armonia, c'è la pace di tutte le cose.

Quindi il vero accordo, noi lo troviamo soltanto in Dio.

Se noi trascuriamo Dio, proprio qui noi inauguriamo il campo di discordia e di conflitto.

Ora, quando in noi, dentro di noi si forma la discordia, una contraddizione, la prima a patire è la mente, è il pensiero.

Nella discordia l'uomo diventa incapace di pensare.

Nella contraddizione l'uomo diventa impotente a pensare.

La mente, il nostro pensiero è fatto per unificare ma là dove noi ci troviamo di fronte alla contraddizione siamo paralizzati, la prima a soffrire di questa discordia è la mente.

Cioè, l'uomo è privato della capacità di pensare, non ha più il punto fisso di riferimento.

L'uomo si trova contraddetto, si trova con pensieri in contraddizione tra loro.

Pensieri in contraddizione tra loro sono pensieri che si annullano.

Teniamo presente che la vita viene essenzialmente dal pensiero e là dove i pensieri si contraddicono e quindi si annullano, noi abbiamo qui la perdita della vita.

L'uomo incomincia a esperimentare la morte con la mente e dalla mente.

È  nel pensiero che si incomincia a morire.

E si comincia a morire per la contraddizione.

Però quando si parla di discordia e di contraddizione, si rivela sempre che c'è la presenza di due realtà in contrapposizione, ma due realtà.

Noi dobbiamo chiederci dove sono queste due realtà in contraddizione?

Se l'uomo ha una intenzione diversa da Dio, questa intenzione deve trovare un conforto in una realtà che è presente all'uomo e che lo mette in contraddizione con Dio.

Noi sappiamo che le due grandi realtà in cui l'uomo si trova sono la creazione, quindi la realtà dei sensi, dei sentimenti, quella che l'uomo percepisce, vede, sente, tocca ed esperimenta.

Questa è tutta l'opera che Dio fa, indipendentemente dall'uomo.

Questa è la realtà che pesa sull'uomo, pesa perché l'uomo la vede, la sente e la tocca.

Questa è la realtà dei sentimenti.

E poi c'è un altra realtà che l'uomo non può ignorare ed è la realtà di Dio Creatore.

Questa è una realtà che l'uomo non vede, non tocca e non esperimenta e che non può però ignorare.

Allora è una realtà intellettuale, spirituale che l'uomo non può ignorare e siamo nel campo della conoscenza.

Non la può ignorare però non la vede, non la tocca e non la esperimenta.

La realtà che l'uomo vede, tocca e esperimenta, la realtà dei sensi e la realtà dello spirito, sono le due grandi realtà che costituiscono l'uomo.

Sono queste due realtà che determinano il campo di discordia e di conflittualità dell'uomo, perché?

Perché tra queste due realtà, a un certo punto cala la Parola di Dio.

La Parola di Dio è sempre una proposta.

In queste due realtà che l'uomo ha presente e che non può ignorare perché gravano, pesano su di lui, la Parola di Dio arriva e gli dice: "Metti prima di tutto Dio".

Ecco che la Parola di Dio è principio di discordia.

Perché la Parola di Dio dice all'uomo: "Metti prima di tutto Dio".

E qui l'uomo viene a trovarsi in una grande difficoltà, perché qui l'uomo deve superare tutto quello che è il campo del sentimento, tutto il campo di quella realtà che lui vede e tocca, per mettere prima di tutto una realtà che è vero che non può ignorare ma che non vede e non tocca e non esperimenta.

Ecco che la Parola di Dio diventa una pietra d'inciampo, una pietra di discussione, su cui si discute.

Abbiamo detto che il tema di oggi è l'apertura del secondo sigillo.

Nell'apertura di secondo sigillo si dice: "Io vidi all'apertura del secondo sigillo un cavallo rosso e colui che lo cavalcava

aveva il potere di togliere la pace dalla terra".

Di togliere la pace agli uomini: è il potere della Parola di Dio.

La Parola di Dio che giunge a noi per recare a noi la pace ha il potere di toglierci la pace

È  quello che dice Gesù: "Non crediate che Io (Parola di Dio) sia venuto a portare la pace, sono venuto a portare il conflitto, la guerra, la divisione", perché?

Perché Lui è venuto a dirti: "Metti prima di tutto Dio".

Perché Lui è venuto a portarti un amore.

L'amore però per una cosa che non si vede, non si tocca e non si esperimenta.

Un amore per una cosa che si trova soltanto intendendola, soltanto conoscendola, quindi soltanto con l'intelletto.

E l'uomo ha una terribile difficoltà per superare quelle che sono le esigenze dei suoi sentimenti, le esigenze del cuore, per mettere prima di tutto il pensiero, la mente, l'intelletto.

Eppure la Parola di Dio l'obbliga a questo.

Nella discordia che deriva da questo, la prima a soffrirne è la mente.

L'uomo nella conflittualità, nella contraddizione, perde, se lui trascura Dio, il punto fisso di riferimento, perde il contatto con il principio e quando si perde il contatto con il principio non si ha più la possibilità di pensare.

Perché la condizione per pensare, per imparare a pensare è quello di avere un punto fisso di riferimento a cui tutto riferire, a cui tutto rapportare, in cui tutto raccogliere.

Pensare vuol dire raccogliere.

Vuol dire unificare.

Ed è soltanto raccogliendo che si giunge all'armonia delle cose, se abbiamo come punto fisso di raccolta la verità, Dio.

Ma se noi abbiamo come punto fisso di riferimento, di raccoglimento altro da Dio, necessariamente, non potendo unificare tutte le cose sfociamo nella conflittualità, nella discordia, nella contraddizione.

L'uomo perde la capacità di pensare ed è una ferita mortale per l'uomo.

Quando l'uomo viene privato della capacità di pensare, l'uomo cade in balia dei sentimenti, cade in balia del cuore.

Cade in balia dell'effimero, di quello che è creatura.

E l'uomo qui resta schiavo.

Qui l'uomo non è più un essere che pensa, qui l'uomo è un essere che è dominato dai sentimenti che gli avvenimenti, che le creature che incontra provocano in lui.

L'uomo non è libero.

Qui troviamo le conseguenze di questa discordia che l'uomo semina dentro di sé per poco che si scosti dall'avere come punto di riferimento Dio, per poco che si dimentichi di raccogliere ogni cosa in Dio.

L'uomo non deve dividere la creazione, tutte le opere di Dio da Dio.

Perché dividendo la creazione dal Creatore, l'uomo perde la capacità di pensare.

E la vita dell'uomo sta nel pensiero e viene dal pensiero.

A quel punto lì, l'uomo è ormai in balia delle cose che lo stanno conducendo alla morte.

Perché ha seminato la morte dentro di sé, perdendo la possibilità di unificare.

"Chi con Me non raccoglie disperde" e la morte è essenzialmente dispersione.

L'uomo che non ha più la capacità di pensare, di riferire le cose a Dio, che non ha la presenza dell'Intenzione di Dio che si vede soltanto dal punto di vista di Dio, certamente ha già seminato la morte dentro di sé.

È  questione di tempo, però lui già dentro di sé ha seminato la morte.

Il Signore ci presenta questa discordia, dopo averci parlato di questa intenzionalità, di questo rapporto che c'è tra la nostra vita e l'intenzione che portiamo in noi e soltanto se noi portiamo in noi l'Intenzione di Dio, possiamo trovarci in quel luogo di certezza e di sicurezza che è vita, altrimenti noi perdiamo la vita.

Se dopo aver affermato queste cose, ci presenta questa scena della discordia in conseguenza delle sue parole è perché vuole comunicarci qualche cosa di positivo per la nostra vita.

La discordia ci porta certamente alla paralisi del pensiero e l'uomo diventa impotente a pensare, quindi comincia a seminare la sua morte ed esperimenterà la morte.

Però tutto questo ha un significato profondo.

Come l'esperienza dell'assenza di Dio nella nostra vita ha un significato positivo.

E il significato è quello di farci capire che se noi non avessimo presente Dio noi non esperimenteremmo l'assenza di Dio.

Non solo ma il fatto stesso di esperimentare l'assenza di Dio, ci rivela la presenza interiore, nel nostro Pensiero di Dio stesso.

Per cui ci rivela il luogo dove dobbiamo cercare Dio.

E come abbiamo visto il tempo che noi subiamo nolenti, questo grande ladro è un testimone dell'eterno che portiamo in noi, perché se noi non portassimo l'eterno in noi non vedremmo il tempo scorrere.

Così noi abbiamo visto anche la casualità, questa esperienza che noi facciamo di cose che arrivano a noi e noi non sappiamo come arrivino e perché, il più delle volte noi diciamo "il caso".

Proprio il caso che è anonimo per noi, dà a noi la possibilità di quest'illusione di non attribuire le cose a Dio.

Ma proprio il caso che è assenza di causalità, quindi di determinazione è un testimone che solo presso Dio, tutte le cose sono determinate.

Ma per poco che noi ci scostiamo da Dio noi cadiamo nella indeterminazione.

Ai grandi confini dell'universo noi troviamo tutto indeterminato, tutto in contraddizione, tutto impossibilitato ad essere capito.

Così, anche la discordia è un segno di Dio per farci capire che l'armonia, l'accordo, la pace si trovano soltanto in Dio e soltanto cercando Dio che noi abbiamo la possibilità della pace.

Ma non basta cercare Dio, bisogna arrivare a conoscere l'Intenzione di Dio, perché quello che armonizza tutto è l'intenzione, il Pensiero di Dio.

È  soltanto conoscendo l'Intenzione di Dio, che si trova solo conoscendo Dio che noi abbiamo la possibilità di vedere l'Intenzione di Dio in tutto e vedendo l'Intenzione di Dio in tutto, qui noi abbiamo la possibilità di vedere tutto giustificato e quindi di vedere l'armonia di tutte le cose.

Il principio di disarmonia, il principio di conflitto, il principio di contraddizione, il principio di discordia siamo noi stessi che lo seminiamo portando in noi intenzioni diverse da Dio.

A Dio non si giunge se non personalmente perché richiede il superamento del pensiero di noi stessi.

Non solo richiede il superamento di noi stessi ma richiede anche il superamento di tutto quello che vediamo e tocchiamo.

Superamento di tutto per guardare dal punto di vista di Dio e nessuno può guardare dal punto di vista di Dio al posto nostro.

Perché è questione di pensiero, non è questione di cuore, sentimenti, preghiera o rinunce, è questione di pensiero: nessuno può pensare al posto nostro, perché nessuno può superare per noi il pensiero del nostro io.

La condizione essenziale per guardare dal punto di vista di Dio e quindi per conoscere l'Intenzione di Dio è quella di superare il pensiero del nostro io.

È  un fatto essenzialmente personale.

E allora tutta questa conflittualità che si scatena con l'incontro con la Parola di Dio, ha la funzione di formare in noi l'impegno personale a pensare Dio, ad assumerci la responsabilità personale di conoscere Dio.

Di guardare le cose dal punto di vista di Dio, perché soltanto lì inizia a formarsi in noi il pensiero forte.

Noi siamo terribilmente deboli nel pensiero, perché?

Ma perché tutti i nostri pensieri sono unicamente espressione dei nostri sentimenti e quando il nostro pensare è espressione dei sentimenti è un pensiero terribilmente debole.

È  sufficiente scavare un poco che subito il nostro pensiero parte in aria e non riesce più a capire niente.

Perché?

Perché i nostri pensieri sono determinati dai nostri sentimenti.

I nostri pensieri non debbono essere dominati dai nostri sentimenti ma sono i nostri pensieri che debbono dominare e determinare i nostri sentimenti.

Il nostro pensiero diventa forte soltanto quando arriva alla radice di sé.

Quando arriva al principio e si ancora al principio.

Ecco l'aspetto positivo di questa discordia, è quello di farci ancorare a ciò che è eterno.

Di fare ancorare il nostro pensiero e il nostro pensare a ciò che è eterno.

Quindi di fare sganciare il nostro pensiero dalle creature, dai sentimenti, dalle cose del mondo.

Non sono gli uomini che ci salvano, non sono le istituzioni che ci salvano, non sono gli avvenimenti che ci salvano.

Dio solo ci salva.

Bisognare ancorare il nostro pensiero a ciò che è eterno.

Lì il pensiero diventa forte, forte al punto tale da poter superare tutti gli argomenti e le ragioni del mondo e la conflittualità con il mondo.

Perché c'è una conflittualità con il mondo quando uno mette Dio prima di tutto.

Ma questa conflittualità è meravigliosa, perché qui abbiamo l'amore che viene potenziato dal conflitto.

Qui abbiamo una conflittualità, una discordia esteriore che non ha altra funzione se non quella di suscitare questo incendio di questo fuoco che ha incominciato ad infiammare la nostra anima.

Qui abbiamo un amore che viene contrastato per essere potenziato e potenziato all'infinito, in modo da poter giungere a contemplare l'infinito, a contemplare quello che è Dio.

Ecco l'anima positiva di tutta questa conflittualità.

Il significato è quello di portarci a questo rapporto di pensiero personale con Dio, per conoscere da Dio l'Intenzione di Dio.

Perché soltanto lì noi troviamo la vera pace, l'armonia, quindi anche la nostra vita.


A.: La vita dell'uomo è condizionata e si muove fra due realtà, quella sensibile di cui lui fa esperienza e di cui però non capisce niente....

Luigi: Capisce una cosa: "Mi piace o non mi piace, mi conviene o non mi conviene", è mistero, non la conosci, però la percepisci, mangi una bignola? Ti piace? Il sentimento che tu provi mangiando una bignola può diventare per te intenzione e da quel momento vivi per le bignole.

A.: Poi c'è la realtà di Dio che si offre ad essere conosciuta nella sua Intenzione che è poi quell'Intenzione che corrisponde con l'istanza essenziale che l'uomo porta in sé e che noi chiamiamo bisogno d'Assoluto.

Ma per conoscere questa Intenzione l'uomo deve compiere un passaggio obbligato, deve cioè cercare di conoscere Dio.

Luigi: Tutta la difficoltà sta lì.

A.: Se non conosce Dio, l'uomo come persona, è costretto ad avere come intenzione la creatura.

Luigi: Non può farne a meno.

Solo che resta ferito e mortalmente ferito nel pensiero, il suo pensiero resta paralizzato.

Il tuo pensiero dominato dai sentimenti perde il contatto con il Principio.

Il Principio che è la causa, che è Dio, resta scollato dal tuo pensare.

Per cui tutto il tuo pensare è: "Ma in fondo questo mi piace".

Non hai possibilità di dare un altra ragione.

Resti attratto, dominato, schiavo delle cose.

Oppure dici che fanno tutti così, ma non hai in te stesso la ragione delle cose.

Solo avendo la possibilità di collegarti al Principio Dio Creatore, tu hai la possibilità di pensare, altrimenti resti impedito nel pensare.

Siccome la vita sta nel pensiero, tu inizi a seminare la morte.

A.: Inizia qui per l'uomo il campo della discordia, il campo del conflitto interiore, il campo della disintegrazione della sua stessa personalità.

Perché viene a mancargli il punto fisso di riferimento. L'uomo è fatto per vivere in armonia con un principio.

Questo Principio è Dio a cui può giungere solo attraverso il pensiero, cercando attraverso questo pensiero, l'Intenzione che gli viene presentata nella realtà non sensibile ma in quella realtà che rivela l'Intenzione di Dio stesso.

C'è una positività, come l'uomo nella malattia scopre la positività della salute, così nella disgregazione del suo mondo interiore, l'uomo comincia a pensare al tutto di Dio.

Luigi: Tutte le cose entrano in conflitto con l'uomo, per cui a un certo punto l'uomo incomincia a faticare, la terra comincia a creare triboli e spine, appunto perché tu sei entrato in conflitto con l'intenzione fondamentale che c'è nella creazione e allora tutte le cose si ribellano a te.

Questa conflittualità ha l'aspetto positivo di farti capire l'importanza col collegamento col Principio, con l'Intenzione unica che c'è in tutte le cose.

B.: L'uomo perde la vita quando perde la disponibilità interiore per conoscere Dio e questo avviene quando vive per la creatura invece che per il Creatore...

Luigi: Perché quando tu ti scosti da Dio diventi schiava della creatura.

Non puoi non essere schiava, perché soltanto presso Dio sei libera.

Quando sei schiava della creatura, quella ti porta via il tempo per tutto, non sei più disponibile per altro.

Non hai più libertà per pensare ad altro.

Ecco perché sei ferita nel pensiero, perché il tuo pensiero resta dominato dalla creatura.

Sei schiava della creatura, la creatura si presenta con delle esigenze che ti portano via completamente la disponibilità per Dio.

La ferita mortale sta lì, che non hai più né la capacità, né la possibilità di pensare Dio, tanto sei dominata dalle creature, dalle cose del mondo.

B.: Si è liberati da questa schiavitù soltanto se ci liberiamo dal pensiero del nostro io.

Luigi: Si.

B.: Ma è questo il problema, come si fa?

Luigi: Ascoltando la Parola di Dio.

Proprio in questa conflittualità qui c'è la Parola di Dio che giunge a te e ti dice: "Non preoccuparti del mangiare e del vestire" perché tutte le nostre ragioni sono in questo.

Io le creature le vedo, le tocco e le esperimento, io Dio non lo vedo, non lo tocco e non lo esperimento.

Noi crediamo al mondo perché lo vediamo e lo tocchiamo.

Però c'è la Parola di Dio in questo mondo che io vedo e tocco e la Parola di Dio non posso ignorarla e questa mi dice: "Metti prima di tutto Dio", perché i problemi si risolvono soltanto lì.

"Cerca prima di tutto Dio che tutto il resto ti sarà dato in sovrappiù".

Io invece cercando di avere il sovrappiù perdo Dio e il sovrappiù.

B.: Ma il mondo è pieno di drogati che sanno che la droga fa male o fumatori che sanno che il tabacco fa male, non basta che Dio mi dica: "Cerca prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto ti sarà dato in sovrappiù", io continuo a essere schiava di quel resto.

Luigi: La mia colpa sta nel fatto che non tengo conto di Dio.

Ora, perché non tengo conto di Dio?

Certo che se io non tengo conto di Dio io cado schiavo di tutte le creature.

Dio tu non lo puoi mica ignorare, se tu lo trascuri, tu trascuri una cosa che non puoi ignorare.

È  vero che non lo tocchi non lo vedi e non lo esperimenti, ma in Dio le cose sono fatte molto bene, prima si conosce e poi si esperimenta.

Nella creazione invece staccata da Dio io prima esperimento e poi conosco.

E quando conosco dico: "Ah se avessi conosciuto prima".

Quindi qui sulla terra abbiamo una conoscenza successiva che ti crea un rimorso, perché ti fa scoprire che tu hai scelto male.

Hai scelto male perché non conoscevi.

Mentre invece in Dio hai la meravigliosa armonia, perché conoscendo tu trovi la conferma di tutto e tutto ti conferma in questo bene supremo.

Tutta la colpa dell'uomo sta nel fatto che non tiene conto di Colui che non può ignorare.

Dio è Colui che parla con me tutti i giorni, quindi io non posso ignorare colui che parla con me.

B.: Ma la Parola di Dio mi arriva quando io sono già schiava, non mi arriva prima.

Luigi: Certo ma tutta la difficoltà sta lì, quando mi arriva la Parola di Dio, io sono già succube delle creature, ed è lì la grande difficoltà che l'uomo ha a superare quel mondo, quelle abitudini, quelle tradizioni, quei legami che ha costituito, per cui a un certo punto deve arrivare alla morte per riuscire a stabilire un contatto con Dio.

La morte è ancora un atto di misericordia da parte di Dio che mi libera (la morte è una separazione) da tutto ciò che è sentimentale.

Questa separazione mi dà (forse) la possibilità di un contatto con lo Spirito, con Colui che io avevo trascurato.

Durante la nostra vita non facciamo altro che seppellire sotto montagne di materia questo dato fondamentale: Dio è il Creatore di tutto, noi questo dato lo seppelliamo sotto tutta la nostra terra e la nostra materia.

Con la morte Dio elimina tutto questo mucchio di materia e riaffiora il Pensiero di Dio Creatore.

Noi con la morte ci troviamo di nuovo a tu per tu con Dio Creatore.

Per questo dico che la morte è una grazia.

È  misericordia di Dio.

È  Lui che mi sta togliendo tutto quel carico che mi ha impedito, che mi impedisce di prendere contatto con Lui.

Se io non sono assolutamente contrario a Lui, se il mio io non mi ha affascinato a punto tale da diventare completamente demonio, lì ho la possibilità di ristabilire questo rapporto di giustizia e di verità con Dio.

B.: Quindi devo vedere tutto il cammino come un cammino di purificazione.

Luigi: Questa schiavitù che Dio ci fa esperimentare è questa discordia, questa conflittualità sopratutto interiore che mi denuncia che l'armonia l'ho soltanto con Dio e presso Dio.

È  Dio che mi viene incontro e se mi viene incontro vuol dire che mi dà una mano e se mi dà una mano vuol dire che mi rende la cosa possibile.

Certo che io debbo superare quello che è il fascino del mio io.

Noi tendiamo alla ripetitività di quelle cose che ci piacciono.

C.: Questa verità ci mette a dura prova a un certo punto esperimentiamo che tutto quello che abbiamo intorno è in conflitto con noi.

Luigi: Il punto centrale è il conflitto interiore.

Il conflitto interiore è determinato dalla Parola di Dio che viene in questa duplice realtà in cui tu ti trovi (sentimenti e spirito).

Una pesa su di te, sui sensi, su quello che tu vedi, tocchi ed esperimenti.

L'altra pesa sul tuo intelletto, sul pensiero.

Perché tu non puoi ignorarla, ma non puoi ignorarla solo a livello dell'intelletto, non a livello del cuore.

A livello del cuore tu non tieni conto di Dio, tu ignori Dio lì.

A livello dei sensi tu non tieni conto di Dio.

È  al livello dell'intelletto che non puoi annullare Dio.

Tu intellettualmente non puoi annullare Dio.

Dio si affaccia ma nel campo del pensiero.

Ecco per cui se tu trascuri Dio tu trascuri il campo del pensiero e a un certo punto diventi incapace a pensare.

Perché l'anima del tuo pensare è Dio.

Ora la Parola di Dio venendo a te ti dice: "Metti prima di tutto l'intelletto, metti prima di tutto Dio".

Lo dice a noi che invece siamo tentati a lasciarci dominare da quello che vediamo e tocchiamo.

Perché ciò che si vede e si tocca pesa su di me.

Ecco perché la Parola di Dio crea il conflitto.

Perché m'impegna a superare tutto il mondo sensibile, tutte le mie esperienze e le mie conoscenze per fare conto solo su Dio.

In questa realtà che vedo e tocco, la Parola di Dio mi propone una realtà che non vedo e non tocco.

È  la Parola di Dio che mi crea la guerra, perché fintanto che la Parola di Dio non mi fa la proposta, io me ne sto tranquillo nel mio mondo sensibile, mangiando marmellata tutto il giorno.

È  quando la Parola di Dio m'arriva che mi crea il conflitto perché mi propone altro dalla marmellata.

Ma domani la realtà in cui mi troverò è la realtà della Parola di Dio, non sarà mica la realtà sensibile che oggi esperimento.

È  lì che io mi gioco tutto, quando la Parola di Dio m'arriva.

Infatti Gesù dice: "Se io non avessi parlato non sarebbero in colpa".

Tu di fronte a una proposta non puoi non rispondere, rispondi e fai una scelta.

D.: Pur avendo messo Dio al primo posto il sentimento gioca sempre brutti scherzi.

Luigi: Altroché! La proposta di Dio t'arriva quando tu sei già tutto preso da un campo di sentimenti che preme su di te.

D.: Pur se ancorati a Dio basta un attimo di distrazione per essere riassorbiti dal sentimento e questo crea una discordia interiore ancora più sottile di prima.

Luigi: Si capisce.

Nessuno ha detto che sia facile, però la meraviglia sta lì che il conflitto più si affina e più ti impegna a pensare

Il gioco avviene tutto nel pensiero.

Con Dio non è un problema di memoria e nemmeno di volontà, è un problema di capire.

Perché Dio si trova soltanto conoscendolo.

La verità tu non la trovi mica con la memoria o per sforzo di volontà.

La verità la trovi in un modo solo: conoscendola.

E.: Quando la Parola di Dio arriva in una nostra intenzionalità differente da Dio, crea la conflittualità in quanto non si può più far fuori questa parola.

Luigi: La Parola di Dio è espressione di Dio, Dio non puoi mica farlo fuori.

Tu non puoi farlo fuori come intelletto, per cui l'avrai sempre lì come un tarlo.

Però lo fai fuori come cuore.

Lo fai fuori come sentimento.

Lo fai fuori come vita pratica.

Immergersi nel lavoro, negli impegni, nel prossimo, tutto quel sentimento lì ti porta via.

Ma per poco che tu alla sera sia sola nel silenzio, quello che porti nell'intelletto riaffiora.

È  l'elemento dominante, l'altro è passato, perché il sentimento va e viene, per cui noi abbiamo bisogno di droga: gli altri, il lavoro, il divertimento diventa tutta droga per  non pensare a Colui che portiamo nell'intelletto.