HOME


Non era lui la Luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce Gv 1 Vs 8


Titolo: Il Maestro e il Bidello.


Argomenti: Toccare con mano che siamo tenebre. La chiave della comprensione. Aderire alla realtà. La voce della creazione. Le creature sono segni e testimoni.

Vi fu un uomo mandato da Dio (la Fedaltà).

 


3/Ottobre/1975


Dall’esposizione di Luigi Bracco (appunti):

 

“Non era lui la luce”

Abbiamo visto che due sono le azioni di salvezza da parte di Dio:

·l’azione del Verbo di Dio che è Luce,

·l’azione di Giovanni che è azione di richiamo, di recupero.

 È la duplice azione del professore che:

·fa la lezione

·e richiama l’alunno all’attenzione quando chiacchiera e si distrae.

Ma questa seconda azione non è la lezione.

 Così in Dio:

·è il Verbo che parla, che ci fa la lezione,

·ma dato che noi siamo distratti, parliamo noi e rifiutiamo la Luce ecco che Dio manda Giovanni: “La voce che grida nel deserto” (Is 40,3; Mt 3,3; Gv 1,28), per richiamare la nostra attenzione a Lui.

“Non era lui la Luce”, cioè non è lui il maestro che spiega, non è la lezione, ma “venne per rendere testimonianza alla Luce”, cioè per recuperarci, per richiamarci all’attenzione alla Luce. La funzione di Giovanni Battista è quella del bidello che richiama gli alunni in aula, all’attenzione del Maestro.  Succede cioè come quando siamo distratti:  si scatenano le forze di reazione per richiamarci all’attenzione (così come quando una macchina va fuori strada).

Questa azione di recupero si sintetizza pienamente e si conclude poi nel Cristo: il Verbo s’incarna per recuperare le nostre tenebre alla sua Luce.

Cristo è il Verbo, è Lui stesso la Luce. La Luce era già prima dell’incarnazione, ma il prima è stato rifiutato, e questo avviene nella vita di ciascuno di noi. Cristo per noi personalmente è venuto e deve ancora venire. Cioè è una scoperta personale che facciamo di Lui quando prendiamo coscienza della nostra povertà e del bisogno che abbiamo di Lui.

Abbiamo però bisogno di un altro che ci dia una mano per aderire a Dio e metterlo prima di tutto, perché solo chi si propone di mettere Dio prima di tutto, può toccare con mano la propria miseria. Questa esperienza di povertà a cui ci porta la giustizia predicata da Giovanni Battista è la testimonianza delle tenebre stesse. Dio ci recupera a questa giustizia, a questa attenzione a Lui, non più attraverso la Luce che è stata rifiutata, ma attraverso le tenebre stesse, cioè attraverso tutto ciò che non è Dio, attraverso l’opera di Dio (Giovanni) e attraverso l’esperienza delle tenebre stesse.

Quindi, ricapitolando e concludendo: tutta l’azione dell’Antico Testamento, e quindi tutta l’azione di Dio nel nostro mondo, fu ed è quella di portarci a mettere Dio prima di tutto. È la condizione perché le tenebre possano accogliere la Luce. È il primo atto di giustizia da farsi. Chi non l’ha fatto, non ha potuto accogliere il Cristo, perché, non avendo scoperto la propria miseria, non  ha maturato il bisogno di Lui.

Ma chi si  propone di mettere Dio prima di tutto,  si sente incapace e sente il bisogno di aiuto. Toccare con mano che siamo tenebre è appunto la condizione perché le tenebre possano accogliere la Luce, Cristo. Ma chi ci fa toccare questa nostra miseria e cecità? È la funzione di Giovanni Battista (“venne per rendere testimonianza alla Luce”), colui che viene a testimoniare la giustizia prima; è un’azione preparatoria che sintetizza tutta l’opera svolta da Dio nell’Antico Testamento per portarci all’incontro con Cristo, col Verbo.  Il Verbo è già dentro di noi, ma per scoprirlo, abbiamo bisogno di incontrarlo fuori; ma per incontrarlo fuori dobbiamo arrivare a toccare con mano la nostra povertà e quindi a sentire il bisogno di Lui.

L’azione di recupero non è accettata da tutti, perché non è automatica; infatti non siamo costretti a superare noi stessi, per mettere Dio prima di tutto. Si entra nella Verità col desiderio di Dio (e questo è opera di Dio) e col superamento dell’io (e questo dipende da noi).

Quando l’io si esalta, non compie più la prima giustizia. L’essenza dell’opera di Giovanni sta nella predicazione di questa giustizia.

Il Verbo che parla dentro di noi, dal momento che abbiamo preferito il nostro io a Lui, non viene più percepito; ma se un altro fuori di me mi ammonisce e mi ragiona, percepirò questo richiamo e le tenebre che si esaltano si ridimensionano.

Questa funzione di richiamo, di recupero, Dio la svolge anche attraverso gli avvenimenti e le disgrazie e con tutto ciò che umilia l’uomo che crede di essere tutto. Attraverso le lezioni della vita, Dio ci conduce a toccare con mano che siamo meno di un moscerino, di un filo d’erba, che basta un soffio per far scomparire e non lasciar traccia dietro di sé. Fra cento anni chi si ricorderà di noi? Basta una pietruzza nel corpo per far urlare di dolore l’uomo più forte! E noi facciamo la stoltezza di “far fuori Dio" e vivere come se Lui non ci fosse, o di affermare che Lui non esiste. Ma Dio non si ferma a queste parole vane e fa di tutto per recuperarci. Ecco la pazienza di Dio! Ci porta a toccare con mano che da soli non possiamo fare niente, che la sua Volontà è più forte della nostra, per cui in certe situazioni si cozza contro un muro.

Conclusioni pratiche: se abbiamo Dio che tenta di recuperare le tenebre è importante che le tenebre lascino fare, accogliendo le lezioni di Dio anche se per ora non si capiscono.

La chiave della comprensione è che:

·le tenebre riconoscano l’esistenza di Dio,

·Lo mettano prima di tutto

·e accettino tutto da Lui, anche se non capiscono; è normale che le tenebre non capiscono, perché per capire dovrebbero essere nella Luce, per cui, per ora, l’importante è accettare l’azione di Dio,

·e infine  imparino a muoversi nel “pensato” di Dio, (mai fare nulla per iniziativa nostra).

Tutto quello che non dipende da noi, se accettato da Dio, è tutto buono perché il male viene solo dal di dentro. Tutto ciò che non dipende da noi, in quanto non è fatto da noi, è già opera di Dio, mandata da Dio:  è Antico Testamento, è Giovanni (il cui significato etimologico è “misericordia di Dio”), che, parlandoci in un linguaggio umano, tenta di recuperarci all’attenzione a Dio.

Dovremmo avere solo paura:

·di tutto ciò che rifiutiamo

·e di tutto ciò che è fatto per nostra iniziativa, il che è già un rifiuto.

Infatti se non aderiamo alla realtà, alteriamo la realtà; ad esempio se affermiamo che una cosa è nera quando invece è rossa, alteriamo la cosa stessa e il rifiuto della realtà è opera nostra.

Aderire invece alla realtà è l’unica cosa da farsi; ma aderire alla realtà vuol dire accoglierla da Dio e riportarla in Dio per vederla da Dio e capire come comportarci con essa. In caso diverso fraintendiamo, per cui la nostra “adesione” alla realtà è sostanzialmente un rifiuto, perché vi proiettiamo il nostro io.                 

Pensieri tratti dagli incontri del Sabato: Sabato 24.01.1976 (appunti)

“Non era lui la Luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce.”

Tutto rende testimonianza alla Luce. Tutto ci indica ciò che dobbiamo cercare.

È un lampo che poi subito sparisce come nella Trasfigurazione: Gesù ci fa vedere cosa dobbiamo cercare, cos'è la Verità; poi dobbiamo darci da fare.

L'uomo entra solo se fatica personalmente a superarsi per raggiungere la Verità che ha intravisto: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta" (Lc 13,24). In questa fatica si forma in noi un grande amore. Le difficoltà sono positive perché fortificano l'amore e formano una tensione, la fame, un grande amore alla Terra Promessa. "Il mio popolo si forma in terra di schiavitù", dice Dio,  perché nella schiavitù si continua a sospirare: "Come si starà bene nella Terra Promessa!".

A Dio si arriva nella misura in cui ci siamo preparati (pensare a Lui, non dipendere che da Dio e non far conto su altro), perché se arriviamo a Lui senza la fame, ci è impossibile accoglierlo.

Giovanni Battista e tutte le creature ci dicono: “Non siamo noi la Luce, ma rendiamo testimonianza che la Luce c'è”. Questa è la funzione di tutto l'Antico Testamento, del mondo esterno.

"Perché tutti credessero per mezzo di lui": è un lampo di Luce per ricuperarci dal nostro rifiuto iniziale. Ma allora se non è Giovanni la luce, ma un testimone della Luce, ecco che l’anima è messa in movimento, in ricerca: qual è la Luce vera? Ci sarà detto al versetto seguente: “La  Luce vera è quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo” . Quindi la Luce vera va cercata dentro di noi.  

Sabato 23.04.1983

 

Luigi: “Non era Lui la Luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce”; ecco, l’uomo giusto è colui che dice: “non sono io la Luce”.

Pinuccia B.: Infatti Giovanni Battista dirà: “È necessario che Lui cresca e io diminuisca” (Gv 3,30).

Luigi: Si capisce, è lì la grandezza di Giovanni il Battista.

Pinuccia B.: Non incentra le creature su di sé, anzi cerca di staccare da sé gli ultimi discepoli che sono con Lui e che non vogliono  rinunciare a lui per seguire il Cristo.

Piero : Chi è nello Spirito di Dio sente l’esigenza di comunicare non se stesso, ma quanto sta vivendo.

Luigi: Tutta la grandezza di Giovanni Battista sta lì, perché l’uomo da solo, fosse anche profeta, tende ad avere i suoi discepoli sotto di sé. Invece lui dice: “È necessario  che Lui cresca e che io diminuisca”.

Pinuccia B.: Quando i suoi discepoli si staccano da lui per andare da Gesù, egli  ne gode.

Luigi: Egli stesso li convoglia a Gesù e dice: “Andate; interrogate a mio nome, e sentite ciò che Lui vi dirà”(cf Mt 11,2-3). Li ha mandati lui, perché loro non sarebbero andati di loro iniziativa, e li ha incaricati di interrogare Cristo a suo nome (poiché essi erano legati a lui). Giovanni Battista convoglia tutti al Cristo, perché la sua funzione è proprio quella di segnalatore.

Pinuccia B.: Infatti dice: “Chi possiede la sposa è lo Sposo; ma l’amico dello Sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello Sposo. Ora, questa mia gioia è compiuta” (Gv 3,29). Quindi Giovanni “Non era lui la luce…”  ed era consapevole di non esserlo, per cui lo poteva dire.

Luigi: Quindi non può salvare, però “…rende testimonianza alla Luce”.

Pinuccia B.: Difatti, anche quando i Farisei gli manderanno a chiedere: “Ma sei tu il Cristo?”, lui risponderà: “No, non sono il Cristo” (Gv 1,20). Ha la funzione di richiamare l’attenzione sulla Luce trascurata, non accolta.

Luigi: L’uomo peccatore invece è l’uomo che si presenta come luce: “Sono io che opero; sono io che faccio”, e si gloria, si mette in vetrina; pretende che tutti lo applaudano, cerca la gloria nel mondo. Ed è questo genere di uomo che non può credere: “Come potete credere voi che elemosinate la gloria gli uni dagli altri?”(Gv 5,44). Invece la giustizia sta in questo: “Io non sono la Luce, la Luce è Dio”. Quindi cerca Dio e troverai la Luce; e cercando Dio rendi testimonianza.

Piero : Quando la creatura viene messa in crisi dal  confronto con queste creature pure, che sono in Dio, se aderisce a Dio, immediatamente passa dallo stato di peccato allo stato di grazia; cioè viene purificata da questo confronto e poi dall’incontro col Pensiero di Dio. E una volta purificata, anch’essa rende testimonianza, come Giovanni Battista?

Luigi: Certamente.

Nino :Non era lui la Luce”, ma doveva testimoniarla, perché per questo era stato mandato. Infatti  quando gli chiederanno chi lui è, egli risponderà: “Io sono voce di uno che grida nel deserto”(Gv 1,23; cf Is 40,3).

Luigi: È una voce; d’altronde se noi fossimo attenti a Dio, tutta la creazione è una voce che ci richiama a Dio. Tutte le creature, dice S. Agostino, dicono: “Non siamo noi Dio, alza gli occhi, un Altro ci ha fatti, quindi non fermarti a noi”. Noi, nel pensiero del nostro io, scambiamo tutte le creature come la realtà, e quindi ci mettiamo a vivere per esse, credendo che la nostra vita stia lì; invece nella Realtà tutte le creature sono delle voci che dicono a noi: “Noi non siamo il tuo Dio”. Ad un certo momento tutte le creature ce lo dicono con il loro mutare, con il loro morire; tutte le creature ce lo dicono: “È inutile che tu ci consideri tuo Dio, perché noi non siamo il tuo Dio. Dio è un Altro, alza gli occhi a quest’Altro!”.

Questa è la voce di tutta la creazione, di tutto l’universo, e si sintetizza in quella di Giovanni Battista. E questo, onestamente, ognuno di noi lo deve dire. Per cui ognuno di noi non deve mettere il pensiero del suo io al centro della sua vita e tanto più non deve mettere il pensiero del suo io al centro degli altri. Quindi non dobbiamo mettere il pensiero del nostro io al centro dei nostri pensieri e dobbiamo anche evitare di mettere il nostro io al centro degli altri.

Piero : La nostra grossolanità macchia tutto, mentre invece chi vive nel Pensiero di Dio raccoglie tutto, compresi i peccati degli altri e, riportando tutto nel Pensiero di Dio, egli stesso è purificato e vede tutto puro.

Luigi: Si capisce, è la consacrazione del mondo.

Nino : Mettersi al centro degli altri è abbastanza comprensibile che non lo dobbiamo fare, però se c’è qualcuno che ci mette al centro, noi ci stiamo…; ma anche questo non va fatto.

Pinuccia B.: E anche quando ci preoccupiamo del giudizio degli altri, implicitamente ci mettiamo al centro, riteniamo che gli altri stiano a pensare a noi…

Nino : La cosa è più sottile quando qualcuno ci loda o ci esalta…

Luigi: E lì, se uno non ha sempre ben presente il Pensiero di Dio, ci casca, non può farne a meno.

Piero : È solo rimanendo nel Pensiero di Dio che noi stiamo nella nostra giusta dimensione. Ma  fintanto che “sei tu che pensi Dio",  non ci siamo, usciamo dalla vera dimensione,  perché “è Lui che pensa te”.

Alcuni pensieri conclusivi:

Piero : Credere e convertirsi, cioè cambiare vita.    

Luigi: È il battesimo di Giovanni Battista.

Nino : Sembra che Giovanni Battista mi chieda: “Tu che credi di aver incontrato il Cristo, L’hai incontrato veramente o magari devi ancora fare quella giustizia essenziale?”.

Pinuccia B.: Dio non abbandona l’uomo nella sua situazione, ma vuole recuperarlo. Tutto ciò che accade e tutto ciò che ci circonda svolge la funzione di Giovanni Battista.

Luigi: Giovanni Battista è la conclusione dell’Antico Testamento. Se noi siamo nell’Antico Testamento tutte le creature hanno la funzione di recuperarci in questa giustizia.

Pinuccia B.: Tutto ci testimonia la Luce; non è Luce, ma ce la testimonia, ci convoglia lì.

Luigi: Certamente, tutte le creature rendono gloria a Dio; proprio dicendo: “Noi non siamo Dio, noi non ci siamo fatte da sole”, rendono gloria a Dio: dalla più piccola alla più grande.

Nino : Perché Giovanni Battista dice: “…non sono un profeta” (cf Gv 1,21)?

Luigi: Perché gli chiedono se egli è “il” Profeta, inteso come Messia. Egli dice: “Io sono una voce, uno qualunque”. Gesù renderà gloria a Giovanni Battista e dirà di lui: “Chi andaste dunque a vedere? Un Profeta? Sì, vi dico; anzi, egli è più che un Profeta: egli è il più grande tra tutti i nati di donna”; ma questo non lo può dire Giovanni. Dio lo dice.

Nino : Ma Giovanni lo era…

Luigi: Giovanni era il più grande proprio perché non diceva di esserlo; l’avesse detto non lo sarebbe più stato.

Sabato 18.02.1989

 

Nino : “Non era Lui la luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce”. Lui è un testimone che ci segnala dove avremmo dovuto cercare la luce. La luce non doveva essere cercata presso Giovanni.

Luigi: Certo, Giovanni non si sostituisce alla Luce; lui non dice: “Guardate me”.

Nino: anzi, lui dice di Gesù: “Non sono degno di sciogliergli il legaccio dei sandali”.

Delfina: Nessuno può essere la Luce, però tutti possiamo essere illuminati da essa.

Luigi: Si capisce, noi non siamo la Luce, ma siamo illuminati dalla Luce. Il problema è accettare e accogliere questa Luce. La Luce è Dio.

Tiziana: Questa distinzione tra  la Luce e il testimone della Luce è per aiutarci a superare il rischio di rimanere agganciati ad una creatura che ci parla di Dio come se fosse la Luce stessa.

Luigi: Certo, non bisogna mai confondere il segno con il significato del segno. Il segno è un testimone: è la palina  che ti indica la strada, ma non è la strada; però ti indica la strada, cioè è una testimonianza della strada, una testimonianza della meta; essa ci dice: “Vai avanti e arriverai”. Quindi la palina è una segnalazione della meta, però il fine, il significato, è la meta,  arrivare alla meta. Ora, tutte le creature sono dei segnalatori, sono dei testimoni, volenti o nolenti; anche nolenti, perché l’uomo può anche dire “Io sono tutto”; lo dice a parole, ma nella realtà magari il giorno dopo ha mal di pancia ed è costretto a contorcersi: ecco non è più tutto! Magari il giorno dopo lo vedi che sta morendo: non è più tutto! Uno che sta morendo è tutt’altro che tutto, perché lui vorrebbe vivere. Quindi l’uomo subendo gli avvenimenti, morendo, rende testimonianza alla Luce, cioè rende testimonianza alla Vita. E come rende testimonianza alla vita? Semplicemente dicendo: “Io non sono la vita”. Tutti gli uomini a parole ti possono dire “Io sono tutto per te”, ma tu osservali nella realtà: vedrai che tutti ti dicono: “Io non sono tutto per te; io non sono la vita, perché domani non ci sarò più”. Quindi gli uomini sono dei segnalatori, sono dei testimoni. Chi muore rende testimonianza che la vita non è in lui, ma che la vita è altrove; infatti noi non vorremmo subire il tempo che passa, eppure ognuno di noi con il trascorrere del tempo arriva alla sua morte. Con il tempo che passa noi rendiamo testimonianza che noi non siamo eterni, che l’Eterno è un Altro. Ecco, questa è la testimonianza che, nolenti (nota bene: nolenti!) noi siamo costretti a rendere a Dio. Infatti anche l’inferno rende testimonianza a Dio. Tutte le creature, in cielo, in terra, in ogni luogo, rendono testimonianza a Dio. Dio raccoglie gloria da tutte le cose. Anche chi bestemmia rende testimonianza a Dio, stai tranquilla!

Giovanna: “Non era lui la Luce”; però il Battista predica già la penitenza, ci parla di Dio, ecc., per cui  c’è  il rischio di fermarsi a questo suo messaggio, fermarsi a lui.

Luigi: Certo, tu corri il rischio di fermarti alla palina che incontri per la strada. Se incominci a verniciarla, a metterci i fiori attorno, a metterci le tendine, ti fermi alla palina. La palina però non ha quella funzione lì; la funzione della palina è quella di dirti: “Vai avanti, non guardare me”. Se tu invece ti fermi ad essa per dirle:  “Oh, come sei bella!”, è finita.

Giovanna: Sì, ma siccome Giovanni Battista predica già il superamento dell’io, ci si può fermare ancora a lui?

Luigi: Certo! E quanti si sono fermati al Battista! Ancora all’ultimo giorno, prima di morire, alcuni dei suoi discepoli devono essere mandati, da parte di Giovanni Battista, da Gesù, perché non vogliono separarsi da lui. Li deve mandare al Cristo, perché Giovanni Battista è il segnalatore. E li manda a nome suo, perché diversamente loro non sarebbero andati, in quanto loro volevano restare con lui. Quindi c’è il rischio di fermarci alle cose nostre, agli interessi nostri, alle creature nostre, cioè di legarci ad esse e non capire il messaggio che esse recano a noi, la testimonianza che danno a noi di Dio. Per cui bisogna sempre andare oltre.

Quindi c’è un momento in cui tu ricevi testimonianza dal mondo esterno, ma poi devi chiudere gli occhi e rientrare dentro di te, perché la Verità è dentro di te. Quindi non continuare a spalancare gli occhi sul mondo. Il mondo comunica a te un  messaggio di Dio, ti fa arrivare un annuncio, ma poi sei tu che devi chiudere gli occhi, separarti dal mondo per cercare di capire il Pensiero di Dio, il significato delle cose che Dio ti fa incontrare. E allora fai come Adamo, che lungo il giorno riceveva i messaggi dal mondo e alla sera conversava a tu per tu con Dio  per conoscere l’intenzione, il Pensiero di Dio. È quello che deve fare ognuno di noi. È per questo che tutta la creazione è fatta a periodi di giorno e di notte; di giorno tu ricevi i messaggi dal mondo, di notte li riporti a Dio. La notte non ti è data per dormire, ma ti è data per conversare col Signore, perché la notte è significazione del mondo che è tramontato. Quando scende il sole, le creature non ti dicono più niente, perché tutto diventa grigio; allora sei tu che adesso devi colloquiare con Dio, riportando a Lui quello che Dio ti ha fatto arrivare durante il giorno, per capire il Pensiero di Dio, per capire il significato di Dio.

Angelo: Nel versetto 8 il Signore mi ha fatto capire che Giovanni Battista non era la Luce, ma solo testimone della Luce, cioè del Dio Creatore.

Silvana: La Luce si attinge solo dalla Luce.

Luigi: La Luce si attinge solo dalla Luce, la Vita si attinge solo dalla Vita, l’Assoluto soltanto dall’Assoluto, l’Eterno soltanto dall’Eterno, l’Infinito soltanto dall’Infinito, Dio solo da Dio; però tutto  rende testimonianza, davanti a te,  all’Infinito, all’Eterno, all’Assoluto, a Dio; tutto! Però niente di ciò che vedi, tocchi e esperimenti è l’Assoluto, l’Eterno, l’Infinito. Perché l’Infinito è Infinito e non si confonde con nessuno. Dio è Dio e non si confonde con nessuno.

Se tu vuoi conoscere Dio devi dire “ciao” a tutte le creature, a tutte le cose; e questo non perché le creature siano malvagie, siano cattive, no! ma solo perché le creature non sono quello che tu cerchi. Se tu cerchi Dio ad un certo momento devi raccoglierti soltanto in Dio. E soltanto se Dio è in te, tu Lo puoi incontrare; altrimenti non puoi, perché Colui che ti trascende, tu Lo puoi conoscere soltanto attraverso Lui stesso, pur ricevendo testimonianza di Lui da tutte le cose, perché tutte le creature ti dicono: “c’è Lui”. Però tu Lui lo conosci soltanto direttamente da Lui e non in altro modo.

Pinuccia A.: Noi corriamo il rischio di accontentarci…; intendo dire che noi non siamo coscienti di cercare l’Assoluto, e quando ci attacchiamo a qualche cosa ci attacchiamo così, per quello che è; poi ci delude e allora cerchiamo un'altra cosa finita, ma non ci rendiamo mai conto che cerchiamo l’Assoluto...

Luigi: Allora siamo scemi, perché a forza di battere il naso contro un muro, fino a farlo sanguinare, una volta, due volte, tre volte, ecc., ad un certo momento o siamo scemi o altrimenti la smettiamo di sbattere il naso contro il muro!

Pinuccia A.: Ma nel mondo si dice: “La vita è così; si nasce e poi si muore”…

Luigi: Appunto, chi parla così è scemo. Uno che sbatte il naso contro un muro, una, due tre, quattro, cinque volte è passabile, magari perché non lo sapeva; ma a forza di sanguinare se continua a sbattere, bisogna dire che quello è matto, che è scemo; per forza! Quindi non sbattere il naso contro il muro, perché lo fai sanguinare! Ora, noi in continuazione sbattiamo nasate contro i muri, prima con una creatura, poi con un'altra, poi con un’altra ancora, ecc; ad un certo momento tutti ci fanno sanguinare il naso. Se abbiamo un minimo di intelligenza, cerchiamo di smetterla e cerchiamo di riflettere!

Pinuccia A.: Ma si sente dire: “La vita è così, ecc.”….

Luigi: Certo, ma quelli sono discorsi scemi. Cosa vuol dire: “La vita è così”? Cos’è la vita?

Pinuccia A.: Ma è difficilissimo far capire a qualcuno che bisogna riferire le cose a Dio.

Luigi: L’importante non è far capire le cose a qualcuno, l’importante è capirlo noi.

Pinuccia A.: Ma a me pare che al di fuori di questa stanza… ci sono ben pochi che dicono queste cose;  tu sentissi le cose che si dicono fuori!

Luigi: Ma cosa importa dei discorsi che fanno gli altri!!!

Pinuccia A.: Io però  non testimonio, perché  sto zitta.

Luigi: Ma noi non testimoniamo parlando.  S. Francesco è uscito con un altro frate per fare una predica; non è andato a parlare, ma è andato a farsi una bella passeggiata con il suo amico, e poi quando è ritornato in convento alla domanda dell’amico: “Ma non dovevamo andare a fare una predica?”, Francesco ha risposto: “L’abbiamo fatta!”. Ecco, ognuno di noi non predica dicendo delle parole, ma ognuno di noi predica ciò per cui vive. Se tu vivi cercando Dio, quella è la tua predica, anche se non parli mai di Dio. Stai tranquilla che cercando Dio, mettendo tempo per Dio, raccogliendoti in Dio, magari chiudendoti in una stanza, tu predichi Dio. Saranno poi gli altri che si preoccuperanno di cercare che cosa fai, ma non sei tu che devi dirlo.

C’era una coppia di sposi…. Una sera il marito non riusciva a prender sonno; allora la moglie gli chiese: “Come mai non riesci a dormire?”, e lui: “Domani mi scade una cambiale e non riesco a pagarla”. La doveva pagare al vicino che abitava di fronte. Allora la moglie gli disse: “Non ti preoccupare, ci penso io!”. Aprì la finestra e chiamò il tale a cui il marito doveva i soldi e gli disse: “Guarda che mio marito domani non ti paga la cambiale, perché non ha i soldi!”. Poi ritornò dal marito e gli disse: “Adesso tu dormi tranquillo, è lui che ora non dorme più!”. 

Così è lo stesso: non ti preoccupare di dire agli altri che cosa cerchi e vedrai che sono gli altri che si preoccupano per saperlo. Se tu ti metti nella stanza a cercare Dio, ad un certo momento tutti quanti iniziano a chiedere: “Cosa fai tu nella stanza?”, perché non capiscono; ecco, sono loro che si preoccupano, sono loro che cercano! Il problema non è correre a destra e a sinistra per cercare di parlare di Dio; noi non rendiamo testimonianza correndo a destra e a sinistra per cercare di convertire il mondo; perché più corri per cercare di convertire il mondo e più il mondo ti scappa. Fermati e cerca Dio! Ad un certo momento tutto il mondo ti corre dietro, perché vuole capire che cosa stai facendo e per che cosa stai vivendo.

Pinuccia A.: Allora non è che ci si debba sentire in colpa se non si ribatte; perché dicono delle cose talmente madornali che l’unica è stare zitti, perché è inutile...

Luigi: Cristo nel processo della sua condanna a morte non ha detto una parola. Il problema non sta nel parlare, perché in realtà noi parliamo nel modo con cui ci vestiamo, nel modo in cui viviamo, nel modo che amiamo, cioè nel modo che cerchiamo l’Altro. Quelle sono le prediche che si fanno. Le prediche non si fanno dicendo: “Io amo la tale cosa”, perché quando tu  ami, vai a cercare quella “cosa”, e cercando quella “cosa”, è quello che  tu  predichi a tutti!

Franca: Questo versetto è  un ammonimento a non scambiare il mezzo per il Fine. La Luce è una sola, tutto il resto è mezzo.

Luigi: Tutto il resto è segnalazione della Luce, ma non è la Luce. Non dobbiamo mai scambiare il mezzo con il Fine. Tutto è mezzo, il Fine è uno solo. Tutti gli errori che noi facciamo sono dovuti al fatto che noi scambiamo il mezzo per fine; e finiamo di vivere per i mezzi anziché per il fine, e  dimentichiamo il fine.

Pinuccia B.: Mi ricollego a quello che hai detto a Pinuccia il fatto di testimoniare con il silenzio o con la parola,  a seconda se il Signore fa capire di parlare o non parlare. Quando si sente dire che la salute è tutto, magari Dio mi chiede di dire: “No! non è tutto!”.

Luigi: Certo, ti lasci guidare dallo Spirito: però sappi che non sono le tue parole che possono cambiare l’anima, assolutamente. Chi cambia le anime è Dio e i  tempi sono di Dio; le anime sono in mano Sua e non sono in mano nostra. Quindi non farti lo scrupolo: “Io devo dire”; non preoccuparti, ci pensa Dio; tu sforzati di entrare nella Vita Eterna, sforzati di cercare Dio; quello è sufficiente. Tutto il resto è opera di Dio.

Vi fu un uomo mandato da Dio

“Non era lui la Luce": Giovanni Battista non era la Luce. Tutte le creature non sono la Luce.  Noi non siamo la Luce: né per noi stessi, né per gli altri. È la lezione fondamentale del mistero che ci circonda e ci compenetra: noi non siamo la Luce.  Quindi non dobbiamo pretendere di essere Luce, né di comportarci come fossimo Luce.  E non dobbiamo ritenere nessuna creatura come nostra Luce.  "Una sola è la Luce degli uomini; uno solo è il Maestro".

Giovanni Battista non era la Luce, ma rendeva testimonianza alla Luce. Dovrebbe essere la testimonianza, il messaggio di ogni uomo, di ognuno di noi.

Nessuno di noi ha l'autorità della Luce; nessuno di noi può salvare. "Voi siete tutti discepoli",  dice Gesù (Mt 23,8).

La Luce viene da Dio; la salvezza viene da Dio.  Sapendo questo, è a Dio che l'uomo deve guardare.  "L'uomo vive di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).

La Parola che illumina, trasforma, salva e fa vivere, discende dal Cielo di Dio e riconduce al Cielo di Dio quanti l'ascoltano e la intendono.  Essa è nel mondo, ma non viene dal mondo.

Niente di ciò che viene dal mondo può salvare l'uomo; ma tutto lo educa ad alzare gli occhi al disopra delle cose, degli argomenti e dei problemi del mondo.

Niente che sia del mondo può costituire lo scopo di vita di un uomo, poiché l'uomo è fatto per ciò che trascende il mondo, e tutto, anche il mondo stesso, lo educa a non arrestarsi nelle cose del mondo.

L'uomo è fatto per la Verità assoluta, immutabile, eterna. La sua felicità sta nella conoscenza della Verità, che si conclude in Amore, e quindi in Vita. Per questo tutto ciò che appartiene al mondo non può costituire, ma non deve anche costituire, lo scopo di vita dell'uomo. Certamente l'uomo può farlo scopo di vita, ma in tal caso si apre la strada all'infelicità, all'inganno ed alla schiavitù: da cui non gli è possibile uscire tanto facilmente.  "Poiché siete stati creati con un’intelligenza che vi fa comprendere la Verità di Dio, non lasciatevi ingannare dalle realtà che durano quanto dura un giorno”, scriveva S. Gregorio di Nissa.  "L'uomo vive come persona nella misura in cui vede Dio”, conferma in un suo recente editoriale la Civiltà Cattolica.  E Thomas Merton: "La scoperta di Dio è l'unico scopo per cui un uomo possa vivere”.

La Parola di Dio che salva è nel  mondo, ma non appartiene al mondo e non ristagna nelle realtà terrestri; ma, attraverso le realtà terrestri, apre un varco per noi verso la Realtà di Dio. La Parola di Dio è per noi via alla Verità e alla Vita eterna.

Essa non parla le parole degli uomini, ma riceve testimonianza dagli uomini. Giovanni Battista venne per rendere testimonianza a questa Luce, e ogni uomo ha bisogno di ascoltare e di intendere questa testimonianza per trovare la via della vita, poiché fintanto che vive nelle realtà terrestri e per esse, fintanto che si aggira tra gli argomenti del mondo e passa le sue giornate negli interessi e nei problemi del mondo, appartiene alla notte dell'Antico Testamento in cui si vive a tentoni, senza saper dove andare. "Vivevate un tempo senza Dio, in balìa degli elementi del mondo”, scriveva S. Paolo ai primi cristiani (Gal 4,3).  È un’esperienza che si ripete per ogni uomo prima d’incontrare il Cristo.

Giovanni è la notte che rende testimonianza al giorno; è il deserto che rende testimonianza alla Sorgente; è il silenzio che rende testimonianza alla Parola; è la voce che invita al silenzio per lasciar parlare Colui che, solo, ha qualcosa da dire agli uomini: il Verbo di Dio.  Giovanni è la voce della coscienza dell'uomo che gli fa toccare la sua miseria quando più si vanta e si crede ricco, che gli fa toccare la sua debolezza quando si crede forte, la sua cecità quando più si crede al sicuro, il suo niente quando più si crede tutto.

In Giovanni è rappresentato il senso di attesa dell'umanità.  Egli è la testimonianza alla Luce di tutto ciò che non è Luce, è la testimonianza a Dio di tutto ciò che non è Dio.

Non è questa testimonianza che salva l'uomo. Giovanni Battista non salva l'uomo, come non lo salvano la Legge, la giustizia, la penitenza; tutte le opere dell'uomo non salvano l'uomo, poiché non lo liberano, e non possono, dalla schiavitù al pensiero del suo io, e quindi dalla soggezione al mondo.

Giovanni Battista non salva l’uomo, ma lo prepara all'incontro con Colui che lo salva. Chi salva l’uomo è Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, il Maestro che tiene lezioni di Verità e di Vita agli uomini, che muore per condurli a conoscere il Volto del Padre, affinché possano attingere qui, e ognuno personalmente, la vera Luce.

(V – 08.12.1976)

“Perché ripeti: la mia sorte è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?”       (Is 40,27). Forse è Dio che dimentica le sue creature, per le quali ha fatto meraviglie, un cielo immenso di stelle ed una terra che è tutta un miracolo di vita, un giardino di cui non vi è l'uguale in tutto l'universo, o non è forse l’uomo che dimentica e trascura il suo Dio?

Non è Dio che non faccia attenzione all’uomo, ma è l’uomo che non fa attenzione a Dio, tradendo così il suo destino e la sua vocazione.

La vocazione dell’uomo è la vocazione all'attenzione a Dio; allora ogni uomo vede la salvezza e la potenza di Dio.  "Anche i giovani si affaticano e si stancano; gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali di aquila, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi" (Is 40,30).  Ogni uomo è stato creato per la salvezza e la Vita eterna, per giungere cioè a conoscere la Verità di Dio, e Dio opera in ogni cosa per aiutare l’uomo a camminare verso questa meta. Infatti la Parola stessa di Dio ci dice in una lettera di    S. Paolo: "Dio  vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità" (1 Tm 2,4).

Se Dio vuole che l'uomo si salvi, che cosa mai ha da temere l'uomo?  Forse la severità di Dio?  "Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutti i tuoi mali, salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia" (Sal 103,3-4): ecco quello che dicono di Lui quanti Lo conoscono!

Il peccato dell'uomo sta nel non aver fiducia, nel non far conto su Dio: questo sì l'uomo deve temere, poiché la Verità può essere conosciuta solo per mezzo della Verità.  Se non si impara a far conto su Dio, non si può giungere a conoscere la Verità; ma in tal caso non è Dio che non abbia aiutato, ma è l'uomo che ha rifiutato l'aiuto.

"Nessuno può giungere a conoscere il Padre se non per mezzo del Figlio"; "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me", dice il Figlio di Dio (Gv 14,6) .  Ed è proprio per condurre gli uomini alla meta del loro destino che il Figlio di Dio si è fatto uomo.  Era necessario, poiché gli uomini schiavi del corporeo possono essere salvati soltanto per mezzo del corporeo: ma di un corporeo che sia inseparabile da Dio.  Chi salva l'uomo è il Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo.

Ogni uomo ha bisogno di questa salvezza; ha bisogno di incontrare personalmente Cristo. Non basta che creda in Cristo per sentito dire, per quello che gliene hanno detto gli altri. Vale soltanto ciò che è personale, che ci interessa personalmente e che risponde ad un vero nostro bisogno. Questo presuppone una preparazione personale: è quanto tende a fare in noi la vita con le sue lezioni quotidiane, attraverso le quali ci convince del nostro niente e del grande bisogno che abbiamo di trovare Dio. La vita stessa, con le sue lezioni, forma in noi quella fame di Dio che è la vera preparazione all’incontro con Dio.

Ogni incontro dipende dalla preparazione. Anche l’incontro con Cristo dipende dal modo con cui ci prepariamo e vegliamo per Lui.

Ognuno Lo incontra e Lo conosce nel modo con cui ha interiormente cercato Dio.

È la fame che ci fa riconoscere il pane. Per riconoscere il pane del Cielo bisogna aver fame del Cielo. Cristo è il pane del cielo per la vita degli uomini.

Se l'incontro personale con Cristo è condizionato dalla preparazione, diventa quanto mai attuale e vivo per ogni uomo il messaggio di Giovanni  Battista, che rappresenta e sintetizza in sé tutta l'opera di preparazione all’incontro con il Dio che viene.

Possiamo riassumere tale messaggio in questa unica frase: superamento di se stessi.

Fintanto che viviamo pensando a noi e per noi, abbiamo fame di mondo, di gloria, di figura, di ricchezza e di benessere: questo ci impedisce di vedere Cristo, di credere in Lui, di capirlo.  "Come potete credere voi che elemosinate la gloria gli uni dagli altri?", dice Cristo (Gv 5,44). Veramente fintanto che viviamo pensando a noi stessi, non apparteniamo alla fede e vaghiamo lontano, molto lontano dal Regno di Dio.

Il desiderio di Dio ci viene da Dio ed è opera di Dio. Ma Dio non impone la vera vita a chi non la vuole, e non ci dà la Verità se noi stessi non la desideriamo e non la vogliamo. Non si può far mangiare chi non ha fame.

Per questo ogni giorno siamo interrogati da Dio se vogliamo nascere, se vogliamo vivere, se vogliamo conoscere la Verità, e ogni giorno è valido per la nostra nascita.  Ma niente è dato a coloro che non vogliono, a coloro che preferiscono il loro io alla Verità di Dio.

(VI - Fine – 15.12.1976)  (articoli pubblicati da “La Fedeltà” scritti da Luigi Bracco)