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«Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbi (che significa maestro), dove abiti?”.  Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.».Gv 1 Vs 38-39


Titolo: Andarono, Videro, Restarono


Argomenti: La disponibilità della vera fede – L’abitazione di Gesù – Il battesimo di Giovanni – Ascolto e vista – L’intelligenza nelle cose del mondo e nelle cose di Dio – I veri discepoli – La debolezza dell’uomo – I poveri in spirito – Le prostitute e i giusti – Fede e ragione – La stanza vuota -


8/Agosto/1976


Dall'esposizione di Luigi Bracco:

In questo brano di Vangelo è interessante notare i diversi passaggi.

Il primo passaggio, del quale avevamo già parlato, è questo:

non appena Giovanni segnala l’Agnello di Dio, subito due dei discepoli di Giovanni partono e seguono Gesù.

È stato sufficiente che Giovanni segnalasse: “Ecco l’Agnello…” che loro, immediatamente, quindi la grande disponibilità, seguono Gesù pur essendo molto legati a Giovanni che era il loro maestro.

Eppure appena Giovanni ha segnalato uno più grande di sé, immediatamente questi due sono stati disponibili a partire.

È la disponibilità della vera fede per cui chi ha veramente fame di Dio è disponibile a ciò che vale di più.

Fintanto che non conosce quello che vale di più resta con quello che vale di meno, ma non appena vede qualcosa che vale di più, passa a quello.

Se invece vedendo quello che vale di più continua a restare con quello che vale di meno, lì abbiamo già l’io che trascura una segnalazione, trascura l’annuncio.

Coloro che invece partono dietro a Gesù, a costoro Gesù parla; prima Gesù non parla, viene segnalato da altri.

Coloro che seguono la segnalazione e vanno dietro a Gesù, allora vedono che Gesù incomincia a parlare.

È la prima parola che Gesù dice nel Vangelo di S. Giovanni: “Cosa cercate?”.

È interessante perché rivela che la prima interrogazione che Gesù fa a tutti gli uomini è questa: “Per che cosa vivi? Cosa cerchi?”. Perché la vita è ricerca di qualche cosa: “Tu per che cosa vivi?”

L’ultima parola di Gesù in questo Vangelo sarà: “Tu seguimi”, perché c’era Pietro che si interessava di Giovanni e Gesù gli dice: “Cosa ti interessa dell’altro? Tu seguimi! Quasi a dirci che la nostra preoccupazione deve essere quella, “Tu vieni dietro a me, non preoccuparti di quell’altro, se io voglio che lui resti, lui resta; tu seguimi!”.

Presso Gesù non c’è nessuna ragione valida, per nobile che sia, anche umanamente.

Lo dice a chi era preoccupato della sepoltura di suo padre: “Lascia i morti seppellire i loro morti, tu vieni e seguimi” perché chi ha i buoi, i campi, la moglie, non assaggerà la sua cena; non c’è nessuna ragione che valga di fronte a Dio.

Dio è il massimo valore quindi richiede una massima disponibilità che può anche non esserci, non è un fatto automatico; non è che Dio si manifesta ed io sono tutto disponibile.

Per cui soltanto se sono disponibile arriverò a vedere: è la fede vera che crede all’annuncio, segue e arriva a vedere come succede a questi due discepoli di Giovanni.

Però per arrivare a vedere prima devono dire quello che vogliono, devono sapere quello che vogliono, per questo Gesù interroga: “Cosa cercate?”.

Questo lo dice per formare, per concentrare maggiormente il nostro cammino, perché noi possiamo andare dietro a Gesù per tanti motivi, ma Lui vuole che prendiamo coscienza del vero motivo.

Non è che Lui abbia bisogno di sapere il nostro motivo, siamo noi che abbiamo bisogno di sapere il motivo per cui andiamo dietro a Lui.

Noi forse non ci faremmo nemmeno il problema del perché lo cerchiamo, perché gli andiamo dietro, ma Lui ce lo pone. “Ma perché Signore sono qui? Ma perché vado dietro di Lui? Ma perché mi interesso di questi argomenti? Ecco, è Lui che interroga!

È Lui che pone il problema: “Tu cosa vuoi?”, affinché non ci troviamo poi nella situazione delle vergini stolte che hanno la lampada accesa, hanno la fede quindi vanno dietro a Lui, sono vergini, cioè staccate dal mondo, eppure non basta! Non entreranno! Perché? Perché non avevano la scorta d’olio; e non avevano la scorta d’olio perché non sapevano quello che volevano, quindi non si erano preparate all’incontro, andavano così perché andavano dietro al gruppo.

L’interrogazione di Gesù tende a formare, a far prendere coscienza di quello che veramente uno vuole; questi discepoli dicendo “dove abiti?”, hanno rivelato una grande cosa, hanno dimostrato di avere amore per Lui, perché  quando uno si interessa del luogo in cui l’altro abita, è perché vuole stabilire un rapporto permanente con Lui.

Non gli basta incontrarlo per la strada, gli chiede l’indirizzo di casa per poterlo trovare sempre.

Avendo questi discepoli dimostrato di sapere quello che volevano: “Venite e vedrete!”. Ecco Lui indica come, avendo dimostrato quello che vogliono, adesso è il Signore che indica come fare per arrivare là dove noi vogliamo, perché tutto è opera sua, per cui dice loro: “Venite e vedrete”, loro andarono e videro e furono in pace perché restarono con Lui quel giorno.

Vedendo si resta, invece quando non si vede si è inquieti.

Hanno visto dove Lui abitava.

Quel vedere dove Lui abitava certamente non era vedere un’abitazione terrena, perché qui Gesù era con Giovanni, al di là del Giordano e non aveva lì la casa come intendiamo noi; la sua casa era a Nazareth e poi è andato ad abitare a Cafarnao, che erano luoghi molto distanti da dove Giovanni battezzava.

Gesù era venuto a farsi battezzare da Giovanni dove Giovanni battezzava.

Gesù era venuto a farsi battezzare da Giovanni, quindi era in viaggio, era in strada, quindi quando gli altri chiedono “dove abiti?”, Lui risponde in termini spirituali: Lui abita nel  seno del Padre e loro hanno visto dove lui si fermava.

E videro qualcosa di talmente grande, nuovo e impressionante per loro che dopo tanti anni, quando Giovanni evangelista scriverà il suo Vangelo, si ricorderà dell’ora: “era l’ora decima”, le quattro del pomeriggio.

Dicendo “restarono con Lui quel giorno” evidentemente non è che siano rimasti fino alle sei di sera, ora in cui terminava il giorno ebraico al tramonto del sole, ma fu in quell’ora che stavano con Lui che videro, che capirono dove Lui abitava.

Evidentemente ci fu una conversazione durante la quale ad un certo momento vennero condotti ad una illuminazione; quel momento fu all’ora decima!

Quell’ora fu talmente impressionante che dopo cinquanta o sessanta anni, perché il vangelo è stato scritto alla fine del secolo, Giovanni evangelista si ricorderà dell’ora.

Il capire dove Lui abitava è stato qualcosa di molto importante per loro, fu una grande scoperta, perché il Verbo abita nel seno del Padre: “Nessuno mai ha visto Dio, l’Unigenito Figlio di Dio che abita nel seno del Padre ce lo ha rivelato”.

Maestro, dove abiti?” chiese Giovanni con Andrea e risponde poi lui stesso dopo, scrivendo il prologo al suo Vangelo: “… che abita nel seno del Padre”, ecco la grandezza della rivelazione che Gesù diede loro in quell’ora.

Tutto questo cammino, queste tre tappe che si sono concluse felicemente per questi due discepoli, possono non concludersi felicemente per ognuno di noi, perché le tappe ci sono proprio per dire a noi qual è il comportamento ideale.

Noi possiamo trovarci con le creature che ci segnalano quello che vale di più, che ci segnalano la salvezza di Dio, ma non essere disponibili come furono questi due discepoli e quindi non passare da Giovanni a Gesù.

Tutte le creature, anche la stessa morte, sono rappresentate in Giovanni che ci segnala quello che vale di più, anche la stessa morte che è una creatura di Dio, ci segnala quello che vale di più, ma noi possiamo non fare il passaggio, la nostra pasqua: “Io sapevo, ma non sono passato!”; “Come mai non sei passato?”, “Perché avevo i  buoi, i campi, la moglie da accudire, gli affari o la figura, la carriera!”.

Tutte le nostre problematiche ci impediscono di passare, per cui la segnalazione arriva, ma noi non passiamo.

Oppure possiamo  andare dietro a Gesù ma non sapere quello che vogliamo, la crisi d’identità deriva dal fatto che non sappiamo quello che vogliamo!

Ma noi non sappiamo quello che vogliamo perché…..

Noi possiamo andare dietro a Gesù,  perché possiamo magari renderci disponibili, ma non sapere quello che vogliamo! Possiamo dirci di Cristo perché apparteniamo ad un gruppo, alla Chiesa, ad un ordine religioso e crediamo di essere cristiani, ma noi personalmente non sappiamo quello che vogliamo, viviamo alla giornata come le vergini stolte.

Ma non siamo in pace, non siamo soddisfatti.

Ecco perché ci vengono rappresentate queste tre tappe,   perché noi possiamo non partire, ma possiamo anche partire senza sapere quello che vogliamo, invece il motivo per cui andiamo dietro a Gesù lo dobbiamo avere dentro di noi.

Se non l’abbiamo dentro di noi, anche se ce l’hanno tutti gli altri, a noi serve a niente perché personalmente dobbiamo sapere quello che vogliamo e che vogliamo prima di tutto.

Non basta che ne sentiamo parlare, dobbiamo noi personalmente volerlo.

XXXX: Ho letto su un opuscolo religioso che la fede inizia là dove finisce la nostra ragione!

Luigi: Non è che la fede sia contraria alla ragione, perché la fede si basa sulla ragione; uno crede in quanto ha dei motivi per credere, non è che uno crede perché non ci sono dei motivi: ci crede perché ci sono dei motivi, però, indubbiamente, non è che uno possa dimostrare, perché per arrivare a dimostrare bisogna già seguire certi insegnamenti, per seguire certi insegnamenti bisogna credere a certe cose e per credere a certe cose……….

Comunque non è che si escluda la ragione, direi la fede raccoglie testimonianza da tutto, come Dio, Dio supera, trascende, ma raccoglie testimonianza da tutto; per cui un filo d’erba rende testimonianza a Dio come rende testimonianza a Dio il cielo stellato, oppure può rendere testimonianza a Dio l’angoscia dell’uomo, i problemi degli uomini, tutto rende testimonianza a Dio, eppure Dio trascende.

Però, trascende tutta la creazione ma non nega tutta la creazione, non rifiuta la creazione, riceve gloria da tutto, anche dove non ha seminato, anche dal male, anche il male rende gloria a Dio: quindi tutto entra nel più, il più non è che abbia bisogno di questo, però non esclude, raccoglie dappertutto.

Così è anche per la fede, la fede intesa in questo ordine di adesione a Colui che ci trascende,  in quanto adesione, raccoglie testimonianza da tutto.

Per cui tutte le cose dicono, mi dicono: “Devi credere in Dio!”.

Ora le cose ragionano con me, per cui gli avvenimenti di ogni giorno ragionano con la nostra coscienza, con la nostra anima, con la nostra mente e ci dicono: “Guarda che noi siamo opera di Dio!”, e ce lo dicono così: il passare di tutte le cose.

Il tempo che passa, le creature che passano dicono, ed è ragione,  con la ragione lo dicono, con la mia ragione: “Guardate che chi ci ha fatte è Dio, passiamo per dirti che devi guardare Dio!”. È Giovanni che passa e che dice: “Ecco l’Agnello di Dio!”, quindi non fermarti a me, vai là, è Lui la salvezza di Dio, è là.

Poi noi, andando dietro a Dio e sapendo quello che vogliamo, possiamo anche non ubbidire al come non seguire la strada, perché andando dietro a Gesù e chiedendo: “Maestro, dove abiti?” Lui dice: “Venite e vedrete!”, cioè indica loro come devono fare per seguire una certa strada, perché noi giungiamo a vedere con Lui.

Quindi bisogna fermarci, meditare sulle sue parole, raccogliere le sue parole, approfondire le sue parole, non approfondire altri argomenti o altre parole, o seguire altre parole, ma è con Lui, attraverso Lui, perché Gesù dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”. Ecco la via: “Io sono la via!”.

Quindi essendo la via noi possiamo anche credere di andare dietro a Gesù e non però seguire la sua via.

Cosa vuol dire per noi andare dietro a Gesù come fecero questi primi due discepoli?

Allora in Palestina andare dietro a Gesù praticamente vuol dire camminare dietro come hanno fatto questi discepoli, ma noi oggi non lo vediamo passare fisicamente sulle le nostre strade!

Allora cosa vuol dire andare dietro?

Andare dietro vuol dire fermarci con le sue parole, meditare sulle sue parole, cercare di capire quello che Lui dice, i suoi argomenti: questo vuol dire “andare dietro”, vuol dire renderci disponibili per le lezioni che Lui ci dà.

Perché poi fisicamente, andare dietro ad una persona, non vuol dire andare dietro di Lui fisicamente, ma spiritualmente!

Ora io posso andare dietro ad una persona fisicamente, ma non condividere affatto il suo spirito: infatti non tutti coloro che andarono dietro a Gesù furono salvati da Gesù o giunsero a Pentecoste! Ci fu anche tra coloro che andarono dietro a Gesù chi lo tradì.

Questa è una lezione per dirci che non basta andare dietro a Gesù come possiamo intendere noi cioè facendoci monaco o missionario, prete, oppure andando nel deserto, oppure stare sempre in chiesa, non basta questo!

Non basta questo perché andare dietro a Gesù vuol dire andare dietro al suo spirito, vuol dire condividere, avere l’affinità intellettuale, cioè vuol dire seguire il suo pensiero, seguire le sue lezioni, le sue parole  infatti Lui dice che chi va dietro a Gesù è discepolo di Gesù.

Lui ci insegna che sono i veri discepoli, quando ci dice: “Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole”. Non basta crederci discepoli di Gesù andando dietro fisicamente o

Spostandoci in un ambiente più religioso di un altro, Gesù dice “……se resterete nelle mie parole…”.

L’importante è questo restare, d’altronde lo capiamo perché siamo discepoli quando noi ricordiamo le parole, quando noi facciamo tesoro di quelle parole lì, allora è quello che ci conduce a vedere

È quello che ci fa capire che fu attraverso una conversazione che arrivarono a vedere “quel giorno”.

E quando giunsero a vedere fu un’illuminazione tale per cui si ricordarono che “…era l’ora decima…”, cioè alla fine del giorno, pur avendo detto: “…si fermarono con Lui tutta la giornata…”.

Pensieri tratti dalla conversazione

Luigi: ………………..quindi è essenziale perché se io non ricevo tutto da Dio non ho

Eligio: Poi ci sono cose per le quali Dio non mi dà l’intelligenza.

Luigi: La fede è la condizione, perché prima di intendere io devo ascoltare, ascoltando la Parola di Dio questa provoca in me l’interrogazione: “Perché mi hai fatto questo?”. Ecco, Dio facendomi qualcosa mi dice: “Perché ti faccio questo?”.

Dio è un continuo interrogatore verso di noi, attraverso le cose Lui ci interroga: “Che cosa dici di me? Quale stima mi dai? Quale valore mi dai? Sempre per accelerare, è Lui che ci fa parlare. Ora la parola ci forma nella misura in cui noi ascoltiamo, e abbiamo la Vergine, l’ascolto diventa fecondo, genera il Verbo, il Verbo che poi diventa intelligenza. Ma indubbiamente l’ascolto è dato dalla fede, per cui noi non possiamo arrivare a vedere se non crediamo; l’allievo deve ascoltare il maestro per arrivare ad intendere quello che dice il maestro.

Però prima deve ascoltare: “Ascolta….”, è poi il maestro che dà l’intelligenza di quello che lui vuole dire, delle parole che dice.

È un po’ come il passaggio dall’udito all’occhio, quando arriva a noi la parola oppure il rumore, questo provoca in noi un desiderio di vedere la fonte di quel rumore e noi siamo inquieti se sentiamo solo il rumore, non siamo soddisfatti; noi siamo soddisfatti quando vediamo la fonte del rumore, ma se noi sentiamo solo il rumore siamo inquieti perché c’è qualcosa in noi che non è compiuto.

Allora sentendo il rumore, siamo sollecitati a guardare, a cercare chi è che fa questo; quando poi vediamo chi è che parla o chi è che fa quel rumore lì, diciamo: “Ah, ho capito!”, non andiamo più alla ricerca d’altro, l’occhio ha visto , ho capito. Così è lo stesso! La Parola di Dio giunge a noi: ed è l’orecchio; questo ci sollecita a guardare chi è che parla, quando raggiungiamo a vedere, siamo in pace. Ed è l’argomento di questa sera……

Cina: È un grande bisogno della persona il sapere cosa cerca………..

Mi succede quando vado a far la spesa, il vedere tutta la gente che va, che traffica, e mi chiedo: “Cosa cerco? Dove vado?”. Avverto quel bisogno delle cose che non passano, di non spendere neanche una lira per delle cose inutili.

C’è una grande crisi di identità!

Luigi: Ma tu parli per te o per gli altri?

Cina: Parlo per me!

Luigi: Non sa quello che vuole?

Cina: Anche gli altri mi sono di richiamo ….

Luigi: Ma tu non sai quello che vuoi?

Cina: Penso a delle parole del vangelo che mi racchiudano il pensiero, che mi aiutino a raccogliere in Dio.

Luigi: Cerca prima di tutto il Regno di Dio! Tutto il resto ti sarà dato in sovrappiù! Dicendoti “tutto”.

Cina: Ad esempio: “Tutto passa solo Dio resta!”, oppure: “Saremo giudicati sull’amore”.

Luigi: Quello che ci dà l’identità della ricerca, perché la nostra ricerca deve sempre essere fatta sulla volontà di Dio, Dio ci dice quello che dobbiamo cercare: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio e tutto ti sarà dato in sovrappiù!”, dicendo tutto il resto, è tutto; questo è quello che dobbiamo volere! Questa è la volontà di Dio!

Eligio: Questo è possibile in certi momenti di grazia particolari, però poi nella quotidianità, cadiamo…..

Cina: Si tribola a tenere netta questa idea, poi ci sono dei momenti di luce e poi c’è tanto tempo nella giornata in cui..

Luigi: Intanto quei momenti, come la trasfigurazione di Gesù è stato un momento, suscitano una nostalgia; ed è quella nostalgia, quel desiderio crea che tutte le volte che uno è distante, sente la vanità di tutto il resto, la sente molto di più, perché altrimenti non la noterebbe!

Eligio: Però più sei distante e più sei nella incapacità di ritornare a questo centro unificatore, e si vivono dei momenti di sconforto, di debolezza…., quindi non è facile.

Luigi: Gesù stesso dice che non è facile: “Sforzatevi di entrare perché la porta è stretta, il cammino è difficile!”, questo è pacifico. Se lo dice Lui è perché effettivamente non è facile!

Però Lui dice anche: “Preoccupatevi, sforzatevi!”, è Lui che lo dice, non è che io possa camminare tranquillamente, non avviene niente in automatico: tu ti devi sforzare perché la porta è stretta. Bisogna darsi fa fare, perché poi vedi che nelle cose che effettivamente ci stanno a cuore siamo intelligenti, troviamo il modo di uscirne. Nelle cose che veramente ci stanno a cuore studiamo, ci preoccupiamo ed a certo momento troviamo il bandolo per risolvere il nostro problema; allora se effettivamente ci sta tanto a cuore Dio, ad un certo momento, a forza di pensarci, è tutto grazia di Dio, si capisce, ma dandoci da fare….

Il Signore ci dice: “Ma tu sei stato capace a capire, a risolvere i tuoi problemi, e come mai non sei stato capace a risolvere il mio problema? Forse ti stava meno a cuore?”, nasce quel dubbio lì.

Perché noi per le cose nostre….., se io ho una pianta che incomincia a morire, mi do da fare per cercare di tirarla su, di innaffiarla, di cercare cosa manca, vedi che ti sta a cuore. Come mai se la nostra anima comincia a deperire non ci preoccupiamo?

Io dico questo, se come nelle cose nostre noi siamo intelligenti, anche se siamo stupidi, ma nelle nostre cose che ci stanno a cuore e riusciamo a tirarci fuori qualche cosa, così altrettanto se ci sta veramente a cuore Dio, qualche cosa lo tiriamo fuori. Non per opera nostra, noi capiamo che attraverso Dio, con l’unione con Dio, noi riusciamo a risolvere il nostro problema, a sfondare questa porta, però solo se ci diamo da fare, se ci sta veramente a cuore!

Eligio: Nelle creatura c’è un momento di grande pena perché quando hai intuito la grandezza e la bellezza del restare unito a Dio, e di seguire Cristo nella vita, poi per ragioni di ambiente, di abitudini acquisite ti allontani, dire che non puoi più avere a cuore le cose umane……

Luigi: Non puoi più essere entusiasta per le cose del mondo.

Eligio: Non puoi più neanche accettare il rimprovero, perché senza Dio tu non hai intelligenza in niente, ti trovi lontano e ti manca la forza di risalire…

Luigi: Però il Signore dice anche: “Più tu sei debole, più tu mi attrai!”, “La tua debolezza mi affascina!”, “Più tu sei povero, più tu sei debole, più tu sei incapace a dominarti, e più questo mi attrae, attrae la mia grazia!”.

Perché se io sono nella situazione in cui mi do da fare e ci riesco, un bel momento ho quasi la sensazione di essere capace a fare, di essere qualche cosa; invece, con il Signore, più noi tocchiamo con mano il nostro nulla, e proprio questo toccare con mano il nostro nulla, che maggiormente ci unisce a Dio.

Quando S. Paolo lo implora di essere liberato da quel pungolo che lo tormentava, e che non si sa quello che sia, il Signore dice: “Ti basta la mia grazia!”, perché più la creatura è debole e più si fortifica, perché la grazia si rivela nella debolezza, la grazia di Dio si rivela nella pochezza della creatura.

Quindi più la creatura constata la sua pochezza, il suo niente, e più diventa un campo di rivelazione della grazia di Dio.

Il Signore a suor …………. dice: “Le tue debolezze, le tue infedeltà    (nel senso di mancanze, povertà di creatura), ti uniscono maggiormente a me; io mi sento più unito a te quando tu manchi, più di quando ti senti forte!”.

E sotto un certo aspetto si capisce, no?

Uno è portato a voler più bene ad una creatura più debole, più povera. Meno dotata; nei confronti di una creatura che sa cavarsela da sola uno pensa: “Tanto sa cavarsela da sola!”.

Eligio: E cosa manca quando uno sa di essere in questo stato di debolezza? Perché se si verificasse quello che tu dici dovrei essere più vicino a Gesù…

Luigi: Cosa manca per prendere coscienza? Se la creatura è povera, nell’umiltà (“Beati i poveri in spirito”), la creatura non lo sa, ma è più vicina al Signore; il Signore è più vicino alla creatura povera che alla creatura forte.

Infatti il Signore dice nella parabola che lascia le novantanove pecore che sono al sicuro per andare a cercare la pecora smarrita, quindi è più vicino alla pecora smarrita che a quella che è al sicuro. Quindi la pecora non lo sa, ma è la più cercata, nella sua miseria, nella sua povertà, la povertà della creatura, l’incapacità della creatura provoca   (scusate il termine) maggiormente il Signore di quello che può essere la virtù nella creatura.

Eligio: A volte c’è nella creatura la sensazione dello smarrimento….

Luigi: Quando Gesù dice, ad esempio, che le prostitute vi precederanno nel Regno di Dio, ci fa capire in un certo senso che le prostitute sono preferite a delle vergini.

Quindi attrae di più…

È parola del Signore: “Le prostitute vi precederanno….”, lo dice Lui!

Per me, questa parola di Gesù, vale come quella: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue…”, perché non possiamo mica fare una preferenza tra una parola e l’altra: le parole di Gesù sono tutte divine, sono tutte parole di Dio, quindi sono tutte da considerare molto attentamente, sono parola di Dio!

Perché noi teniamo molto presente quella parola: “Questo è il mio corpo”, e non teniamo presente: “Le prostitute vi precederanno”? È parola di Dio!

Sei convinta Cina?

Cina: Di quello sono convinta! Ma sai cos’è che fa paura? Fa paura quella disoccupazione dell’anima più della debolezza, il non impegnarci; si capisce che ci dovrebbe essere una vita così intensa, che tutto dovrebbe servire, un lavoro continuo che prende tutta la persona…

Luigi: Sì, hai ragione!   È la stanza vuota di cui parla Gesù; quando una stanza è stata liberata dal demonio. Il demonio poi gira, gira e poi finisce di ritornare lì, vede che la stanza è tutta bella vuota, spazzata, pulita e allora va a chiamare altri sette demoni: e la condizione di quella stanza, dopo, è peggiore della prima! Cioè, l’anima non deve essere disoccupata mai, perché l’animo che è preso dall’amore non è mai disoccupato.

Cina: Ecco perché il bisogno di pensare qualche parola che aiuti il pensiero a rimanere fisso in Dio. A volte non si trova nemmeno quella parola.

Luigi: Se cerchi la parola, il Signore non te la lascia mancare mai, stai tranquilla!

Poi il Signore dice: “Scrivitela sulla fronte, sullo stipite delle porte”, in modo da potertela ricordare sempre, perché devi sempre averla presente in tutti gli angoli!

Cina: Mi piacerebbe tanto fare delle cartoline con scritto: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze…”

Luigi: “Scrivitelo sulla fronte! Mettilo sugli stipiti delle porte! Legatelo al braccio! Dillo ai tuoi figli”, tutto questo per ricordarmi. Il Signore stesso ci esorta, ci insegna come dobbiamo fare, questa parola qui la troviamo da tutte le parti; e poi se una cosa mi sta veramente a cuore, mi do da fare. Mi ricordo quando lavoravo in banca che mi chiudevo nel gabinetto per riuscire a raccogliermi. Era l’unico modo per raccogliersi: eppure bisogna darsi da fare. Se uno vuole tira fuori il tempo, il luogo, a costo di andare a finire in un gabinetto………….

Lei sa quello che vuole?

XXXX: Ma non sempre, ho sempre questa tendenza, poi magari non capisco, ma….

Luigi: Il capire è un’altra cosa. Ma sa quello che vuole?

XXXX: Ma molte volte rifletto e penso che la via è quella, c’è sofferenza ma se Gesù dice che bisogna abbracciare la croce con gioia………..

Luigi: No, non è necessario “con gioia”, non è che il Signore si sia messo in croce con gioia, sia ben chiaro, la croce è croce, le prove ci sono, perché poi il cammino è Dio che lo fa, però il Signore non ci dice di abbracciare la croce con gioia e Lui stesso non ha abbracciato la croce con gioia.

“Se è possibile Padre, allontana da me questo calice, ma non la mia ma la tua volontà sia fatta”, però bisogna accoglierla come volontà di Dio: ma tutto noi dobbiamo prenderlo dalle mani di Dio.

XXXX: Quando ho dei dubbi li prendo come una prova…………