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MASSIME E IMPLICATURE CONVERSAZIONALI

                    

1. Regole conversazionali

In ogni scambio linguistico i partecipanti non intervengono casualmente, irrispettosi di qualsiasi connessione logica con quanto è stato precedentemente detto, ma sembrano seguire una serie di regole ben precise, volte a rispettare quello che Grice chiama principio di cooperazione (pdc): "il tuo contributo alla conversazione sia tale quale è richiesto, allo stadio in cui avviene, dallo scopo o orientamento accettato dallo scambio linguistico in cui sei impegnato".

Il primo problema che si pone è: per quale motivo le persone che parlano insieme dovrebbero rispettare queste regole? Le risposte possono essere diverse. La prima, e più banale, è che la nostra esperienza ci insegna che, effettivamente, tutti seguono queste regole quando conversano. Si tratta di una semplice osservazione del dato empirico che non fa altro che spostare il problema senza risolverlo.

Un'altra possibilità è quella di vedere la conversazione come una dei tanti fatti quasi-contrattuali, con i quali il discorso condivide determinate caratteristiche fondamentali: i partecipanti hanno in comune qualche scopo immediato (anche se quelli ultimi possono essere divergenti), i loro contributi devono essere reciprocamente dipendenti, la transazione continua in maniera appropriata fino a quando ambedue le parti sono disposte a porvi termine. Le regole conversazionali, dunque, dovrebbero essere le regole implicite di questo contratto.

Grice, però, sembra preferire un'altra argomentazione: "da chiunque abbia a cuore i fini centrali della conversazione/comunicazione (ad esempio, dare e ricevere informazioni, influenzare gli altri ed esserne influenzati) ci si deve aspettare un interesse, in circostanze adatte, a partecipare a scambi linguistici; i quali però potranno essere considerati vantaggiosi soltanto in base all’assunto che siano condotti in generale conformità al pdc e alle sue massime".

Affrontato questo primo problema possiamo ora vedere quali siano effettivamente queste regole conversazionali. Grice individua quattro categorie (Quantità, Qualità, Relazione, Modo), contenenti a loro volta le massime o submassime indispensabili per il rispetto del pdc. Analizziamole:

QUANTITA': riguarda la quantità di informazione da fornire e comprende due massime:

1.      Da' un contributo tanto informativo quanto è richiesto (per gli scopi accettati dello scambio linguistico in corso)

2. Non dare un contibuto più informativo di quanto è richiesto

(Va detto che sulla seconda massima ci sono dei dubbi, anche perché dovrebbe essere riconducibile alla categoira della Relazione).


QUALITA': "tenta di dare un contributo che sia vero", cioè:

1. Non dire ciò che credi essere falso

2. Non dire ciò per cui non hai prove adeguate


RELAZIONE: "Sii pertinente"


MODO: "Sii perspicuo" e cioè, riguardo non a ciò che si dice, ma a come lo si dice,

1. Evita l'oscurità di espressione

2. Evita l'ambiguità

3. Sii breve (evita la prolissità non necessaria)

4. Sii ordinato nell'espressione

Esistono, ovviamente, altre regole che governano il discorso (di cortesia, sociali, o morali), ma quelle conversazionali hanno un ruolo speciale nell'assicurare che lo scambio di informazioni sia quanto più possibile efficiente. Inoltre esse hanno degli equivalenti anche in altri casi di comportamenti finalizzati, categoria all'interno della quale facciamo rientrare, appunto, anche il discorso.

2. Implicature conversazionali

Prima di affrontare il problema delle implicature conversazionali, bisogna fornire dei chiarimenti terminologici. Quando Grice usa il verbo dire fa riferimento a "ciò che qualcuno ha detto come strettamente relato al significato convenzionale delle parole (l’enunciato) che ha proferito"; nel caso in cui si abbiano più significati convenzionali possibili, l'individuazione percisa di ciò che è stato detto si baserà su fattori quali il momento del proferimento, la particolare situazione, ecc.
Implicare, invece, si riferisce a ciò che non viene direttamente detto, ma che in qualche modo ciò che è detto contribuisce a determinare. A questo verbo si ricollegano i termini implicatura (l'implicare, il dare a intendere qualcosa) e implicito (ciò che si implica, ciò che si dà a intendere).

Ora, esistono diversi modi di mancare alle regole conversazionali di cui sopra:

1. Si possono violare, senza però mostrarlo e, quindi, in determinate situazioni, cercando di ingannare l'interlocutore.

2. Si può uscire dal pdc, mostrando chiaramente che non si ha l'intenzione di cooperare.

3. Si può avere un conflitto fra diverse massime, per cui per rispettarne una se ne deve infrangere un'altra.

4. Ci si può burlare di una massima, cioè ostentare la mancata soddisfazione di questa.

In quest'ultimo caso (burlarsi di una massima) nell'interlocutore si origina un determinato ragionamento. Se infatti si ritiene che chi parla non abbia mancato alla massima per uno dei primi tre motivi (cioè perché voleva ingannare, o voleva rifiutare la cooperazione o, ancora, si trovava in una situazione di conflitto), ciò significa che ha voluto sottintendere qualcosa che non poteva dire direttamente: ha cioè sfruttato la massima per dare origine ad una implicatura conversazionale.

Riportiamo ciò che Grice dice in proposito:

Di un uomo il quale dicendo (o facendo mostra di dire) p abbia implicato che q, si può dire che ha implicato conversazionalmente che q, nel caso in cui (1) si abbia motivo di presumere che egli stia conformandosi alle massime conversazionali, o almeno al principio di cooperazione; (2) per rendere coerente con questa presunzione il fatto che egli dice o fa mostra di dire p (o che fa l'una e l'altra cosa in quei termini) è richiesta la supposizione che egli si renda conto che, o pensi che, q; e (3) il parlante pensa (e si aspetta che l'ascoltatore pensi che lui pensa) che faccia parte della competenza dell'ascoltatore inferire, o afferrare intuitivamente, che è richiesta la supposizione indicata in (2).

L'implicatura conversazionale deve poter essere inferita: cioè, perché un'implicatura sia conversazionale non basta che venga semplicemente intuita, ma deve essere ricostruibile in base ad un ragionamento che Grice schematizza in questo modo:

"Egli ha detto che p; non c'è motivo di credere che non si stia conformando alle massime, o per lo meno al pdc; egli non potrebbe farlo se non pensasse che q; sa (e sa che io so che lui sa) che io posso capire che è richiesta la supposizione che lui pensa che q; non ha fatto niente per impedirmi di pensare che q; intende farmi pensare, o almeno è disposto a lasciarmi pensare, che q; e dunque ha implicato che q".

Grice conclude il saggio con il riferimento ad implicature conversazionali generali, cioè ad implicature conversazionali che non dipendono dalla particolare occasione in cui avviene il proferimento, ma che vengono normalmente veicolate dal dire che p. Nonostante siano facilmente confondibili con le implicature convenzionali, ne sono comunque individuabili alcuni esempi e determinate caratteristiche.