Andrisani M., Fabrizio De André e la Buona Novella. Vangeli apocrifi e leggende popolari (Firenze Atheneum. Collezione Mercator 46), Maremmi Editore, Firenze 2002, pp. 101

 

I Vangeli apocrifi, oltre a influenzare buona parte della letteratura popolare e dell'iconografia medievale, hanno affascinato, con la loro umanità e originalità, anche artisti contemporanei come Fabrizio De André, che ad essi ha dedicato un intero album nel 1970, La Buona Novella.

I Vangeli apocrifi non sono nati in aperta contraddizione a quelli canonici; anzi, secondo alcuni studiosi, questi ultimi non sono altro che una rielaborazione di fonti apocrife, che perciò possono esser viste come le testimonianze più antiche e a volte più autentiche della narrazione evangelica (cf. p. 13). Inizialmente, essi erano considerati dai fedeli delle prime comunità cristiane altrettanto degni di fede. Il termine apocrifo, infatti, significa "segreto", e designava quei testi destinati a pochi adepti delle sette gnostiche. Solo successivamente il termine assunse il significato di "in autentico", in seguito alla formazione del canone e al rifiuto di questi testi da parte della chiesa.

Tipici di questi racconti sono l'umanizzazione e la demistificazione dei personaggi delle vicende evangeliche, dei quali conosciamo particolari altrimenti ignoti. Per una maggiore credibilità da parte delle comunità cristiane, essi furono attribuiti a personaggi testimoni oculari dei fatti, come Giacomo il Minore, fratello di Gesù, Matteo, Tommaso, Nicodemo, Gamaliele (cf. p. 14). In questi testi non sono narrate solo leggende incredibili e, spesso, improbabili, in cui il miracolo è un puro strumento di potere, ma anche avvenimenti e particolari non presenti nei canonici, eppure riconosciuti dalla tradizione cattolica, come i nomi dei genitori di Maria, Gioacchino e Anna, la presentazione al tempio e l'assunzione di Maria. La chiesa fa riferimento ad alcuni di questi scritti: ed ecco, così, nascere le festività della presentazione al tempio; dell'assunzione; gli stessi nomi dei genitori della Vergine, Gioacchino e Anna, venerati come santi; la nascita di Gesù in una grotta, riscaldato dal bue e l'asinello; i nomi dei Magi (Melchiorre, re di Persia; Baldassare, re dell'India e Gaspare, re d'Arabia) riportati dal Vangelo armeno dell'infanzia (cf. p. 23) e dei ladroni crocifissi con Gesù (Disma, il buon ladrone e Gesta, cf. p. 27).

L'autrice analizza i Vangeli apocrifi dell'infanzia (cf. pp. 16-24), ove sono descritti episodi che non troviamo nei Vangeli canonici, ad esempio nel Protovangelo di Giacomo viene narrata la miracolosa nascita di Maria da una dona sterile, la presentazione al tempio, l'elezione prodigiosa di un anziano vedovo con figli e sposo di Maria... Dai Vangeli apocrifi attingono a piene mani le leggende popolari (cf. pp. 33-51), che ripercorrono questi episodi determinando dei veri e propri cicli di leggende dedicate all'infanzia e alla passione, che erano raffigurati negli affreschi nel Medioevo e che costituivano una vera e propria Bibbia pauperum. Specie in ambito pugliese (cf. pp. 35-39), abruzzese (cf. pp. 40-42) e siciliano (cf. pp. 43-45), o dando vita ai canti narrati a seconda del contesto culturale e geografico all'interno del quale sono narrate (cf. pp. 45-48). Anche in questo caso di tali narrazione è quello di saziare la curiosità dei fedeli riguardo determinati argomenti della vita di Gesù omessi nelle narrazioni evangeliche ufficiali.

Il terzo capitolo è dedicato interamente a La Buona Novella di Fabrizio De André (p. 53-77). De André, contastorie degli esclusi e dei perdenti, sempre dichiaratosi ateo, ripropone, spesso, nei testi delle sue canzoni il tema religioso (cf. pp. 59-77): il dio di cui parla è il dio dei vinti (cf. p. 60). In questo lungo corridoio di disperati avviene l'incontro con Gesù, morto sulla croce pur di portare avanti i suoi ideali di giustizia e dell'uguaglianza, opponendosi alla società e alle tradizioni dell'epoca. Un uomo che ha creduto nei valori della giustizia e dell'uguaglianza fino alla morte sulla croce, dove «sbiancò come un giglio» (p. 62), e che De André, pur non considerandolo figlio di Dio, ha ammirato al punto di definirlo «il più grande rivoluzionario di tutti i tempi» (p. 64). È questo il modello di rivoluzione che De André oppone alla rivoluzione culturale di quegli anni. Nei testi delle canzoni si ispira agli Apocrifi recuperando anche le leggende popolari, in favore d'una maggiore umanizzazione dei personaggi, di cui analizza pensieri e sentimenti, dando spazio anche alla sua fantasia e intervenendo per spiegare persino il mistero dalla concezione. De André si concentra sulla figura di Maria, seguendola dall'infanzia nel tempio (cf. pp. 65-67), alla designazione dell'anziano Giuseppe falegname come suo sposo (cf. p. 68), al sogno rivelatore della nascita di Gesù (cf. pp. 68-71), nella bottega di un falegname (cf. pp. 72-75) fino alla passione del Figlio che segue fin sotto la croce assieme alle madri dei due ladroni. L'album, che si apre con il Laudate Dominum, termina con un Laudate hominem. Alla fine del volume, è riportata un'appendice con i testi de La Buona Novella