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Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito la parola di Giovanni ed avevano seguito Gesù. Egli trovò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)”  e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che significa Pietro)". Gv 1 Vs 40-42


Titolo: Le due conoscenze del Messia


Argomenti: L’interesse personale. Andare, vedere, restare.Il passaggio da Giovanni a Gesù. La  conoscenza ci dà la capacità di restare. Come Dio salva: la sottomissione di Dio all’uomo. Le diverse conoscenze del Messia. La creatura si forma in terra d’esilio. Giovanni vede l’abitazione di Dio nel mondo,i due primi discepoli vedono l’abitazione di Gesù nel Padre.


15/Agosto/1976


 

Dall'esposizione di Luigi Bracco:

Fermiamoci su questa frase di Andrea: “Abbiamo trovato il Messia!”.

Intanto notiamo che coloro che videro e restarono con Gesù quel primo giorno erano due: Giovanni ed Andrea, però qui chi parla, chi va, è solo più Andrea e questo ci fa pensare che Giovanni sia rimasto. Il restare è la caratteristica dell’anima contemplativa (ed è la caratteristica di Giovanni), per cui tra i due discepoli abbiamo già una differenziazione perché Giovanni qui non si vede, non è quello che parte e che va, Andrea invece va e si incontra con Pietro. Però dice: “Abbiamo trovato il Messia!” che è la prima loro esperienza personale e che possiamo sintetizzare in questi tre verbi che abbiamo visto la volta scorsa: “andarono, videro, restarono”.

In questi tre verbi che hanno poi costituito l’esperienza, la loro prima esperienza personale col Messia, perché loro qui non dicono: “Giovanni ci ha segnalato il Messia!”, dicono: “Abbiamo trovato il Messia!” perché fu una scoperta personale, quindi è stato qualcosa di diverso da quello che è stato segnalato da Giovanni.

Anche per Giovanni Battista abbiamo visto che ci fu tutto un progresso di conoscenza perché Giovanni in un primo tempo crede di conoscere Gesù, infatti gli dice: “Non sei tu che devi essere battezzato da me, ma sono io che devo essere battezzato da te!”.

Poi quando lo battezza scopre che non lo conosceva, perché trova una conoscenza nuova di Gesù e conoscendo Gesù in questa nuova luce lo segnala come “ l’Agnello di Dio”, il Messia.

A questa segnalazione due dei discepoli di Giovanni partono, seguono Gesù, il quale vedendo che gli vanno dietro chiede: “Che cosa cercate?”, “Dove abiti?”, “Venite e vedete”, ecco la responsabilità è personale, per cui Gesù fa prendere coscienza di quello che vogliono, li approva e direi, c’è la chiamata: “Venite e vedete!”, c’è il trasferimento!

Prima andavano su segnalazione di Giovanni, adesso vanno perché Gesù li ha chiamati; però loro non dicono mica a Gesù: “Noi veniamo perché Giovanni ci ha mandati!”, ti ha segnalato! No, loro dicono: “Dove abiti?”, rivelano tutto il loro interesse personale. Ed è proprio grazie a questo interesse personale che Gesù li chiama, cioè dice loro come devono fare per arrivare a scoprire dove Lui abita: “Venite e vedete!”.

Adesso vanno perché li ha chiamati, fanno cioè un passaggio successivo alla segnalazione di Giovanni, adesso possono dire: “Siamo andati perché Lui ci ha chiamati” e videro dove abitava e restarono.

In questi tre verbi: andare, vedere, restare, sono sintetizzate le nostre prime tre difficoltà con Dio; la difficoltà maggiore è quella di restare, poi abbiamo la difficoltà precedente che è quella di vedere, la prima è quella di andare.

Queste tre difficoltà che noi troviamo, soprattutto quella di restare, sono molto collegate tra loro, sono dipendenti una dall’altra, qui ci fa capire che essi restarono perché videro, ci fa capire che si ha la capacità di restare in quanto si vede: soltanto vedendo si può restare con -, e questo ci fa capire che noi abbiamo molta difficoltà a restare perché non andiamo a vedere, ma il vedere qui ce lo fa dipendere da “andarono”: andando dietro a Gesù, giunsero a vedere dove Gesù abitava. Ed abbiamo visto che questa è stata una conoscenza nuova e talmente strabiliante per loro, una conoscenza spirituale, tanto da ricordare, dopo parecchi anni, l’ora dell’incontro, “…era circa l’ora decima…”: Gesù abitava nel seno del Padre.

Quindi loro restando, ascoltando Gesù, giunsero a vedere che Lui abitava nel seno del Padre, ed è stata una scoperta strabiliante, nuova, ed è quella che ha fatto conoscere loro il Messia; però per arrivare a vedere, dovettero andare.

E abbiamo visto che per andare, dovettero lasciare, cioè la difficoltà è anche la rettitudine, l’amore alla Verità di questi due discepoli, perché abbiamo visto che tra i discepoli di Giovanni molti non andarono. Giovanni aveva molti discepoli e di questi tanti non andarono subito dietro a Gesù perché erano legati a Giovanni, altri restarono con lui fino alla fine. Costoro che partono forse amavano meno  Giovanni,  visto che lasciarono Giovanni per Gesù?

Direi che costoro sono stati più legati a Giovanni degli altri perché sono rimasti nel messaggio di Giovanni; sono rimasti con lo spirito di Giovanni perché Giovanni segnalò Gesù, mentre gli altri restando legati alla persona fisica, si sono fermati ad un legame sentimentale, non avevano amore alla Verità sopra tutto.

Questo legame sentimentale con Giovanni impedì loro di seguire la segnalazione di Giovanni, invece questi due, che alla segnalazione poterono partire quindi staccarsi da -, per andare verso -, restarono nello spirito di Giovanni, perché Giovanni era il segnalatore, il messaggero, l’araldo, colui che indicava Gesù, era l’amico dello sposo.

Ora, lui dice che tutta la gioia dell’amico dello sposo è vedere che tutti vanno con lo sposo, per cui questi due restarono nello lo spirito di Giovanni e gli altri invece avevano un legame sentimentale con Giovanni e quindi erano meno uniti allo spirito di Giovanni.

Ora, in questo passaggio da Giovanni a Gesù, in questo distacco, in questo “andare”, in questo superamento è significato il distacco che si richiede sempre ad ogni uomo, perché ogni uomo deve partire da un suo mondo; abbiamo detto che tutto quello che segnala Giovanni lo segnalano tutte le creature, perché in Giovanni è sintetizzata la voce, il messaggio di tutte le creature e tutte le creature ci segnalano Dio, se noi fossimo disponibili come questi primi due discepoli, alla segnalazione delle creature, noi ci occuperemmo di Dio.

Ad ogni sguardo, ad ogni interesse verso le creature, noi ci accorgiamo che queste creature ci annunciano, ci testimoniano, ci rivelano che un Altro le ha fatte, che un Altro è Dio, che un Altro è il Signore, per cui se noi avessimo l’animo completamente disponibile, noi ci rivolgeremmo a Colui che esse segnalano, quindi lasceremmo il nostro vecchio mondo.

Per giungere a vedere  bisogna sempre lasciare; già nel paradiso terrestre il Signore creando l’uomo aveva detto: “Lascerà padre e madre per unirsi alla sua sposa” e questo è un segno dei passaggi necessari nel campo dello spirito, perché la vera sposa  dell’uomo è lo Spirito Santo, infatti Gesù dice: “Lo sposo è colui che ha la sposa…”, e lui vide lo Spirito di Dio scendere dal cielo e fermarsi, cioè restare in Gesù. Lo sposo resta con la sposa, ha la sposa, e questa sposa è lo Spirito di cui Gesù è sposo.

L’uomo lascerà padre e madre cioè lascerà il suo mondo, per unirsi alla sua sposa, segno del distacco, del passaggio al quale ogni uomo è tenuto: nel vecchio mondo c’è l’annuncio, c’è la segnalazione, dice Giovanni, però non c’è la visione.

Tutte le cose ci segnalano Dio, però non ce le fanno vedere; se noi lasciamo il mondo, ci stacchiamo, ci stacchiamo da Giovanni, quindi ubbidiamo al messaggio, allora andando dietro alla cosa segnalata, noi giungiamo a vedere; giungendo a vedere, noi abbiamo la possibilità, che è grazia: “A quanti credettero in lui, diede loro la possibilità di diventare figli di Dio”.

E in che cosa si caratterizzano i figli di Dio? I figli di Dio si caratterizzano dal fatto che restano sempre nella casa del Padre, perché il servo non resta sempre, i figli invece restano sempre. Viene sempre un momento, dice Gesù, che “Il servo viene messo fuori casa”, perché quello che distingue il servo dal figlio è questo restare.

Il figlio rimane sempre nella casa perché è l’erede, il servo invece ad un certo momento se ne va perché lavora per la retribuzione, per una ricompensa, per la paga, il figlio invece non sta in casa per la ricompensa, c’è il legame d’amore che lega il figlio col padre.

Cosa dà all’uomo la capacità di restare è la conoscenza, ma la conoscenza di che cosa? “Dove abiti?”. Perché noi abbiamo la conoscenza di questi due discepoli sulla segnalazione di Giovanni: “Ecco il Messia!”, “Ecco l’Agnello!”, e allora dicono: “Abbiamo trovato il Messia!”, quindi non dicono che Giovanni glielo ha segnalato; quindi abbiamo un’altra conoscenza che è diversa dalla conoscenza di Giovanni.

Perché Giovanni conobbe il Messia , l’Agnello di Dio, in quanto vide lo Spirito di Dio scendere e fermarsi, e noi abbiamo visto che questo lampo gli rivelò come Dio è presente nel mondo per salvare gli uomini. Per cui vedendo e accettato la sottomissione di Gesù mentre lui, uomo giusto, riteneva di dover essere egli battezzato da Gesù,  (e non Gesù essere battezzato da lui), accettando di fare la volontà di Dio, “…è necessario compiere ogni giustizia”, accettando la sottomissione di Gesù che lui vedeva superiore, ebbe quel lampo, quella visione di come Dio è presente nel mondo: cioè Dio è presente nel mondo come uno che serve”.

Dio è presente nel mondo come uno che si sottomette all’uomo per salvare l’uomo:

·Gesù, che è superiore che si fa battezzare;

·Gesù che lava i piedi a Pietro per salvare Pietro;

·Il padre del figliolo prodigo che si sottomette al figliolo prodigo per salvarlo, gli concede tutto quello che vuole per salvarlo.

Questa è la conoscenza di come Dio salva che Giovanni ebbe in quel momento lì perché ubbidì allo Spirito Santo e avendo questa illuminazione, segnalò che Gesù era il Messia.

Quindi abbiamo la conoscenza secondo Giovanni del Messia come conseguenza di questa visione, di come Dio è presente nel mondo, di come Dio abita nel mondo, l’Agnello di Dio che si offre agli uomini; invece questa conoscenza che ebbero questi due discepoli, seguendo Gesù, è una conoscenza molto diversa, in quanto conobbero dove Lui abitava.

Quindi Giovanni conobbe Gesù  perché vide come lo Spirito di Dio abitava nel mondo, i due discepoli invece conobbero Gesù come Messia in quanto videro dove Gesù abitava, cioè videro, conobbero Gesù come Figlio del Padre, perché conobbero che abitava nel Padre.

Quindi Giovanni conobbe Gesù perché vide lo Spirito di Dio che abitava in terra, i due discepoli conobbero Gesù come Messia perché videro Gesù come abitava, dove abitava, abitava nel Padre: per questo ebbero un’esperienza personale. Per questo dicono: “Abbiamo trovato!”, non dicono: “Giovanni ci ha segnalato!”.

Perché loro, onestamente, essendo discepoli di Giovanni sono uomini giusti, teniamo sempre presente che il discepolo di Giovanni è l’uomo giusto, quindi i discepoli di Giovanni sono uomini giusti, essendo giusti dicono la verità, loro avrebbero potuto dire l’un l’altro: “Giovanni ci ha segnalato il Messia! Venite! Andiamo a vederlo!”, ma loro non lo dicono.

Loro dicono: “Abbiamo trovato!”. E come l’hanno trovato? Non l’hanno trovato per sentito dire, perché Giovanni lo ha segnalato, ma “Abbiamo trovato il Messia, perché abbiamo visto dove abita!”, cioè l’abbiamo trovato come Figlio del Padre: ecco l’uomo nuovo!

Qui abbiamo già gli uomini nuovi, con Giovanni abbiamo gli uomini vecchi, è un uomo vecchio e l’uomo vecchio segnala, annuncia ma non vede!

Per vedere bisogna vedere dove abita la persona!

Possiamo conoscere veramente una persona soltanto quando capiamo dove abita;           spiritualmente ognuno di noi abita in un amore, noi conosciamo veramente una persona  quando capiamo ciò che ama sopra tutto.

Ognuno di noi vive in un pensiero e pensa a ciò che ama.

Fintanto che noi non vediamo l’amore principale di una persona noi non la conosciamo.

Gesù, che è il Figlio del Padre, e Lui è venuto a rendere testimonianza che ama il Padre: “Affinché il mondo sappia che io amo il Padre” e in tutte le cose che fa lo testimonia.

Già a dodici anni testimonia questo amore dicendo: “Non sapevate che io mi devo occupare delle cose che riguardano il Padre mio?”, perché in tutto Lui testimonia la Verità.

“Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Coloro che fanno la volontà del Padre mio”.

Lui è venuto per testimoniare che ama il Padre, l’amore è lì: loro però, quel giorno, hanno visto questo amore! Quel giorno hanno visto che abitava nel Padre e questa sua abitazione ha fatto loro conoscere il Messia in modo diverso da come era stato segnalato da Giovanni, sulla linea di Giovanni sia ben chiaro, perché abbiamo tutto un cammino progressivo, di luce in luce fino alla Pentecoste.

Qui loro hanno visto il Messia, quando arriveranno a Pentecoste, perché prima di morire Gesù dirà ancora a loro: “Non mi avete ancora conosciuto!”, eppure hanno già visto; e tra costoro, più tardi, ci sarà anche Pietro che dirà: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo”, e Gesù dirà: “Beato te Pietro, perché non la carne, né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio”, eppure prima della sua morte, Gesù dice a tutti: “Non mi avete ancora conosciuto. Quando verrà lo Spirito di Verità allora capirete chi sono”, perché noi abbiamo degli sprazzi di luce.

Lo Spirito di Verità viene a Pentecoste e si ferma, ma prima viene tante volte, viene e va, ma non resta. Sono tappe diverse: se non lo Spirito non venisse e poi non se ne andasse, noi non resteremmo feriti da Dio, non saremmo attratti da Dio.

Noi siamo attratti da Dio in quanto abbiamo visto qualcosa di Dio, in quanto c’è stato uno squarcio di luce che ad un certo momento ci ha illuminati, ci ha convinti, ci ha legati e allora siamo attratti.

Se non vedessimo niente di Dio, noi non potremmo desiderare assolutamente niente di Dio, come non possiamo desiderare assolutamente niente se non lo vediamo.

Noi possiamo desiderare una cosa solo se la vediamo; ad esempio vedo una cosa in vetrina allora incomincio a desiderarla, ma è perché l’ho vista; certo, c’è una differenza tra il vederla e il possederla!

Quindi il Signore si fa vedere attraverso lampi di luce che vanno e vengono come nella Trasfigurazione, poi svanisce, ma intanto l’anima è ferita.

Infatti i discepoli dicono: “È bello per noi stare qui!”

Quando l’anima ha detto e ha capito che è bello stare con Dio, è perché ha gustato qualcosa di Dio, adesso ha la nostalgia, però non possiede mica.

Ecco qui abbiamo lo Spirito di Dio che va e che viene, appunto per attrarre.

È necessario che vada e che venga, perché attraverso:

·questo suo venire, e quindi illuminare con un raggio della sua luce, attrae, affascina;

·e con questo suo partire, fa tribolare la creatura, quindi la purifica.

E la creatura, proprio attraverso il travaglio della ricerca, che Gesù paragona ad una gestante, ad una gestazione, affinché nasca al mondo un uomo, attraverso questo travaglio di ricerca, di passione per ciò che ha visto un giorno e che ora non vede più, la creatura si purifica, si distacca da tutte le cose, e a poco per volta diventa capace di Dio.

La creatura si forma in terra d’esilio, “Ho formato mio figlio in terra d’Egitto”, in terra di schiavitù, attraverso questo travaglio si forma la creatura; ecco che la lunga attesa forma il grande amore, se uno è fedele, ma guai se nell’attesa uno si divertisse, (“Allora questo servo sarà mandato tra gli schiavi perché non è stato fedele!”).

Quindi la luce arriva, poi se ne va, però la creatura è tenuta ad essere fedele a ciò che l’ha attratta; se la creatura in terra di schiavitù è capace ad essere fedele, in questa attesa, allora si forma, si potenzia nell’amore e a poco  per volta diventa capace di ricevere quello Spirito che resta e non va più, che permane: abbiamo la situazione di Pentecoste, la conoscenza del Padre e del Figlio per cui: “Noi verremo ed abiteremo….”.

Uno dei verbi che  Giovanni ama maggiormente è questo “abitare”, questo “restare”: “Sarete veri miei discepoli se resterete…”, perché è il verbo principale del contemplativo, il contemplativo "resta", e definisce il demonio, Satana come colui che vide e non restò.

Per cui noi:

-    abbiamo difficoltà prima di tutto a partire,

·abbiamo difficoltà a vedere,

·e poi abbiamo difficoltà a restare;

perché tutti i passaggi, sono sempre passaggi personali, non sono passaggi automatici, non è che in quanto si parte si arrivi a vedere, e non è che in quanto si veda che si rimanga.

Sono passaggi personali, che richiedono sempre un impegno personale perché con Dio non c’è niente di automatico c’è sempre l’azione personale che richiede la partecipazione nostra.

Per cui senza di noi non si parte, senza di noi arriva l’annuncio, Dio si annuncia dappertutto ma senza di noi non si parte, per cui se noi non ci stacchiamo, non superiamo il pensiero del nostro io, la mentalità del mondo, non si parte.

Ma non è detto che partendo si debba vedere, bisogna che partendo si dica, si desideri vedere dove abita la parola, infatti i discepoli chiedono a Gesù: “Dove abiti?”; non bisogna soltanto accontentarsi di “Ho ascoltato la Parola del Signore; ho letto la Parola del Signore e adesso me ne faccio un’applicazione pratica”.

Chi veramente ama la Verità cerca dove abita, infatti Gesù dice: “L’uomo vive di ogni parola che procede dalla bocca di Dio”.

La parola abita nella bocca di Dio, quindi cercala lì!

Ma vedendo dove abita, non è detto che uno permanga, che resti.

È richiesto questo impegno personale.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Amalia: Non ho ancora capito bene la differenza tra la conoscenza di Giovanni  Battista e la conoscenza di questi due discepoli.

Luigi: Giovanni Battista ha segnalato Gesù come Messia in quanto ha visto lo Spirito di Dio scendere e fermarsi su Gesù “…Come colomba che scende dal cielo…”, ma questo è un segno.

Vide lo Spirito di Dio scendere e fermarsi…”, ora cosa vuol dire questo “…scendere e fermarsi…”? Ha visto scendere il cielo sulla terra, in quanto ha visto la realizzazione, l’attualizzazione di un suo sogno, di un suo desiderio. Lo spirito di Giovanni Battista era presso Dio, perché già nel deserto, nella preghiera, nel silenzio, in ascolto di Dio, lui ricevette il messaggio.

Questo anche per dirci che è nella preghiera, nel silenzio, che noi ascoltiamo quell’annuncio, quel messaggio che ci darà poi la capacità di vedere l’opera di Dio attorno a noi, fuori di noi.

Ubbidendo a quel messaggio che aveva ricevuto nel silenzio, nella preghiera lui giunse a vedere (direi che il segreto è questo) “come”  Dio è presente tra noi.

Vedendo come Dio è presente tra noi, vide il cielo in terra, come Dio è presente tra noi per salvarci, ha scoperto Gesù come Messia.

È un po’ la scoperta che ha fatto Simeone: “Adesso che ho visto la salvezza delle genti, lascia che il tuo servo se ne vada in pace!”.

È un’illuminazione che uno riceve in quanto porta già lo Spirito in sé, porta il cielo e vede la realizzazione di questo cielo: vede il cielo scendere in terra.

Ha visto come Dio salva: Dio salva sottomettendosi, come Gesù si è sottomesso al battesimo, come Dio è presente nel mondo fino a farsi uccidere dall’uomo, per salvare l’uomo;

·Giovanni conobbe il Messia come la presenza di Dio tra noi, nel mondo;

·I due discepoli, che ubbidirono alla segnalazione di Giovanni, conobbero il Messia come Colui che abita nel Padre.

Vedi la differenza? Cina, vedi la differenza?

Cina: Giovanni Battista vede Gesù, più di così…

Luigi: Come Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, come Messia, come “salvezza delle genti”, e lo segnala. Gli altri hanno conosciuto Gesù in modo diverso!

Cina: Però è arrivato al cuore della conoscenza!

Luigi: Non so cosa intendi per cuore, ma sia ben chiaro: Giovanni non è entrato!

Lo rivela Gesù: “Giovanni è il più grande tra i nati di donna”, appartiene all’Antico Testamento, non è la creatura nuova, lui muore sulla soglia della terra promessa come Mosè; la vede, la segnala, perché poi dopo tutto si rinnova ed è segno, di segno in segno si va verso l’essenza. Già Mosè morì in vista della terra promessa e non entrò, ed è già segno di Giovanni Battista.

Cina: Però lui è rimasto fedele….

Luigi: Ma certo, anche Mosè è rimasto molto fedele alla sua missione!

Giovanni Battista non entrò perché la sua missione era quella di segnalatore, è il cartello stradale: fino all’ultimo ha segnalato, ha indicato Gesù.

Gesù dice che “…è il più grande tra i nati di donna”, tra tutte le creature; ma dice: “…il più piccolo nel Regno di Dio è più grande di lui”.

Con questi due primi discepoli, abbiamo già due “piccoli” del Regno di Dio, abbiamo già il seme di due creature nuove! Abbiamo il passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo.

E in che cosa consiste questo passaggio?

Consiste nel fatto che questi due discepoli vedono Gesù come Figlio del Padre, che abita nel Padre.

Amalia: Però anche Giovanni Battista dice: “Io ho visto e rendo testimonianza che questi è il Figlio di Dio”.

Luigi: Sì, in quanto ha visto l’opera di Dio nel mondo. Sai cosa vuol dire vedere l’opera di Dio nel mondo? In quel momento del battesimo, c’è stato uno squarcio di luce, perché Giovanni avrebbe voluto non battezzare Gesù; e ce lo dice il Vangelo.

Anzi doveva essere lui battezzato da Gesù.

Ma Gesù dice: “…è necessario fare questo affinché si compia ogni giustizia”, cioè Gesù doveva essere riconosciuto dall’Antico Testamento.

Infatti Gesù dice: “Scrutate le Scritture, parlano di me”, quindi tutte le scritture si sintetizzano in Giovanni, ora se Giovanni parla di Lui, Lui si presenta ad essere conosciuto da Giovanni, Lui si offre alla Parola Antica, affinché la Parola Antica, siccome parla di Lui, lo riconosca.

E Giovanni lo ha riconosciuto, ma lo ha riconosciuto in quanto si è sottomesso (per essere riconosciuti bisogna sottomettersi):

·in questa sottomissione Giovanni ha visto la presenza di Dio nel mondo;

·i due discepoli videro la presenza di Gesù in Dio.

Qui abbiamo due abitazioni:

·Giovanni vede l’abitazione di Dio nel mondo;

·I due primi discepoli vedono l’abitazione di Gesù in Dio Padre, nel cielo.

Giovanni vede il cielo sulla terra e gli altri vedono la terra nel cielo.

Qui abbiamo una conoscenza dal Padre, perché i figli di Dio nascono da Dio, la creatura nuova non è una creatura che parte dalla terra, ma è una creatura che nasce dal cielo, che deriva da -; qui abbiamo la creatura nuova.

Infatti loro dicono: “Abbiamo trovato!”, ubbidendo alla segnalazione trovano qualche cosa di nuovo, che era nuovo, quindi non era quello segnalato da Giovanni Battista, era una conoscenza nuova, avevano scoperto qualcosa di nuovo.

Perché hanno sentito il bisogno di dire: “Maestro, dove abiti?”, perché Giovanni Battista non aveva indicato dove abitava Gesù: se loro si fossero accontentati della segnalazione di Giovanni, loro andando dietro a Gesù, avrebbero detto: “Veniamo dietro di te perché Giovanni ti ha indicato a noi”, in questo caso sarebbero stati figli di Giovanni, sarebbero andati dietro a Gesù restando però discepoli di Giovanni, non sarebbero stati creature nuove: invece qui c’è qualcosa di nuovo!

“Maestro, dive abiti?”, lo chiedono perché non lo sapevano perché Giovanni non aveva potuto dirlo loro perché: “Non la carne, né il sangue ma il Padre mio…” rivela il Figlio, solo il Padre rivela il Figlio.

Quindi andando dietro a Gesù, siccome: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare…”, Gesù rivelò loro il Padre come Colui nel quale egli abitava. Ed essi videro, quel giorno, ma videro come dono di Gesù, non come scoperta loro.

Tant’è vero che Gesù dirà: “Non mi avete ancora conosciuto”: ecco il lampo.

Ma il lampo non è opera nostra, il lampo non è posseduto; va e viene in quel giorno essi videro e fu una scoperta talmente impressionante, talmente grande, talmente nuova, che ricordarono l’ora: “Era l’ora decima”.

Quindi è stato qualcosa di nuovo, non quello segnalato da Giovanni; dico che Giovanni scoperse il Messia come salvezza di Dio nel mondo; costoro scoprirono il Messia come figlio del Padre, cioè videro dove abitava, cioè videro che abitava nel Padre.

Sono tappe della nostra vita interiore, a livello spirituale, che sono significate da queste tappe poiché tutto è scena: questi discepoli che vanno, Giovanni, corrispondono a degli stati d’animo che si verificano in ognuno di noi man mano che ci apriamo a questi problemi che si formano in noi nella nostra vita spirituale.

Questi ci illuminano per farci capire, magari per disilluderci dal crederci arrivati, per cui pensiamo: “Ho capito che Gesù è la salvezza di Dio per me”, questo non è un arrivo ma è un punto di partenza! Guarda che ci sono ancora tante cose dopo!

In tutto questo è il Signore che parla a noi le diverse tappe prima che avvengano affinché noi magari non ci fermiamo e camminiamo in questo senso alla ricerca di quello che essi cercarono; per dire, se quelli si interessavano a Gesù, cercando dove egli abitava, anche tu devi preoccuparti di cercare e di trovare dove lui abita, non fermarti soltanto alla sua figura storica, oppure perché ti hanno detto che Lui è il Messia e tu dici: “Io credo!”.

Certo se uno non crede non parte, la fede è necessaria per partire, per cercare, ma noi potremmo semplicemente ritenere di avere già trovato perché crediamo che Gesù sia il Salvatore, il Messia.

Con Dio camminiamo di tappa in tappa sempre più a livello personale, sempre più intimo perché è un entrare in un appartamento in stanze sempre più intime e sempre più personali; per cui si parte da una situazione di gruppo, e poco per volta si procede per una vita sempre più personale che ci impegna sempre più personalmente e sempre più intimamente ma in quanto uno è sollecitato da questo amore che è rappresentato sulla scena da questi discepoli che cercano in quel modo.

Per cui se io non sento il bisogno di trovare dove Gesù abiti, io non ho quell’amore che ebbero quei primi discepoli ed allora ecco che c’è qualcosa di difettoso in me, perché a me interessa poco sapere dove Gesù abita, quindi non ho quell’amore che mosse quei due discepoli di Giovanni ad interrogare Gesù circa quel luogo in cui egli abitava, per cui essi videro una cosa straordinaria, nuova.

Qui incomincia la creatura nuova, perché la creatura nuova discende da Dio, mentre invece Giovanni parte dalla terra, vede Dio in terra, invece i discepoli discendono dal cielo: ecco qui abbiamo la creatura nuova.

Eligio: La conoscenza di Giovanni e quella dei due discepoli sono strettamente collegate, come è  che noi abbiamo la certezza di incontrare la salvezza, e che questo è il Messia?

Luigi: Noi lo constatiamo perché egli partì, il primo passo lo abbiamo notato in Giovanni Battista, il fatto di non ritenerci noi la luce.

Giovanni Battista è colui che mi annuncia, ora se non mi fosse detto che tutte le creature mi annunciano Dio, io non mi occuperei di Dio. Perché cerco Dio? Perché tutto mi segnala  Dio, allora in quanto tutto mi segnala Dio, ma tutto mi delude, il mio stesso io mi delude, la mia stessa vita mi delude, per cui noi non troviamo né la Verità, né la felicità, né la giustizia in niente, e allora tutto questo ci mette in movimento verso -.

Però succede questo, che noi per orgoglio o per interessi, ambizioni nel mondo, carriere, pur ricevendo la segnalazione non partiamo; la segnalazione tutti la ricevono, però non tutti partono, perché partire è un atto di fede nel segnalato e quindi vuol dire staccarci per occuparci di -: è la partenza di Abramo che è il padre di tutti coloro che credono.

“Parti dalla tua terra, dalla tua regioni, dai tuoi parenti e va nella terra che io ti indicherò…”, che ancora non vedi, ma che ti è stata segnalata, “…e va!”, ecco l’atto di fede, adesso noi possiamo essere disponibili o non disponibili.

Se noi crediamo e ci rendiamo disponibili, cioè ubbidiamo all’annuncio, partiamo; ora questa partenza è la condizione necessaria, è il primo passo.

Eligio: Il primo passo non è quello di Abramo?

Luigi: Per arrivare a quello bisogna passare attraverso le tappe di Giovanni Battista.

Prima di tutto non dobbiamo ritenerci noi luce, né la Verità: noi siamo semplicemente dei testimoni della luce, noi testimoniamo che la luce esiste, ma noi non siamo la luce. Noi siamo venuti al mondo per rendere testimonianza alla luce, primo atto.

Noi non siamo la salvezza di nessuno, noi non siamo il Messia, quindi non ritenerci il centro di nessuno: perché il centro di ogni essere è Dio. Quindi sia nei rapporti con il nostro io, sia con gli altri noi non dobbiamo farci centro dei nostri pensieri, né del pensiero degli altri.

Noi siamo semplicemente delle voci che invitano la nostra coscienza e anche coloro ai quali noi parliamo, o che dipendono da noi, che sono in ascolto di noi, noi siamo la voce che invita l’uomo a fare  diritte le strade del Signore, non soltanto, ma a metterci in diretto rapporto con Dio. Perché fare diritte le vie del Signore vuol dire mettersi in diretto rapporto con Dio; perché noi possiamo anche non ritenerci il centro ma tra noi e Dio, mettere in mezzo tutte le cause seconde, e dire che la causa è l’opera degli uomini, della natura: non ricevere direttamente da Dio. Invece dobbiamo metterci in colloquio a tu per tu con Dio, far diritte le strade, entrare in diretto rapporto con Dio, perché tutto è Parola di Dio.

Se tutto è Parola di Dio che parla a te, mettiti in ascolto di Dio; quindi noi siamo delle voci che dicono a noi, ed agli altri: “Entra in diretto rapporto con Dio, perché Dio sta parlando con te.

Quindi vedi che abbiamo una progressione nella formazione di Giovanni Battista in questi messaggi che indicano i gradini attraverso cui si forma in noi questo….

Poi, messo in diretto rapporto con Dio, annuncia, perché “… in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete…”..

Eligio: Possiamo continuare il discorso come anima e non come una figura esterna?

Luigi: Certo, tu hai detto che Giovanni Battista significa ognuno di noi, significa una tappa della nostra anima nella vita dello spirito attraverso cui passando giunge …..

Eligio: Come facciamo noi ad arrivare a questa tappa e cosa vediamo, come si manifesta a noi la discesa dal cielo dello spirito?

Luigi: Ti sto parlando di queste diverse tappe che conducono poi a questa tappa. Prima di tutto dobbiamo spostare questa luce...

Eligio: Possiamo parlare di anima, invece di Giovanni?  

Luigi: Sì, ma il Battista è ognuno di noi quando onestamente si mette su questo cammino.

Ora, onestamente su questo cammino noi non dobbiamo ritenerci luce, ma sapere che noi stiamo soltanto testimonianza della luce,  tutto è opera di Dio, che la luce è un’altra.  Comunque sia, anche se noi fossimo dei peccatori, dei bestemmiatori, noi siamo dei testimoni di questa luce di Dio, sia che nasciamo, sia che viviamo, sia che moriamo noi siamo testimoni della luce di Dio.

Quindi non dobbiamo mai ritenerci autonomi, né nel nostro parlare, nel nostro pensare, nel nostro agire, perché la luce è un’altra.

Seconda tappa non ritenerci noi il Messia, perché noi possiamo anche ritenere che la nostra luce sia Dio, ma ritenerci la salvezza di qualcuno, o la salvezza per noi, che dipende dal nostro modo di operare, dalle nostre virtù, dal nostro agire.

La terza tappa è ritenersi una voce che invita noi e la nostra coscienza e anche gli altri, perché la testimonianza va data a tutto quello che Dio ci presenta, ad entrare direttamente in rapporto con Dio.

È chiaro quello che si intende con l’entrare direttamente in rapporto con Dio?

Significa entrare in colloquio, metterci a tu per tu perché Dio è presente e parla personalmente con ognuno di noi: Vedi che questa è una tappa successiva?

…Dio è presente e parla personalmente con ognuno di noi, vedi che è una tappa successiva questo entrare in rapporto diretto con Dio? Perché noi possiamo anche ritenere che la luce sia Dio, che la salvezza sia Dio, ma non ritenere che dobbiamo entrare in questo rapporto diretto.

Eligio: Il Battista era in diretto rapporto con Dio?  

Luigi: Il Battista era in questo rapporto con Dio in quanto dice, ci invita ad entrare in questo rapporto diretto con Dio, dice che lo Spirito nel deserto lo ha mandato, era l’uomo giusto in preghiera.

La preghiera è rapporto diretto con Dio, è elevazione dell’anima a Dio, è in ascolto di Dio.

Eligio: Quindi noi entriamo in diretto rapporto con Dio prima di conoscere e di avere la conferma da Dio di ciò che è la nostra salvezza.

Luigi: Ah, senz’altro, perché è qui che si forma la grande fame; tu senza fame di Dio, e non si forma in te la fame di Dio senza il rapporto diretto con Dio, senza fame di Dio non si arriva al Messia, perché non senti il bisogno del Messia.

Ed è in questo rapporto diretto a tu per tu con Dio che uno comincia a capire il tutto di Dio e il niente nostro: e siamo ancora nell’Antico Testamento.

Si capisce il tutto di Dio e il niente nostro.

Da questo rapporto qui: tutto di Dio e il niente nostro scopriamo il grande bisogno che abbiamo di Lui, la fame, cioè “Lui è tutto per me!”.

Ma qui scopriamo anche la nostra impossibilità, è lì che si matura; come fare per -? Scopriamo la nostra impotenza, la nostra insufficienza, la nostra miseria: ecco il pianto dell’anima nell’Antico Testamento, che invoca, si diventa invocazione.

Finalmente si scopre che in mezzo a noi c’è Uno che noi non conosciamo; attraverso questa fame noi scopriamo che Dio è, da questo rapporto diretto Dio stesso ci conduce, perché sempre opera di Dio, non è mai opera nostra, attraverso questo rapporto diretto noi scopriamo il grande ignoto che c’è tra noi, il grande bisogno di conoscerlo.

Eligio: È il momento dell’illuminazione in cui noi vediamo scendere dal cielo quello che il Battista ha visto scendere?

Luigi: No, non ancora! Lì noi scopriamo che Dio è presente in noi, ma come ignoto.

Perché è lì che si forma il bisogno di conoscerlo, mi spiego?

Perché se lì non si forma quel bisogno, perché è la fame che fa individuare il pane, è il bisogno, il tanto bisogno che mi fa individuare; ad un certo momento dentro di noi si forma il volto del Cristo per cui lo individuiamo poi fuori: "È lui, il grande amore!": è il colpo di fulmine!

Ma come fai a dire che è Lui? Ma perché c’è una coincidenza, c’è una sintonia, il suo volto ce l’hai già dentro il tuo cuore. E come si è formato questo volto qui? È il tanto bisogno, bisogno di -.

Si forma nella nostra anima, e la nostra anima è poi il cielo di Dio; la nostra anima si forma in questo cielo, si forma già il volto del Cristo che poi dopo lo vediamo in terra e vediamo allora il cielo scendere in terra. In quell'illuminazione lì, scopriamo Dio è presente tra noi per salvarci, cioè l’incarnazione.

Eligio: Ed è il momento in cui noi, come il Battista, battezziamo Gesù, cioè gli diamo il nome di ciò che vale per noi.

Luigi: Sì, perché capiamo che attraverso tutte le cose, Dio si presenta a noi per dirci: “Che nome mi dai? Che stima mi dai? Che posto mi dai?”.

Gesù è “salvezza di Dio”, quella salvezza che è aspettata come fame, come bisogno da noi, personalmente; ora noi diciamo: “Gesù, tu sei la salvezza di Dio!”, noi diciamo questo soltanto quando scopriamo personalmente, perché è una scoperta personale, in quanto noi possiamo conoscere tutto, storicamente, per sentito dire, per prediche, ma noi qui abbiamo una scoperta personale, per cui io dico: “Ah, questa è la mia salvezza! Questa è la salvezza di Dio per me!”.

Eligio: Scoperta personale in quanto è confermato dal cielo che questa persona è quella che ci dà la salvezza: da qui inizia il cammino dei due discepoli…

Luigi: Qui Giovanni termina la sua missione, però non termina per noi, perché noi siamo con Giovanni, ed è una tappa,  ma poi noi siamo i due discepoli, i due discepoli rappresentano ancora noi e qui c’è il passaggio. Ora qui si apre tutto un cammino lunghissimo  e nuovo in cui dobbiamo sapere quello che vogliamo, perché Gesù, come noi iniziamo a seguire Lui, ci chiede: “Tu cosa vuoi?”, perché Lui ci responsabilizza, cioè vuole che noi sappiamo quello che vogliamo; non basta andare dietro a Lui. Perché abbiamo visto molte volte che vanno incontro allo sposo anche le vergini stolte, non hanno più olio perché non sanno quello che vogliono, non sono intelligenti.

Ecco Gesù dice: “Cosa volete? Che cercate?”, questo è importante, perché l’uomo deve sapere quello che vuole; se veramente ha interesse per -, sa quello che vuole.

Qui incomincia a formarsi, ma ormai è Lui che ti forma, non è più Giovanni Battista; dietro Giovanni Battista sei arrivato a Lui, adesso ti prende Lui! “Venite!”, vedi che ti prende? Ha capito quello che tu vuoi! Quindi, quando incominci ad andare dietro a Gesù, fintanto che noi andiamo dietro a Gesù, ma non sappiamo ancora quello che vogliamo, noi restiamo fermi a quella tappa lì, andiamo dietro ma non sappiamo rispondere alla domanda: “Che cercate?”.

Adesso però il Signore ci presenta tutte le tappe, così noi ci rendiamo  conto anche della lunghezza del cammino, e conosciamo il nostro tempo. Uno dei rimproveri di Gesù è questo: “Ma come, non capite il tempo in cui voi siete?”, cioè la tappa in cui voi vi trovate? Per rendervi conto ad esempio che dovete accelerare il cammino perché la vita sta passando, quindi renditi conto del tuo tempo, del tempo in cui ti trovi.

E come posso io rendermi conto del tempo in cui mi trovo se non conosco le tappe di tutta la strada, se non so dove dovrò arrivare? Ecco l’importanza di conoscere la via di Dio, perché attraverso questo prendiamo coscienza.

“Sforzatevi di entrare!”, dice il Signore, ecco questa fatica  che dobbiamo fare per sforzarci di entrare in quelle tappe che ancora ci aspettano, che dobbiamo ancora percorrere.

Eligio: Avuta questa conferma la nostra anima entra in quella tappa rappresentata da Giovanni e Andrea che entrano in quel rapporto personale….

Luigi: E scoprono dove abita…

Eligio: Inizia così la salita verso il cielo..

Luigi: Perché poi, scoprendo dove abita, lì è importante, conoscendo, la conoscenza diventa vita, ma soltanto in quanto uno ha visto quello che, fintanto che noi non vediamo quello che ci è annunciato, non è vita. Ma come loro vedono, incomincia a diventare vita e dicono l’uno all’altro: “Abbiamo trovato”, tu vedi tutto uno scoppiettio di annunci perché hanno trovato!

Qui è la conoscenza che diventa vita, che si trasforma, che trasforma l’uomo, perché l’uomo stesso diventa un annuncio, diventa parola di Dio; ma in quanto ha visto, perché non può far l’annuncio se non ha visto, diventa fasullo, diventa un recitatore, diventa un disco.

Amalia: Pensavo a quel giornalista americano, guarito dal cancro che, ad un certo momento della sua vita ha avuto la percezione esatta che Gesù è il Figlio di Dio: avrà avuto questa intuizione di cui stiamo parlando!

Luigi: Sì, perché la scoperta è personale! Perché noi possiamo dire a voce che Gesù è il Figlio di Dio, noi magari crediamo anche di credere, ma crediamo di credere, soltanto! S. Paolo dice che nessuno può dire: Gesù, se non con lo Spirito Santo; ma Gesù vuol dire salvezza di Dio. Cioè io posso dire: “Tu sei la salvezza di Dio per me” soltanto in quanto c’è lo Spirito Santo in me, c’è lo Spirito di Dio. Altrimenti io dico: “Gesù! Gesù! Gesù!” però nella realtà dico che la mia salvezza è il denaro, la carriera, il posto di lavoro, il mondo, la creatura: io dico questo come mia salvezza, in quanto faccio conto su -.

Quindi io credo magari di credere in Gesù, ma io do il nome di Gesù al denaro, do il nome di Gesù alla creatura, non do il nome di Gesù a Lui. Perché io do il nome di Gesù a Lui in quanto io dirò: “Ah, tu sei la mia salvezza!”, ma non a parole, capisci? Perché se lo dico solo a parole, la parola mi copre l’animo; lo debbo dire con la convinzione, cioè con il mio animo profondo: “Tu sei la mia salvezza!”. Ma quando dico: “Questa è la mia salvezza!”, questo è il campo, per cui debbo vendere tutto per comperarlo. E quando ho detto: “Questa è la mia salvezza!”, il campo mi può sfuggire, io debbo comperarlo questo campo, debbo dedicarmi a questo campo, perché lì è il mio tesoro, lì è la mia salvezza. Allora, avendo scoperto la salvezza, uno va con gioia, dice la parabola, a vendere tutto quello che ha per potersi dedicare a quel campo, perché lì è la sua salvezza. Ma fintanto che io dico: “Ah, questa è la mia salvezza, questo è il campo, però io mi occupo di altro, non vendo quel che ho per dedicarmi a quello, per possedere questo!”, vuol dire che non sono convinto che questo sia la mia salvezza, perché la mia salvezza è altro; allora lo diciamo solo a parole, non è detto con convinzione.

Perché quando uno trova veramente un tesoro, non fa nessuna difficoltà perché dice: “…Va con gioia…”, non fa nessuna difficoltà a lasciare tutto il resto, perché ha trovato qualcosa in più, quindi non fa nessuna difficoltà a lasciare il resto. Ma se fa difficoltà a lasciare il resto vuol dire che non è convinto che ci sia qualcosa in più, allora vuol dire che c’è qualche altro motivo. Fintanto che noi abbiamo queste difficoltà, vuol dire che non siamo convinti, che non abbiamo trovato la salvezza di Dio.

Amalia: Perché la vera conoscenza dovrebbe portarmi necessariamente a restare…

Luigi: Sì. Il restare è una conseguenza del vedere, della conoscenza, ma non si arriva…

Amalia: Ma se si vedesse veramente non si potrebbe non restare…

Luigi: Non si potrebbe non restare, perché il restare è anche un atto personale e quindi penso che, ad esempio in paradiso non si può non restare, in quanto vedendo la Verità non si può non restare; però sono tutte tappe successive, perché qui i discepoli hanno visto e poi quante volte non sono rimasti ; sono rimasti quel giorno perché era grazia di Dio, era Gesù che parlava loro e parlando loro li ha condotti a vedere, però quante volte dopo, anche Giovanni stesso è stato infedele, non è che restarono!

Resteranno poi a Pentecoste, però per arrivare a restare bisogna certamente vedere qualche cosa, ma per arrivare a vedere, bisogna andare e quell’andare vuol dire lasciare, vendere tutto per comprare quel campo.

Per cui uno non può andare se non ha la segnalazione, la segnalazione del Giovanni Battista che in quel momento mi fa dire “Ah, lì è la mia salvezza!”, “Lì è   la salvezza di Dio!”.

Allora qui è il punto in cui uno può andare, perché può anche non andare, non ha ancora visto, però, perché andando poi vedrà, vedendo rimane; però ognuna di queste tappe qui ha una difficoltà in noi, perché per verificarsi questa tappa richiede da noi un’applicazione personale, richiede da noi sempre un distacco, un lasciare qualche cosa per -, perché è un partire e non si parte se non si lascia, altrimenti si è solo illusi di partire, e non si parte mica!

È chiaro? Cina c’è qualcosa?

Cina: Io ho intravisto una strada nuova e spero che il Signore la realizzi in me.

Luigi: Sì, ma è chiaro quello di cui abbiamo parlato? Anche le due conoscenze, quella di Giovanni Battista e quella di questi due primi discepoli? Hai capito in che cosa consiste la differenza?

Cina: Sì, è una strada nuova…

Luigi: Sì, qui inizia una strada nuova, una creatura nuova, qui abbiamo il trapasso da Giovanni Battista a Gesù quindi abbiamo un inizio di strada nuova.

Cina: C’è proprio un passaggio nuovo di questa creatura che cammina personalmente, non più solo sull’annuncio…

Luigi: C’è la partecipazione personale perché ormai sei in ascolto di Gesù.

Cina: La creatura si forma in esilio, se la creatura è capace di essere fedele, in quest’attesa…

Luigi: Sì, perché è in esilio, nella difficoltà, nella lontananza che l’amore si sviluppa, si potenzia, diventa capace poi di -; per questo il Signore tarda a venire, molte volte tarda a venire, si fa a lungo aspettare, perché la creatura si deve formare nell’amore, si deve superare e fintanto che noi abbiamo la possibilità di tradire, di essere infedeli, abbiamo la possibilità di potenziare l’amore, il giorno in cui noi ricevessimo l’amore, quindi non abbiamo più la possibilità di tradire, noi non possiamo più accrescerlo, noi possiamo accrescerlo fintanto che abbiamo la possibilità di tradirlo, siamo nell’occasione di tradirlo, se siamo fedeli noi aumentiamo: ma quando non abbiamo più niente da spendere, quando l’amore ci ha già preso tutto, l’amore non si può più accrescere, non si può più potenziare.

Signora: Si è già arrivati alla vetta…

Luigi: Ah, può ringraziare…

Pensieri conclusivi:

Cina: C’è proprio il passaggio del deserto, questo lungo cammino in cui si ha da tribolare.

Eligio: …..Tutta la difficoltà di quello che ha scoperto il Battista, il vedere dal cielo la conferma; perché noi il più delle volte sbagliamo centro, cioè abbiamo delle conferme false, che per ragioni di comodo, di orgoglio, di sentimento accettiamo come vere, è lì l’idolatria in cui ci giochiamo gli anni della nostra esistenza.  Qual è la tappa in cui l’anima nostra si trova nella situazione del Battista e riceve la conferma dal cielo che quella persona, quel volto, che dentro di noi è ignoto, diventa conosciuto ed è un’esigenza di Verità, per passare poi alla tappa successiva dei discepoli.

Luigi: Si devono verificare in noi quelle tappe del Battista, cioè dobbiamo meditare molto su quelle tappe lì, dobbiamo vedere bene se noi le abbiamo realizzate in noi.

Prima di tutto se siamo convinti che Dio dev’essere il centro, che noi non dobbiamo avere il pensiero del nostro io al centro, che noi dobbiamo invitare ed invitarci a questo rapporto diretto, se noi abbiamo capito che Dio è presente in noi come ignoto che abbiamo bisogno di conoscerlo: ecco dobbiamo meditare molto su queste tappe in modo da misurarci un pochino e vedere se le abbiamo effettivamente con convinzione già realizzate o se dobbiamo ancora realizzarle in noi.

Perché fintanto che io ho il pensiero di me stesso come punto fisso di riferimento io sono molto lontano dall’individuare Gesù come salvezza, anche se vado in chiesa tutti i giorni, sia ben chiaro, posso anche fare la comunione tutti i giorni ma essere infinitamente lontano da Gesù come Messia. Perché se ho il pensiero del mio io al centro, o se metto prima di tutto la figura davanti al mondo, o faccio conto sul denaro, ma io sono infinitamente lontano, non ho ancora nemmeno iniziato l’Antico Testamento con Giovanni Battista.

Eligio: Il Battista però ha la certezza che Gesù è la salvezza…

Luigi: Quella è già la conseguenza della conoscenza. Uno si innamora di una persona in quanto sente già tanto dentro di sé il bisogno di quella persona; per cui quella persona non fa altro che soddisfare un mio bisogno, e lì scatta l’amore, l’amore non scatta prima! L’amore scatta in quanto quell’altro risponde ad un tuo bisogno personale e allora c’è un incontro personale. Ma per formarsi questo bisogno…..

Eligio: E hai dall’alto la conferma che questo non è un tuo fantasma, frutto del tuo pensiero.

Luigi: Anche Giovanni Battista conosceva Gesù per la sua grandezza, per la sua giustizia, lo vede tanto grande che dice: “No, sei tu che devi battezzare me!”, quindi aveva una cera conoscenza. Poi però ha accettato una cosa che agli occhi suoi era un assurdo!  Gesù gli ha fatto capire che quello che lui credeva di conoscere in realtà non lo conosceva. Per cui vedi che abbiamo tappe successive di conoscenza: si va di conoscenza in conoscenza, però non si maturano, infatti se Giovanni Battista si fosse irrigidito e avesse detto: “No, no io non ti battezzo! Perché tu sei più grande di me!”, e sarebbe come Pietro che non si lascia lavare i piedi, lui non sarebbe arrivato a quell’altra conoscenza in cui disse: “Io non lo conoscevo!”.

E Pietro si sente dire: “Se tu non ti lasci lavare i piedi non puoi avere parte con me per la vita eterna!”; quindi bisogna accettare questa umiliazione di Dio, che Dio si sottometta a noi, a lavarci i piedi, perché è lì che c’è l’intuizione, che c’è la luce, che si scopre come Dio è presente tra noi, per cui Lui magari prende il volto del delinquente, del bambino, del povero, del malato, dell’ubriacone, per servire noi, per servire la nostra salvezza.

Allora è lì che capiamo come Dio è presente tra noi, per salvare noi, per cui magari per salvare l’uomo ricco, Dio prende le sembianze di un mendicante, per far uscire l’uomo ricco dalla sua chiusura: ma è il volto di Dio.

Ora quand’è che capiremo come Dio è presente tra noi: questa è l’illuminazione del Giovanni Battista nell’accettare di battezzare Gesù, di dare il nome di Gesù, è lì che ha avuto quella luce sul Messia: come Dio salva e allora ha individuato l’incarnazione.

Eligio: Lo possiamo individuare nel mendicante, nel barbone solo se lo abbiamo già dentro di noi.

Luigi: Sì, perché i nostri occhi vedono fuori nella misura in cui erano già dentro, noi non possiamo individuare un volto fuori se non lo abbiamo già individuato dentro, noi non ce ne rendiamo conto ma vediamo fuori quello che abbiamo già dentro, potremo girare tutto il mondo e non vedere niente.

Si vede non con gli occhi, ma si vede con l’anima, o col cuore.

Cina: A Frabosa col dott. Damilano tu hai visto il volto di Cristo nelle pietre…

Luigi: Ma c’era, no? L’hai visto tu?

Cina: Sì, dopo che l’hai detto tu l’ho visto.

Luigi: Sì, perché le cose bisogna averle dentro per vederle fuori, nella misura in cui le abbiamo dentro le vediamo fuori. Se noi avessimo tanto il volto di Cristo dentro, noi lo vedremmo in tutte le creature, non vedremmo le creature; perché effettivamente il Cristo è presente in tutte le creature: “Ero io … ero io … ero io …”, ma vedendo poi il volto del Cristo in tutte le creature, noi ci comportiamo molto bene verso tutte le creature, non abbiamo più il simpatico, l’antipatico, il nemico, l’amico ma in tutte noi vediamo Cristo.

Allora lì abbiamo la capacità di amare tutto e tutti, ma soltanto vedendo il volto del Cristo in tutti, noi amiamo tutti: è quella presenza del Cristo, è vedere il volto che ci fa amare, in caso diverso è una ginnastica, è sempre un amore fasullo non è amore sincero, amore vero.

Cina: Stasera ho capito che ho sprecato tanti anni sprecando la parola di Dio, adesso, per grazia di Dio, da un po’ di tempo il Vangelo mi appare come una segnalazione, ma non bisogna fermarci lì, perché c’è tutta una vita nuova, rappresentata da questi due discepoli.

Luigi: Se lei la segnalazione non l’ascolta e non la realizza, la segnalazione sfuma, se ne va; è come la parola di Dio che cade sulla terra, poi gli uccelli la beccano, la portano via: bisogna che penetri dentro e che si trasformi in vita, cioè deve trasformare tutto di noi.

Per partire devi anche avere le scarpe buone, nei piedi: procurati gli scarponi, mi raccomando!!!!

Il nostro io è terribile perché a un certo punto c’è una chiusura per cui anche se uno volesse essere fedele, non ci riesce, si chiude in un bozzolo, non può, vorrebbe amare e non può più; Gesù dice che diventiamo figli delle nostre opere. Uno si rende conto come c’è la possibilità della dannazione, uno lo constata,  perché c’è proprio questo rischio che il nostro io diventi una chiusura. Per cui Dio diventa lontano, non attrae più, non dice più niente, si sente la solitudine perché l’io crea la solitudine e Dio diventa una cosa astratta, è solo più parola, è fratturato, lontano. Come che vorrebbe avere fede ma non può e capisce che sarebbe bello avere fede ma non può.

Per cui bisogna camminare molto in fretta! Gesù dice: “Camminate fintanto che avete la luce, perché la marea delle tenebre non vi sorprenda!”