Tertulliano, Contro gli eretici. Introduzione,  traduzione e note a cura di C. Moreschi, Città Nuova, Roma 2002, pp. 103

L'eresia era considerata da Tertulliano come frutto delle suggestioni intellettuali mutate  delle varie filosofie: «Pertanto, le eresie  stesse sono subornate dalla  filosofia» (VII, 2; p. 35). Infatti, «dalla filosofia derivano  gli eoni e no so che forme infinite di numero e la triade dell'uomo secondo Valentino; era  filosofo platonico. Dalla  filosofia deriva  il  dio di  Marcione, un dio migliore del nostro grazie alla sua mitezza: era un dio proveniente dallo stoicismo» (VII, 3; p. 35-36).

Tertulliano, nel testo che qui presentiamo, confuta gli eretici che insegnano una dottrina diversa da quella tramandata dagli apostoli alla chiesa. Con lui la riflessione sulla "tradizione" ha un'ampiezza maggiore; anzi, possiamo dire che «è il primo a proporre un'interpretazione complessiva e organica di questo concetto» (p. 6). Soffermandosi sul concetto di tradizione apostolica, egli lo espone con l'aiuto dello strumento giuridico della "prescrizione" (praescriptio, che poi dà il titolo all'intera opera: solo successivamente è stato aggiunto il sottotitolo Contro gli eretici). Tutta l'opera impiega formule e norme giuridiche del diritto romano (cf. a p. 11 il significato delle "prescrizioni" nel diritto romano). Egli ricorre a quest'espediente giuridico per chiarire i seguenti interrogativi: a chi spetta legittimamente il possesso delle Scritture, agli ortodossi o agli eretici? Ricorrendo al principio dell'apostolicità delle Chiese ortodosse, che vieni sviluppato intorno a quattro domande (Da chi; Attraverso chi; Quando; A chi venne tramandata la dottrina grazie alla quale si diventa cristiani), egli risponde così: 1. Da Gesù che «ne scelse dodici in particolare perchè stessero al suo fianco e divenissero maestri delle genti» (XX., 1: p. 53); 2. Per mezzo degli apostoli che dopo la pentecoste «annunziarono alle genti la medesima dottrina della medesima fede» (XX, 2: p. 53); 3. Dopo la sua resurrezione «ordinò di andare ad insegnare alle nazioni, che dovevano essere battezzate nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo» (XX, 2: p. 53); 4.  «Pertanto tutte queste chiese, così numerose e così grandi, non sono altro che quell'unica chiesa primitiva fondata dagli apostoli, dalla quale tutte derivano» (XX, 4: p. 54). Gli eretici accettavano solo la prima e la terza risposta rifiutando le altre due. Di conseguenza, Tertulliano deve precisare ulteriormente che Cristo ha rivelato la sua dottrina agli apostoli, e che questi l'avevano affidata alla chiese da loro fondate.

Il trattato ha un altro motivo d'interesse. Presenta la prassi più antica nella chiesa, quella della "regola di fede", che il catecumeno recitava, probabilmente, durante il battesimo, per entrare a pieno titolo nella comunità. "Regola di fede" che poi lungo gli anni si svilupperà e diventerà il "credo" o, se si vuol essere fedeli al linguaggio degli albori del cristianesimo, il "simbolo" di fede. L'opera ci fornisce il "credo" della Chiesa cartaginese, secondo il quale si crede che esiste un solo Dio, che ha creato dal nulla... In Gesù, suo Figlio, che per lo Spirito discese  nella vergine Maria, fu fatto carne nel suo grembo... Predicò una nuova legge e una  nuova  promessa del  regno dei cieli, compì prodigi,  fu crocifisso  e il terzo giorno  risorse,  strappato dalla terra ai cieli sedette alla destra del Padre. Mandò lo Spirito Santo... Si  crede  nel  giudizio eterno, nella risurrezione della carne. Particolarmente prezioso  questo capitolo perché, come si  può constatare, costituisce una delle prime  testimonianze della  formulazione di un credo trinitario.