Notizie preliminari
Come si legge e si scrive in milanese
Per la scrittura milanese qui
seguita, che è quella classica della tradizione ottocentesca dei vari
vocabolari, incluso il Cherubini (ma escluso l'Angiolini che ne inventa una
tutta sua), ci siamo attenuti a una semplificazione da me adottata
nell'insegnamento al Circolo Filologico. Essa segue alcuni criteri essenziali,
esposti qui di seguito, che vengono utilizzati per la corretta pronuncia delle
voci e delle frasi milanesi riportate.
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Anzitutto la "o"; essa viene normalmente pronunciata come "u" italiana (agost = agust; domà = dumà), salvo che non sia accentata aperta, "ò" (risòtt, bersò), e allora risulta come "o" italiana aperta.
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Quando, e solo in sillaba finale, la "o" reca l'accento circonflesso ("^": per esempio resgi^), essa si pronuncia come "ù" accentata italiana (esempio: virtù), cioè breve; quando (e solo in sillaba finale) la "o" è scritta doppia ("oo"), si pronuncia come "uu" italiana prolungata (coo = cuu; mì voo = vùù).
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Inoltre la "o" può pronunciarsi metafonizzata come nel tedesco fohn o nel frencese chauffeur; in tal caso è sempre tonica ed è scritta col simbolo "oeu".
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La "u" è pronunciata sempre come "u"
francese (esempio: allure), conservando il suono di "u" italiana solo quando
preceduta da "q" oppure da "g" e seguita da altra vocale (esempio: quader; quest;
guant).
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Tutte le altre vocali si pronunciano come in italiano.
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Anche tutte le consonanti si
pronunciamo come in italiano, salvo la "z" che ha un suono come la "s", sia
sorda (dolz =
duls" che sonora (zio =
siu).
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Infine, le consonanti che seguono la vocale tonica, sia aperta che chiusa, si scrivono doppie se questa ha suono breve (esempio: scorbètta; màtt, cìcca); sono scempie se essa ha suono lungo (esempio: limonàda; ciòd; spésa). |
Ricavato da "Milano, il dialetto che sfugge" di Giorgio Caprotti