Sant'Ambroeus

 

La Basilica

Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio, fu costruita in una zona in cui erano stati sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Per questo venne dedicata ai martiri ed era chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi tutte le reliquie dei santi martiri Satiro, Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria, Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora cambiò nome, assumendo quello attuale.

Nel IX secolo, subì importanti ristrutturazioni volute dal vescovo Angilberto II (824-860), il quale fece aggiungere la grande abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si svolgevano le funzioni liturgiche. Nello stesso periodo, il catino dell'abside venne decorato da un grande mosaico ancora esistente [1], il Redentore in trono tra i martiri Protasio e Gervasio e con gli arcangeli Michele e Gabriele, corredato da due episodi della vita di Sant'Ambrogio

 

L'interno

 

L'interno venne strutturato secondo le più avanzate novità d'Oltralpe, con l'uso di volte a crociera a costoloni, nelle quali ogni elemento confluisce in una struttura portante apposita, con un'architettura rigorosa e coerente. In sostanza, ogni arco delle volte poggia su un semipilastro o una semicolonna propria, poi raggruppati nel pilastro a fascio, la cui sezione orizzontale non è quindi casuale, ma legata strettamente alla struttura dell'alzato. Le volte delle navate laterali, con campate di dimensioni pari alla metà del lato di una campata nella navata centrale, poggiano su pilastri minori e reggono i matronei. Questi ultimi occupano tutto lo spazio eventualmente disponibile per il cleristorio: lo sviluppo in altezza ne risulta bloccato ma, coerentemente con lo sviluppo complessivo, la luce si tende lungo l'asse maggiore (la stessa forma plastica dei pilastri polistili è subordinata a questa illuminazione bassa) e passa dalle finestre della facciata (qui, peraltro, filtrata dalle logge) e dal tiburio (come detto, successivo). Complessivamente, la luce non risulta diffusa e leggera come nelle chiese paleocristiane ma scarsa, spezzata e fortemente contrastata, la qual cosa non risulta contraddetta neppure dall'aggiunta del tiburio, il quale si limita ad illuminare il cerchio ad esso sottostante.

 

Curiosità

 

C’è un giorno in cui Milano non punta la sveglia e si lascia sopraffare dalla voglia di stare assieme, per strada, seppur avvolti in sciarpe e cappotti. E’ il 7 dicembre, che per tutti i milanesi vuol dire S.Ambrogio, o meglio ancora Sant’Ambrös.
 

7 Dicembre

Finalmente festa, finalmente fiera


Trovarsi attorno alle bancarelle della centralissima
Basilica di S.Ambrogio è un’occasione per tutti i milanesi di veder esposti mobili d'antiquariato, artigianato, oggetti in ferro battuto, storiche insegne pubblicitarie, e per prendere d’assalto gli stand gastronomici con i salumi, i formaggi e i dolci tipici. La bevanda ufficiale della fiera è il vin brulé, venduto in semplici bicchieri di plastica ed efficace ristoro contro il freddo di quei giorni di acquisti, da accompagnare alle altrettanto tipiche caldarroste.

L’attaccamento dei milanesi alla ricorrenza del loro patrono è proverbiale, tanto che i preparativi alla festa hanno inizio addirittura due giorni prima, per culminare con il giorno di fiera. Ma non solo: S.Ambrogio è infatti il giorno dell’inaugurazione ufficiale della stagione della
Scala e quello della cerimonia di consegna degli "Ambrogini d'oro" a personaggi ed associazioni distintesi nell’anno per motivi di grande prestigio per la città di Milano.
 

Tradizioni


In una giornata in cui Milano riscopre gli antichi gusti, è giusto - per i non milanesi - conoscere almeno due leggende molto popolari in città. La prima riguarda
la colonna del diavolo, ovvero la colonna romana antistante la basilica di S.Ambrogio e che presenta sul suo fusto due buchi che si narra lasciati dalle corna di Satana durante uno scontro con Cristo. Durante la notte di Capodanno - vuole sempre la leggenda - dai fori si sentirà uscire odore di zolfo.
 

Per la seconda tradizione bisogna andare in Galleria, di fianco al Duomo. Nel mosaico del pavimento sono raffigurati gli stemmi di varie città e tra questi il toro di Torino con gli attributi bene in vista. Una superstizione moderna vuole che premere il piede in corrispondenza degli attributi, facendo una leggera rotazione, porti fortuna. Non c’è bisogno di dire che nel corso degli anni si è formato un infossamento che ha costretto l’amministrazione cittadina a risistemare più volte il pavimento.
 

 

Testo ricavato da www.italiaplease.com