Tshikenddwa Matada G., Dio e la sofferenza umana. Testimoniaza di una malata (Testimonianza 3), Edizione AdP, Roma 2002, pp. 106

 

L'evidenza del dolore nel mondo è sotto gli occhi di tutti. Chi non ha sognato, almeno una volta, un mondo senza dolore? Chi non si è domandato: "Perché il dolore?"; e, soprattutto, "Perché il dolore degli innocenti? Se c'è un Dio giusto, perché il male? E se c'è il male come potrà esserci un Dio giusto?". L'obiezione del dolore è stata definita la "roccia dell'ateismo". Giustamente nella prefazione si avverte il lettore a fare attenzione, però, a non trasporre in Dio la nostra concezione troppo umana della forza. Anche per Dio, come ben dice san Paolo, è nella debolezza che si rivela e trionfa la forza. E quale immagine più decisiva potremmo trovare della forza di Dio, che ci visita e ci salva, se non quella della croce di Gesù? Il testo che segue lo dice con una precisione che impressiona: «Dio si è identificato con la sofferenza per salvare l'uomo» (p. 4).

Questo libro presenta una tragedia nel cuore dell'Africa, ed è invito ala gioia vera e unica, al superamento della sofferenza. Mbombo, giovane africana, con la sua sofferenza, con il suo sguardo purificato sulla triste realtà della sua giovane esistenza, ha trasmesso insegnamenti profondi agli amici, ricordando loro che ognuno è vulnerabile e dimostrando, al tempo stesso, l'esistenza di un Unico Essere invulnerabile, spesso, completamente ignorato: il Signore, che, con il suo amore smisurato, riesce a farci vincere il dolore, la sofferenza, la debolezza umana. La vita di Mbombo è stata sofferta sia sul piano umano che spirituale. Ella si era scontrata prima col Signore, poi con i suoi familiari e, infine, anche con se stessa. Per incontrare Kabongo, si preparava intensamente, e per essere perfetta era stata per un bel po' di tempo davanti allo specchio. Il grave incidente di quel fatidico venerdì, le aveva fatto capire che queste cose caduche cedono il posto a colui che, solo, ha il vero potere di sedurre. Mbombo ricorda le parole ascoltate attentamente, ma non pienamente interiorizzate, nel giorno della sua prima comunione: «La verità che libera è semplice e unica, aver fede in Gesù sofferente e vincitore» (p. 51). Ella capisce ciò solo dopo il tragico incidente, comprende che anche la sua profonda sofferenza può diventare «un cammina di santificazione» (p. 81). Può sembrare paradossale, ma la sofferenza vivifica l'anima, perché chi soffre raggiunge un'immensa, invisibile forza interiore che contrasta con la debolezza visibile.

Mbombo ha imparato ad ascoltare il suo Signore che le infonde forza ricordandole il suo immenso amore e la sua preferenza proprio per i deboli, i malati, i sofferenti, gli emarginati. Il Signore soffre con noi e per noi come soffrì per la morte dell'amico Lazzaro, protagonista insieme agli altri nel dolore e nella sofferenza. Tutta la vita e le sofferenze di Mbombo offrono l'occasione di riflettere che il Signore rimane fedele per sempre. Egli solo è la "Via, la Verità e la Vita", e sempre apre all'uomo una finestra, uno spiraglio che lascia passare la nostra disperazione (cf. p. 104).