Pino Faraca
 

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Non è la prima volta che andando indietro nel tempo dedico la mia attenzione a quei personaggi che per un motivo o per l’altro sono usciti dal mondo professionistico con uno zero nella tabella delle vittorie.Non è la prima volta e non sarà l’ultima perché penso che merita di essere ricordato chi non è stato protetto dalla buona stella, chi ha sofferto danni che hanno troncato l’attività agonistica. Giuseppe Faraca, data di nascita il 27 agosto 1959, passista scalatore, massimo risultato ottenuto nella categoria dei marpioni, dove ha militato dall’81 al 1986, l’undicesimo posto nel suo primo Giro d’Italia, un piazzamento che gli conferiva la maglia bianca come distintivo del miglior neoprofessionista. Una bella promessa, quindi, e invece...

Ricordo il Faraca di quel Giro, il giovane che come secondo amore aveva la pittura. Tra i dilettanti contava un centinaio di successi e la prospettiva era quella di essere al cospetto di un elemento ben dotato. Sempre nell’81, Giuseppe era sul taccuino di Alfredo Martini, era nella rosa dei corridori che avrebbero disputato il campionato del mondo, ma una rovinosa caduta nel Giro dell’Appennino aveva il triste sapore di una botta tremenda. Da quel giorno Faraca ha invano cercato di riprendersi. Dal ruolo di probabile campione a quello della comparsa. Lottava, faticava senza ritrovare il giusto colpo di pedale: settantanovesimo nel Giro 1982, fermo nel 1985, centoquattresimo nel 1986 e poi l’addio alle corse.
Adesso Faraca è un pittore con studio e sala di esposizione nel centro storico di Cosenza e divide la giornata con un negozio di biciclette che portano il suo marchio. Due figli, Francesco di 13 anni e Andrea di 7. Quando gli telefono un tuffo nel passato lo riporta nel ciclismo in cui ha conosciuto e gareggiato nel plotone di Hinault, Lemond, Fignon, Moser e Saronni. Il rimpianto per non essersi potuto esprimere come voleva si è affievolito, ma non è scomparso. «Oggi si parla tanto di doping, di porcherie a me sconosciute», tiene a precisare.

(tratto da un articolo di Gino Sala apparso sul n. 9 del 2004  di "Tutto il ciclismo notizia per notizia")

 

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