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E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.   Gv10 Vs 16 Primo tema.


Titolo: I sogni non muoiono all'alba.


Argomenti: Molteplicità di pecore. Le predicazioni di Dio. Il concetto di molteplicità. La chiave di lettura. Dio in noi è una proposta. Appartenenza e attrazione al Padre. Pensieri del mondo & pensieri di Dio. L'ovile delle pecore. Il sogno e la realtà. L'uomo non può rassegnarsi alla realtà.


8-9/Gennaio/1991 Casa di preghiera Fossano.


Questa sera ci fermiamo alla prima parte di questo versetto e cioè alle parole: "Ho delle altre pecore che non sono di quest'ovile".

La prima osservazione che si presenta, il primo problema di fronte a questa dichiarazione di Gesù è la relazione con quello che Lui ha detto prima.

Prima aveva concluso il suo parlare, dicendo: "Io offro la mia vita per le pecore" e adesso aggiunge: "Ho delle altre pecore che non sono di quest'ovile".

Il parlare di Gesù, Parola di Dio, ha tutto un significato logico.

Dio è sopratutto logicità, è intelligenza, non fa le cose a caso.

E in ogni sua Parola c'è quindi un significato profondo per la nostra vita interiore, essenziale, perché tutte le cose che Lui fa e dice, le fa e le dice per condurci alla vita eterna in cui sta la nostra salvezza.

E la vita eterna sta nel conoscere la Verità.

E la Verità è Dio e la vita eterna sta nel conoscere Dio.

Tutto Egli fa e dice per condurre noi a questa capacità di vita eterna.

Noi che siamo talmente volubili, talmente instabili da essere incapaci a restare con Dio un istante.

Eppure nello spazio di pochi anni, qual è la nostra vita qui in terra, Dio fa di noi, se lo ascoltiamo, delle creature capaci di restare con Lui per sempre, il che vuol  dire capaci di contemplare Lui Stesso e tutte le sue opere nel suo Pensiero, senza muoverci da lì.

Anche il nesso tra queste due affermazioni: Gesù che conclude il suo parlare precedente dicendo: "Offro la mia vita per le pecore" e inizia adesso con questa nuova affermazione: "Ho delle altre pecore che non sono di quest'ovile", deve condurre noi a scoprire qualche cosa in questo cammino, perché è sempre un cammino, un sentiero per i nostri passi, verso questa conoscenza di Dio.

Dice: "Ho delle altre pecore", "ho" vuol dire possedere, quindi: "Posseggo delle altre pecore", e dice: "Che non sono di quest'ovile".

Quali sono le pecore di cui ha parlato fino ad adesso? Perché dicendo "altre", fa pensare che ci sia una differenza tra le pecore delle quali ha parlato finora e queste pecore di altri ovili.

E dove sta allora questa differenza?

E perché ci presenta questa differenza?

Se Dio parla, parla per farci capire qualche cosa.

Noi dobbiamo chiederci cos'è quest'ovile e cose sono gli altri ovili?

E come sia possibile sopratutto che ci siano pecore che si trovano in altri ovili.

Se ci dice questo, è per offrirci un aspetto di quella vita che Lui è venuto a offrire a noi che deve servire per i nostri passi verso la conoscenza di Dio.

Intanto qui ci afferma una molteplicità.

Molteplicità di pecore, perché dicendo, "ho" ci fa pensare che in altri ovili ci siano pecore sue e pecore non sue e che ci siano pecore non sue ce lo dichiara apertamente quando parla di pecore smarrite.

Ci sono pecore smarrite nel mondo ma che appartengono al suo ovile.

Qui invece ci parla di pecore sue che appartengono ad altri ovili.

Ci fa pensare che ci possono essere delle pecore sue che appartengono a quest’ovile, delle pecore sue che sono smarrite nel mondo, delle pecore sue che appartengono ad altri ovili e poi delle pecore che non sono sue.

Cioè pecore sue e pecore del mondo.

Le pecore sue trovandosi nel mondo possono essere smarrite, possono smarrirsi nel mondo, mentre le pecore del mondo non si smarriscono mica nel mondo, si trovano molto bene nel mondo perché sono pecore del mondo, però si smarriscono nelle cose di Dio.

E allora abbiamo quest'altro aspetto, pecore che non sono di Dio, che sono del mondo e che invece si smarriscono nella città di Dio, non sanno più dove andare.

E invece ci sono pecore che appartengono all'ovile di Dio e che possono smarrirsi nel mondo.

E tutto questo in quanto esiste, in quanto è scena, in quanto è parabola di Dio per noi, è una lezione di vita e di vita essenziale e deve servire per la nostra vita.

Qui il Signore ci presenta il concetto di molteplicità.

Molte pecore: pecore sue e pecore non sue, pecore smarrite, pecore dell'ovile, molteplicità di ovili.

Il concetto di molteplicità è uno di quei concetti che appartiene a quella serie che abbiamo già considerato precedentemente: il concetto dell'assenza di Dio nel mondo, il concetto del tempo, il concetto delle cose finite, il concetto della relatività e il concetto della morte.

Abbiamo visto che tutti questi concetti, visti nel pensiero del nostro io sono concetti negativi, anzi concetti che ci fanno addirittura dubitare della presenza e dell'esistenza di Dio, dell'opera di Dio e della Volontà di Dio.

Quanti entrano in crisi con la guerra imminente?

In crisi nei riguardi di Dio, della Volontà di Dio.

Ecco, visti nel pensiero del nostro io sono tutti concetti negativi che ci mettono in crisi, circa quello che è il rapporto principale della nostra vita con Dio.

Ma noi abbiamo visto anche che tutte le cose non debbono essere viste nel pensiero del nostro io, dal punto di vista dei nostri sentimenti.

Siamo nel peccato originale nel vedere le cose dal punto di vista dei nostri sentimenti.

Abbiamo visto che il peccato originale si conclude poi con la morte di Cristo in croce.

Invece ogni cosa va vista dal punto di vista del cielo, dal punto di vista di Dio.

E se noi guardiamo le cose dal punto di vista di Dio, come abbiamo visto le domeniche scorse, l'assenza diventa una categoria della presenza, diventa una predicazione della presenza di Dio.

E non lo possiamo mica smentire, perché noi stessi portiamo in noi questa testimonianza.

Noi non possiamo esperimentare, verificare l'assenza di una persona, se quella persona non l'abbiamo presente in noi.

Noi non potremmo verificare ed esperimentare l'assenza di Dio nel nostro mondo se Dio non fosse presente dentro di noi.

Presente nella nostra mente, poiché Dio abita nella nostra mente.

E così noi non potremmo esperimentare il tempo che passa, se non avessimo presente l'eternità.

Abbiamo detto che ogni conoscenza è sempre un rapporto e quando noi conosciamo il tempo, questo tempo è effetto di un rapporto, di un rapporto con ciò che è eterno.

E noi non potremmo fare il rapporto con ciò che è eterno se non avessimo presente l'eterno in noi.

E così noi non potremmo esperimentare il finito delle cose, di tutta la creazione se non avessimo presente l'infinito e tutto questo ci fa capire che noi conosciamo il tempo, le cose finite, la relatività delle cose, l'assenza di Dio, noi tutte queste cose le conosciamo in Dio e da Dio.

Perché abbiamo Dio presente in noi.

Tutto questo mondo, il nostro mondo di tutti i giorni, noi lo vediamo nel Pensiero di Dio.

E non lo possiamo smentire.

Così anche la morte che è poi assenza di vita.

Così come il tempo è assenza di eternità, come il finito è assenza d'infinito.

Come l'assenza è segno di presenza.

Tutte queste manifestazioni, la morte stessa, sono un predicato di Dio che è infinito, eterno, Assoluto, che è vivente in noi.

Qui ci viene presentato un altro concetto: il concetto di molteplicità.

La creazione è molteplice, la molteplicità degli uomini è immensa e così per tutte le creature.

In ogni campo c'è questa molteplicità che è Parola di Dio per noi.

Che senso ha la molteplicità?

Perché Dio che è uno, ci fa esperimentare la molteplicità degli esistenti?

Quasi da creare in noi un senso di smarrimento.

Anche la molteplicità appartiene a quella categoria precedente del mondo finito, del tempo che passa, della morte, dell'assenza di Dio.

La molteplicità è assenza di unità.

E quindi è una predicazione dell'unità.

Se noi non avessimo presente Colui che è uno, noi non vedremmo la molteplicità delle creature.

Se noi vediamo la molteplicità, è perché abbiamo presente l'unità di Dio.

È perché abbiamo presente Colui che è Uno.

E quindi è nel cielo dell'unità che noi vediamo la molteplicità di tutte le cose.

La prima grande lezione che Dio ci dà è questa.

L'infinito è uno e soltanto uno è l'infinito, quindi Assoluto e fintanto che noi non giungiamo alla conoscenza di questo uno, noi siamo immersi in questo mare di molteplicità che è una categoria dell'unità, è una predicazione dell'unità.

Come il tempo è una categoria dell'eterno e il finito è una categoria dell'infinito.

Così anche la molteplicità è una categoria dell'unità.

La categoria è una predicazione.

Quindi la molteplicità è una categoria dell'unità che si manifesta e si afferma là dove non c'è presente l'uno.

Che si afferma, che si predica in noi quando non abbiamo presente Dio.

Quando noi ci fermiamo a ciò che non è Dio.

La molteplicità è la manifestazione dell'infinito di Dio in noi che non pensiamo Dio, in noi che ci fermiamo ai segni, alle parole, alle opere di Dio.

Tutto questo ci fa capire che la chiave di lettura di tutto il nostro mondo, di tutta la nostra vita, di tutti i fatti, di tutte le opere, di tutte le stesse Parole di Dio, la chiave di lettura noi l'abbiamo soltanto guardando le cose da Dio.

Soltanto guardando dal punto di vista di Dio noi abbiamo la chiave di lettura per capire cos'è il tempo, cos'è il finito, cos'è l'assenza di Dio che esperimentiamo.

La chiave di lettura per capire il significato di tutto quello che noi esperimentiamo, di tutto quello che noi sentiamo nella nostra vita e che determina poi (sostanzialmente) la nostra vita, di tutti quei misteri che ci cadono addosso e di cui noi non abbiamo la chiave di lettura.

Per cui ci sentiamo schiacciati e avviliti, perché ci troviamo di fronte a fatti e avvenimenti di cui non riusciamo a capire assolutamente niente e che ci conducono alla morte senza capire niente.

Tutto questo ci fa capire che la chiave di lettura il Signore ce l'ha data e la chiave di lettura è Lui stesso, la chiave di lettura per leggere bene tutte le sue opere.

E poiché è chiave di lettura, chiede a noi che ogni cosa noi la guardiamo dal suo punto di vista.

La guardiamo dal suo cielo.

Dal suo pensiero.

Per questo Lui ci ha dato il suo pensiero in noi.

Per questo noi siamo portatori del Pensiero di Dio in noi.

Dio è Colui che nessuno di noi può ignorare.

Dio non abita nei nostri sentimenti, non abita nel nostro cuore.

Dio non abita in tutto quello che arriva a noi senza di noi.

Tutte queste sono opere di Dio.

Ma Dio abita nella nostra mente, nel nostro intelletto là, dove c'è il Pensiero di Dio.

Tutto quello che arriva al nostro cuore, tutto quello che arriva ai nostri sentimenti e si fa sentire da noi, quello che si fa esperimentare da noi, tutto questo s'impone a noi, arriva a noi senza di noi.

Ma tutto quello che arriva a noi senza di noi è opera di Dio ma non è Dio, perché non è Dio

Per questo dico che Dio non abita nel nostro cuore.

Non è lì perché Dio si trova solo conoscendolo.

Dio è la Verità e la Verità la si trova solo conoscendola.

Non si trova imponendola e tutto ciò che per noi è imposizione, non è Verità.

La Verità non si trova nelle cose che s'impongono su di noi.

Questi sono segni della Verità, anche la guerra è un segno della Verità.

Tutto è opera della Verità, tutto è opera di Dio.

Sono segni ma non sono Dio.

Dio essendo Verità, si trova solo là dove non s'impone, ma dove si conosce.

E quindi là dove si propone.

E allora ci chiediamo: c'è un luogo in noi dove le cose non s'impongono ma si propongono?

C'è un luogo e questo luogo Dio l'ha fatto proprio per dare a noi la possibilità di conoscere Lui, la possibilità di guardare le cose dal suo punto di vista.

La possibilità quindi di partecipare alla sua Verità, quindi di capire il significato di tutte le sue opere che Lui impone a noi, per condurre noi alla salvezza.

Questo luogo in cui le cose non s'impongono ma si propongono è il nostro pensiero, Dio abita lì, ma abita lì come proposta.

Infatti noi possiamo non pensare Dio.

Noi ci accorgiamo che Dio in noi è una proposta ma è lì la meraviglia.

Dio creando l'uomo ha fatto una cosa meravigliosa, ha creato un luogo nell'uomo in cui le cose non s'impongono, mentre tutto s'impone perché tutto è creazione sua.

Dio ha creato nell'uomo un luogo in cui le cose non s'impongono, si propongono.

Ed è lì il grande rischio dell'uomo, perché l'uomo portando in sé un luogo in cui le cose non s'impongono ma si propongono soltanto, l'uomo corre il rischio di non fare attenzione.

L'uomo corre il rischio di trascurare, perché la cosa gli è proposta.

Se una cosa gli è imposta l'uomo non può fare a meno di occuparsi di quella cosa ma se la cosa gli è proposta, l'uomo corre il rischio di trascurare quel luogo in cui le cose gli sono soltanto offerte, proposte.

Tanto più ha l'urgenza dei problemi di questo mondo (mangiare, vestire, lavorare, guadagnare), tanto più l'uomo corre questo rischio di trascurare questo campo del pensiero.

Ed è proprio attraverso questo campo del pensiero che l'uomo ha la possibilità di guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Noi col pensiero possiamo trasferirci a guardare le cose dal punto di vista di un'altro, dal punto di vista di Dio.

E abbiamo visto che soltanto guardando dal punto di vista di Dio noi abbiamo la chiave di lettura per capire il significato delle cose, dei fatti che s'impongono, che noi non possiamo non subire, perché Dio è Colui che regna e se regna s'impone ma noi non possiamo intendere.

Perché per intendere noi dobbiamo accogliere quella cosa che si propone e quella cosa che si propone è Dio.

Dio che dice a ognuno di noi: "Sali per vedere le cose dalla mia vetta, per vederle bene".

Qui si tratta di vedere che cosa sono dal punto di vista di Dio, queste altre pecore e cosa sono questi altri ovili.

Se Dio ci parla di queste cose, queste sono tratti di sentiero per i nostri passi.

Tratti di sentiero che, come tutte le Parole di Dio, ci conducono alla vita eterna.

E noi siamo fatti per la vita eterna e Dio vuole che giungiamo alla vita eterna, perché Dio ci ha creati per questo.

E noi lo ringrazieremo infinitamente se pur, attraverso dolori, sacrifici, penitenza e tribolazioni, Lui ci avrà condotti alla vita eterna che sta nel conoscere Dio come vero Dio.

Il problema che si presenta qui è chiederci che cosa sono queste pecore.

Queste "altre" pecore, rispetto a quelle di cui ha parlato prima ma che pur sono sue.

E poi come è possibile che siano sue pur essendo in altri ovili?

Nel regno dello spirito c'è appartenenza in quanto c'è attrazione.

Gesù dirà nella sua ultima preghiera, rivolto al Padre suo: "Erano tuoi e Tu li hai dati a Me".

"Erano tuoi", qui siamo nel campo delle pecore.

Lo dice al Padre: "Erano tuoi e tu li hai dati a Me".

Intanto dicendo "Erano tuoi" ci fa capire che ci possono essere uomini che non sono del Padre e infatti Lui dirà che: "Ci sono alberi non piantati dal Padre mio".

Allora non tutti sono del Padre, soltanto coloro che sono del Padre vengono dati al Figlio.

E il Figlio dirà: "Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre"

Ci fa capire che "del Padre", sono coloro che sono attratti dal Padre.

Cosa vuol dire essere attratti dal Padre?

Forse che il Padre non attrae tutti?

Quest’attrazione non è quell'attrazione passiva che noi possiamo immaginare.

È quell'attrazione attiva che ci fa eleggere una cosa al di sopra di tutto, per cui uno è attratto da quella cosa.

È attratto da quella cosa perché quella cosa corrisponde a un suo interesse.

E allora perché Dio non corrisponde all'interesse di tutti?

È perché Dio non è il fine di tutti e ritorniamo al campo di prima: perché Dio non s'impone.

O perlomeno, arriverà un giorno in cui s'imporrà, ma quel giorno lì, sarà un giorno di notte per tutti coloro che non l'avranno conosciuto prima.

Perché quando Dio s'impone la porta si chiude e Dio non può più essere conosciuto.

Tutto ciò che s'impone non può essere conosciuto, la conoscenza presuppone un rapporto.

E quel rapporto presuppone quindi un’elezione e l'elezione è una proposta, un punto fisso di riferimento.

Quindi fintanto che Dio si offre dà la possibilità a noi di entrare nella conoscenza, il giorno in cui Lui s'imporra non più.

Ora, proprio in quanto Lui si offre, ci fa correre il rischio di non diventare il nostro fine.

E se Dio non diventa il nostro fine, il nostro pensiero principale, la nostra preoccupazione principale, il punto di vista da cui guardare tutte le cose, se non diventa questo per noi, non diventa l'oggetto del nostro interesse, quindi non diventa la nostra attrazione.

Il che noi vuol dire che noi cadiamo nell'attrazione di altre cose e quando siamo attratti da altro da Dio non apparteniamo più a Dio.

Se non siamo attratti da Dio, non apparteniamo a Dio.

E se la conoscenza di Dio non ci attrae, noi non possiamo andare a Cristo.

Perché vanno a Cristo solo coloro che sono attratti dal Padre, cioè coloro che sono attratti dalla conoscenza di Dio.

Per questo Gesù dice: "Erano tuoi", erano cioè attratti dal Padre e "Tu li hai dati a Me", ecco che qui abbiamo il passaggio.

Pecore del Cristo sono tutti coloro che hanno quest’attrazione per Dio.

Cioè che hanno Dio come fine, che hanno Dio come interesse.

Là dove si è attratti da un fine, lì c'è un'appartenenza.

Ognuno di noi appartiene a ciò per cui vive.

E tutti i nostri interessi sono condizionati da ciò per cui noi viviamo.

Noi finiamo di appartenere al fine per cui noi viviamo.

Soltanto se il fine nostro è la conoscenza di Dio, noi apparteniamo a Dio.

In caso diverso non apparteniamo a Dio, quindi non siamo pecore di Dio.

Le pecore di Dio sono parabole, tutto è parabola per noi.

Siccome il parlare di Dio è un parlare personale per ognuno di noi, anche questo concetto di pecore, deve essere visto nel rapporto personale della nostra vita con Dio, nel nostro pensare a Dio.

E se noi "ufficialmente" possiamo intendere per pecore di Dio gli uomini che sono attratti da Dio, che appartengono a Dio, nel campo della vita personale, pecore di Dio sono quei pensieri in noi che sono finalizzati a Dio.

Che sono orientati a Dio, che sono attratti da Dio, sono quei pensieri in noi che nascono da Dio, queste sono le pecore di Dio.

I pensieri che "sentono" il bisogno di arrivare a Dio, di conoscere Dio.

Perché noi dentro di noi portiamo dei pensieri che vanno verso il mondo e portiamo dei pensieri che vanno verso Dio.

Pecore in noi che appartengono a Dio, che sono di Cristo, sono quei pensieri che ci fanno sentire l'attrazione per conoscere Dio, interesse per conoscere Dio.

Qui Gesù aggiunge: "Che non sono di quest'ovile".

Dobbiamo chiederci cosa significa, sempre in questo campo di parabola.

Teniamo sempre presente che Dio parla personalmente per ognuno di noi e tutto quindi si risolve in un campo di pensieri, perché la nostra vita principale è determinata tutta dal pensiero.

Anche quando noi viviamo solo di sentimento, state pure certi che al centro della valorizzazione dei nostri sentimenti c'è un pensiero ed è un pensiero sbagliato.

Adamo ed Eva, in quanto hanno peccato, hanno peccato con il pensiero nei riguardi di Dio.

Sono caduti schiavi del sentimento, per cui a un certo momento hanno preferito quello che era bello e buono alla Verità ma questa scelta è stata una conseguenza di un errore di pensiero, di una deviazione di pensiero.

Tutto avviene nel campo del pensiero e nessuno si può giustificare dicendo: "Ma io seguo il cuore e i sentimenti", c'è sempre la fregatura del pensiero, è nel pensiero che si pecca.

E si pecca in quanto non si tiene conto di Dio, in quanto non si rapporta con Dio.

E non si rapporta con Dio perché il rapporto non è obbligato, il rapporto è offerto.

Il campo del pensiero è quel luogo in cui Dio ci fa giungere le sue offerte ma non ce le impone.

Perché il giorno in cui ce le imponesse (e arriverà il giorno in cui ce le imporrà) noi saremo chiusi fuori dal campo della conoscenza di Dio.

Le pecore nel campo della nostra vita personale rappresentano i pensieri, dobbiamo chiederci queste pecore che cosa significano.

L'ovile delle pecore è il luogo in cui le pecore si riposano.

In cui le pecore stanno al sicuro.

Se le pecore sono pensieri, cosa rappresenta quest’ovile?

L'ovile è il luogo in cui i nostri pensieri si riposano.

Stanno al sicuro.

Quindi ci possono essere dei "suoi" pensieri, pensieri di Dio, pensieri che sentono attrazione per conoscere Dio che però si riposano in altri ovili.

Intanto dicendo che non sono di quest’ovile ci fa pensare cosa può essere quest’ovile.

Evidentemente "questo" significa sempre ciò che è vicino a chi parla e chi ascolta.

Lui stava parlando e quest’ovile era proprio la sua autorità era Lui che stava parlando a coloro che lo stavano ascoltando.

Quest’ovile era Lui.

E quando Lui ci dice che Lui ha delle altre pecore che non sono di quest'ovile, vuol dire che non ascoltano, che non possono ascoltare la sua voce.

E intanto ci fa capire questa meraviglia: Lui dice: "Io offro la mia vita alle mie pecore", in quest’ovile, cioè a queste pecore che mi stanno ascoltando.

A questi pensieri che stanno ascoltando Me

A quest'attualità d'ascolto.

Ci fa capire che Lui offre la sua vita parlando.

È attraverso la parola che ci offre la sua vita, è la sua voce che ci offre la sua vita.

Qui dice: "Ho delle altre pecore che non sono di quest'ovile", cosa vuol dire?

Che si riposano non alla sua voce.

Ci possono essere in noi dei pensieri attratti da Dio che però si riposano in istituzioni, in autorità diverse da Dio, si riposano magari in una famiglia o in un sentito dire, in una tradizione e questi sono tutti ovili.

Sono pensieri che non arrivano a Dio, che non attingono da Dio.

Che non giungono ad ascoltare la voce di Dio.

Ma sono pecore di Dio questi pensieri, sono pecore che sono attratte da Dio, che sentono il bisogno di giungere a Dio, eppure si riposano in altri ovili, si riposano all'ombra di altro, di altro da Dio.

È possibile che ci siano delle pecore che appartengono a un pastore e che vengano a trovarsi in ovili di altri pastori?

Se ce lo dice Gesù questo avviene.

E cosa succede qui?

I sogni non muoiono all'alba è l'argomento di oggi.

Succede che l'uomo portando in sé pensieri attratti da Dio viene a trovarsi una realtà diversa da questi pensieri.

E lì si forma quello che è il grande mistero e il grande problema umano che è la frattura tra il pensiero, il desiderio, il sogno dell'uomo e la realtà in cui viene a trovarsi.

Il sogno e la realtà.

Il problema e la grande tristezza di ogni uomo.

C'è questo sogno perché i nostri pensieri sono attratti dall'Assoluto, dall'infinito, dall'eterno e noi stiamo sognando l'Assoluto, l'infinito e l'eterno e tutti coloro che stanno aprendosi a un amore, stanno sognando quest’amore Assoluto, infinito ed eterno.

E tutta questa proiezione è tutto un sogno e poi dopo si dice: "La vita è ben altra, la realtà è ben altra".

E noi generalmente siamo condotti a dire che i sogni finiscono all'alba, muoiono all'alba.

Noi diciamo così perché la realtà ci assorbe il sogno e gli uomini muoiono generalmente in una grande tristezza.

In una grande paura.

Perché?

Perché: "Noi speravamo, noi sognavamo".

È il sogno dei discepoli di Emmaus: "Noi speravamo" poi la realtà è stata un altra, Dio è morto e il regno non si è realizzato e allora si ripiomba nella realtà, nella monotonia della realtà, nella noiosa realtà, in quella palude che ci conduce alla morte perché il sogno non si è realizzato.

Eppure Elisabetta dice a Maria: "Beata te che hai creduto, perché in te si realizzeranno le Parole di Dio", in te si realizzerà il sogno.

Le Parole di Dio, i pensieri di Dio che portiamo dentro di noi ci fanno sognare, noi sogniamo in quanto portiamo questo infinito in noi.

Che poi dopo noi, perché non crediamo a queste pecore di Dio che portiamo in noi, non crediamo a questi sogni che Dio ci fa sognare dentro di noi, per cui non si realizzano....

La realizzazione certo è una promessa da parte di Dio, Dio non ci fa sognare invano, ci prenderebbe in giro, ma la realizzazione dei sogni richiede sempre da parte nostra quello che ha richiesto in Maria: "Beata te che hai creduto".

Le promesse di Dio sono un patto di alleanza, quando si parla di patto è sempre un accordo a due.

Dio ti fa la promessa e su quella promessa ti fa sognare.

Ti promette mari e monti di vita eterna.

Abbiamo i salmi e la Bibbia in cui la Parola di Dio è tutto un sognare.

Ma è un patto e questo patto rappresenta un accordo e quest’accordo lo troviamo realizzato in Maria: "Beata te che hai creduto", allora vuol dire che i nostri sogni muoiono perché noi non crediamo.

In Maria che ha creduto, i suoi sogni non sono finiti all'alba.

Allora noi, nella realtà che esperimentiamo diciamo che è stato tutto un sogno che è finito all'alba, quando mi sono aperto alla realtà, la realtà era tutt'altro.

E allora quello che noi siamo saluta da lontano quello che noi sognavamo di essere.

Questa è la grande tristezza dell'uomo.

L'uomo nella sua realtà saluta da lontano quello che lui aveva sognato di essere, quello che lui sperava di essere, quello che le promesse di Dio gli facevano sognare.

È questo Dio in noi, è questa eternità in noi, è quest'infinito in noi, che portiamo in noi che ci fa sognare.

Però se tutto questo a contatto con la realtà che noi viviamo, ci fa sentire questa malinconia, questa tristezza, questo sole che si spegne è testimonianza ed è segno che i sogni non muoiono all'alba, non muoiono all'alba e ci rendono triste la giornata.

Se rendono triste la nostra giornata, vuol dire che non sono morti i sogni, vuol dire che questa voce, questa Parola di Dio, questa promessa di Dio noi ce la portiamo in noi, non la possiamo annullare ed è questa che rattrista ed è questo che ci fa soffrire che la realtà della nostra vita è tutt'altra da quello che in noi ci faceva sognare.

Ritorniamo adesso al campo della molteplicità, se noi avvertiamo la molteplicità, questo è conseguenza del fatto che noi portiamo in noi l'unità.

La molteplicità abbiamo detto che è una categoria dell'unità.

Ma allora questa molteplicità, come questo doverci trovare noi (noi pensieri) pecore di Dio, pensieri di Dio che portiamo in noi, il doverci trovare in ovili che non sono di Dio, tutto questo forma in noi una grande istanza, un gran bisogno, una grande povertà, un grande desiderio.

Ed è il desiderio dell'unità.

Noi vivendo nella molteplicità, nella dispersione, noi vivendo in questa realtà qui noi soffriamo ma questa sofferenza ha un aspetto molto positivo.

Ci rivela qual è il disegno di Dio per noi che troveremo alla fine di questo versetto.

E il disegno di Dio per noi è quello di portarci tutti nell'unità, quel sogno, essere tutti una cosa sola, una cosa sola come il Figlio è con il Padre e il Padre con il Figlio.

Ed è questo il sogno che ogni uomo porta dentro di sé e che tutte le acque del mondo non possono spegnere o annullare per quanto grandi siano e che tutta la realtà del mondo non riesce a distruggere, perché ti crea la sofferenza.

L'uomo per quanto dica: "Quello era un sogno ma la realtà è un altra", l'uomo non potrà mai rassegnarsi alla realtà, alla realtà del molteplice, alla realtà della morte, alla realtà del tempo che passa, alla realtà delle cose finite, non potrà mai rassegnarsi alla realtà dell'assenza di Dio.

E allora se l'uomo non può rassegnarsi a questo, vuol dire che la nostra speranza deve essere grande, perché Dio anche conducendoci alla realtà della morte dice a noi: "Questa non è la realtà, questo è solo un segno per dire a te che è non è la morte che trionfa ma la vita".


A.: Mi ha fatto molto piacere scoprire la positività del concetto di molteplicità.

Per la Verità ho sofferto molte volte una situazione di disagio per la molteplicità dei pensieri, di desideri e di passioni in cui ho avuto una grande difficoltà a elevarmi verso quell'unità che è Dio.

Qui invece ho capito come il relativo predica l'Assoluto, come il finito predica l'infinito, come il mutevole predica l'immutabilità di Dio, così la molteplicità predica quell'unità che ci è proposta e che procura in noi una sofferenza positiva.

Mentre la molteplicità se disgiunta da quel concetto di unità di cui è rovescio negativo, procura in noi un grandissimo disagio, addirittura provoca la disintegrazione della personalità.

C'è un salmo che dice: "Sono disperso come l'acqua".

Luigi: Infatti ho accennato all'acqua ma poi non ho concluso, infatti l'abbondanza, la molteplicità delle acque non riesce a spegnere questa passione dell'unità che portiamo in noi.

A.: Questa molteplicità poi produce la frattura tra questa passione predominante, tra i pensieri di Dio che portiamo in noi che sono un richiamo irresistibile e la realtà che è invece di dispersione.

Luigi: Certo.

La molteplicità è la predicazione di Dio nel relativo nostro, in quanto io non sono salito a guardare da Dio ma mi sono fermato a un segno di Dio.

Ed è in questo segno che Dio predica la sua unità e manifesta la molteplicità, molteplicità come assenza di unità.

A.: Staccato dall'unità il nostro io diventa un moltiplicatore di idoli.

Luigi: Si capisce.

A.: Ecco perché noi diventiamo anche dei fabbricatori di assoluti. Ma di falsi assoluti....

Luigi: Che diventano i nostri ovili.

A.: Poi quando Dio s'impone, noi ci troviamo di fronte a una fabbrica di idoli che ci siamo costruiti, difficilissimi da superare.

Luigi: Certamente.

B.: L'uomo trascura ciò che gli è proposto in nome di ciò che gli è imposto.

Ciò che gli è imposto è la realtà in cui si trova.

Luigi: La realtà, il sentimento, quello che tu provi, quello che tu senti, vedi e tocchi, ciò di cui fai esperienza sono segni di Dio. Ma sono segni che vanno sempre mantenuti uniti a Dio.

Non disgiungere mai i segni di Dio da Dio.

Quello è il peccato originale.

Il peccato che è all'origine di tutte le nostre disgrazie e di tutti i nostri mali.

B.: Infatti la chiave di lettura è data proprio dal tenere in considerazione la proposta.

Certamente noi quando facciamo esperienza dell'assenza di qualche cosa è perché quel qualche cosa l'abbiamo presente in noi.

Luigi: Noi certamente facciamo esperienza dell'assenza di Dio: vuol dire che Dio l'abbiamo presente in noi.

Non dobbiamo rassegnarci a quello che esperimentiamo, non dobbiamo lasciarci dominare da questo, perché questo è un richiamo a quell'altro.

B.: Non dobbiamo fermarci a quella sofferenza che proviamo all'alba quando il sogno appare spezzato, quando resta l'eco del sogno....

Luigi: Ecco, quella sofferenza è segno ed è positiva, per questo dico che i sogni non muoiono all'alba perché ci lasciano questa grande amarezza dentro.

B.: Però non dobbiamo lasciarci sopraffare da quest’amarezza.

Luigi: Certo devi capirne il significato.

Siamo sempre lì, è sempre il significato quello che ti salva.

E per arrivare al significato devi guardare dal punto di vista di Dio, altrimenti il significato scompare.

Il significato c'è solo in quanto tu rapporti una cosa al Principio, altrimenti tu lo perdi il significato.

Senti il bisogno ma resti dispersa.

E quando non trovi il significato, la realtà del mondo ti domina, ti schiaccia.

Non puoi farne a meno perché è soltanto con il "perché", con il significato, che tu ti liberi dalla realtà dei segni, cioè li superi.

La luce ti porta nella libertà, invece dove non c'è significato, necessariamente tu resti schiava di quello che ti domina.

C.: L'importante è proprio ricondurre tutti questi pensieri nell'ovile giusto.

Luigi: Ci sono in noi questi pensieri che sono attratti da Dio, sentiamo in noi questo bisogno di Dio e queste sono le pecore di Dio.

Pecora di Dio è quella che è attratta da Dio.

In noi ci sono dei pensieri che sentono quest’attrazione e che ci fanno sentire questo bisogno di Dio.

Però soffrono perché sono in altri ovili e sono in altri ovili (lo vedremo dopo) perché non sentono la voce ed è la voce che ti fa appartenere a un ovile.

Per cui il nostro vero ovile è la conoscenza di Dio.

E quando io mi riposo in luoghi diversi dalla conoscenza di Dio, per cui chiamo Volontà di Dio il trovarmi qui o l'andare là; tutto ciò che non è conoscenza di Dio è ovile diverso dall'ovile di Dio.

L'ovile del Cristo è proprio questo: "La vita eterna sta nel conoscere Dio" e Lui vuole che tutti siano raccolti in questa conoscenza di Dio.

Per cui se io mi riposo in una regola, in un istituto, in un’autorità, in qualche cosa di diverso dalla conoscenza di Dio, io appartengo ad altri ovili.

E lì mi creo il tormento fra questi pensieri che mi fanno sognare Dio e la realtà in cui mi trovo.

Tutta la conflittualità dei conventi, se vai a vedere è tutta quella, perché nell'anima c'è il bisogno di Dio e poi c'è la regola...

D.: Nell'unità di Dio scompare anche la molteplicità.

Luigi: Certo è logico. La molteplicità è un’istanza di unità.

Per questo dico che la molteplicità è una predicazione dell'unità.

Dove c'è la predicazione di una Verità, lì c'è l'istanza, c'è il bisogno.

Siamo noi che non riconducendo le cose alla Verità, ci condanniamo a questa tristezza di questa dispersione nella molteplicità, perché poi la molteplicità diventa uno strazio, una dispersione.

La nostra vita è ricondurre tutto a una unità.

Vivere vuol dire tendere a un fine.

E il fine è uno e quando non ho un fine unico resto straziato perché voglio una cosa e anche l'altra e allora sono disperso.

E quella è morte, perché la dispersione è morte.

La morte non è annullamento, la morte è dispersione.

Mentre la vita è unità

Dio è il vivente perché è "uno", noi patiamo la morte perché siamo "tanti", non siamo "uno".

Soltanto con Dio noi possiamo realizzare quest'unità e allora, man mano che realizziamo quest'unità, noi cresciamo in vita.

Siamo noi che ci scaviamo la nostra morte.

E.: Tutto nella creazione e nell'uomo tende all'unità.

Luigi: Ma tutta la creazione si sintetizza nell'uomo.

E l'uomo si sintetizza nel pensiero e questo pensiero è questa fame di unificazione di tutto in Dio.

E.: Lei ha detto che ci sono alcuni che riposano in altri ovili...

Luigi: Non l'ho detto io, lo dice Gesù.

E.: Ma non si può riposare in altri ovili....

Luigi: Ovile è il luogo in cui uno si riposa.

E la grande fregatura è che noi ci riposiamo in altri ovili.

L'ovile è il luogo in cui le pecore si riposano, stanno al sicuro, sono protette.

E se io mi riposo in qualche cosa di altro dalla conoscenza di Dio, io sto al sicuro o almeno credo.

E.: Ma non posso riposare in altro da Dio...

Luigi: Ma ci sono degli ovili economici, degli ovili morali, degli ovili istituzionali, degli ovili famigliari e questi sono tutti ovili in cui ci riposiamo.

E.: Ma non è il vero riposo.

P.: Sarà provvisorio.

E.: È un riposo fasullo.

Luigi: È un errore, un’illusione.

Ma pensa un po' quanti ovili economici ci sono alla cui ombra noi ci riposiamo.

Gli ovili morali? Ci riposiamo all'ombra di una regola, di un’istituzione e stiamo lì tranquilli.

A.: Le pecore che riposano in questi ovili, se tu le guardi sul volto hanno tutto meno che i segni del riposo.

Luigi: Ma è logico perché il vero riposo è soltanto Dio.

E.: Moltiplicando gli amori si distrugge l'amore e questo è verissimo.

Luigi: Più tendiamo all'unità e più si potenzia in noi quest'amore all'infinito, tanto da diventare capaci di amare Dio come Dio ama noi, con lo stesso infinito.

F.: Le "sue" pecore pur non avendo ancora realizzato il sogno non sono straziate.

Luigi: Certo perché fintanto che sono con Lui, sono con la Luce, sono con Colui che ti sta parlando: "Fintanto che Io sono nel mondo sono luce del mondo".

F.: Quindi c'è la fiducia nella sua parola che porta a compimento e non subisci la disperazione.

Luigi: La disperazione la subisci in quanto tu senti l'attrazione per Dio e sei costretto in una realtà diversa da Dio.

Cioè, desideri conoscere Dio, però ti trovi in una realtà in cui devi servire altro da Dio, devi vivere per altro da Dio, perché ti dicono che quella è la Volontà di Dio, quello è il tuo dovere, quella è la tua regola: "Dio ci ha messi in questo mondo...sì, sarebbe bello ma la realtà è questa", quante volte si sente dire questo?

La realtà è il cielo, il nostro vero ovile è il cielo e se il nostro vero ovile non è il cielo è segno che in noi c'è stato un dubbio, in noi c'è stata una mancanza di fede nella Parola di Dio.

Per cui questa Parola di Dio non si è realizzata in noi e non si è realizzata in noi non per difetto della Realtà, non si è realizzata in noi per difetto di fede da parte nostra, verso questa Realtà.

In Maria il sogno si è realizzato, si è incarnato ma perché ha creduto.

Noi invece di fronte alla promessa di Dio diciamo: "Quello è impossibile".

Ecco dove noi ci auto freghiamo: "Quello è impossibile", Maria non ha detto: "È impossibile".

È c'è sempre quest’angelo che mentre ci fa arrivare la Parola di Dio che ci fa sognare, ci dice: "Presso Dio nulla è impossibile".

Ti puoi buttare, perché nulla è impossibile.

Te lo assicura, quindi si tratta di aderire.

Tutte le promesse di Dio sono un patto di alleanza, in quanto patto di alleanza sono un accordo a due.

Quindi Dio da parte sua ti fa la promessa.

E tu devi credere a questa promessa, devi partire su questa promessa.

Se tu incominci a dire: "La realtà in cui mi trovo è diversa, ma questo...ma quell'altro" è finito, sei tu stesso che ti condanni alla non realizzazione del sogno.

Però quel sogno lì non si spegne mica in te, ti farà tribolare per tutta la vita, perché rimane.

Tu non puoi cancellare il sogno dalla tua vita.

Anzi, quello che ci mantiene in vita è il sogno.

Non bisogna mai spegnere il sogno.

Per quanta realtà triste noi troviamo, noi dobbiamo sempre predicarlo questo sogno.

La Parola di Dio è un sogno.

Ma non è un sogno buttato in aria, Lui è la realtà a un certo momento, nella nostra vita, Lui diventa la realtà e tutto quello che noi abbiamo preferito al sogno, a Dio, questo ci tradisce.

Al tempo del diluvio, tutti quelli che credevano che la realtà fosse darsi da fare, lavorare, guadagnare, sposarsi sono stati fregati, perché a un certo momento, quella è diventata l'irrealtà e la realtà è diventata il diluvio e allora Noè che era un sognatore ha trovato la realtà del sogno.

Ma tutto è parabola per noi, perché tutto si realizza.

C'è questo diluvio nella vita di ognuno di noi.

C'è certamente.

E questo diluvio lo supera soltanto colui che preferisce il sogno alla realtà del mondo.

"Non preoccuparti del mangiare e del vestire, cerca prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto ti sarà dato in sovrappiù", non ti fa sognare questo?

Eppure alla conclusione chi ha ragione?

Chi ha i suoi doveri, i suoi obblighi nel mondo o quello che è partito in quarta con il suo sogno di Dio?

G.: Mi è venuto in mente quel detto: aiutati che il ciel ti aiuta.

Luigi: E noi ci facciamo fregare da tutte queste cose qui.

H.: Avere tante idee per la testa sembra essere una ricchezza e invece è una povertà.

Luigi: È una povertà come avere molte donne si ritiene che sia una "ricchezza", si dice così: moltiplica gli amori e a un certo momento ti accorgi che il tuo cuore diventa uno straccio.

Il che ti fa capire che la molteplicità è dispersione.

L'unità è arricchimento, Dio che è uno, è infinito, il molteplice è finito.

E più tu moltiplichi, aumenti questo molteplice e più t'impoverisci.

A un certo momento diventi uno straccio.

Sei talmente lacerato che perdi la capacità d'intendere e di volere.

Perdi addirittura la capacità di vivere.

Di vivere!

Perché per vivere bisogna avere un sogno unitario.

La vita è un movimento verso, è un’attrazione.

Soltanto se tu hai quest’attrazione, questo polo che ti attrae, tu sei in vita.

Altrimenti a un certo momento, ti svegli al mattino e non sai a che cosa dedicare la tua giornata, come trascorrere la tua giornata.

E magari vai a passarla al caffè, al cinema, a leggere i giornali, a chiacchierare e la giornata non passa più.

Ma quello è tutto un morire.

Quindi, evidentemente, la vita sta nell'unità.

Sta in questo polo unico.

Che ti richiederà magari un immenso sacrificio e un’immensa dedizione, e tribolazioni ma una gioia grande.

Perché tu sai dove andare.

Hai la meta, anche se la strada è impervia e ti fa tribolare da matti, anzi più ti fa tribolare e più diventa per te motivo di soddisfazione e di gioia.

"Prendete su di voi il mio giogo", questo è prendere su di noi il suo giogo.

H.: Pecore del mondo sono i nostri pensiero che vagano....

Luigi: Dietro le cose del mondo.

Pecore di Dio sono quelle che sono attratte da Dio.

Pecore del mondo sono quelle che sono attratte dal mondo.

Se tu sei attratto dalle cose del mondo, da quello che dice uno e quello che dice l'altro, corri dietro a quello che dicono gli uomini, tu sei pecora del mondo.

Noi ci siamo addirittura introdotti il mondo in casa con televisione, radio e internet.

Il che vuol dire che siamo diventati pecore di questo.

Pecora di Dio è colui che è attratto da Dio.

Chi è attratto da Dio, appartiene a Dio.

Chi è attratto dal mondo va a elemosinare dal mondo: "Che novità c'è oggi nel mondo?", ma se io vado a elemosinare al mondo, vuol dire che appartengo al mondo e che aspetto la vita dal mondo.

E se il mondo non mi dà novità, non so più a che cosa serve la mia vita.

H.: Però nella solitudine e nel silenzio ci troviamo sempre con pensieri che vagano.

Luigi: Ma a tutto quello che arriva a te senza di te (prova, tribolazione, tentazione) non farci caso, non preoccuparti, è tutta sollecitazione di Dio per dirti che sei straziato e quindi affrettati, ma questo è tutto bene, la tentazione è tutto bene.

Ma è quando tu sei attratto da-, vivi per- che sei pecora di-.

Ciò che determina il "pecorismo" è correre dietro.

È quando tu vai a chiedere l'elemosina dall'uno e dall'altro per avere un briciolo di vita, un po' di pensiero, qualche cosa a cui pensare perché altrimenti sei vuoto, vuoto di tutto e allora devi ricorrere all'elemosina di una notizia, di un giornale, di una chiacchiera per avere qualche cosa altrimenti ti senti morire.

E allora sei pecora del mondo in questo caso.

M.: Lei ha detto che Dio abita nel pensiero dell'uomo come proposta.

Luigi: Il pensiero è il luogo delle proposte.

M.: Se s’imponesse non ci sarebbe più possibilità di conoscenza. Ma quando s'impone?

Luigi: Arriva un momento nella nostra vita in cui Lui s'impone.

La Verità s'impone, chiuso, le vergini stolte restano chiuse fuori.

Arriva certamente un momento nella nostra vita in cui la Verità s'impone.

Perché si va a senso unico.

Quando io sono su un’autostrada, vado a senso unico e certamente una meta mi sta arrivando.

Non posso andare avanti e indietro, se potessi andare avanti e indietro farei la fisarmonica per l'eternità ma l'autostrada del tempo è a senso unico.

Se il tempo passa a senso unico, certamente vado verso un fine e in quel fine lì, la Verità s'impone.

Alla conclusione la Verità s'impone, non c'è niente da fare.

Ma quando s'impone io sono chiuso fuori, perché la possibilità della conoscenza io l'ho soltanto quando la cosa mi si propone.

Per cui io ho la possibilità di trasferirmi a guardare da Dio e quindi di superare il pensiero del mio io.

Ma quando la Verità s'impone sul pensiero del mio io, io sono chiuso fuori, non posso più entrare nella conoscenza.

Per conoscere io debbo guardare dal punto di vista dell'altro, cioè dal punto di vista del Principio, di Dio.

Nessuno mi obbliga a dimenticare me stesso, soltanto io posso dimenticare me stesso perché riconosco che è giusto che dimentichi me stesso e che guardi le cose dal punto di vista di Dio.

E se faccio questo per giustizia e nessuno me lo impone, lì entro nella conoscenza, se incomincio a guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Lì è il pensiero.

Col pensiero noi possiamo trasferirci, in questo momento col pensiero io posso essere sulla cima del Monviso.

Ecco la meraviglia che Dio ha posto in noi, questa possibilità di guardare dal suo punto di vista.

Guardando dal suo punto di vista scopriamo questa meraviglia: l'assenza di Dio è una predicazione di Dio, il tempo che passa è una predicazione dell'eterno, il finito è una predicazione dell'infinito, la morte è una predicazione della vita e la molteplicità è una predicazione dell'unità.

Questo lo scopro se guardo dal punto di vista di Dio.

Ma se non guardo dal punto di vista di Dio, l'assenza è assenza, non c'è niente da fare.

Ed io muoio di quest'assenza, hanno un bel da dirmi che è segno della presenza, io la presenza non la costato mica.

E solo guardando dal punto di vista di Dio che costato questo e gioisco.

Per cui anche l'assenza diventa una gioia e un amicizia di Dio: è Dio che mi sta parlando.

N.: La Parola di Dio dice: "Tutto sottomesso al Figlio, il Figlio consegna il regno al Padre", queste pecore che sono pensieri, possono già essere pensieri tutti rivolti al Figlio, però in questo pensiero che è fatto ancora da qualche molteplicità o comunque da qualche frangia...

Luigi: Guarda che la molteplicità è una tensione all'unità, vista dal punto di vista di Dio, la molteplicità è una tensione, quindi è motivo di vita.

È una sollecitazione, Dio parlando ti dà un segno che è molteplice, per invitarti a riportarlo nell'unità, perché riportandolo nell'unità, tu sei fatto partecipe dell'unità.

E Dio ti mantiene in vita così, parlandoti.

N.: Ma c'è questa possibilità e questo bisogno di dover fermare il pensiero in quello che Dio mi fa arrivare, fermare il pensiero si era detto generare il pensiero su quello che Dio fa arrivare.

Come si può legare quest'affermazione con queste pecore che devono essere ricondotte tutte nell'unità?

Luigi: È troppo complicato per me, abbi pazienza.

O.: Non sta a noi decidere quali sono le pecore che appartengono a Dio e quali sono le pecore che non appartengono ancora a Dio, perché noi possiamo rispondere solo alla proposta di Dio.

Luigi: Certo le pecore di Dio, il desiderio e l'attrazione di Dio nascono da Dio, non nascono mica da noi.

O.: Già adesso c'è una Verità che s'impone ed è la Verità che s'impone nel pensiero del nostro io.

Luigi: Tu esisti ed è un’imposizione.

Tutto il mondo e i fatti che avvengono sono tutte imposizioni.

Quelli non puoi capirli, tutto ciò che s'impone tu non lo capisci, lo subisci ma non lo capisci, non lo puoi capire.

Tu puoi capire una cosa solo in quanto ti sposti là, dove la cosa non ti è imposta ma ti è proposta.

E cominci a guardare ciò che ti è imposto da ciò che ti è proposto.

Lì hai l'intelligenza.

O.: La nostra giornata è fatta di cose che si propongono e di cose che s'impongono.

Luigi: Si capisce.

O.: Una volta pensavo che il problema fosse raccogliere tutti i segni di Dio nel Pensiero di Dio e c'è da diventar matti e invece non è così, solo ciò che arriva come Pensiero di Dio è Pensiero di Dio.

Luigi: Il Pensiero di Dio ti è proposto, le Parole di Dio ti sono imposte.

Ma ti sono imposte per darti la possibilità di raccoglierti in quello che ti è proposto.

La vita e la luce ti viene da ciò che ti è proposto, non da ciò che ti è imposto.

Infatti se tu vivi per ciò che ti è imposto, tu finisci con l'esperimentare la morte.

Se tu ti lasci guidare dal sentimento e dal cuore, tu esperimenti la morte.

Se tu vuoi trovare la vita, tu devi impegnarti in ciò che ti viene proposto.

E siccome più noi viviamo per ciò che ci è imposto e più il tempo ci manca, noi siamo sempre lì che corriamo e ci viene a mancare il tempo per Dio e per la proposta di Dio e il Regno di Dio ci viene portato via.

Non hai più tempo per ciò che ti è proposto, quindi non hai più tempo per Dio.

Qui si realizza la frase: "Il Regno di Dio vi verrà tolto".

Invece bisogna avere il coraggio, anche se quello che ti s'impone tende ad assorbisti del tempo, bisogna avere il coraggio di dare la precedenza (è lì la fede di Maria) a ciò che ti viene proposto.

Perché la vita ti viene da ciò che ti è proposto e non da ciò che ti è imposto.

La morte ti viene da ciò che ti è imposto.

La vita ci viene da ciò che ci è proposto.

P.: Il proposito verginale di Maria era nato da Dio.

Luigi: In Maria tutto è di Dio.

P.: Però Dio lo ha realizzato evidentemente non come pensava Maria.

Il sogno che Dio ha suscitato in noi, Dio, poi lo realizza nel suo Pensiero.

Luigi: Il sogno di Dio è più grande di tutto quello che noi possiamo immaginare, perché i nostri sogni sono sempre relativi al nostro mondo finito.

Invece più ci avviciniamo a Dio e più ci rendiamo conto che la realtà che Dio ci realizza è più grande di tutto quello che noi potremmo sognare.

Q.: C'è appartenenza in quanto c'è attrazione, però quest'attrazione sarebbe il desiderio d'Assoluto che Dio dà a tutti.

Luigi: Ma io posso rivolgere il mio desiderio di Assoluto a un’automobile, perché la vedo bella, posso rivolgere il mio desiderio d'Assoluto a una casa o a una villa, a una persona.

Siccome Dio non s'impone, noi il nostro desiderio d'Assoluto lo possiamo rivolgere a tutt'altro che Dio.

Ed è lì tutto il nostro errore.

Noi possiamo rivolgere il nostro bisogno d'Assoluto a cose ben diverse da Dio.

E allora ci arrabattiamo per cercare di rendere assoluta quella cosa che non può essere assoluta.

Io scherzando dico che passiamo tutta la vita a cercare le mele su un cipresso: è tentare di rendere Assoluto, quello che Assoluto non è.

Il problema non è quello di faticare, di sudare per rendere Assoluto quello che Assoluto non è.

Il problema è capire che cosa il non assoluto mi segnala come Assoluto.

Tutto ciò che non è assoluto, mi segnala che cosa è l'Assoluto.

Quindi tutte le creature che non sono assolute mi segnalano che cosa è l'Assoluto e dov'è l'Assoluto.

Non mi dicono di trasformarle in assoluto, quello sarebbe un peccato.

Perché non è seguire la linea dello spirito che Dio pone in tutte le cose.

Tutte le creature sono Parole di Dio e tutte ci dicono: "Noi non siamo l'assoluto, tu cerca di evitare di passare tutta la vita per renderci assolute, perché noi non siamo assolute ma ti segnaliamo che cosa è l'Assoluto".

Si tratta di capire questo.

Noi passiamo tutta la vita senza capirlo.

La grande fregatura è tutta lì.

P.: La Madonna ha creduto e ha realizzato la Parola di Dio.

Luigi: Dio l'ha realizzata.

P.: Ma la Parola di Dio non ti fa sognare, t'impegna moltissimo e ti tiene molto sveglio, altro che sognare.

Luigi: Se tu stai sveglia è perché desideri vedere il giorno e sei attratta da un sogno.

Q.: La molteplicità di pensieri effettivamente è una sofferenza, però nel momento che tu cominci a credere e a vedere la Verità, tu senti la liberazione.

R.: La testimonianza che i sogni degli uomini non muoiono all'alba...

Luigi: Non muoiono all'alba perché ti logorano la giornata.

Quel tale diceva: "Il potere logora chi non ce l'ha", i sogni non muoiono perché ti logorano la giornata, perché ti rattristano la giornata.

Non ti fanno godere la giornata appunto perché tu porti un sogno.

R.: È proprio la presenza di Dio in noi che ci fa sognare, è la sua parola, è la sua promessa.

L'uomo è fatto per capire, quindi è fatto per il sogno.

L'uomo è fatto per unificare, l'uomo è fatto per l'unità.

La molteplicità ci lacera, ci divide, ci distrugge e questo è un segno del nostro destino.

Il vero sogno è quello che ci dice Gesù nel capitolo 17: "Che siano uno come Io e Te siamo uno", l'unità vera è lì.

È bello vedere questa molteplicità della Verità.

Dio non ci presenta la molteplicità per lacerarci ma per raccoglierci in Lui.

Ogni aspetto della vita è un segno suo, quindi ci raccoglie in Lui.

L'importante è stare attenti a ciò che ci viene proposto, non imposto.

La molteplicità ci è imposta, però attraverso la molteplicità, Dio ci propone  l'unità.

Luigi: C'è un campo di lavoro enorme perché tutta la molteplicità ti sollecita all'unità, quindi c'è tanto da "fare".

Per cui il verbo della vita diventa raccogliere, per cui il Figlio di Dio raccoglie nell'unità del Padre ma invita anche noi a raccogliere con Lui in quest'unità del Padre, perché man mano che raccogliamo, noi partecipiamo della vita.

Per cui il verbo della vita è raccogliere, cioè passare dalla molteplicità all'unità.

E più passi dalla molteplicità all'unità e più tu sei fatto partecipe della vita, mentre se t'immergi nella molteplicità, tu t'immergi nella morte.

R.: Tutto è fatto in un unico pensiero ma noi veniamo dal niente e allora Dio ci spezza il pane e noi cercando il Pensiero di Dio nei singoli frammenti, veniamo raccolti noi in quest'unità.

Più raccogliamo e più siamo raccolti.

S.: "Beata te che hai creduto, perché in te si realizzerà il sogno di Dio".

Luigi: Dio fa capire a noi, attraverso Maria, qual è la condizione perché si realizzino i sogni.

S.: E Gesù quando dice: "I miei pensieri non sono i vostri" vuol dire che i suoi sogni non sono i nostri?

Luigi: No, Dio non sogna, i sogni sono solo nostri, non sono di Dio.

T.: L'uomo sogna l'infinito, l'Assoluto e l'eterno.

Luigi: Quindi bisogna stare molto attenti a non annullare il sogno in noi e non annullarlo negli altri.

Quello è scandalizzare.

Se una madre annulla il sogno nel bambino, lo scandalizza.

E il Signore dice che è meglio mettersi una macina d'asino al collo e buttarsi nel mare.



E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo radunare ed esse ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.   Gv10 Vs 16 Terzo tema.


Titolo:  Ut unum sint. Siano tutti una cosa sola.


Argomenti: Offerta e imposizione. Vita vera e falsa. La vita è tendere a un unico fine. Attrazione. La voce convoca. Valutazione della voce. Attenzione alla voce. Mettere Dio al di sopra di tutto. Dio è uno. Il demonio. La giustizia. Voce del Padre e voce del Figlio. La vita che il Figlio ci offre. Contraddizione e Giustificazione. Come si forma l'interesse per Dio. I segni di Dio che l'uomo porta in sé. Molteplicità e unità.


27-28/Gennaio/1991 Casa di preghiera Fossano.


Abbiamo visto le volte precedenti le due prime parti del versetto e ci rimane la terza parte: "Vi sarà un solo gregge e un solo pastore".

Il tema di oggi è: Ut unum sint, siano tutti una cosa sola.

È  la conclusione della preghiera sacerdotale che Gesù fa al Padre prima del compimento della sua vita, per farci capire qual è il senso, il significato di tutta l'opera di Dio.

Quindi il significato di tutta la creazione, dell'esistenza di tutti gli uomini, il significato e il senso della vita di ognuno di noi: un solo gregge, un solo pastore, essere tutti una cosa sola.

Gesù aveva iniziato questo argomento dicendo: "Io offro la mia vita" e adesso ci fa capire in cosa consista realmente questa offerta della vita da parte sua.

La vita del Figlio è il Padre e consiste nel ricevere tutto dal Padre e nel riportare tutto al Padre.

Nel contemplare ogni cosa nel Padre, per cui la vita essenziale è la conoscenza di Dio.

Gesù dicendo: "Io offro la mia vita per le pecore" dichiara di offrire la conoscenza del Padre che Egli ha, alle sue pecore.

E con ciò rivela il destino di ogni uomo.

Dice: "Offerta", non è imposizione.

Poiché quando si tratta di conoscenza si parla sempre in termini di offerta e mai d'imposizione.

C'è una imposizione nella nostra vita.

Dio c'impone l'esistenza, la nostra stessa vita, c'impone tutta la sua creazione, ma abbiamo visto molte volte che tutto quello che Dio c'impone, noi lo avvertiamo, lo sentiamo, non possiamo non sentirlo e non avvertirlo, però non ci fa entrare nella conoscenza.

Si entra nella conoscenza soltanto attraverso l'offerta.

E proprio perché si tratta di offerta ci fa correre sempre questo rischio qui: restare fuori, cioè non accogliere, non aderire a questa offerta.

Di non entrare nella vita.

Gli uomini corrono il rischio di non entrare nella loro vera vita.

Perché scambiano per loro vera vita questa vita che è imposta loro, qui sulla terra.

Questa non è vera vita, questa è soltanto l'occasione per offrire loro la vera vita.

La maggior parte degli uomini rifiuta questa vera vita, in nome di questa vita che passa.

In nome delle cose materiali, in nome degli interessi e dei valori di questo mondo.

E l'uomo così non si accorge che sta perdendo tutto e a un certo momento non avrà più questa vita e non riuscirà più ad avere quell'Altra.

Perché quell'Altra vita arriva sempre solo sul piano dell'offerta e non viene mai data per imposizione.

Quando la verità di Dio si impone, l'uomo che non l'ha interiorizzata, che non l'ha messa al di sopra di tutto come suo fine personale di vita, l'uomo non può sopportare la verità.

Non si può sopportare quella presenza che non corrisponde con l'attesa e il bisogno che si sono formati nella nostra anima, con il nostro desiderio principale.

Perché la vita e vivere vuol dire tendere a un fine.

La vita è unificazione in un fine.

E quando noi viviamo per i nostri fini, proprio perché la vita è unificazione, è raccoglimento in questo fine, non potendo servire due padroni, non potendo cioè servire due fini, noi veniamo sempre a trovarci nella situazione in cui, in nome dei nostri fini terreni, della nostra vita terrena, noi rifiutiamo la grande vita eterna che Dio ci offre, quella della conoscenza di Dio e della verità.

Quella vita che Gesù prospetta dicendo al Padre: "Siano tutti consumati nella verità".

L'uomo è fatto per consumare tutto, cioè portare a compimento tutto nella verità.

Questo portare a compimento presuppone che la verità sia il fine, che la conoscenza di Dio sia il fine.

Soltanto se l'uomo ha questo fine qui davanti a sé, chiaro, netto, deciso, messo al di sopra di tutto, l'uomo può giungere al compimento.

Gesù dice che chi non lascia padre e madre, spose e figli, lavoro, la sua stessa vita, non può arrivare a questa vera vita che è la conoscenza di Dio.

C'è sempre un mondo da lasciare per scoprire l'altro vero mondo.

C'è sempre un mondo da superare.

E  noi ci chiediamo spesso perché bisogna lasciare tutto se tutto ci viene da Dio.

È  perché noi non capiamo il disegno e la meraviglia dell'opera di Dio e del Regno di Dio.

Gesù dice: "Io offro la mia vita" e noi ci siamo chiesti come Lui offra questa sua vita.

Abbiamo detto che Lui offre la sua vita facendo sentire la sua voce.

È  attraverso la sua voce che Lui raduna le sue pecore, però mette l'accento sul fatto che soltanto le sue pecore sono in grado di ascoltare la sua voce.

Tant'è vero che Lui dirà ai farisei: "Per questo voi non potete ascoltare la mia voce perché non siete mie pecore".

E noi ci chiediamo perché non sono sue pecore: non sono sue pecore perché non sono attratte dal Padre.

"Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre!"

Il che vuol dire che nessuno può riconoscere la voce di Cristo se non è attratto dal Padre.

Siamo sempre lì: è il Padre che porta le creature al Figlio.

Ecco questo disegno fondamentale di appartenenza a Dio, di attrazione a Dio.

Questa attrazione a Dio che ricade nel campo della giustizia, perché soltanto per giustizia noi entriamo in questa attrazione a Dio, in questa appartenenza a Dio e quindi  ci apriamo.

Il che vuol dire che fintanto che in noi, non c'è Dio Creatore messo al di sopra di tutto, come interesse principale, non può esserci in noi questa apertura all'ascolto.

Abbiamo detto che la voce del Figlio ci convoca a una presenza.

Abbiamo detto che ogni esistente ha la sua voce.

Tutte le creature hanno una loro voce.

Perché ogni esistente, ogni creatura è fatta di una natura e di una voce.

E con la voce l'esistente non fa altro che manifestare, affermare e annunciare se stesso.

Ogni creatura ha la possibilità di annunciare se stessa.

E tutto questo è segno di Dio Creatore.

Dio Creatore fa sentire la sua voce in tutto.

Tutta la creazione è voce di Dio ma la voce di Dio non è Dio.

Quando sentiamo la voce di un esistente, questa voce ci convoca alla presenza di quell'esistente.

La caratteristica della voce è questa: ci richiama alla presenza, ci fa pensare la presenza.

La voce di Dio ci fa pensare alla sua presenza, ci fa pensare a Lui.

Tutto questa convocazione alla presenza di Colui di cui noi avvertiamo la voce, avviene in noi indipendentemente da noi.

La voce s'impone indipendentemente da noi.

Per cui l'uomo in quanto la voce arriva a lui indipendentemente da lui, l'uomo non la può ignorare.

L'uomo non può ignorare Dio perché Dio gli fa sentire la sua voce.

E poiché la voce lo convoca alla presenza, l'uomo non può ignorare la presenza di Dio in tutto.

Può non tenerne conto l'uomo certo, l'uomo può bestemmiare Dio, l'uomo può rifiutare Dio ma non può ignorare Dio.

Noi ci chiediamo ma perché? Come fa l'uomo a non ignorare Dio?

È  perché Dio per primo s'annuncia all'uomo, Dio per primo fa sentire all'uomo la sua voce.

E facendo sentire la voce convoca l'uomo nel suo pensiero.

Ed è sufficiente, abbiamo detto domenica scorsa, che per un attimo solo l'uomo pensi Dio, che da quell'attimo lì l'uomo non può più ignorare Dio.

Però l'uomo convocato alla presenza di Dio, l'uomo ha la possibilità di aprirsi, di dedicarsi a ciò che gli è stato presentato, annunciato, oppure può dire: "Io ho altro da fare".

In questo punto qui si decide tutto.

L'uomo decide ed è fatto responsabile nel punto in cui ode la voce di Dio.

La voce arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo ma la stima, la valorizzazione della voce, la valutazione della voce non avviene indipendentemente dall'uomo.

L'uomo può preferire altro a ciò a ciò che la voce di Dio segnala.

La voce di Dio arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo ma la valutazione della voce non avviene indipendentemente dall'uomo.

Abbiamo detto che di fronte alla voce di Dio l'uomo deve disporsi come Samuele: "Signore parla che il tuo servo t'ascolta".

Non si tratta di dire parole, si tratta di mettere a tacere ogni altra voce nello spirito.

Ecco il problema del superamento di tutto ciò che non è Dio.

Tutto ciò che non è Dio è necessario, arriva a noi, però a un certo momento si richiede il superamento di tutto, perché è necessario fare attenzione a Dio, fare attenzione a quella voce di Dio che parla a noi di Dio, che annuncia a noi Dio indipendentemente da noi.

L'uomo si gioca la sua vita in questo punto.

Nel punto in cui Dio gli si annuncia, Dio gli si propone.

L'uomo a quel punto lì deve fare attenzione per ascoltare Dio, deve mettere a  tacere tutto, deve mettere Dio al di sopra di tutto.

Ma mettere Dio al di sopra di tutto è un problema di giustizia.

È  giusto nella vita di ogni uomo che Dio sia messo al di sopra di tutto.

E non è giusto che nella vita dell'uomo, l'uomo metta altro da Dio al di sopra di tutto.

Anche se si tratta di creature o di cose sante: non è giusto che l'uomo metta come centro di ogni cosa, al di sopra di tutto altro da Dio.

Perché Dio è il massimo valore, perché Dio è il Creatore di tutte le cose.

Perché Dio è il punto fisso di riferimento al quale bisogna riferire ogni cosa.

Questa è giustizia e questo vuol dire mettere Dio al di sopra di tutto.

Al di sopra del nostro io.

Ecco per cui Dio dice che nessuno può andare a lui se non lascia padre, madre e tutti i massimi valori.

Noi ci giustifichiamo sempre in nome di padre, madre, sposa, famiglia, aziende, istituzioni, lavoro, noi ci giustifichiamo in tutto questo.

E Gesù ci dice che nessuno può seguire la Sua voce se non lascia padre, madre, sposa, figli, lavoro, aziende, la sua stessa vita, cioè il pensiero della sua stessa vita, tutto.

Perché bisogna prestare attenzione alla voce di Dio e non si può prestare contemporaneamente attenzione a due o più voci.

E la voce di Dio, abbiamo detto che è una voce singolare.

Dio è uno.

Uno dei segni principale con cui Dio si annuncia voce di Dio all'uomo, è questa unità di Dio.

Dio è uno solo.

Non ci sono due dei, non ci sono due creatori.

Ed è per questo che non possiamo per giustizia attribuire (principio manicheo) nulla di ciò che esiste o di ciò che avviene ad altro da Dio, non possiamo attribuirlo al demonio.

Il demonio è uno che non raccoglie  e non riferisce le cose a Dio.

E questo può essere il nostro io, perché il demonio ha un io che non riferisce le cose a Dio ma non è per nulla creatore come nessuno di noi è creatore.

Uno solo è il Creatore, Uno solo è il Signore Dio tuo e non avrai altro Dio all'infuori di Lui.

Il che vuol dire che non devi riferire nulla di tutto ciò che esiste, di tutte le creature, di tutto ciò che accade, non devi riferire nulla ad altro da Dio.

Tutto va riportato lì e questa è la voce di Dio, questa singolarità di Dio che si afferma e si manifesta su tutto.

Quando invece noi riferiamo le cose al nostro io (avendolo come centro) noi facciamo una cosa ingiusta.

Quando attribuiamo le cose o al demonio, o al caso o alla natura o alle leggi o ad altro da Dio, noi facciamo una cosa ingiusta, perché tutte le cose vengono da Dio e tutte le cose vanno riportate in Dio.

Questa è la giustizia e questa è la vita che il Figlio di Dio reca a noi.

Perché il Figlio nel suo cielo riceve tutto dal Padre e riporta tutto al Padre, a nessun altro e questa è la vita che Lui porta a noi.

La voce di Dio ci propone questo, non ce lo impone, ce lo propone perché si tratta di eleggere un fine al di sopra di tutto e questo fine al di sopra di tutto vuol dire metterlo nella mente, il che vuol dire dedicare il nostro pensiero, la nostra mente alla voce di Dio.

Gesù dice che quando la sua voce, la sua parola giunge a noi, se noi non poniamo mente (ascolto) alla sua voce, questa voce ci viene portata via dal demonio.

Il porre mente è un fatto essenzialmente personale.

Perché vuol dire dedicare il pensiero.

Si deve porre mente alla voce che è giunta a noi, che ci ha parlato di Dio, che ci ha annunciato qualche cosa di Dio, perché soltanto ponendo mente si presta l'orecchio all'ascolto.

L'ascolto richiede sempre un interesse, un attrazione.

E perché non tutti prestano ascolto all'annuncio di Dio?

Perché non tutti hanno quest'interesse?

Forse che Dio fa creature differenti con interessi diversi?

Dio opera ogni cosa non solo per far giungere a noi la sua voce ma anche per formare in noi l'interesse, l'attrazione per Sé.

Abbiamo detto che c'è distinzione tra la voce del Padre e la voce del Figlio.

Il Padre essendo Dio Creatore è Colui che nessuno può smentire, è Colui che afferma che tutto è opera sua, creazione sua e noi assistiamo a tutte le opere di Dio, a tutti gli avvenimenti come non fatti da noi, fatti da un altro.

Non soltanto, ma tutte le cose che arrivano a noi, entrano nella nostra mente, entrano nel nostro cervello, entrano nella nostra anima e c'è qualcuno che le fa entrare indipendentemente da noi, perché entrano indipendentemente da noi.

Tutto questo è sigillo di un essere che opera dentro di noi, che arriva a noi indipendentemente da noi.

Abbiamo detto che tutto quello che arriva a noi indipendentemente da noi si fa sentire da noi.

Noi non possiamo smentirlo, però non lo conosciamo.

È  il Figlio che ci porta alla conoscenza e la vera vita sta nella conoscenza.

Per cui abbiamo tutto un mondo di opera di Dio che arriva a noi indipendentemente da noi, quindi che noi sentiamo, esperimentiamo e che non possiamo smentire ma che non possiamo conoscere.

Eppure noi siamo stati creati per la conoscenza ed è qui che arriva la voce del Figlio.

La voce del Figlio che mi porta alla conoscenza del Padre, a quella conoscenza del significato di tutte quelle cose che il Padre fa arrivare a noi indipendentemente da noi.

La conoscenza si ha soltanto da Dio ed il Figlio opera per portarci a vedere tutte le cose dal punto di vista del Padre.

È  qui che arriva a noi la proposta e non più l'imposizione.

E proprio perché è proposta, siamo noi che dobbiamo accogliere di superare il pensiero del nostro io, non c'è nessuno che ce lo imponga questo, è proposta.

E soltanto se noi, per giustizia superiamo il pensiero del nostro io, superiamo tutte le nostre problematiche, tutti i nostri problemi, tutte le nostre questioni, tutti i nostri interessi, tutto di noi, compresi padre e madre, tutte le autorità e tutto quello che dicono gli uomini, solo se noi superiamo tutto questo, per guardare dal punto di vista del Padre, solo lì, noi abbiamo la possibilità di entrare nella conoscenza, nella vita del Figlio.

Quella vita che il Figlio ci offre.

E soltanto lì, noi abbiamo la possibilità adesso di consumare tutto nell'unità.

Dio è uno, consumare tutto in quest'unità.

La conoscenza è una giustificazione di tutto nella sua causa, è sopratutto riportare tutto nella sua causa.

Quando noi viviamo per fini diversi da Dio, noi negli altri fini cerchiamo, più o meno bene di giustificare tante cose ma ci accorgiamo a un certo momento che ci sono delle cose che proprio non entrano.

Ci sono delle cose che sono in contraddizione piena e completa e noi restiamo contraddetti.

E ogni contraddizione crea una frattura dentro di noi e ogni frattura dentro di noi, per noi che siamo fatti per l'Assoluto, per l'unità, questa contraddizione per noi è un seme di morte.

La morte è divisione e la divisione ce la creiamo noi stessi vivendo per dei fini in cui non possiamo giustificare tutto.

La giustificazione avviene solo in quanto uno ha un fine in cui tutto è giustificabile.

Ora la giustificazione di tutte le cose si ha in un punto solo: soltanto in Dio.

Essendo Dio il Creatore di tutto, Lui solo ha in Sé la giustificazione e la ragione di tutto, Lui solo.

Il che vuol dire che fintanto che noi abbiamo come fine della nostra vita, come fine del nostro pensare, come fine del nostro vivere, come fine di ogni nostra giornata altro da Dio, noi cerchiamo di raccogliere, di unificare, di giustificare le cose in un luogo in cui le cose non possono entrare, non possono essere giustificate.

È  uno sforzo inutile, per cui non potendole giustificare, quelle cose ci mettono in contraddizione e diventano insopportabili.

Abbiamo sbagliato luogo di raccoglimento.

Il vero luogo di raccoglimento è quello che ci offre il Figlio di Dio, proponendoci la sua vita e la sua vita sta nel riportare tutto al Padre.

Ecco il vero luogo di raccoglimento.

Noi possiamo raccogliere tutte le cose in quanto abbiamo come punto fisso di riferimento il vero luogo in cui tutte le cose sono raccolte.

Cioè in cui tutte le cose sono giustificate e giustificabili.

Tutto è giustificato in Dio, perché Dio essendo il Creatore di tutto, ha in Sé la ragione di tutte le cose.

E quando noi parliamo di verità, parliamo di quel luogo in cui ogni cosa è giustificata ed è giustificabile.

Ma se noi abbiamo invece come fine altro da Dio in cui non possiamo giustificare tante cose, noi stessi seminiamo la morte nella nostra stessa vita.

Dio pur proponendoci  con la sua voce quello che è il vero fine, quella che è la giustizia, Dio opera anche per formare in noi l'interesse principale.

Perché è solo quando in noi c'è l'interesse che il nostro orecchio si apre all'ascolto della voce di Dio.

Ma come Dio forma in noi questo interesse per Lui?

Perché se per giungere alla conoscenza bisogna ascoltare la voce di Dio e se per ascoltare la voce di Dio bisogna avere interesse per Dio, questo interesse evidentemente si deve formare in noi prima che giunga a noi la voce di Dio, perché non si giunge alla conoscenza se non c'è questo interesse.

Come Dio forma in noi quest'interesse principale?

Due sono le forme attraverso cui matura in noi un interesse.

O per riconoscimento della verità oppure per perdita della verità, per perdita di ciò che noi già abbiamo.

Noi viviamo di annunci di Dio e poiché tutti gli annunci di Dio e le voci di Dio non fanno altro che convogliarci (indipendentemente da noi) alla presenza di Dio, noi portiamo già in noi (indipendentemente da noi) la presenza di Dio.

L'uomo è caratterizzato da questa passione d'Assoluto che è testimonianza dell'Assoluto in sé.

L'uomo porta in sé la presenza stessa di Dio, perché se non avesse presente Dio non noterebbe l'assenza di Dio attorno a sé e abbiamo detto che l'assenza di Dio è una categoria della presenza, quindi una predicazione di Dio.

Ecco la prima manifestazione di Dio che l'uomo porta in sé è questa, all'insaputa dell'uomo, per cui l'uomo porta in sé la presenza di Dio e in nome di questa presenza, l'uomo nota l'assenza di Dio in tutto il mondo esterno.

Perché se l'uomo non avesse presente Dio non ne noterebbe l'assenza.

Ma questa presenza di Dio l'uomo non sa che cosa sia e non può saperlo che cosa sia.

Perché?
Perché arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo.

Tutto ciò che arriva a noi indipendentemente da noi è imposto a noi e noi non possiamo smentirlo.

L'uomo non può smentire intellettualmente che Dio sia presente.

Tant'è vero che ne nota l'assenza e non potrebbe notare l'assenza se non avesse la presenza.

Però l'uomo non sa che cosa sia questa presenza.

C'è anche altro che l'uomo porta in sé di Dio, imposto da Dio, perché questa è la condizione essenziale perché nell'uomo maturi l'interesse per Dio: bisogna che Dio per primo si conceda all'uomo.

Ma quando Dio si concede all'uomo, l'uomo non smentire, però non può capire.

Dio si concede all'uomo come eternità, come Assoluto.

Tanto che l'uomo nota il tempo che passa, le creature che passano, la vita che passa.

Anche il tempo che  è assenza di eterno è una predicazione dell'eterno.

E l'uomo non noterebbe l'assenza di eterno se non avesse presente l'eterno.

L'uomo è portatore in sé dei segni di Dio, perché questi sono segni di Dio, come presenza, come Assoluto.

Assoluto vuol dire che non è condizionato da niente e se non è condizionato da niente è eterno.

Quindi l'uomo porta in sé, come segno di Dio l'eterno.

Quindi il concetto di eternità che l'uomo porta in sé, per cui vede il tempo, nota il tempo, coincide col concetto di presenza di Dio che l'uomo porta in sé per cui vede l'assenza.

E poi l'uomo porta in sé come segno sempre di Dio, anche il concetto di unità, di uno, di persona.

Dio è una persona, Dio è uno solo.

Perché Dio è infinito, l'infinito è uno solo, non ci sono due infiniti.

Ci sono tanti finiti ma l'infinito è uno solo.

E ciò che è uno è persona.

E l'uomo porta in sé questo e per questo nota la molteplicità delle cose.

La molteplicità delle cose è assenza di unità.

L'uomo che aspira all'unità soffre nella molteplicità delle cose, tant'è vero che tende sempre a fare dei rapporti tra le cose, per stabilire una certa unità.

È  questa passione di unità che è passione d'Assoluto che l'uomo porta con sé che denuncia la presenza dell'Assoluto nell'uomo come uno.

L'uomo porta in sé questo uno e lo porta in sé non consapevolmente ma perché gli è imposto.

È  Dio che si dona per primo, indipendentemente dall'uomo.

Insisto molto su quell'indipendentemente perché qui si tratta non di realtà ma di segni di Dio.

Dio, l'Assoluto, l'eterno, il presente, l'uno è vivente.

È  vivente perché è uno.

Abbiamo detto che vivere vuol dire raccogliere, unificare tutto nell'unità.

Colui che è uno è vivo.

Questo ci porta a capire che la morte è dispersione nella molteplicità.

Ecco per cui Dio dice all'uomo che non può servire due padroni.

Due? Quanti padroni gli uomini servono?

Ma gli uomini non si rendono conto che servendo tanti padroni, vivendo per tanti fini creano questa molteplicità che poi dopo diventa morte.

Ho insistito su questi quattro segni di Dio che ogni uomo porta in sé e che coincidono con il pensiero dell'essere Assoluto che l'uomo porta in sé.

Questi quattro, sono segni di Dio in ogni uomo che l'uomo non può smentire, perché è Dio che ha messo la sua voce nell'uomo stesso, che caratterizzano tutto dell'uomo, necessari per formare nell'uomo l'interesse per Dio.

Questi sono segni di Dio e quindi in quanto segni non rivelano Dio, annunciano Dio, sono segni di Dio ma non rivelano Dio.

Dio si rivela soltanto da Se Stesso

Dio solo è rivelatore di Sé.

Tutto annuncia Dio, anche questi quattro segni annunciano Dio, l'uomo li subisce, in quanto segni e in quanto l'uomo li subisce sono sentimenti.

Sentimenti impressi da Dio nell'uomo.

Dice l'Apocalisse che attorno al trono di Dio ci sono quattro animali e questi quattro animali sono questi quattro segni.

Animali cioè sentimenti, sono simbolo di sentimento e sentimento è ciò che arriva a noi indipendentemente da noi.

Quindi non è conoscenza.

Però sono attorno al trono di Dio.

Questi quattro segni di Dio che ogni uomo porta con sé, sono questi quattro sentimenti: presenza di Dio, eternità di Dio, unità di Dio, vita di Dio.

Sono quei quattro segni che se l'uomo non ascolta e non intende a un certo momento diventano negazione di Dio, privazione di Dio.

Diventano assenza di Dio, diventano tempo, mutamento di tutte le cose, diventano molteplicità, diventano morte.

Diventano quei quattro cavalieri dell'Apocalisse di cui abbiamo parlato la volta scorsa.

È  Dio che se noi non capiamo i suoi segni, non intendiamo la sua voce, è Dio che ci porta nell'interesse.....

Ricordiamo bene che l'interesse è la chiave di volta per aprire i nostri orecchi all'ascolto.

Dio per portarci nell'interesse di Sé, ci toglie quello che ci ha dato prima.

Quindi ci toglie la consapevolezza della presenza di Dio e ci fa esperimentare l'assenza, per cui la presenza diventa assenza.

Ciò che è eterno diventa tempo e abbiamo detto che il tempo è una predicazione dell'eterno.

Però bisogna aver presente l'eterno per capire che il tempo è una predicazione dell'eterno.

Però noi subiamo il tempo.

Noi subiamo l'assenza di Dio e questo ci mette in crisi.

Noi subiamo il tempo e il tempo ci mette in crisi, perché noi non vorremmo che il tempo passasse.

Il passare del tempo è il passare della nostra vita è il nostro stesso passare.

È  Dio che ci fa passare perché noi non abbiamo colto ciò che non passa.

È  Dio che ci sprofonda nella molteplicità, Lui che è uno, il che vuol dire che ci toglie l'unità.

È  Dio che ci sprofonda nella morte, cioè ci toglie la vita, ma dietro a tutto questo che Dio ci toglie, per cui ci immerge nel tempo che passa, ci immerge nell'assenza di Dio, tutto questo è Dio che opera per formare in noi quell'interesse che non si è formato per intelligenza in noi, per l'intelligenza dei segni.

Ritorniamo nella parabola dei talenti.

Dopo aver dato i talenti, quel signore o quel re se ne va in un paese lontano.

Lontano, per ricevere l'investitura e l'investitura viene data dall'interesse.

Dio dopo averci dato Se Stesso con queste quattro caratteristiche (sono sentimenti, segni di Dio, non è conoscenza di Dio perché è imposizione di Dio a noi) qual'ora noi fossimo intelligenti e cercassimo Lui su questi segni, Lui comincia a toglierci questi segni, cioè va lontano da noi.

Lui crea questa lontananza e questa lontananza è determinata dalla sua assenza, dal tempo che passa, dalla molteplicità delle cose, dalla morte.

E tutta questa lontananza è lontananza da Dio.

Ma questa lontananza di Dio da noi, per cui ci immerge in tutto ciò che non è Dio, è per formare in noi l'interesse.

Dio ci priva di quello che ci ha dato, perché privandoci, in noi si formi il desiderio, l'interesse, si capisca l'importanza, si investa Dio della sua regalità.

Dio se ne va lontano per essere investito della sua regalità da noi.

Visto che noi per intelligenza non abbiamo fatto questo.

Tutto questo ci fa capire che la vita vera è conoscenza di Dio, che è riportare tutto a Dio, che è giustificare tutto in Dio, che è consumazione di tutto nell'unità di Dio, perché soltanto Dio forma in noi quest'unità.

Dio, essendo Colui nel quale tutto è giustificato, dà a noi la possibilità di giustificare tutti i nostri pensieri che sono sparsi, in contraddizione fra loro e che creano dentro la nostra anima situazioni d'angoscia, di conflitto, d'impossibilità e di morte.

La morte è questa conflittualità interiore che portiamo dentro di noi.

Dio fa tutto fino a presentarci la negatività di Sé, quindi la morte stessa di Sé per formare in noi questa attrazione verso di Lui, in modo da dare a noi la possibilità di riportare tutto nella sua unità e di consumare tutto nella sua unità.

Lui ci dà la possibilità di essere uno.

Quando dice essere tutti una cosa sola, non è tanto essere tutti noi come persone una cosa sola tra noi ma è essere sopratutto una cosa sola dentro di noi.

Satana a un certo punto su richiesta del Signore. "Qual'è il tuo nome?", dice che il suo nome è legione, cioè molteplicità.

Ecco, noi staccati da Dio diventiamo molteplicità, abbiamo tanti nomi.

E sono questi tanti nomi che ci distruggono.

Ecco perché la vita sta nel consumare tutto nell'unità.

È  Dio che dà noi la possibilità di essere uno.

Questo essere uno non dipende dallo sforzo della nostra volontà, né da sacrifici, né da rinunce, non c'è assolutamente nulla all'infuori di Dio che ci possa fare uno.

Chi ci fa uno è Dio, non siamo noi.

Ecco per cui Gesù non dice a noi: "Siate tutti una cosa sola", non poteva dirlo e non l'ha detto.

Gesù lo dice al Padre: "Fa che siano tutti una cosa sola", perché è il Padre che fa.

Il che vuol dire che soltanto se noi guardiamo al Padre, riportiamo tutto al Padre, noi dal Padre abbiamo la possibilità di essere (dentro di noi) una cosa sola.

E soltanto quando si è "uno" si incomincia veramente a partecipare di quella che è la vita.


A.: La consumazione della vita nell'unità di Dio, deve partire necessariamente dalla comprensione dell'offerta che Gesù fa della sua vita.

Io ho inteso spesso che l'offerta della vita di Gesù fosse un sacrificio fisico, invece Gesù offre la sua vita a noi come segno, ma la sua vita è essenzialmente la conoscenza del Padre.

Anche se in quanto offerta, noi siamo nel rischio, perché non è una imposizione.

Siamo nel rischio perché scambiando per vera vita la nostra vita terrena, possiamo non riconoscere che Gesù è la conoscenza del Padre.

Luigi: Proprio perché offerta ci fa correre il rischio di perderla.

Le altre cose sono imposte, noi viviamo per delle cose che ci sono imposte, cioè noi viviamo generalmente dominati dai bisogni che esperimentiamo nella nostra vita.

Per cui tutto il nostro correre è per cercare di soddisfare i nostri bisogni; casa, soldi, auto, donna, figli eccetera.

Tu vedi che questi bisogni s'impongono.

S'impongono in quanto noi più siamo lontani da Dio e più siamo schiavi.

Schiavi vuol dire che subiamo la pressione di questi bisogni e allora noi corriamo dietro a questi bisogni per cercare di tamponarli.

Mentre invece la conoscenza ci è soltanto proposta, non ci è imposta e ci può essere solo proposta.

Eternamente ci è proposta.

Il giorno in cui ci viene imposta non ci viene imposta come conoscenza e quindi ci esclude.

Dio fa tutto per salvarci al punto da toglierci tutto quello che Lui ci ha dato di Sé.

Questa presenza dell'eterno, dell'Assoluto, del Dio che è vivo, del Dio che è uno, ce la toglie e ci fa esperimentare tutto ciò che non è Dio.

Perché quando io ho una cosa e qualcuno me la porta via, questo suscita in me l'interesse per riavere quella cosa che mi è portata via.

Quindi Dio prima di tutto ci dà Sé ma, ci dà Sé come imposizione per cui è segno: i quattro animali, sentimento.

E poi ce lo porta via per suscitare in noi interesse, perché avendo adesso interesse per quello che abbiamo perso (presenza di Dio, eterno, unità e vita) forse ci si apre il nostro orecchio alla voce del Pastore.

Ecco quello che ci rende interessante la voce del Figlio, perché ci parla di quello che ci è stato tolto e per il quale noi presumibilmente abbiamo interesse.

Quell'interesse che si sarebbe dovuto formare per intelligenza, a un certo momento si forma in noi per perdita di quello che abbiamo, di quello che Dio ci ha dato.

A.: La possibilità della conoscenza di Dio è essenzialmente un processo di unificazione, quindi di riporto...

Luigi: Attorno al trono ci sono quattro animali, ma questi quattro animali sono attorno al trono, non ti fanno mai salire sul trono.

Nel trono della conoscenza di Dio, si giunge soltanto da Dio.

Quindi soltanto guardando da Dio, ecco che la voce del Figlio mi porta a guardare tutte le cose dal punto di vista del Padre.

Dio si conosce solo da Dio.

Invece seguendo quelle cose di Dio che sono arrivate a noi di Dio ma che non sono conosciute, noi potremo avvicinarci a Dio ma non lo toccheremo mai.

Non potremo mai esperimentare la presenza di Dio, poiché la presenza di Dio mi viene solo da Dio.

A.: Pensavo all'affermazione di San Paolo che dice che la Parola di Dio penetra al punto di divisione fra l'anima e lo spirito, per cui questi sentimenti impressi da Dio in noi e che ci fanno esperimentare la tristezza di non avere vita e unità, penso che divengano realtà unificando nel Padre attraverso la parola del Figlio.

Luigi: Certo.

A.: Si trasformino da sentimenti a certezze.

Luigi: Certo, diventa realtà.

Quello che ti era annunciato prima come sentimento, lo trovi come realtà.

Per cui conosci Dio come l'essere presente, eterno (Assoluto), infinito (uno, persona) e vivente.

Qui trovi questo come conoscenza, mentre prima ti era annunciato come voce....

A.: Prima era un desiderio vago...

Luigi: Che non potevi conoscere.

Non puoi negare che Dio sia presente, però non puoi conoscerlo.

B.: L'altra volta si era visto l'aspetto negativo dei quattro cavalieri dell'Apocalisse, questa sera si sono visti gli aspetti positivi dei quattro animali dell'Apocalisse.

Luigi: Tu non esperimenteresti l'assenza di uno se quest'uno tu non l'avessi presente.

È evidente.

Tu certamente esperimenti l'assenza di Dio attorno a te, tutte le creature non sono Dio.

Chiunque ti dicesse che l'albero è Dio, non avrebbe presa su di te.

Le pietre, gli alberi, il sole, gli animali, gli uomini non sono Dio, il che vuol dire che tu non trovi Dio nel mondo.

Sant'Agostino dopo 30 anni di ricerche di Dio fuori di sé, ammette di aver sbagliato, perché Dio non si può trovare nel mondo sensibile: Dio è in noi, nella nostra parte spirituale.

Il che vuol dire che Dio ti fa fare l'esperienza della sua assenza.

Però tu come fai a notare l'assenza di Dio se tu non avessi in qualche luogo di te la presenza di Dio?

Se Dio non ti fosse presente, come tu noteresti l'assenza?

Ecco per cui insisto dicendo che l'assenza di Dio è un predicato di Dio, è una categoria della presenza di Dio.

Vedi che in noi c'è questa presenza ed è per questa presenza che noi notiamo l'assenza di Dio.

E così per tutto il resto.

Come fai a notare il tempo se tu non avessi presente l'eterno?

Se tu non avessi presente l'eterno, non noteresti il tempo.

Quindi anche il tempo diventa un predicato, una categoria dell'eterno.

Così anche la molteplicità è un predicato dell'unità.

Quindi tu hai presente l'unità in te, hai presente l'eternità in te, hai presente Dio e la vita in te.

Questi sono i quattro animali, sono segni di Dio attorno al trono di Dio.

Ma non sono il trono di Dio.

Il trono di Dio è la conoscenza di Dio.

Per cui tu di fronte a uno che ti dica che tu esperimenti l'assenza di Dio fuori, perché lo porti dentro, tu non puoi negare questo.

Non lo puoi negare, perché la verità è più forte di te.

Però se uno ti chiedesse che cos'è questa presenza in te di Dio, tu non sai rispondere.

Perché il poterlo dire presuppone la conoscenza e la conoscenza è il trono e il trono ti viene soltanto da Dio.

Quindi è soltanto il Figlio che ti conduce alla conoscenza.

Il che vuol dire che tutte queste cose sono per formare in noi l'interesse, è Dio che ti sta togliendo quello che t'ha dato indipendentemente da te, per potertelo dare non indipendentemente da te  ma con te, con la tua partecipazione.

Non te lo sta togliendo per privartene, ma te lo sta togliendo per potertelo donare come tuo interesse.

Siccome alla conoscenza non puoi giungere senza la tua partecipazione, senza il tuo interesse, ecco che Dio per suscitare in te interesse, ti toglie tutto quello di Sé che t'aveva dato prima, perché tu perdendolo inizi ad avere interesse per ciò che stai perdendo.

È questo interesse, questa tua parte personale che ti dà adesso la possibilità di entrare nella conoscenza.

B.: Ma il sentimento è sempre negativo.

Luigi: Noi chiamiamo sentimento tutto quello che arriva a noi indipendentemente da noi.

Per cui tu lo subisci (subire è sentire) ma non sai cosa sia.

Tutta la creazione è sentimento, la subisci non puoi negarla, però non sai che cosa sia.

Di per sé il sentimento non è negativo, sia chiaro, il sentimento è per convogliarti.

Se Dio ti batte sulla spalla non è negativo questo, ti senti chiamato e tu devi alzare gli occhi.

Tu puoi anche fare spallucce e dire che non vuoi ascoltarlo, però quando tu dici: "Non voglio sentirti", tu lo hai già sentito evidentemente, per cui diventi responsabile.

Per cui tutto quello che senti, non è altro che voce di Dio che arriva a te senza di te e questa non è conoscenza.

Questo è unicamente per farti alzare gli occhi a Lui, perché la conoscenza viene solo da Lui.

Noi corriamo il rischio di fermarci al sentimento e di vivere per le cose che sentiamo.

E di non alzare gli occhi a Dio e allora qui il sentimento diventa negativo.

Diventa negativo quando io vivo per ciò che sento ma non è negativo quando io cerco di capire quello che sento.

Tutto quello che arriva a noi senza di noi è per risvegliare in noi l'interesse per capire cosa mi vuol dire Colui che si fa sentire da me, non sollecitare me a vivere per quello che sento.

Tutto il nostro errore sta nell'avere come fine le cose che sentiamo mentre invece il problema non è questo, il problema è capire il significato di questo.

C.: E i quattro animali sono...

Luigi: Sono il sentimento dell'eterno, dell'Assoluto, il sentimento dell'unità di Dio e del vivente che portiamo in noi.

Sono i quattro aspetti dell'unità di Dio, dell'Assoluto di Dio.

Per cui noi abbiamo la passione dell'eterno, abbiamo la passione dell'Assoluto, abbiamo la passione della vita e abbiamo la passione dell'unità.

Sono quattro facce della passione d'Assoluto che portiamo in noi.

Tutto questo è passione però, il che vuol dire che tu subisci un evento che non capisci.

Patisci.

Ora, nel regno della vita, nel regno del Figlio, non si patiscono mica le cose, le cose si comprendono, si capiscono.

Si conoscono, non si patiscono.

Si patisce in quanti si è lontani da Dio.

Nell'inferno si patisce, nel paradiso di Dio non si patisce mica.

Nel cielo di Dio si comprende.

Nell'unità di Dio si comprende.

Perché in Dio si giustifica tutto.

D.: Questi quattro sentimenti capiti nella luce di Dio la nostra fede si rafforza molto.

Luigi: Si rafforza fino a diventare puro Pensiero di Dio.

L'opera del Figlio è per formare in noi questo puro Pensiero di Dio, perché Dio si rivela soltanto nel suo Pensiero.

E fintanto che in noi non c'è questo puro, singolare Pensiero di Dio, non possiamo conoscere Dio.

La conoscenza di Dio si ha soltanto qui.

Dio si rivela soltanto a suo Figlio.

Il Figlio dona la sua vita, quindi dona questo puro sguardo che Lui ha sul Padre.

Noi non siamo capaci di avere un pensiero trasparente perché abbiamo un pensiero molteplice.

Abbiamo tanti amori, tanti interessi e tanti fine ed è questo che ci impedisce.

Perché Dio è presente in noi, quello che impedisce a noi la trasparenza è l'identificazione di questa presenza di Dio che portiamo in noi è il nostro pensiero che è inquinato da tanti amori e tanti fini.

Il Figlio di Dio attraverso la sua voce ci raccoglie da tutti i nostri ovili, per portarci nell'unico ovile della conoscenza di Dio.

"Ci sarà un solo gregge e un solo pastore", cioè c'è una unica scuola e un unico maestro ed è Dio che fa abitare tutti sotto la stessa tenda, sopratutto tutti i nostri pensieri che sono tutti scolaretti.

E.: La voce di Dio arriva a noi senza di noi, però noi non possiamo valutarla.

Luigi: Noi dobbiamo valutarla.

Il più delle volte noi siamo disturbati nella valutazione perché preferiamo i buoi, i campi e la moglie.

E allora il Signore dice che fintanto che tu non lasci buoi, campi e moglie non puoi ascoltare la sua voce perché appartieni ad altro.

Ognuno di noi ascolta la voce di ciò cui appartiene e se io vivo per una cosa, io appartengo a quella cosa.

E allora ho senz'altro le orecchie attente per quella cosa per cui io vivo ma, certamente io sono distratto da tutte quelle cose che non riguardano quel fine per cui io vivo.

Ognuno ha l'orecchio aperto alla cose del padre suo.

E ognuno di noi ha un certo padre e fintanto che noi non abbiamo Dio per nostro padre, noi non possiamo avere le orecchie aperte alle cose di Dio.

Perché abbiamo altri padri che impediscono a noi di ascoltare la voce di Dio.

La voce di Dio arriva ma noi non siamo in grado di ascoltarla, di riconoscerla.

F.: Quando hai Dio come fine, la molteplicità non ti disturba più.

Luigi: Anzi, diventa un campo di vita, un campo per unificare.

La molteplicità diventa il campo di lavoro per vivere, perché si tratta di consumare tutto nell'unità di Dio.

È tutto da recuperare in Dio.

G.: L'opera che Dio fa con ogni uomo di fargli esperimentare la privazione di eterno, vita, unità e presenza è per aprire l'uomo all'interesse ed è soltanto l'uomo che può rifiutare questo.

Luigi: Due sono i grandi fattori con cui Dio suscita l'interesse nell'uomo.

Prima donando Se Stesso, poi portandoti via Se Stesso, quindi portandoti via quello che già hai, forse...

Sono le due spade attraverso cui Dio opera per formare in noi l'interesse, l'attrazione, per portarci nella giustizia.

Togliendoti quello che tu hai ma non sai di avere, sprofondandoti cioè in tutto ciò che non è Dio, forse in te si forma l'attrazione per Dio, l'interesse per Dio.

Poi l'interesse ti porterà ad ascoltare la voce del Figlio.

Ma questo soltanto per le sue pecore e le sue pecore sono quelle che hanno interesse per Dio.

Sono quelle pecore in cui si è formato l'interesse e l'attrazione per Dio.

Queste hanno l'orecchio aperto alla voce del Figlio.

G.: Il passare della vita tutta, il più delle volte serve solo per far nascere questo interesse.

Luigi: Certo, anche la morte è per questo.

La morte che è perdita di tutto, è per suscitare e formare in noi quest'interesse.

Per cui noi abbiamo incontrato la morte perché abbiamo sprecato la nostra vita in ciò che non è Vita.

Qui tocchiamo con mano la morte, però anche attraverso questa morte, Dio tenta d'operare questo interesse.

H.: "Erano tuoi e tu li hai dati a me", però quando noi siamo attratti non conosciamo ancora il Cristo.

Luigi: Se tu sei attratto, tu appartieni a ciò che ti attrae.

Se tu sei attratto da Dio e cerchi Dio, tu appartieni già a Dio.

Non sai come fare per arrivare a Dio, però hai interesse per Dio ed è questo interesse che ti porterà al Figlio.

Perché ti porta a Colui che ti sta parlando di ciò che ti sta più a cuore.

Tu hai interesse per conoscere Dio ma non sai dove sbattere la testa.

A un certo momento incontri uno che ti parla di ciò che ti sta più a cuore e dici: "Finalmente ho trovato".

È la risposta che hanno dato i discepoli: "Abbiamo trovato".

Cosa avevano trovato?

Avevano trovato  Colui che rispondeva al loro bisogno.

Tutto lì, il che vuol dire che erano attratti dal Padre.

Perché tanti hanno incontrato il Cristo ma non hanno mica trovato in Lui, Colui che rispondeva al loro bisogno.

Erano attratti da altri interessi e l'hanno mandato a morte.

I.: Ci sono dei richiami di Dio fortissimi per farci superare il pensiero del nostro io.

Luigi: Certamente, è tutto opera di Dio che ci toglie tutto, per formare in noi perlomeno l'attrazione per quello che ci sta togliendo.

M.: Dio ci toglie tutto quello che ci ha dato indipendentemente da noi, per ridarcelo affinché possiamo farlo nostro.

Luigi: Per ridarcelo per mezzo nostro no, si ottiene solo per conoscenza.

Però alla conoscenza non si arriva senza di noi.

Non si arriva senza quest'ascolto che vuol dire mettere a tacere tutto il resto.

Fintanto che io non metto a tacere tutto il resto non posso dedicarmi a Dio, non posso servire due padroni.

La voce di Dio quindi mi arriva ma io non l'ascolto.

Profondamente non dico: "Signore parla che il tuo servo t'ascolta".

Io non ascolto perché sono disturbato da altri miei interessi.

Noi dobbiamo quindi mettere a tacere tutto il resto per ascoltare soltanto la sua voce, perché soltanto attraverso la sua voce, noi possiamo giungere alla conoscenza.

La dedizione da parte nostra consiste in questo: mettere a tacere tutto il resto, tutto ciò che non è Dio, per ascoltare solo Dio.

Perché Dio si conosce solo per mezzo di Dio.

Ecco per cui Colui che ti crea senza di te, non si fa conoscere senza di te.

Senza cioè questo tuo mettere tutto a tacere, per dedicarti, per fare attenzione (ascolto) a Colui che ti sta parlando.

M.: L'unità cos'è? Concentramento di pensieri in un unico pensiero?

Luigi: L'unità non è concentramento di pensieri, l'unità è l'essere stesso di Dio.

Dio è uno di per Sé, non è che è uno perché è sintesi.

Non è che io raccogliendo tanto trovo uno.

Io raccogliendo tanto trovo gli animali, ma dagli animali non passerò mai al trono di Dio, per quanto mi possa avvicinare ci sarà sempre un muro, sempre un intervallo tra il sentimento e la conoscenza della verità di Dio.

Dio invece è uno di per Sé, non ci sono due infiniti, l'infinito è uno solo e per quanto aggiungi all'infinito, l'infinito sarà sempre uguale.

L'infinito è uno e l'uno è infinito.

Quindi Dio è uno di per Sé, non perché è sintesi di tanti pensieri.

Ecco per cui a un certo punto è necessario superare tutti i pensieri, non cercare la sintesi di tutti i pensieri.

Ma superare tutti i pensieri per pensare soltanto Dio, perché Dio si rivela soltanto da Dio.

Dio da Dio, luce da luce.

N.: Noi nel Padre troviamo la giustificazione di tutto?

Luigi: Ma vedi, quando uno ha un fine diverso da Dio, vivendo per un fine cosa fai?

Non fai altro che sottomettere tutto a quel fine lì ma a un certo punto nella tua vita ti arrivano fatti che non puoi sottomettere a quel fine lì.

Anzi che ti contraddicono quel fine, te lo buttano in aria.

Non puoi unificare tutto.

Non puoi giustificarlo.

Solo Dio è il luogo in cui tutto è giustificabile.

Tutti gli altri fini diversi da Dio, per quanto nobili e santi siano, non possono essere luogo in cui tutto è giustificabile.

Qualche cosa non entra più.

Qualche cosa ti contraddice.

E basta quello per metterti tutto in crisi.

O.: Nessuna religione ha mai presentato una cosa del genere.

Luigi: Ma nessuna religione può parlare come Cristo.

Cristo ti conduce al Padre perché ti dice delle parole che soltanto il Figlio può dire, per cui il Figlio diventa il passaggio obbligato.

Soltanto nel Pensiero di Dio, che è il Figlio di Dio e che ognuno porta dentro di sé, noi possiamo conoscere il Padre.

"Nessuno conosce il Padre se non il Figlio".

P.:Pensavo a questa gradualità nel raccoglimento nell'unità.

Noi incominciamo a raccogliere in Dio, quando iniziamo a scoprire l'esistenza di Dio, per opera del Figlio, perché senza di Lui noi non ce lo sogneremmo neppure.

Raccogliamo tutti i segni e la creazione fino a raccogliere il pensiero di noi stessi in Dio.

Quello che ci porta vicini  al trono della conoscenza è proprio raccogliere questa esperienza d'assenza, perché è solo da Dio che si vede che l'assenza è un predicato della presenza.

Anche il passare delle cose è un segno che noi subiamo, però solo da Dio, se lo raccogliamo in Dio capiamo che il tempo è una categoria dell'eterno che portiamo in noi...

Luigi: Ti fermo subito perché stai pasticciando.

Tutti i segni che Dio ci fa arrivare sono per formare in noi l'interesse, perché l'interesse ti apre l'orecchio all'ascolto del Figlio.

Il Figlio ti porta al Padre, dal Padre, poi dopo, quando riceverai lo Spirito di verità, lo Spirito della presenza, potrai arrivare a capire.

Tu non puoi raccogliere attualmente, tu raccogli in quanto dagli avvenimenti e dai fatti, tu raccogli in quanto maturi in te interesse per conoscere l'autore di queste cose.

Tu capirai quando lo Spirito di verità ti condurrà a vedere la verità in tutto e vedrai anche l'amore che Dio ha avuto in tutte le cose che ha fatto nella tua vita ma adesso non puoi.

Non si può passare dalla terra al cielo, non si può passare dal sentimento alla conoscenza, si deve discendere.

P.: Inizialmente tutti i  segni e i sentimenti hanno la funzione di una spinta.

Luigi: Certamente, per formare in te l'interesse.

P.: La luce ci verrà dopo, adesso la luce ci viene per un sentito dire ma mi convince.

Luigi: Quando uno ti parla e ti parla nella verità, ti prende per il collo e ti porta a vedere la verità che tu non puoi negare.

La verità s'impone.

P.: Da lì divento responsabile.

Luigi: Infatti il Signore dice: "Se Io non avessi parlato non sareste in colpa", perché parlando ti convoca a una presenza e quando tu costati, adesso sei responsabile.

Q.: Dal momento che la conoscenza di Dio, non ha trovato rispondenza nell'uomo, rimane solo la conoscenza per privazione...

Luigi: Sia chiaro che la privazione è per portarti all'interesse e quindi all'intelligenza.

La conclusione è sempre l'intelligenza.

Alla conoscenza si arriva soltanto con l'intelligenza, la privazione ti riconduce dove tu hai fallito.

R.: "La Gloria che Tu mi hai dato, Io l'ho data a loro, affinché siano una cosa sola, come noi siamo una sola cosa, affinché siano perfetti nell'unità".

Luigi: Noi siamo chiamati a consumare tutto nell'unità, a portare cioè tutto a compimento.

Tutto in questa unità di Dio, poiché lì sta la vita.

La vita sta nel subordinare, nel sottomettere, nel raccogliere tutto in un fine unico, non ci sono tanti fini, siamo stati creati per un fine unico.

La più grande scemenza è quella di vivere per altri fini, perché ci stiamo distruggendo completamente.

C'è una guerra del Golfo per ognuno di noi.

S.: Solo se abbiamo interesse per Dio possiamo ascoltare la voce di Cristo.

Luigi: Quello che apre il nostro orecchio all'ascolto è l'interesse.

Infatti più noi pensiamo a noi stessi e più noi siamo sempre molto attenti a tutti coloro che parlano di noi.

Il che vuol dire che noi abbiamo pensato molto a noi stessi.

Se noi pensassimo molto a Dio, noi saremmo molto attenti quando si parla di Dio e quand'anche si parlasse di noi, noi ce ne fregheremmo altamente.

T.: Siamo fatti per l'unità e non sopportiamo la divisione.

Luigi: La divisione è morte.

T.: È il Padre che ci fa uno, prima deve avvenire questa unificazione interiore nostra, questa armonia con Dio...

Luigi: Sì ma questa armonia con Dio è Dio che la forma, è Dio che fa abitare che raccoglie e fa abitare tutti i nostri pensieri nella sua unità.

T.: Ma prima Dio deve realizzare l'unità in noi, se no è una utopia l'unità tra di noi.

Luigi: È un beato sogno, è assurdo perché questo non dipende dalla nostra volontà.

Qui è esclusa la volontà.

Quindi è inutile esportare, invitare gli uomini a unirsi, non possono, è come esortare un gatto ad essere un cane, tutta la mia fatica è tutta inutile, il gatto non può essere un cane.

È inutile esortare gli uomini a fare la pace, non possono fare la pace.

Se cercano Dio sì, la pace viene da Dio, non è atto di buona volontà degli uomini: "Se mi aveste ascoltato, la pace sarebbe come le acque del mare", quindi la pace è una conseguenza dell'ascoltare Dio.

È Dio che fa abitare tutti sotto la stessa tenda, ma in quanto hanno Dio come fine ma fintanto che non abbiamo Dio come fine stiamo freschi.

T.: Ogni io vuol farsi centro...

Luigi: Ma certo la guerra è dentro di noi e tra noi.

T.: Ma mettere Dio al primo posto è questione di volontà?

Luigi: È grazia di Dio, solo grazia di Dio.

Tutto quello che tu fai di positivo è tutto grazia di Dio, è tutto dono di Dio.

Perché senza Dio tu fai niente.

Il tuo "no" quello è opera tua.

L'opera veramente nostra è soltanto l'incompiutezza, cioè il non riportare a Dio, quello è nostro.

Cioè, se io sono invitato a pranzo, il rifiuto è mio, l'andare a pranzo è grazia di chi mi ha invitato.

Io non posso da solo invitarmi a pranzo, quindi se vado a pranzo è grazia di chi mi ha invitato, ma se dico "no" la colpa è mia.

Quello che è veramente nostro, è soltanto questa incompiutezza: nel non riportare ogni cosa a Dio, perché ogni cosa va riportata a Dio.

Ma se io riporto a Dio, quello è grazia di Dio.

Se riporto a Dio quello è grazia di Dio, se non riporto a Dio, la colpa è mia.



E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.   Gv 10 Vs 16 Appendice

 


 

4-1/Febbraio/1991 Casa di preghiera Fossano.