G. Costa, Il Vangelo dei dodici. Introduzione e teologia. Lectio su brani del Vangelo di Marco, (Laboratorio di fede e cultura), Istituto Teologico "S. Tommaso". Messina 2005, pp. 166

 

Il Vangelo dei Dodici si aggiunge agli altri due volumi su Matteo (Il Vangelo della Chiesa) e su Giovanni (Il Vangelo della Festa), già pubblicati nella stessa collana dal professore Giuseppe Costa, Il lavoro, pur nascendo dalla competenza di esegeta dell’autore, maturata nell'insegnamento ventennale della Sacra Scrittura, si avvale anche di una ricca e molteplice esperienza  pastorale. L’evangelista Marco ci presenta un Gesù non isolato, bensì circondato da un uditorio concreto costituito soprattutto da discepoli. Questo gruppo diventa il “luogo” della sua comunicazione e della rivelazione per tutti gli altri. Costa scrive che «i Dodici sono depositari privilegiati della rivelazione prepasquale del mistero di Gesù, coloro la cui memoria fa da ponte tra prima e dopo la Pasqua. Sono coloro che “dopo” ricorderanno e, ricordando, potranno testimoniare l’identità del Risorto con Colui che ha sofferto; potranno confermare che Gesù è il compimento del mistero della salvezza» (p. 7).

Il commento esegetico e pastorale ad alcune pericopi (p. 25-148) è fatto precedere da una lineare e sobria Introduzione generale (p. 11-23).  Quest’ultima, a sua volta, è suddivisa in due parti: introduzione (p. 13-17) e la teologia (p. 18-23).  Nella prima vengono riportate le notizie su Marco: la tradizione lo ha identificato con il personaggio anonimo citato negli Atti degli apostoli (15,37), chiamato anche “Giovanni Marco” (At 12,12.25) o, semplicemente, “Giovanni” (At 13,5.13). Sempre la tradizione asserisce che Marco fu interprete di Pietro (p. 14-15). Il linguaggio dell’evangelista è semplice e immediato, mentre, invece, lo stile è vivacissimo, colorito, esuberante, pittoresco, arricchito di diminutivi e vezzeggiativi tipici della gente comune (cf. p. 15). Marco scrive il suo Vangelo, secondo la tradizione, a Roma, per una comunità composta da cristiani, che provengono dal paganesimo e nella quale si sente l’urgenza della evangelizzazione dei pagani. La data è incerta, secondo alcuni verso il 70 d.C (cf. p. 16). La struttura del Vangelo risulta cosi delineata: attività di Gesù in Galilea; viaggio a Gerusalemme; avvenimenti a Gerusalemme, passione e resurrezione (cf. pp. 16-17).

L’autore, poi, riporta la teologia dell’evangelista Marco e la sua idea di Gesù, vero Dio e vero uomo. Dei titoli cristologici, quello di “Figlio dell’uomo” è il più frequente. L‘evangelista ci mostra le sue reazione umane: Gesù s’indegna, si rattrista, dorme durante la tempesta, si meraviglia, non sa proprio tutto, si arrabbia, ignora il giorno della fine dei tempi, prova abbandono e cade a terra (cf. p. 19). Gesù Maestro di vita, anche se paradossalmente il Vangelo di Marco riferisce pochi discorsi di Gesù; un Gesù che insegna più con la vita che con le parole (cf. ivi). Il titolo “Figlio di Dio” è raro, ma appare come il culmine della fede alla quale Marco vuole condurre i suoi lettori (cf. p. 20). Aspetto tipicamente di Marco è il “segreto messianico” (cf. p. 21): Questi elementi, nel loro insieme, rendono la redazione marciana unica e originale rispetto a quella degli altri tre evangelisti.

Il commento esegetico proposto nella seconda parte del testo (pp. 25-148), è semplice e immediato, nonché ricco e profondo. Alla conclusione di ogni lectio, l’autore propone alcune piste di riflessione e attualizzazione che risultano molto utili al lettore. Anche la grafica facilita la lettura perché ben impostata. Al termine del testo, Costa riporta riferimenti bibliografici utili per un eventuale approfondimento personale (p. 151-154).

Il testo risulta utile per quanti vogliono cimentarsi nella lectio divina e non hanno gli strumenti necessari perché non studiosi di Sacra Scrittura. Risulta utile, inoltre, anche per animatori di gruppi biblici che vogliono un “sussidio” a cui attingere per preparare i loro incontri senza cadere in una scientificità sterile e noiosa.