Il
figlio maggiore (Lc 15)
Nella seconda parte della parabola è in primo
piano il figlio maggiore che è rimasto a casa, bisogna dire solo
fisicamente. Ritornando dai campi, udì la musica e le danze; chiamò un
servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo rispose: è tornato
tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha
riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò e non voleva entrare.
Notiamo subito il verbo si arrabbiò. Mentre il “figlio prodigo” «rientrò
in se stesso», il “padre” «si commosse», il “figlio maggiore”
«si arrabbiò». Non è tanto il ritorno del fratello che lo manda in
collera e lo fa ingelosire, ma l’eccessiva premura del padre nei confronti
di questi. Non riesce a vedere la questione con gli occhi del padre. La
sua ira ricorda quella degli scribi e farisei che mormorano perché Gesù
“riceve i peccatori e mangia con loro”.
L’indignazione evidenzia la falsità di quel
rapporto apparentemente fedele e armonico con il padre. Luca racconta che
il primogenito si dimostra risentito e non vuole entrare in casa per
partecipare alla festa. Il pittore Rembrandt Harmenszoon Van Rijn nel
dipinto "Il ritorno del
figliol
prodigo" ha reso visibile l’atteggiamento del primogenito. La scena
raffigura la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei
confronti del figlio pentito della propria condotta. Il giovane, vestito
di stracci logori, è in ginocchio dinnanzi al padre, di cui ha sperperato
le sostanze. L'anziano lo accoglie con un gesto amorevole e quasi
protettivo.
Sulla destra, osserva la scena un personaggio
identificato col figlio maggiore, mentre sullo sfondo si distinguono due
figure non ben identificate. Al padre che lo esorta in questo senso,
risponde di averlo servito da “tanti anni, senza aver mai trasgredito ai
suoi ordini” (v. 29).
Nelle sue parole è chiara la sua percezione
sbagliata delle cose: si definisce “servo” e si presenta come
accuratamente obbediente al padre, ma in questo non si rende conto di
limitare la propria importanza, che non sta nell’aver obbedito, ma
nell’essere figlio.
Enumera i suoi meriti sia di servizio sia di
fedeltà, ma si evince che la convivenza con il genitore è interessata. È
un ottimo figlio, ma solo apparentemente. Più che sentirsi figlio si sente
uno schiavo in casa sua ed ora è pronto a recriminare il suo datore di
lavoro…
Rispetto a suo fratello minore, non è andato
via, lasciando solo il padre, ma gli è rimasto vicino, aumentando in tanti
anni il patrimonio di famiglia con il suo lavoro… Per questo dirà al padre
“non mi hai dato nemmeno un capretto, per festeggiare con gli amici”. Vede
un trattamento differente nei suoi confronti rispetto di chi è tornato. Il
ritorno del secondogenito per il padre è motivo di gioia, per lui è causa
di tristezza e rabbia.
Accusa persino il fratello! Dirà al padre
questo ‘tuo figlio’ che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è
tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Il primogenito assume il
ruolo dell’accusatore, da notare che è lui che ci dice che il fratello ha
sperperato tutto con le prostitute sino ad ora non si sapeva.
Non vuole accogliere suo fratello e non
intende nemmeno considerarlo tale, ma lo ritiene soltanto figlio di suo
padre.
Il padre ascolta i suoi argomenti e li
confuta: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”. Si
noti l’espressione piena d’amore: Figlio.
Bisogna fare attenzione a questa risposta che
non sembra così ovvia come potrebbe apparire. Egli non dice di essere lui
«sempre con il figlio» perché egli non ha mai messo in questione o in
dubbio la propria paternità.
Al contrario, è il «figlio» che non «deve»
dimenticare di «stare sempre col padre» perché, accecato dagli interessi
materiali, ha perso di vista anche la presenza della paternità.
Il Padre gli ricorda che lui lo ha generato,
ribadisce che gli è figlio a pari dell’altro. Gli fa capire che poteva far
festa con gli amici ogni volta che lo desiderava, perché come il padre è
il padrone e non doveva chiedere il permesso. Il padre non risponde alle
obbiezioni del primogenito con argomentazioni logiche e convincenti. Il
suo comportamento nei confronti del figlio ritornato, è dettato dal cuore
“Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo ‘tuo fratello’ era morto
ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Le parole del Padre giustificano la festa ed
ancora una volta prega il figlio di partecipare alla festa affinché nella
festa comune ridiventi figlio e fratello. Si è lasciato convincere? È
entrato in casa a far festa?
La parabola finisce qui, non lo sappiamo se
dopo il figlio maggiore prende parte alla festa, per dare il benvenuto al
fratello minore, secondo il desiderio del Padre.
Non sappiamo nemmeno se accoglie l’invito del
Padre a condividere la Sua gioia.
Il comportamento di entrambi può essere
illuminante.
Nessuno dei due in realtà è fedele o
obbediente, ma sia l’uno che l’altro si ribellano al padre. Questo si fa
capire che anche se la nostra condotta apparentemente risulta
ineccepibile, spesso lo è soltanto in maniera formale.
Dietro il nostro formale comportamento spesso
si nasconde un rapporto interessato con Dio.
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