C.M. Min. Fin. Dipartimento Entrate 14-06-1993, n. 8/478013 IVA e locazione di immobili di enti (stralcio) da 1. a 4. (omissis). 5. Locazione di beni immobili Con la circolare n. 32 del 21 giugno 1991 la Scrivente ha precisato che l'attività svolta da enti non commerciali concernente locazione di beni immobili, comunque acquisiti, nell'ambito delle finalità istituzionali non è idonea di per sé a far assumere agli enti stessi la soggettività passiva agli effetti del tributo. Infatti l'utilizzazione di tali beni, finalizzata alla riscossione di canoni, concretizza solo una modalità di godimento di beni patrimoniali e non l'esercizio di impresa, neppure nei sensi previsti nel quarto comma dell'articolo 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non configurando la fattispecie svolgimento di attività commerciale. Restano, naturalmente, soggette al tributo le locazioni di beni immobili poste in essere nell'ambito di altre attività esercitate, qualificabili attività di impresa, come del resto già precisato con la circolare n. 36 del 22 luglio 1989. E' stato, altresì, affermato che anche le cessioni di immobili poste in essere dai medesimi soggetti non rientrano nel campo di applicazione dell'IVA allorquando gli immobili stessi abbiano natura strumentale per l'esercizio di attività istituzionali. Peraltro, l'esistenza anche di una apposita struttura organizzata di persone e di beni nell'ambito dell'ente locale, con compiti di amministrazione del proprio patrimonio immobiliare, non può conferire all'attività stessa natura commerciale, in quanto trattasi pur sempre di attività strumentale per conseguire la naturale fruttuosità degli immobili. Si fa presente, tuttavia, che l'acquisto o la costruzione di immobili o strutture da utilizzare in attività commerciali, quali ad esempio centri commerciali, farmacie comunali o rurali ecc. conferiscono all'ente il diritto di detrazione alle condizioni di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 della relativa imposta assolta per rivalsa, e la loro eventuale locazione o cessione configura operazioni rilevanti ai fini IVA. Anche la successiva destinazione ad attività istituzionali di immobili o strutture che erano stati già acquisiti nell'ambito di attività commerciali evidenziano presupposti impositivi in quanto si concretizza, in tale ipotesi, la destinazione di beni a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, fattispecie questa disciplinata dall'art. 2, secondo comma, n. 5) del ripetuto decreto presidenziale n. 633/1972. 6. (omissis). R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 10-09-1992, n. 260375 Esenzione dall'imposta su contratto di locazione di immobile adibito ad abitazione di funzionario FAO Con telespresso n. 021/08314 del 3 settembre 1991, il Ministero degli affari esteri ha fatto presente che il competente Ufficio del registro non ha riconosciuto l'esenzione dal pagamento dei tributi di registro e di bollo sul contratto di locazione adibito ad abitazione di funzionario FAO, ai sensi delle leggi n. 11 del 9 gennaio 1951 e n. 946 del 31 ottobre 1966. In proposito, l'Ispettorato compartimentale delle tasse e imposte indirette sugli affari di ... - nel precisare che l'esclusione del predetto regime agevolativo era dipesa dalla mancata presentazione del certificato degli affari esteri attestante l'esistenza dei requisiti previsti dalla citata legge n. 946 e della condizione di reciprocità - riconosce che la produzione del suddetto certificato, sia pure tardiva, legittimi, a seguito di presentazione di rituale e tempestiva istanza da parte dell'interessato, il diritto alla restituzione delle imposte percette. Questa Direzione generale, nel richiamare il disposto della citata legge n. 946 (che, ai fini dell'imposta di registro, prevede espressamente: «I contratti di locazione degli immobili adibiti a Uffici delle rappresentanze diplomatiche e consolari estere nonché ad abitazione privata dei membri delle rappresentanze di nazionalità non italiana e del personale degli organismi internazionali di nazionalità non italiana, che esercitano le loro funzioni in Italia, sono esenti dall'imposta di registro, purché esista reciprocità di trattamento. Ai fini dell'applicazione del beneficio tributario previsto dal precedente articolo gli interessati devono presentare al competente Ufficio del registro un certificato del Ministero degli affari esteri attestante l'esistenza del requisito e della condizione di reciprocità cui è subordinata la concessione del beneficio stesso.»), ritiene che, allo stato attuale, in presenza della documentazione attestante la presenza dei requisiti voluti dalla citata legge n. 946/1966, non sussistano motivi per denegare il suddetto regime di favore nei confronti del sig. J.S. e per dar corso al richiesto rimborso delle imposte di registro e di bollo. C.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 18-02-1992, n. 9/430857 Canone di locazione, spese condominiali e IVA L'articolo 10, n. 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto per le «locazioni non finanziarie e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, ed i fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, esclusi quelli strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni e quelli destinati ad uso di civile abitazione locati dalle imprese che li hanno costruiti per la vendita o acquistati per la rivendita». Con riferimento a detta disposizione pervengono alla Scrivente richieste tendenti a conoscere il trattamento, ai fini IVA, da applicare agli oneri condominiali corrisposti nell'ambito di rapporti di locazione di immobili soggetti al detto tributo. In particolare viene chiesto di conoscere se gli oneri condominiali (acqua, luce, riscaldamento, pulizia ecc.) configurino prestazioni accessorie alla locazione di immobili e come tali concorrenti alla determinazione della base imponibile della operazione principale cui accedono, ai sensi della disposizione contenuta nell'art. 12 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. E' stata ravvisata l'opportunità di acquisire sulla posta questione il parere dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale con la consultazione n. 58518 del 9 luglio 1991 ha ritenuto di dover premettere che il contratto di locazione, per sua natura, ha come contenuto unicamente la messa a disposizione di una cosa mobile o immobile per un certo periodo di tempo, verso un determinato corrispettivo (art. 1571 c.c.), con l'effetto che le connesse prestazioni dei servizi sopra indicati non assumono la configurazione di obbligazioni accessorie del contratto di locazione dal punto di vista civilistico, atteso che le stesse non possono essere ricomprese tra le obbligazioni poste a carico del locatore ai sensi dell'art. 1575 c.c. al fine di mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto. Tale ultima obbligazione, infatti, si riferisce unicamente alla idoneità della cosa locata dal punto di vista strutturale e funzionale, talché il locatore è tenuto a garantire al conduttore la possibilità di accedere alle utenze ed ai servizi condominiali, e non anche l'effettiva fruizione attraverso la diretta erogazione. Tanto premesso l'Avvocatura generale dello Stato ha individuato due diverse ipotesi contrattuali, a seconda che il locatore agisca in veste di soggetto passivo d'imposta ed assuma in quanto tale contrattualmente l'obbligazione di effettuare l'erogazione dei servizi condominiali, ovvero, non rivesta tale qualifica. Nella prima ipotesi si è in presenza di un contratto atipico di locazione ovvero di più contratti documentati in una unica scheda contrattuale, per cui il servizio condominiale prestato sarà soggetto ad autonoma disciplina fiscale. Nella seconda ipotesi, il locatore non riveste per tale attività la qualità di imprenditore commerciale e si limita, invece, ad assumere la gestione e l'amministrazione dei servizi comuni, esplicando, quindi, le attività che normalmente spettano agli organi condominiali, con l'effetto che tutte le spese sostenute per assicurare i servizi comuni condominiali sono direttamente imputabili ai condomini, quali consumatori finali. Da quanto sopra esposto è agevole evidenziare, quindi, che, ad esempio, l'erogazione del riscaldamento, ovvero dell'acqua calda o fredda, al pari della pulizia delle scale dell'unità abitativa o il servizio di portineria o di gestione dell'ascensore mentre sono accessori del contratto alberghiero o assimilati, non lo sono certamente del contratto di locazione o di affitto di unità immobiliare. Accessori di questi ultimi contratti sono invece il mantenimento degli impianti perché possano essere garantiti i servizi comuni e il mantenimento del locale portineria con eventuale annessa abitazione per il portiere nella sua destinazione d'uso. L'Avvocatura generale dello Stato perviene alla conclusione, condivisa dalla Scrivente, che solo nell'ipotesi in cui l'erogazione dei servizi condominiali possa essere qualificata come obbligazione propria di un contratto atipico di messa a disposizione di una unità immobiliare, ovvero, nella ipotesi in cui tali prestazioni formino oggetto di un contratto di somministrazione o di appalto si è in presenza di operazioni rilevanti agli effetti del tributo, sempreché il locatore per tale attività rivesta la qualità di imprenditore commerciale. In tale ipotesi, conseguentemente, quanto versato dal conduttore al locatore configura il corrispettivo di una prestazione di servizio da assoggettare al tributo. Al di fuori di tali specifiche fattispecie i servizi condominiali imputati dal locatore al locatario sono esclusi dal campo di applicazione del tributo, trattandosi di semplici movimenti finanziari (rimborsi) e non corrispettivi di prestazioni di servizi imponibili. Ris. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 07-08-1991, n. 465004 Locazione di immobili e accordi internazionali La Direzione generale per le relazioni internazionali ha qui trasmesso copia del telespresso n. F186B del 27 settembre 1990 col quale il Ministero degli affari esteri ha segnalato la richiesta del British Council di concessione del beneficio della esenzione dall'IVA sui corrispettivi del contratto di locazione da esso posto in essere. Dall'ulteriore documentazione qui inviata, risulta che per l'affitto dei locali dei propri centri di Milano e Napoli, di proprietà di società o imprese, il predetto British Council versa l'IVA sui canoni periodici di locazione in qualità di affittuario, per effetto dell'art. 35 bis della legge 27 aprile 1989, n. 154, di conversione del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, che ha modificato l'art. 10, punto 8), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Nella nota in riferimento, codesta consorella Direzione esprime il parere che il beneficio in questione possa tornare applicabile nel rispetto delle condizioni di reciprocità, atteso che il nostro corrispondente Istituto italiano gode di tale beneficio. Al riguardo giova anzitutto ricordare che all'origine dell'attività dell'istituto in oggetto indicato vi è l'Accordo culturale fra Italia e Regno Unito stipulato a Roma il 28 novembre 1951. Tale accordo, per quanto qui interessa, si limita a stabilire che per l'apertura di Istituti culturali ciascuna delle Parti contraenti «accorderà all'altra tutto il possibile appoggio per procurare locali adatti agli Istituti» (art. II). Con il successivo scambio di note relativo alla esenzione dalle imposte sui locali adibiti a Istituti culturali nel Regno Unito ed in Italia, fatto a Londra il 1d settembre 1965 ed entrato in vigore il 23 aprile 1968 per via della legge 22 febbraio 1968, n. 314, è stato in particolare stabilito l'esonero «da ogni imposta sul reddito afferente gli immobili, da ogni imposta afferente ai terreni e da tutte le imposte complementari», per gli immobili a) di proprietà degli istituti culturali britannici in Italia e b) adibiti a scopi culturali (art. 2). Esaminata la questione, devesi anzitutto far presente, come la lettera della appena cennata disposizione escluda dall'agevolazione gli immobili non di proprietà di istituti culturali britannici, come nel caso in esame. Orbene, pur non volendo considerare tale circostanza, occorre dire che l'art. 2 del cennato scambio di note non può applicarsi nel caso esaminato stante il riferimento di questo alle sole imposte sul reddito e complementari e non anche a imposte come l'IVA la quale, nel particolare caso prospettato, determina una tassazione in capo all'Istituto di cui trattasi in qualità di consumatore finale. Vero è che tale ultima imposta ancora non esisteva al momento della predisposizione dello scambio di note e della successiva legge di ratifica, ma è anche vero che ciò non può modificare il preciso riferimento della norma al solo reddito, peraltro connesso alla proprietà dell'immobile o del terreno, e non anche ad altre imposte (indirette). Se i Paesi firmatari lo volevano, infatti, un tale scopo avrebbe potuto essere raggiunto mediante l'inserimento nelle norme pattizie, ai fini della concessione di eventuali agevolazioni fiscali, di un inciso riferito «ad ogni altra imposta». Alla luce di quanto precede, pertanto, il richiesto esonero dal pagamento dell'IVA da parte del British Council sui canoni periodici di locazione pagati alle società aventi i requisiti di soggetti d'imposta non può ritenersi applicabile nel caso esaminato. Ris. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 21-06-1991, n. 560661 Indennizzi per indebita occupazione di immobili Com'è noto, nel meccanismo applicativo dell'IVA, assumono particolare rilevanza le operazioni esenti, elencate nell'art. 10 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Esse, infatti, per un verso concorrono alla formazione del volume d'affari e devono quindi essere fatturate, registrate e dichiarate. Per altro verso, ai fini della determinazione dell'imposta da versare, non consentono la detrazione dell'IVA afferente gli acquisti di beni e servizi utilizzati per effettuare le suddette operazioni. Ed invero, dispone l'art. 19, terzo comma, del citato D.P.R. n. 633, che, se il contribuente ha effettuato anche operazioni esenti ai sensi dell'art. 10, la detrazione è ridotta della percentuale (c.d. pro rata di indetraibilità) corrispondente al rapporto tra l'ammontare delle operazioni esenti effettuate nell'anno e il volume d'affari dell'anno stesso, arrotondata all'unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi. Ora accade spesso, in sede di controllo delle dichiarazioni annuali, che gli Uffici contestino ai contribuenti l'omessa dichiarazione di corrispettivi esenti e, quindi, l'inesatto calcolo della percentuale di indetraibilità dell'IVA pagata a monte. Talvolta la materia del contendere scaturisce da disparità di vedute circa l'esatta qualificazione giuridica di determinate operazioni. Un caso del genere è quello che trae origine dal processo verbale in data 27 febbraio 1989 con il quale l'Ufficio IVA di ... ha contestato alla società T. s.r.l. con sede in ..., di non aver indicato, nella dichiarazione annuale relativa al 1988, corrispettivi esenti ai sensi dell'art. 10, n. 8), a fronte di immobili locati, per L. 64.401.000 e, conseguentemente, di non avere operato l'indetraibilità (pari al 98 per cento) dell'IVA assolta sugli acquisti, evidenziando così nella citata dichiarazione un credito di L. 853.794.000 anzichè nell'ammontare spettante di L. 17.081.000. Con istanza pervenuta all'Ispettorato compartimentale delle tasse di ... in data 19 aprile 1989 la società interessata fa presente che i corrispettivi di cui trattasi sono stati percepiti a fronte di procedure di sfratto da tempo iniziate (addirittura dai precedenti proprietari) nei confronti di soggetti che occupano abusivamente immobili di proprietà di essa società. Si tratta, in sostanza, di indennizzi percepiti per indebita occupazione di beni immobili che non dovrebbero essere considerati canoni di locazione ma, stante la loro natura risarcitoria, esclusi dal campo applicativo dell'IVA e, quindi, non influenti sul calcolo del pro rata di indetraibilità. Al riguardo, la Scrivente osserva che l'art. 1591 c.c. distingue due diversi obblighi da parte del conduttore in mora a restituire la cosa: il primo di corrispondere al locatore «il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna», il secondo quello «di risarcire il maggior danno». Ora, mentre appare indubbio che la riscossione del «maggior danno» di cui alla seconda parte del citato art. 1591 (che non scaturisce automaticamente dalla mora del conduttore ma deve essere accertato e liquidato giudizialmente, caso per caso, secondo i dati obiettivi delle singole fattispecie) concretizza un'operazione esclusa dal campo di applicazione dell'IVA, la stessa cosa non sembra potersi dire a proposito del corrispettivo percepito dal proprietario dell'immobile nel periodo intercorrente tra la cessazione della locazione e la restituzione del bene. L'obbligazione di pagare tale corrispettivo, infatti, secondo l'orientamento della Suprema Corte di cassazione, è soggetta, per quanto riguarda il modo e il luogo dell'adempimento, alle stesse regole pattizie che disciplinavano l'esecuzione dell'obbligazione del conduttore di pagare il canone, perchè il rapporto obbligatorio che si instaura tra le parti nel cennato periodo non è autonomo, ma secondario, conseguenziale e comunque geneticamente collegato al precedente rapporto contrattuale (Cass. Sez. III, 15 dicembre 1976, n. 4677; id. 19 gennaio 1977, n. 265; id. Sez. lav., 2 maggio 1981, n. 2672 ed altre). La stessa Cassazione, inoltre, con sentenza n. 497 del 20 gennaio 1984, ha considerato il rapporto obbligatorio che si instaura tra le parti, nei casi del genere, come una prosecuzione del contratto di locazione. Avendo, infatti, ritenuto che il canone che il conduttore è tenuto de iure a corrispondere, per il periodo successivo alla cessazione del rapporto di locazione, deve essere commisurato al corrispettivo convenzionale come convenuto dalle parti, tenendo anche conto eventualmente delle clausole di adeguamento monetario stipulate, la Suprema Corte ha riconosciuto la continuità di un rapporto preesistente tra le parti rappresentato, appunto, dal contratto di locazione. Peraltro, sempre la Cassazione ha anche affermato che la rinnovazione tacita del contratto di locazione - una volta che il locatore abbia manifestato la volontà contraria con la disdetta - non può desumersi dal pagamento e dall'accettazione delle pigioni relative a mensilità successive alla scadenza, essendo siffatto pagamento correlato all'obbligo del conduttore, in mora nella riconsegna della cosa locata, di corrispondere alla controparte il corrispettivo convenuto; nè dal ritardo del locatore a promuovere l'azione per il rilascio dell'immobile, non essendo tale comportamento di significato univoco e tale da dimostrare la volontà di rinnovare il contratto (sent. 22 febbraio 1985, n. 1590). Ed ancora, che, una volta esauritosi il rapporto locatizio a seguito di avvenuta convalida di sfratto, la permanenza del conduttore nell'immobile, e la ricezione del prezzo da parte del locatore non sono sufficienti per l'instaurarsi di un nuovo rapporto, occorrendo per ciò una volontà chiara - ancorchè tacita - del locatore stesso (sent. 23 maggio 1985, n. 3120). Poichè le sentenze sopracitate non sembrano univoche in merito alla qualificazione giuridica da attribuire al rapporto che si instaura tra le parti nel periodo intercorrente tra la cessazione della locazione e la restituzione del bene, si gradirebbe conoscere al riguardo l'apprezzato parere dell'Avvocatura generale dello Stato, onde consentire a questa Direzione generale di impartire le direttive del caso ai dipendenti Uffici in presenza di fattispecie analoghe a quella in esame. Si chiede, inoltre, se, a parere dell'Organo legale, dal contenuto del verbale di conciliazione in data 14 novembre 1986 intervenuto tra la M. s.p.a. (precedente proprietaria) e la L. s.r.l. possa evincersi, come sembra alla Scrivente, la continuazione - per il caso specifico - del rapporto preesistente ovvero la nascita di un nuovo contratto di locazione o di un diverso rapporto contrattuale. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 19-04-1991, n. 430182 Immobili strumentali non utilizzabili diversamente senza radicale trasformazione L'Intendenza di finanza di ..., in relazione al contratto di locazione posto in essere con la società in accomandita semplice A.G. e C., concernente i locali adibiti a sede della Conservatoria dei registri immobiliari di ..., ha chiesto alla Scrivente di fornire specifiche disposizioni interpretative in merito al trattamento tributario applicabile ai fini IVA alla locazione di cui trattasi. Detto contratto, sulla base della documentazione prodotta risulta avere ad oggetto immobili classificati nella categoria catastale C2. In proposito si premette che la disciplina delle locazioni non finanziarie è dettata dall'art. 10, n. 8, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come riformulato dall'art. 35 bis del D.L. 3 marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, il quale esclude espressamente dal regime di esenzione dall'IVA, assoggettandoli quindi al tributo, gli affitti di immobili strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni. Giova far presente che chiarimenti in merito sono già stati forniti dalla Scrivente con circolare 21 luglio 1989, n. 36 e dalla Direzione generale del catasto e dei Servizi tecnici erariali con nota n. 3/330 del 2 febbraio 1989, con le quali è stato precisato che rientrano tra gli immobili strumentali non suscettibili di diversa utilizzazione senza subire radicali trasformazioni quelli classificati o classificabili nelle categorie B, C, D ed F, nonchè nella categoria A/10 qualora la destinazione ad ufficio o studio privato sia prevista nella licenza o concessione edilizia, rilasciata anche in sanatoria. Le citate circolari, fornendo un criterio oggettivo per la definizione del carattere di strumentalità degli immobili in questione hanno in sostanza evidenziato la ratio della norma recata dall'art. 35 bis citato, la quale nel richiedere che detti beni per rientrare nel regime di esenzione dall'imposta devono essere suscettibili di diversa utilizzazione senza subire radicali trasformazioni fa implicito riferimento alle caratteristiche tipologiche dell'immobile e non al criterio soggettivo dell'effettivo utilizzo. Ciò posto e considerato che solo le locazioni di immobili destinati a uso di civile abitazione sono esenti dall'applicazione del tributo (tranne che siano locati da imprese costruttrici o da imprese che hanno acquistato i beni stessi per la rivendita), si evidenzia che le trasformazioni radicali che rilevano ai fini del regime fiscale applicabile sono quelle che rendono gli immobili idonei ad uso abitativo, mentre sono irrilevanti ai fini in esame le trasformazioni che comporterebbero la riclassificazione in una tipologia catastale diversa dalla categoria A. Si deve in proposito rilevare che gli immobili diversi da quelli classificati in categoria A per le loro stesse caratteristiche tipologiche, (trattandosi di immobili destinati ad alloggi collettivi (cat. B) quali ad esempio collegi, ospizi, case di cura, uffici pubblici ecc.; di immobili a destinazione ordinaria commerciale e varia (cat. C) quali ad esempio negozi, magazzini, locali da deposito ecc.; di immobili a destinazione speciale (cat. D) quali ad esempio opifici e fabbricati costruiti per attività industriale; di immobili a destinazione particolare (cat. E) quali gli immobili che per la singolarità delle loro caratteristiche non sono raggruppabili in altre classi), per essere utilizzati ad uso abitativo debbono necessariamente subire trasformazioni radicali. A riscontro di quanto affermato, si richiama il parere formulato dall'Ufficio tecnico erariale di ..., con nota del 22 novembre 1990 in riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, concernente immobili classificati in categoria C2. L'organo tecnico ha infatti espresso l'avviso che tali immobili sono suscettibili soltanto di lavori interni di adattamento che possono conferire loro l'idoneità ad altri usi, lasciando però immutata la caratteristica strutturale specifica di fabbricato costruito per la destinazione d'uso commerciale, escludendo quindi la possibilità di destinare detti immobili ad uso abitativo. Per quanto concerne invece gli immobili appartenenti alla categoria catastale A/10, che comprende uffici e studi privati, questa Direzione generale, a conferma di quanto già chiarito con la richiamata nota del 2 febbraio 1989 n. 3/330 della Direzione generale del catasto e con la circolare della Scrivente del 21 luglio 1989, n. 36 cit., ribadisce che la natura strumentale degli immobili classificati in detta categoria può oggettivamente desumersi dalla specifica destinazione prevista nella licenza o concessione edilizia. Da quanto sopra esposto consegue pertanto che qualora il locatore sia soggetto passivo d'imposta e oggetto della locazione sia un immobile per il quale non è prevista la destinazione ad uso abitativo e sia quindi strumentale secondo i criteri forniti dalla richiamata circolare della Direzione generale del catasto, le locazioni devono essere assoggettate all'imposta sul valore aggiunto. Si reputa inoltre opportuno ricordare che con nota n. 430308 del 4 luglio 1990, diretta al Ministero del tesoro, è stato altresì chiarito che la nuova disciplina che assoggetta al tributo gli immobili in questione si applica ai canoni corrisposti a partire dal 30 aprile 1989, data di entrata in vigore del citato art. 35 bis. Ciò in quanto costituendo le locazioni di immobili, agli effetti dell'IVA, prestazioni di servizi, ai sensi dell'art. 6, terzo comma del D.P.R. n. 633/1972, assume rilevanza per la determinazione dal momento impositivo e del relativo regime applicabile il pagamento del canone e non il periodo locativo cui quest'ultimo afferisce. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 15-12-1990, n. 430474 Immobile censito al N.C.E.U. alla categoria A/10 - Trattamento ai fini IVA Con istanza diretta alla scrivente la società in oggetto indicata, proprietaria di un immobile, censito al N.C.E.U. alla categoria A/10, ha fatto presente di aver locato una porzione del predetto fabbricato al Coni, che vi esercita attività amministrative connesse con lo svolgimento dei concorsi pronostici Totocalcio ed Enalotto, e che a decorrere dal 30 aprile 1989 ha ritenuto di dover assoggettare la locazione a Iva, con l'aliquota del 19%, ai sensi dell'art. 10, n. 8), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dall'art. 35 bis del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 27 aprile 1989, n. 154. Ciò stante, la società ha chiesto di conoscere quale sia il trattamento tributario, ai fini Iva, cui assoggettare la predetta locazione, atteso che l'ente locatario ritiene che l'operazione in discorso rientra tra quelle esenti dall'imposta, previste dall'art. 10, n. 6), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Al riguardo, si premette che il citato punto 6) dell'art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 prevede, tra l'altro, l'esenzione dall'Iva per le operazioni inerenti e connesse all'organizzazione e all'esercizio dei concorsi pronostici riservati allo Stato e agli enti indicati nel decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496. In proposito si precisa, come è stato più volte affermato in passato, che nella locuzione «operazioni inerenti e connesse» rientrano tutte quelle che hanno stretta attinenza con l'organizzazione e l'esercizio dei concorsi pronostici, ivi comprese quelle riflettenti gli acquisti di beni e servizi che a tale attività direttamente ineriscono. Inoltre, con circolare n. 64 del 21 ottobre 1987 (in Il fisco n. 41/1987, pag. 6369) è stato anche specificato che le operazioni «inerenti e connesse» vanno individuate in quelle che hanno stretta attinenza, ossia si pongono in rapporto diretto di strumentalità, con l'organizzazione e l'esercizio dei concorsi pronostici. Ciò stante, si ritiene che la locazione in rassegna rientri nell'esenzione dall'Iva di cui al ripetuto punto 6) dell'art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto l'immobile, oggetto della locazione, viene utilizzato direttamente per l'esercizio dei concorsi pronostici. Va, tuttavia, precisato che l'esenzione in parola compete a condizione che «l'attività amministrativa connessa con l'esercizio dei concorsi pronostici Totocalcio ed Enalotto» riguardi unicamente l'esercizio dei concorsi pronostici e non concerna invece più genericamente la complessa attività svolta dal Coni, afferente a finalità anche diverse da quelle concernenti l'esercizio del Totocalcio e dell'Enalotto. In tale ultima ipotesi, infatti, l'operazione non può farsi rientrare nella previsione esentativa di cui al punto 6) dell'art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, con l'effetto che la locazione andrà assoggettata all'aliquota Iva del 19%, ai sensi del citato punto n. 8) dell'art. 10. C.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 21-07-1989, n. 36/550751 D.L. 2 marzo 1989, n. 69 - IVA: Aliquote Come è noto, la legge n. 154 del 27 aprile 1989, pubblicata nella G.U. n. 99 del 29 aprile successivo, ha convertito, con modificazioni, il D.L. 2 marzo 1989, n. 69, reiterativo del decaduto decreto del 30 dicembre 1988, n. 550. Giusta il disposto dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le modificazioni sono elencate in allegato alla citata legge n. 154 e hanno effetto dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvi i casi in cui quest'ultima ha diversamente disposto ovvero provvede a fornire l'interpretazione autentica di disposizioni legislative. La citata legge n. 154 regola, nel contempo, i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto n. 550 non convertito, facendo salvi detti rapporti con esclusione di quelli in materia di imposta sul valore aggiunto relativi ai giornali quotidiani, ai libri, ai periodici e alle assegnazioni, anche in godimento, di case di abitazione fatte ai soci da cooperative edilizie. (omissis). 1) Imposta sul valore aggiunto (omissis). B) Aliquote - Nel quadro del complessivo e graduale disegno di delineare, in vista del Mercato unico europeo da realizzare entro il 1992, un ventaglio di aliquote IVA coerenti, nel numero e nelle misure, con quelle previste dagli ordinamenti degli altri Paesi europei, l'art. 34 del decreto in esame provvede ad allineare al minimo previsto le aliquote inferiori stabilite per taluni settori agevolati, elevando al 4 per cento l'aliquota minima del 2 per cento e sopprimendo talune esclusioni dal campo di applicazione del tributo. In particolare, con i commi 1 e 2 del citato articolo viene stabilita in linea generale l'elevazione al 4 per cento dell'aliquota applicabile a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi assoggettate nella misura del 2 per cento. Va precisato che la nuova aliquota del 4 per cento si rende applicabile anche alle operazioni per le quali, con particolari provvedimenti legislativi intervenuti nel corso del 1989, ma prima dell'entrata in vigore della citata legge n. 154, sia stata prevista l'aliquota del 2 per cento. Vengono inoltre previsti, con riferimento alla nuova aliquota, i metodi di determinazione dell'IVA incorporata nei corrispettivi registrati a norma dell'art. 24 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 consistenti nel metodo matematico ovvero nell'adozione di coefficienti di scorporo. Inoltre, vengono assoggettate a tributo, con l'applicazione dell'aliquota del 4 per cento, le operazioni fuori campo di applicazione dell'IVA e le connesse operazioni esentate riguardanti le cessioni di giornali quotidiani, libri e periodici, nonché le assegnazioni, anche in godimento, di case di abitazione fatte ai soci da cooperative edilizie e loro consorzi. L'art. 38, comma 2, tuttavia, ha differito l'efficacia di tale disposizione al 1d gennaio 1990 per il settore dell'editoria e al 1d agosto 1989 per il settore edilizio. In proposito, si ritiene opportuno fornire chiarimenti più dettagliati per ciascuno dei due settori. (omissis). 2) Assegnazione di case di abitazione ai soci da cooperative edilizie Per quanto concerne le cooperative edilizie, occorre premettere che una nuova disciplina è stata stabilita con l'art. 8 del D.L. 31 ottobre 1980, n. 693, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 1980, n. 891. Tale provvedimento, in sostanza, ha equiparato - nel trattamento tributario agevolato con le imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali - le assegnazioni a soci fatte da cooperative che non fruiscono del contributo dello Stato e degli enti pubblici territoriali a quelle effettuate da cooperative fruenti di detto contributo, a condizione, però, che esistano gli stessi requisiti soggettivi ed oggettivi già richiesti al fine di concedere il trattamento tributario agevolato alle assegnazioni effettuate dalle cennate cooperative fruenti di contributo erariale. Fino all'entrata in vigore della norma in esame le cooperative prive del contributo erariale godevano infatti del beneficio, dell'imposta fissa di registro e della riduzione ad un quarto dell'imposta ipotecaria, soltanto ove si verificavano particolari condizioni. In sostanza era necessario che il socio disponesse di un reddito contenuto in particolari limiti (art. 31, lettera c), del R.D. 28 aprile 1938, n. 1165 e successive modificazioni e integrazioni), che il sodalizio avesse realizzato il programma abitativo entro dieci anni dalla data della sua costituzione (art. 147, R.D. 28 aprile 1938, n. 1165), che disponesse di un capitale sociale contenuto in determinati limiti (art. 65, lettera b), del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269) e infine che il valore dell'alloggio assegnato non eccedesse la somma di lire 35.000.000 (art. 58, legge 5 agosto 1978, n. 457). La norma contenuta nel citato art. 8 ha escluso sia il limite del reddito sia i limiti di tempo, di capitale e di valore, realizzando, pertanto, una prima equiparazione fra le cooperative assistite o non dal contributo dello Stato. I requisiti che consentano di assoggettare le assegnazioni alle imposte fisse di registro e ipotecarie sono i seguenti. Requisiti soggettivi: a) cittadinanza italiana; b) residenza nel comune ove gli alloggi sono costruiti; c) non possidenza nel comune di altra abitazione; d) non aver ottenuto a qualsiasi titolo l'assegnazione in proprietà di altro alloggio costruito col concorso o contributo dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni o di enti pubblici o con mutui di cui alla legge 10 agosto 1950, n. 715. Requisiti oggettivi: a) quando trattasi di costruzioni di case popolari, l'alloggio non può essere composto da più di cinque vani ed accessori e non può eccedere i 110 mq di superficie utile. La legge prevede, peraltro, una deroga per le famiglie composte da più di sette persone per le quali può essere consentito l'aumento di 16 mq di superficie per ogni persona in più delle sette; b) relativamente invece alle costruzioni di case tipo economico, i vani abitabili sono fissati nel massimo di dieci. Giova peraltro far presente che il requisito oggettivo di cui sopra, è riferibile soltanto alle costruzioni realizzate in base a leggi anteriori all'entrata in vigore della legge 5 agosto 1978, n. 457, la quale, con l'ultimo comma dell'art. 16, per le costruzioni da essa disciplinate, ha indicato, al fine di consentire l'agevolazione stessa, una superficie massima di mq 95 al netto dei muri perimetrali e di quelli interni, oltre a mq 18 per autorimessa o posto macchina. Devesi rilevare, inoltre che ai sensi del sesto comma di detto art. 8, aggiunto dalla legge di conversione 22 dicembre 1980, n. 891, le assegnazioni di case di abitazioni a soci, effettuate dalle cooperative edilizie in questione, sono da assoggettare all'imposta sul valore aggiunto allorché non sussistono i requisiti soggettivi ed oggettivi sopra illustrati. In tale ipotesi, l'IVA si rende applicabile nella misura del 2 per cento se l'assegnazione ha come oggetto una casa di abitazione non di lusso, di cui all'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408 e successive modificazioni. Con il D.L. 2 marzo 1989, n. 69, si è voluto ricondurre nel campo di applicazione dell'IVA tutte le assegnazioni di case di abitazione non di lusso effettuate da cooperative edilizie ai propri soci. A tal fine - tenuto conto della previgente legislazione di cui sopra è cenno - si è reso necessario, anzitutto, abrogare le disposizioni che prevedevano, in linea generale, l'assoggettamento alle imposte di registro, ipotecarie e catastali per le assegnazioni di case da parte di cooperative edilizie e, quindi, procedere a riformulare le disposizioni che regolavano l'applicabilità dell'IVA per talune di dette assegnazioni. Pertanto è stata prevista nell'art. 34 del citato D.L. n. 69 l'abrogazione delle lettere g) degli artt. 2 e 3 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che ponevano fuori campo dell'applicazione dell'IVA le assegnazioni sia in proprietà che in godimento di case di abitazione non di lusso da parte di cooperative ai propri soci, con conseguente applicazione dell'imposta di registro per il principio dell'alternatività dei due tributi. Inoltre si è proceduto ad abrogare - con lo stesso art. 34 - i commi 3, 4 e 5 dell'art. 8 del D.L. n. 693/1980, che stabilivano il trattamento di dette assegnazioni agli effetti delle imposte di registro, ipotecarie e catastali consistente nell'applicazione in misura fissa di tali imposte in presenza delle condizioni oggettive e soggettive anzicennate. Contestualmente è stata prevista l'abrogazione del sesto comma del richiamato art. 8, che concerneva l'assoggettamento all'IVA con l'aliquota ridotta 2 per cento per le assegnazioni effettuate in assenza di una o più delle predette condizioni. Infine si è dovuta riformulare la disposizione del punto 26), parte seconda, della tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633, che aveva recepito il contenuto della norma di cui al sesto comma del menzionato art. 8. Il nuovo regime (assoggettamento all'IVA di tutte le assegnazioni di case non di lusso in cooperativa) doveva entrare in vigore il 1d gennaio 1989. Sennonché, in sede di conversione del detto decreto n. 69, è stato disposto il differimento dell'entrata in vigore della nuova normativa al 1d agosto dello stesso anno. (Al riguardo va fatto presente che con provvedimento in corso di approvazione tale termine viene ulteriormente differito al 1d gennaio 1990). Infatti, il comma 2bis dell'art. 38, introdotto dalla legge di conversione del D.L. n. 69, recita testualmente: «Le disposizioni dell'art. 34 relative all'imposta sul valore aggiunto concernenti le assegnazioni, anche in godimento, di case di abitazione fatte ai soci da cooperative, si applicano a decorrere dal 1d agosto 1989». Con tale disposizione si è voluto sostanzialmente lasciare in vigore fino alla data testé cennata la previgente legislazione agevolativa relativa alle assegnazioni in argomento. Ed invero il riferimento alle disposizioni «relative all'IVA», contenute nel citato comma 2bis va inteso come differimento di tutte le norme connesse e conseguenti all'applicazione dell'IVA di cui al menzionato art. 34 concernenti le assegnazioni in questione e, quindi, anche di quelle relative alla disciplina prevista per tali assegnazioni in materia di imposte di registro, ipotecarie e catastali che presuppongono la non applicazione dell'IVA ed emanate in relazione a tale particolare disciplina (lettere g), artt. 2 e 3, del D.P.R. n. 633; art. 8, commi 3, 4 e 5 del D.L. n. 693). Conforta tale interpretazione, oltre la ratio della disposizione testé esaminata, anche la norma contenuta nell'art. 1 comma 2, della legge di conversione del decreto n. 69, che stabilisce che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 30 dicembre 1988, n. 550 (che prevedeva una norma analoga all'art. 34 del D.L. n. 69) esclusi, fra l'altro, quelli in materia di IVA relativi alle assegnazioni in argomento. Tale esclusione (che consente, in pratica, a chi ha effettuato le assegnazioni applicando l'IVA con l'aliquota del 4 per cento ai sensi del D.L. n. 550, di poter richiedere la modifica del trattamento tributario applicato), in tanto si giustifica in quanto presuppone la sussistenza delle agevolazioni stabilite in materia di imposte di registro, ipotecarie e catastali nel settore di cui si tratta dal più volte richiamato art. 8. In conclusione, come già precisato con la circolare 25 del 31 maggio 1989, la volontà del legislatore, quale si desume dal combinato disposto di cui all'art. 1, comma 2, della legge n. 154 e all'art. 38, comma 2bis, del decreto in rassegna, è stata quella di prorogare al 31 luglio 1989 tutta la normativa agevolativa prevista per le assegnazioni di case a soci da parte di cooperative edilizie previgente alla nuova disciplina, la cui applicazione decorrerà dal 1d agosto 1989. E la preesistente disciplina in materia di IVA prevede tra l'altro all'art. 8, sesto comma, del D.L. 31 ottobre 1980, n. 693, come modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 1980, n. 891, l'applicazione dell'aliquota del 2 per cento in caso di assegnazione di case non di lusso di cui all'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e quella ordinaria nelle altre ipotesi. Naturalmente, qualora ricorrano i requisiti indicati nel terzo comma dello stesso art. 8 tornano applicabili le imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali. La nuova disciplina, ovviamente, si rende applicabile alle operazioni poste in essere a decorrere dalla data di entrata in vigore delle nuove norme, per cui, a norma della disposizione contenuta nell'art. 6, quarto comma, del D.P.R. n. 633, restano soggetti alla previgente disciplina di esonero le operazioni poste in essere anteriormente, conseguenti a versamenti in conto assegnazione effettuata dai soci alle cooperative. (omissis). 4) Locazioni non finanziarie di fabbricati Le incertezze interpretative cui ha dato luogo la norma contenuta nel quinto comma dell'art. 19bis del decreto n. 633, introdotto dall'art. 5 del D.L. n. 953/1982, convertito dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53, sono state dissipate con l'art. 35bis del decreto in esame che ha risolto «in radice» la problematica insorta. La ratio dell'anzidetta disposizione, secondo la quale erano da considerarsi ammortizzabili, agli effetti dell'IVA, i fabbricati e le porzioni di fabbricati, destinati ad uso di civile abitazione, costruiti da imprese per la vendita, locazione o affitto, poggiava sulla logica dell'istituto della detrazione che postula la modifica della stessa ogniqualvolta vengono a mutare le condizioni in base alle quali essa è stata effettuata. In buona sostanza, l'obiettivo di tale norma era quello di non consentire, in via definitiva, alle imprese edilizie il recupero dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi relativi alla costruzione di fabbricati di civile abitazione destinati alla locazione o all'affitto, operazioni queste esenti ai sensi dell'art. 10, n. 8), del decreto n. 633 per le quali non è consentita, in via generale, la detrazione dell'imposta «a monte». Orbene, anteriormente alla modifica legislativa sopra menzionata, il richiamo all'annualità dell'imposta nel terzo comma dell'art. 19 comportava che le imprese edili avrebbero dovuto operare la riduzione (pro rata) della detrazione dell'imposta, assolta in via di rivalsa sui beni e servizi acquistati nell'esercizio di imprese, solo se nel corso dello stesso anno erano state poste in essere locazioni di fabbricati; viceversa, nessuna riduzione di detrazione doveva essere operata se le locazioni venivano fatte negli anni successivi a quelli in cui erano stati effettuati gli acquisti. Da qui la necessità di precludere al contribuente la possibilità di comportamenti finalizzati a neutralizzare la disposizione concernente la indetraibilità dell'imposta afferente operazioni esenti. Sennonché, la formulazione della cennata disposizione non solo, come già detto, aveva ingenerato incertezze in ordine alla sua sfera di applicazione ma aveva anche dato luogo, sulla base di una interpretazione letterale, ad effetti diversi da quelli che la norma stessa intendeva perseguire, posto che l'assimilazione dei fabbricati ai beni ammortizzabili «agli effetti del decreto n. 633» determinava la riduzione del volume di affari e conseguentemente aumentava la percentuale di indetraibilità. La soluzione adottata con il menzionato art. 35-bis può così compendiarsi: a) abrogazione, con effetto retroattivo (a decorrere dal 16 marzo 1983) del quinto comma dell'art. 19bis del D.P.R. n. 633; b) nuova disciplina delle locazioni non finanziarie dei fabbricati, attuata mediante la sostituzione del n. 8 dell'art. 10 del D.P.R. n. 633; c) determinazione dell'aliquota IVA nella misura del 4 per cento per determinate fattispecie di locazione di fabbricati rientranti nell'ambito applicativo di detto tributo. In particolare, il punto 8) dell'art. 10, risulta così sostituito: «8) le locazioni non finanziarie e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, esclusi quelli strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni e quelli ad uso di civile abitazione locati dalle imprese che li hanno costruiti per la vendita o acquistati per la rivendita». In sostanza, con l'anzidetta norma permane il regime di esenzione per le locazioni non finanziarie e gli affitti di terreni agricoli, di aziende agricole e di aree, escluse quelle destinate a parcheggio di veicoli, non suscettibili di possibilità edificatoria in conformità dei piani regolatori generali, dei programmi di fabbricazione e dei piani particolareggiati, nonché dei fabbricati salvi i casi di deroga espressamente previsti dalla norma. Infatti, in deroga alla previgente disciplina, sono stati ricondotti, con decorrenza dal 30 aprile 1989, nell'ambito dell'imponibilità a tributo, con applicazione dell'aliquota ordinaria del 19 per cento, le locazioni non finanziarie di fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, intendendosi per tali soltanto quei fabbricati che oggettivamente presentano il requisito della strumentalità. Sono oggettivamente strumentali, come precisato dalla Direzione generale del catasto e dei servizi tecnici erariali (nota 3/330 del 2 febbraio 1989) i fabbricati classificabili catastalmente nelle cat. B, C, D ed E, nonché nella cat. A/10 ma in tal caso soltanto se la destinazione ad ufficio o studio privato sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria. Non rientrano, invece, nell'ambito applicativo della norma le costruzioni destinate a civile abitazione ancorché utilizzate ad un uso strumentale, come ad esempio quelle utilizzate ad uso ufficio ovvero locati a dipendenti. A decorrere dalla predetta data del 30 aprile 1989, sono soggette a IVA ma con l'aliquota del 4 per cento, anche le locazioni non finanziarie di fabbricati destinati ad uso di civile abitazione locati dalle imprese che «li hanno costruiti per la vendita o acquistati per la rivendita». E, in ordine ai cennati scopi, che costituiscono le condizioni per l'assoggettamento a IVA, si precisa che essi devono ritenersi, in linea di principio, sempre sussistenti per quanto concerne le imprese di costruzione, atteso che le stesse si costituiscono proprio per realizzare immobili da destinare alla commercializzazione. Nei confronti degli altri soggetti d'imposta, diversi dalle imprese di costruzione, che esercitano l'attività di locazione di fabbricati ad uso abitativo occorre, invece, accertare la sussistenza di tale scopo che può anche risultare da disposizioni statutarie o di legge. In sintesi, a decorrere dal 30 aprile 1989 il trattamento ai fini dell'IVA degli immobili dati in locazione o in affitto da soggetti di imposta può così riepilogarsi: a) fabbricati ad uso di civile abitazione locati da imprese costruttrici o da imprese che li hanno acquistati per la rivendita: 4 per cento; b) fabbricati strumentali per natura, compresi quelli destinati ad uffici o studi privati; aree edificabili; aree destinate a parcheggi: 19 per cento; c) terreni agricoli; aziende agricole; aree non edificabili; fabbricati ad uso di civile abitazione locati da soggetti diversi da quelli di cui alla lettera a); altri fabbricati: esenti. E' appena il caso di precisare che ai fini dell'assoggettamento a tributo è necessaria la sussistenza del requisito soggettivo e cioè che le operazioni siano effettuate nell'esercizio di imprese come definito dall'art. 4 del decreto n. 633. Va inoltre sottolineato che ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, per gli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole (c.d. enti non commerciali) si considerano effettuate nell'esercizio di impresa soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali o agricole. Pertanto le mere locazioni di immobili da parte di detti enti non commerciali rientrano nel campo di applicazione dell'IVA se poste in essere nell'ambito di una attività commerciale, come ad esempio nel caso di locazioni effettuate da aziende autonome comunali. La norma in rassegna non prevede disposizioni di carattere transitorio dirette ad eliminare, nel passaggio alla nuova disciplina, sia la diversità degli effetti conseguenti all'esercizio dell'opzione di cui all'art. 36bis del decreto n. 633, sia i fenomeni di duplicazione di imposizione (IVA e registro), come può accadere nei casi di pagamento di corrispettivi di locazione di fabbricati (ricondotta alla imponibilità IVA) successivamente alla data del 30 aprile 1989 in dipendenza di contratti conclusi anteriormente e assoggettati all'imposta di registro per effetto della previgente esenzione IVA. In ordine ai soggetti che si sono avvalsi della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione di cui all'art. 36bis del D.P.R. n. 633/1972 per le operazioni esenti dai medesimi effettuate occorre distinguere tra: 1) soggetti che svolgono operazioni le quali, prima esenti, sono attualmente da ritenere completamente imponibili; 2) soggetti che svolgono operazioni le quali, precedentemente esenti, devono ora considerarsi in parte esenti e in parte imponibili; 3) soggetti che pur continuando a svolgere operazioni esenti e imponibili non intendono più avvalersi della cennata dispensa essendo variato, il rapporto tra le dette operazioni. In proposito, nel far presente che relativamente alla ipotesi sub 1) la dispensa di cui al citato art. 36bis deve intendersi caducata per incompatibilità con le norme sopravvenute di cui in discorso, per quanto concerne invece i soggetti di cui ai punti 2) e 3) si ritiene, per le sopravvenute modifiche legislative, che i medesimi possono comunicare all'Ufficio la revoca ad avvalersi della dispensa anche nel caso in cui non sia ancora decorso il triennio di cui all'art. 36bis, terzo comma. In relazione poi alla disposizione di cui all'art. 19, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972, è opportuno precisare che i soggetti indicati al precedente punto 2), possono effettuare la detrazione utilizzando una percentuale in riduzione calcolata in via preventiva, salvo conguaglio a fine anno. Ciò nella considerazione che detti contribuenti, avendo fruito della citata dispensa, non sono in grado di determinare il volume di affari delle operazioni esenti in precedenza effettuati. Per i soggetti invece che nel passato non si sono avvalsi della dispensa di cui al ripetuto art. 36bis del D.P.R. n. 633/1972, e che quindi sono in grado di enucleare il volume di affari delle operazioni, già esenti, ora considerate imponibili, la detrazione dell'ammontare dell'imposta assolta per rivalsa è ridotta di una percentuale che deve essere calcolata tenendo conto del diverso trattamento tributario ora riservato alle suddette operazioni. Quanto alla conflittualità nel tempo tra l'imposta di registro e l'IVA, è fuori dubbio che i predetti corrispettivi debbano scontare l'IVA al momento di effettuazione dell'operazione e devesi dichiarare che non potrà farsi luogo, in linea di massima, alla restituzione dell'imposta di registro, posto che tale ultimo tributo deve ritenersi legittimamente riscosso all'atto della formalità della registrazione e considerato che le modifiche legislative successive a detta registrazione, se non prevedono diversamente, non hanno rilevanza in ordine alla legittima acquisizione dell'imposta. Tali considerazioni, naturalmente debbono ritenersi valide limitatamente alle ipotesi in cui la base imponibile è determinata in modo definitivo all'atto della registrazione. Qualora, invece, si versi nell'ipotesi prevista dal comma 1 dell'art. 35 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, cioè quando il contratto è a corrispettivo indeterminato, con la possibilità di aumento o di diminuzione rispetto a quello indicato dalle parti nell'atto (per es. corrispettivo subordinato alle variazioni in più o in meno riferite a particolari indici che rilevano ai fini della determinazione definitiva della base imponibile), in tal caso l'imposta di registro liquidata e riscossa al momento della registrazione non può considerarsi definitivamente acquisita all'Erario, atteso il carattere di provvisorietà della stessa. Infatti, l'imposta, ai sensi del sopracitato art. 35, è soggetta a conguaglio o a rimborso, in relazione alla determinazione definitiva del corrispettivo, considerato che la originaria base imponibile deve ritenersi provvisoria. In tale situazione, torna altresì applicabile il disposto dell'art. 43, lettera I), del menzionato decreto n. 131, secondo cui i corrispettivi delle operazioni soggette ad IVA non concorrono a formare la base imponibile agli effetti dell'imposta di registro. In altri termini, la base imponibile concretamente tassabile ai fini dell'imposta di registro va calcolata tenendo conto soltanto dell'ammontare dei corrispettivi non soggetto a IVA e, conseguentemente, l'imposta proporzionale di registro riscossa dovrà essere parzialmente rimborsata in relazione all'ammontare dell'imponibile che risulterà assoggettato a IVA. E' appena il caso di precisare che, per i contratti formati successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, risulterà applicabile, sui relativi corrispettivi, l'IVA e, se redatti per atti pubblici o scritture private autenticate, l'imposta di registro in misura fissa, ai sensi degli artt. 5 e 40 del Testo unico sull'imposta di registro. Ove tali contratti siano formati invece per scritture private, sconteranno l'IVA e sono soggette a registrazione soltanto in caso d'uso. Per completezza d'argomento, va rammentato poi che, sotto il profilo procedimentale, il decreto n. 633 prevede, tra l'altro, al n. 6) dell'art. 22, la non obbligatorietà dell'emissione della fattura, se non richiesta dal cliente, per le operazioni esenti di cui al n. 8) dell'art. 10 dello stesso decreto, per cui nelle fattispecie per le quali è venuta meno l'esenzione dall'imposta è venuto meno conseguentemente anche l'esonero dall'obbligo della fatturazione. Si fa presente a tale proposito che per le società e gli enti che esercitano le assicurazioni e le riassicurazioni, che fino al 29 aprile 1989 trovavano la loro disciplina sostanziale pressoché completa nell'art. 10 del D.P.R. n. 633, si è reso necessario, a seguito delle intervenute modificazioni nel trattamento tributario sostanziale e procedimentale, provvedere all'adeguamento del D.M. 12 aprile 1979 che è stato attuato con D.M. del 30 maggio 1989. Tale decreto contiene anche all'art. 2 una disposizione transitoria con la quale è previsto che per le locazioni non finanziarie di fabbricati, rientranti ora nell'ambito dell'imponibilità all'IVA, effettuate nel periodo dal 30 aprile al 30 giugno 1989, le fatture possono essere emesse entro il mese di agosto 1989. (omissis). C.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 11-07-1986, n. 43/3153 D.P.R. n. 633/1972, art. 4: locazione di appartamenti arredati Il quesito concerne, in particolare, la configurabilità o meno, ai fini IVA, del presupposto soggettivo del tributo in capo ai proprietari di appartamenti ammobiliati che danno in locazione gli immobili stessi, anche per brevi periodi, durante la stagione estiva o invernale. A parere dei convenuti l'attività di locazione di camere e di appartamenti arredati, per essere rilevante agli effetti dell'IVA, è necessario che l'attività stessa sia svolta dal locatore nell'esercizio di una attività di natura commerciale, anche se non organizzata in forma d'impresa, ed assuma, altresì, il carattere dell'abitualità. Solamente in presenza di tali condizioni i locatori dei cennati appartamenti pongono in essere un'attività rientrante nel campo di applicazione del tributo ed acquisiscono la qualifica di soggetti passivi d'imposta. Si conviene pertanto che i locatori di immobili arredati che non forniscono altri servizi (quali, ad es., la pulizia, riassetto locali, cambio di biancheria ecc.) e che svolgono tale attività senza carattere di abitualità non assumono la figura di soggetto passivo dell'IVA. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 13-01-1986, n. 426454 Detrazione dell'imposta relativa a locazione di immobili Un Ispettorato compartimentale tasse chiede in sostanza di conoscere se i beni immobiliari, ad uso abitazione, locati da una società - nei cui confronti è stato elevato processo verbale - possano o meno qualificarsi ammortizzabili al fine di poter escludere le cessioni degli stessi beni dal volume di affari del relativo anno e, quindi, poter rettificare il calcolo dell'IVA indetraibile ai sensi degli artt. 19 e 19bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Vengono, in proposito, evidenziate le seguenti circostanze: ù la società ha per oggetto «la gestione, l'acquisizione e l'alienazione di immobili di qualunque natura, nonché la loro costruzione o dismissione»; ù i beni in questione sono unità immobiliari di civile abitazione e garages pervenuti alla società per conferimento assoggettato ad imposta di registro e quindi senza alcuna IVA pagata a monte; ù nel bilancio della società, nei due aspetti di situazione patrimoniale e conto economico, gli stessi beni sono stati contabilizzati come immobilizzazioni; ù nella contabilità della società, riconosciuta regolare dal Collegio sindacale, le medesime unità immobiliari sono state iscritte nel registro dei cespiti ammortizzabili. Al riguardo, preso atto di quanto comunicato da parte di codesto organo ispettivo, la scrivente ritiene opportuno formulare le seguenti considerazioni di merito. Va rilevato innanzitutto che il requisito della strumentalità di un bene si configura allorché lo stesso possa considerarsi, per la sua particolare destinazione nel complesso aziendale unitamente agli altri beni direttamente utilizzati nel ciclo produttivo, come mezzo o strumento, e non come oggetto, dell'attività concretamente esercitata dall'operatore economico. In tale prospettiva, si ha ragione di ritenere, anche in armonia al consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione, che le unità immobiliari ad uso abitazione date in locazione costituiscono l'«oggetto» più che lo «strumento» per l'esercizio dell'attività, atteso che la locazione (che non comporta nessuna particolare attività di servizio da parte del locatore) può essere considerata il «prodotto» dell'attività più che l'«esercizio» di un'attività di produzione di beni o di fornitura di servizi (cfr. Corte di cassazione, Sez. I, sentenza del 20 novembre 1981, n. 993). Le conclusioni sopra esposte si appalesano, del resto, conformi all'orientamento sinora seguito da questa Direzione generale (vedi, per ultimo, circolare 64 del 19 novembre 1984), nel senso che gli immobili suscettibili di ammortamento sono soltanto quelli che l'impresa fisicamente e materialmente occupa per esercitarvi la propria attività (opifici, magazzini, sede della società ecc.). Conforta tale assunto anche la considerazione che - proprio per superare ogni equivoco in ordine a possibili diverse interpretazioni che potrebbero profilarsi in materia - nell'art. 19bis del D.P.R. n. 633 del 1972, per effetto dell'art. 5 del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito in legge 28 febbraio 1983, n. 53, è stata inserita una apposita disposizione, chiaramente di carattere innovativo, che qualifica ammortizzabili, agli effetti dell'IVA, gli immobili costruiti da imprese edili e destinati alla locazione, all'affitto o alla vendita. Disposizione che, naturalmente, non torna applicabile al caso di specie sia perché la stessa ha avuto effetto a decorrere dal 1983, e cioè successivamente al periodo in cui si sono realizzate le operazioni commerciali in discorso, sia perché gli immobili non sono stati costruiti dalla società. Né può far pervenire a diversa conclusione il fatto che gli immobili siano stati annotati sul registro dei beni ammortizzabili anche se in diritto non possano considerarsi tali. Questa circostanza, peraltro, non può essere segnalata al competente Ufficio distrettuale delle imposte dirette, non apparendo logico che gli stessi beni possano avere un trattamento diverso nei due settori impositivi, IVA e imposte sui redditi. Pertanto, qualora non sussistano altri elementi, l'Ufficio IVA - titolare del potere di accertamento - cui spettano le definitive valutazioni degli elementi raccolti in sede di verifica, potrà emettere i provvedimenti di competenza in armonia alle considerazioni sopra indicate. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 04-01-1986, n. 324457 Locazione di appartamenti arredati Un comune ha chiesto di conoscere il trattamento tributario, agli effetti dell'IVA, da applicare all'attività di locazione di camere e di appartamenti arredati da parte dei proprietari, i quali non si impegnano a fornire prestazioni diverse o servizi accessori agli affittuari. In particolare è stato precisato che i suddetti proprietari hanno trasmesso al comune - prima di concedere in affitto i cennati appartamenti e ai soli fini delle leggi di pubblica sicurezza - la comunicazione per la «presa d'atto» da parte dei comuni ai sensi dell'art. 108 del Testo unico della legge di Pubblica sicurezza, R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Al riguardo, interpellato sulla questione l'Ispettorato compartimentale tasse, si precisa che, affinché si configuri l'esercizio di impresa, è necessario che l'attività di cui trattasi concretizzi - in relazione al complesso delle prestazioni rese dai proprietari - l'esercizio di un'effettiva attività commerciale, anche se non organizzata in forma d'impresa, e assuma altresì, i connotati dell'«abitualità» (vi sia, cioè, reiterazione dei fatti economici con le caratteristiche dell'imprenditorialità giusta l'art. 2082 del Codice civile). Su analoga questione la scrivente ha già avuto modo di pronunciarsi con la risoluzione 361700 del 15 luglio 1977 (che si conferma integralmente) con la quale sono stati forniti taluni chiarimenti circa l'assoggettabilità al tributo dei corrispettivi afferenti le locazioni di appartamenti arredati, poste in essere da soggetti d'imposta, con la fornitura di alcuni servizi o l'esenzione dall'IVA (art. 10, n. 8), D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), nell'ipotesi di semplice locazione senza la fornitura di servizi (pulizia, riassetto locali ecc.). Nel caso in esame si tratta invece di stabilire quando i proprietari dei cennati appartamenti acquisiscono, in relazione dell'attività svolta, la qualifica di soggetto di imposta. Ciò posto, ritiene la scrivente, condividendo il parere espresso sulla questione dall'Ispettorato, che nella fattispecie in rassegna è irrilevante ai fini dell'acquisizione della qualifica di soggetto passivo di imposta, relativamente all'attività svolta, il conseguimento o meno delle autorizzazioni amministrative prescritte in materia. Ciò in quanto, ai fini dell'IVA, si è imprenditori e quindi soggetti passivi d'imposta in virtù di una concreta esplicazione di un'attività commerciale o agricola anche se manca la licenza dell'Autorità amministrativa. Conseguentemente la scrivente dichiara che la soggettività di imposta debba essere determinata distinguendo caso per caso, accertando cioè di volta in volta se in capo ai singoli operatori, nell'espletamento delle suddette attività, ricorrano o meno i presupposti impositivi come sopra delineati, richiamati dall'art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modifiche. E' appena il caso di aggiungere che le locazioni di camere e appartamenti arredati, posti in essere dai proprietari che non rivestono la qualifica di soggetti passivi di imposta, non rientrano nel campo di applicazione del tributo. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 09-03-1985, n. 425760 Locazione di immobili per congressi - Trattamento ai fini IVA Con istanza in data 12 ottobre 1983 diretta alla scrivente, il Centro internazionale in oggetto, premesso di gestire il Palazzo dei congressi di «...» e di intrattenere, in tale veste, rapporti con associazioni senza scopo di lucro che organizzano congressi internazionali, chiede di conoscere il trattamento cui va assoggettata, ai fini dell'IVA, la locazione di immobili facenti parte del suddetto palazzo nei confronti delle cennate associazioni. Interessato della questione, l'Ufficio IVA ha espresso l'avviso che la prestazione di cui trattasi debba scontare la normale aliquota del 18 per cento non rientrando l'operazione tra quelle oggettivamente non imponibili indicate nell'art. 9, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e non essendo, d'altra parte, configurabile nei riguardi delle anzidette associazioni l'acquisizione di un «plafond» che consenta loro di fruire della non imponibilità prevista dallo stesso art. 9, secondo comma. Al riguardo, la scrivente ritiene che le conclusioni cui è pervenuto il suddetto ufficio debbano essere condivise se, a fronte di un unico corrispettivo, la prestazione resa dal centro non riguardi la sola locazione ma anche altri servizi, quali utenze, segreteria ecc. Ove, invece, l'operazione riguardasse solo ed esclusivamente la locazione di beni immobili, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio ed arredamento degli immobili locati, la stessa sarebbe esente da IVA, ai sensi dell'art. 10, punto 8), del citato D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ma dovrebbe scontare l'imposta di registro in misura proporzionale, come si desume dalla seconda parte dell'art. 38 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Tasse 02-11-1983, n. 301779 Imposta di bollo - Verbale di udienza in causa di recesso dal contratto di locazione Un'Intendenza di finanza nel far presente che vi è una divergenza di opinioni tra il locale Ufficio del registro e la cancelleria della pretura riguardo all'assoggettamento o meno all'imposta di bollo dei documenti acclusi nel fascicolo di parte relativo ad un verbale di recesso di locazione di un immobile urbano, ha chiesto in merito il parere della scrivente. In proposito giova premettere che in applicazione dell'art. 12 della tabella allegato B annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (nel testo modificato dal D.P.R. 30 dicembre 1982, n. 955) gli atti, i documenti e i provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali relativi a controversie in materia di equo canone delle locazioni degli immobili urbani sono esenti in modo assoluto dal tributo di bollo. Ciò premesso, per quanto riguarda il trattamento tributario del verbale di recesso di locazione e degli altri documenti di cui è cenno nella nota n. 1953 in data 10 maggio 1983 dell'Ufficio del registro si osserva che ove non siano attinenti alla controversia locatizia in materia di equo canone, come sembra considerarli la locale pretura, e neppure atti conclusivi della controversia, essi vanno assoggettati al tributo di bollo nei modi e nella misura indicati nella tariffa allegata alla vigente legge di bollo. Ciò in quanto il beneficio tributario recato dal citato art. 12 della tabella non può essere esteso a tutti gli atti relativi alla disciplina delle locazioni di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392, ma è limitato ai soli atti, documenti e provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali relativi a controversie in materia di equo canone degli immobili urbani. R.M. Min. Fin. Dir. Gen. Imposte 07-06-1980, n. 7/441 Dichiarazione IRPEF - Immobile dato in comodato Due professionisti hanno chiesto alla scrivente di conoscere quale sia il trattamento tributario delle unità immobiliari urbane date in comodato, con regolare contratto, in relazione alla disciplina prevista dall'art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. La scrivente preliminarmente sottolinea che, ai sensi dell'art. 1803 Codice civile, il comodato è un contratto a titolo essenzialmente gratuito in base al quale una parte consegna ad un'altra una cosa mobile o immobile affinche# se ne serva per un tempo ed uso determinato, con l'obbligo di restituirla nella sua identità. L'unità immobiliare data in comodato, pertanto, proprio perché in uso al comodatario, esclude il verificarsi della fattispecie degli immobili sfitti, di cui si occupa il citato art. 38, il quale presuppone la situazione che l'immobile non sia adibito all'uso del suo possessore e dei suoi familiari e resti non locato per l'intero periodo d'imposta. E*e# altres; da escludere la fattispecie della locazione atteso il carattere essenzialmente gratuito del comodato. D'altra parte essendo il comodatario titolare di un diritto personale di godimento e non di un diritto di proprietà, di usufrutto o altro diritto reale sull'immobile in comodato, non rientra nella categoria dei possessori di reddito di cui all'art. 32 del D.P.R. n. 597 e, quindi, non è soggetto di imposta in riferimento al reddito del fabbricato. Sulla base delle cennate considerazioni si precisa che l'immobile concesso in comodato va equiparato, ai fini delle imposte dirette, all'immobile a disposizione del proprietario, con la conseguenza che il comodante ha l'obbligo di dichiarare la rendita catastale aggiornata con i normali coefficienti di rivalutazione ed aumentata, se ricorrono i presupposti, di un terzo, ai sensi dell'art. 4 della legge 24 aprile 1980, n. 146. C.M. Ministero delle Finanze 16-01-1998, n. 12/E Imposta di registro nei contratti di locazione e di affitto dei beni immobili 1. Generalità La legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica", con l'articolo 21, commi 18, 19 e 20, è intervenuta, tra l'altro, nella disciplina dei contratti di locazione e di affitto dei beni immobili. Le modifiche riguardano in particolare il Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 con specifico riferimento agli articoli 17 (Cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili), 31 (Cessioni del contratto) e 35 (Contratti a prezzo indeterminato). Sono state, inoltre, introdotte modifiche alla tariffa, con l'aggiunta di due note all'articolo 5 della parte prima nonché con l'integrazione dell'articolo 2 e la sostituzione dell'articolo 2-bis della parte seconda. Infine, il comma 19 del soprarichiamato articolo 21 della legge n. 449 del 1997, nello stabilire la decorrenza dell'applicabilità delle nuove disposizioni, ha regolamentato il regime transitorio sia per i contratti di durata pluriennale già registrati sia per i contratti finora non registrati in quanto con corrispettivo annuo non superiore a lire 2.500.000. Come precisato nella relazione al provvedimento in esame, con le disposizioni di cui si tratta si è inteso perseguire il fine di acquisire i dati relativi ai contratti di locazione e di affitto, per contrastare il fenomeno dell'evasione delle imposte sui relativi redditi fondiari; a tale scopo è, infatti, previsto l'obbligo della registrazione per tutti i suddetti contratti di qualsiasi ammontare, purché di durata superiore ai trenta giorni complessivi nell'anno. 2. Nuova disciplina della registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili La nuova disciplina tributaria recata dall'articolo 21, commi 18, 19 e 20 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, dispone l'obbligo della registrazione in termine fisso per i contratti di locazione e di affitto relativi a tutti i beni immobili esistenti nel territorio nazionale, indipendentemente dall'ammontare del canone annuo. Unica eccezione a tale regola generale è quella prevista dall'articolo 2-bis della tariffa parte seconda del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro come sostituito dall'articolo 21, comma 18, lettera e), punto 2), che introduce, tra gli altri soggetti a registrazione soltanto in caso d'uso (individuati nella parte seconda della tariffa del già richiamato Testo unico), le locazioni e gli affitti di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell'anno; al fine di stabilire tale durata occorre far riferimento al rapporto di locazione e di affitto dell'immobile intercorso nell'anno con lo stesso locatario e affittuario. Le novità introdotte riguardano, quindi, sia i fabbricati che i terreni, indipendentemente dall'uso cui vengono adibiti; non riguardano, invece, i contratti di affitto di beni mobili nonché quelli di azienda ancorché nell'ambito della stessa risultino essere compresi beni immobili purché funzionali, alla attività produttiva. L'Amministrazione finanziaria in materia di affitto di azienda, fin dal 24 febbraio 1975, con risoluzione n. 301939 della soppressa Direzione generale delle tasse e imposte indirette sugli Affari, si è espressa nel senso di ritenere che "Al fine di stabilire se (...) la locazione di beni mobili e di macchinari possa considerarsi quale locazione di azienda, è necessario condurre una accurata indagine di fatto (...). Trattasi infatti di accertare se, al momento della stipula del contratto in questione, sussisteva un collegamento funzionale tra i vari beni locati, tale da farli obiettivamente considerare come strumento di attività produttiva, e quindi azienda secondol'eccezione giuridica di tale termine ai sensi dell'articolo 2555 del Codice civile". Nessuna novità quindi è intervenuta nel regime fiscale riservato ai contratti di affitto di azienda (vedi anche circolare della stessa Direzione generale n. 26 del 19 marzo 1985). E' appena il caso di precisare che la normativa tributaria in argomento riguarda esclusivamente i contratti di locazione e di affitto, e cioè, i contratti disciplinati dagli articoli 1571 e seguenti del Codice civile. Pertanto, non avendo l'articolo 21, commi 18, 19 e 20, della legge n. 449 del 1997, introdotto modifiche per i contratti diversi da quelli di locazione, il loro trattamento fiscale, ai fini dell'imposta di registro, è rimasto immutato. 3. Adempimenti del contribuente 3.1 Soggetti obbligati Ai sensi della lettera b) dell'articolo 10 del D.P.R. n. 131 del 1986, sono obbligati a chiedere la registrazione, qualora i contratti di locazione siano redatti in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, i notai e gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati. Per le scritture private non autenticate e per i contratti verbali sono obbligate invece le parti contraenti. Oltre ai pubblici ufficiali, sopraindividuati, al versamento dell'imposta sono solidalmente obbligate le parti contraenti. Si può, quindi, affermare che, in caso di contratto di locazione posto in essere con scrittura privata, sia la richiesta di registrazione che il versamento dell'imposta possono essere eseguiti da una delle parti contraenti che dovrà provvedere a versare l'intero tributo, in quanto ai fini fiscali non ha rilevanza il disposto dell'articolo 8 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che pone le spese di registrazione a carico del conduttore e del locatore in parti uguali. 3.2 Uffici competenti Non si ritiene di doversi soffermare sugli uffici competenti a registrare gli atti pubblici e le scritture private autenticate in quanto, nella generalità dei casi per i contratti di locazione e di sublocazione si ricorre alla scrittura privata o al contratto verbale; in tali ipotesi la registrazione può essere eseguita da qualsiasi Ufficio del registro o, dove esistenti, dagli Uffici delle entrate. Il contribuente, individuato l'ufficio presso il quale deve presentare la richiesta di registrazione, deve effettuare il versamento al concessionario del servizio di riscossione dei tributi (articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237) nel cui ambito territoriale ha sede il suddetto ufficio finanziario. Si precisa che, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto dirigenziale del 9 dicembre 1997 - concernente "approvazione dei modelli e modalità di riscossione delle entrate già di competenza dei servizi di cassa degli uffici dipendenti dal dipartimento delle Entrate e dal dipartimento del Territorio" - il versamento può essere eseguito o direttamente al concessionario stesso o presso una dipendenza di banca sita nell'ambito territoriale di detto concessionario ovvero presso un ufficio postale, sull'apposito conto corrente intestato al concessionario competente. 3.3 Termini Si ritiene opportuno rammentare che l'obbligo della registrazione per i contratti di locazione e di affitto formati in Italia, deve essere adempiuto nel termine fisso di venti giorni (articolo 13, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131). Per i contratti scritti tale termine decorre dalla data di formazione dell'atto; per i contratti verbali dalla data di inizio della loro esecuzione (articolo 13, comma 2, del D.P.R. n. 131 citato). Il contribuente, prima di presentare all'ufficio competente i contratti per la registrazione, deve determinare l'imposta dovuta e versarla - così come stabilito dall'articolo 17, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986, sostituito dall'articolo 21, comma 18, della legge in oggetto - entro il termine di venti giorni, presso uno dei soggetti incaricati della riscossione. 4. Determinazione dell'imposta Per determinare l'imposta di registro dovuta, si deve applicare l'aliquota, prevista dall'articolo 5 della tariffa parte prima del già citato Testo unico dell'imposta di registro, alla base imponibile costituita dall'ammontare del corrispettivo in denaro pattuito per l'intera durata del contratto (articolo 43, comma 1, lettera h) dello stesso Tu). I versamenti di imposta sono eseguiti con arrotondamento a lire 10.000, per difetto se la frazione non è superiore a lire 5.000 (da 1 a 5.000 lire) e per eccesso se superiori (da 5.001 a 9.999 lire) ai sensi dell'articolo 41 del D.P.R. n. 131 del 1986. 4.1 Affitto di fondi rustici Per i fondi rustici si dovrà applicare l'aliquota dello 0,50 per cento al corrispettivo annuo moltiplicato per il numero delle annualità. Ad esempio se un fondo rustico viene affittato per 10 anni e il corrispettivo annuo è di lire 4.000.000, l'imposta di registro da versare è di lire 200.000 pari a: - 0,50% di (L. 4.000.000 x 10) e cioè - 0,50% di L. 40.000.000 4.2 Locazione di immobili diversi dagli urbani e dai fondi rustici Per tutti gli altri immobili si dovrà applicare l'aliquota del 2 per cento al corrispettivo annuo moltiplicato per il numero della annualità. Ad esempio se per un immobile non classificato e non classificabile urbano, il canone di locazione annuo è di lire 2.160.000 (pari a lire 180.000 mensili) e la durata del contratto è di 4 anni, l'imposta di registro da versare è di lire 170.000 pari a: - 2% di (L. 2.160.000 x 4) e cioè - 2% di L. 8.640.000 = L. 172.800 (da arrotondare per difetto). 4.3 Locazione di immobili urbani di durata pluriennale Alla regola generale fin qui esposta fanno eccezione i contratti di locazione di immobili urbani di durata pluriennale, la cui disciplina risulta dalla nuova formulazione dell'articolo 17, comma 3, e dalla nota I) all'articolo 5 della tariffa parte prima del più volte citato Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, come da ultimo modificato. Per tali contratti, infatti, il succitato comma 3 prevede espressamente che "l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno" e la nota I) all'articolo 5 dispone che "l'imposta, se corrisposta per l'intera durata del contratto, si riduce di una percentuale pari alla metà del tasso d'interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità". Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale, quindi, l'imposta di registro dovuta può essere assolta annualmente nella misura del 2% sull'importo del canone annuo di locazione ovvero può essere assolta per l'intera durata del contratto, mediante unico versamento effettuato al momento della registrazione del contratto medesimo. In tale ultima ipotesi è prevista una detrazione dall'imposta in misura percentuale, pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità. Per facilità di calcolo si riporta di seguito una tabella nella quale sono indicate le detrazioni dall'imposta, calcolate tenendo conto del vigente tasso d'interesse legale del 5 per cento. (A) Durata del contratto (in anni) - (B) Metà del tasso di interesse legale (5%) - (C) Detrazioni percentuale: (A) = 10; (B) = 2,5%; (C) = 25,0% (A) = 9; (B) = 2,5%; (C) = 22,5% (A) = 8; (B) = 2,5%; (C) = 20,0% (A) = 7; (B) = 2,5%; (C) = 17,5% (A) = 6; (B) = 2,5%; (C) = 15,0% (A) = 5; (B) = 2,5%; (C) = 12,5% (A) = 4; (B) = 2,5%; (C) = 10,0% (A) = 3; (B) = 2,5%; (C) = 7,5% (A) = 2; (B) = 2,5%; (C) = 5,0% Ad esempio se per un immobile urbano il canone di locazione annuo è di lire 8.400.000 (pari a lire 700.000 mensili) e la durata del contratto è di quattro anni, il contribuente può eseguire o un versamento annuale di lire 170.000 - calcolato come alla successiva lettera A) - ovvero un versamento unico di lire 600.000 - calcolato come alla successiva lettera B). A) 2% di L. 8.400.000 = L. 168.000 (da arrotondare per eccesso a L. 170.000) B) 2% di (L. 8.400.000 x 4) pari a 2% di L. 33.600.000 = L. 672.000 meno la detrazione del 10% (2,5% x 4) L. 67.200 uguale imposta L. 604.800 (da arrotondare per difetto a L. 600.000). Nel caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione di durata pluriennale, per il quale sia stata versata l'imposta di registro sul corrispettivo pattuito per l'intera durata contrattuale, il contribuente ha diritto al rimborso della parte dell'imposta relativa alle annualità successive a quella in corso, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, del più volte citato D.P.R. n. 131 del 1986, come modificato dall'articolo 21, comma 18, della legge n. 449 del 1997 (vedi 5.1.3.). 5. Registrazione dei contratti Il Decreto dirigenziale 9 dicembre 1997 sopracitato prevede all'articolo 4, che il soggetto che chiede la registrazione degli atti deve presentare all'ufficio competente, oltre all'attestazione del pagamento effettuato, anche un apposito modello (allegato n. 6 al citato decreto), he assolve alla duplice funzione di distinta degli atti presentati per la registrazione nonché di ricevuta di deposito necessaria per il ritiro degli atti stessi dopo la registrazione. Anche per la registrazione dei contratti di locazione e di affitto devono essere, quindi, osservate le stesse modalità. Per quanto attiene i contratti di locazione di durata pluriennale, per i quali al momento della registrazione è stata versata l'imposta relativa soltanto alla prima annualità, si dovrà provvedere a eseguire i versamenti per le annualità successive, entro venti giorni dalla scadenza di ciascuna di esse, senza ulteriori adempimenti a carico del contribuente. Si rammenta che per il versamento del tributo dovuto per le annualità successive alla prima, ai fini della determinazione della base imponibile, si deve tener conto anche degli aggiornamenti e degli adeguamenti del canone intervenuti a norma della legge 27 luglio 1978, n. 392, come stabilito dall'articolo 35, comma 2 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Per completezza di argomento si ritiene opportuno evidenziare, inoltre, che, secondo il disposto dello stesso articolo 35, integrato dall'articolo 21, comma 18, lettera c), della più volte citata legge n. 449 del 1997, gli aggiornamenti e gli adeguamenti del canone sopra indicati, non hanno effetto per i contratti di locazione di immobili urbani di durata pluriennale per i quali, al momento della registrazione, sia stata versata l'imposta commisurata all'intera durata del contratto. 5.1. Cessioni, risoluzioni e proroghe dei contratti Le cessioni, risoluzioni e proroghe, anche tacite, dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili, sono regolate dal più volte citato articolo 17 del D.P.R. n. 131 del 1986 il quale, al comma 1, prevede che il versamento dell'imposta venga effettuato entro venti giorni dal verificarsi del relativo evento, con le stesse modalità e allo stesso concessionario presso il quale è stato eseguito il pagamento al momento della registrazione. Per l'individuazione dei soggetti presso i quali deve essere eseguito il pagamento, si rinvia al precedente punto 3.2 e, per quel che concerne le modalità di liquidazione e versamento, a quanto precedentemente precisato. Il successivo comma 2, inoltre, dispone espressamente che "L'attestato di versamento relativo alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe deve essere presentato all'ufficio del registro presso cui è stato registrato il contratto entro venti giorni dal pagamento". E' appena il caso di evidenziare che scopo della disposizione è quello di portare a conoscenza dell'ufficio impositore le vicende giuridiche del contratto, evitando, comunque, gli ulteriori obblighi, connessi alla formalità della registrazione. Ferma restando la cura che dovrà porre il soggetto incaricato della riscossione nel dare immediata comunicazione dell'avvenuto versamento all'ufficio fiscale competente, il contribuente deve, comunque, presentare l'attestato di versamento entro venti giorni successivi al pagamento. Si perviene a tale conclusione anche nella considerazione che l'Amministrazione finanziaria già precedentemente, con la risoluzione ministeriale n. 260193 del 18 giugno 1990, emanata dalla soppressa Direzione generale delle tasse e Imposte indirette sugli affari, si era espressa nel senso di ritenere che "il tributo relativo alle cessioni, risoluzioni, proroghe tacite e legali di precedenti contratti pluriennali di locazione e sublocazione già registrati, si configuri come principale (...). Gli atti in oggetto, infatti, hanno natura autonoma e innovano rispetto ai precedenti contratti di locazione e sublocazione, facendo sorgere diritti in capo a persone diverse, risolvendo o prolungando nel contempo i passati rapporti contrattuali". 5.1.1. Cessioni Per quanto concerne le cessioni dei contratti, giova evidenziare che l'articolo 31, comma 1, del D.P.R. n. 131 del 1986 stabilisce che l'aliquota applicabile è quella propria del contratto ceduto e il successivo articolo 43, comma 1, lettera d) dispone che la base imponibile è costituita dal corrispettivo pattuito per la cessione e dal valore delle prestazioni da eseguire. Nel caso di cessione senza corrispettivo che abbia per oggetto un contratto pluriennale di locazione o sublocazione di immobile urbano, per il quale l'imposta di registro sia stata versata per l'intera durata del contratto, la nota I all'articolo 5 della tariffa parte prima del più volte citato D.P.R. n. 131 del 1986 prevede l'applicazione dell'imposta nella misura fissa di lire 100mila. 5.1.2. Proroghe Con riferimento alla proroga dei contratti in argomento è appena il caso di rammentare che, qualora la stessa sia relativa a un contratto di locazione di immobile urbano di durata pluriennale, il pagamento può essere eseguito annualmente ovvero, qualora il contratto sia prorogato per più annualità, per l'intero periodo mediante unico versamento con le stesse modalità previste al punto 3. A tale proposito occorre tener presente che è stato integrato l'articolo 35 del più volte citato D.P.R. n. 131 del 1986 con la previsione che, in caso di proroga del contratto, si deve tener conto, ai fini della determinazione della base imponibile, degli aggiornamenti o adeguamenti del canone. 5.1.3. Risoluzioni Nell'ipotesi della risoluzione anticipata del contratto di locazione di immobile urbano di durata pluriennale, per il quale sia stata corrisposta l'imposta dovuta per l'intera durata del contratto, come già precedentemente accennato, il contribuente ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso, quindi, riprendendo l'esempio del punto 4.3, qualora il contribuente, per il contratto di locazione di durata quadriennale con canone annuale di lire 8.400.000, abbia eseguito il versamento di lire 600.000, se il contratto si risolve nel corso della seconda annualità il rimborso dovuto è pari a lire 300.000, e cioè: (L. 600.000:4) X 2 = L. 300.000. 6. Misura minima dell'imposta Tra le altre modifiche introdotte nel Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, è stata aggiunta la nota II) all'articolo 5 della tariffa parte prima che espressamente prevede: "In ogni caso l'ammontare dell'imposta per le locazioni e gli affitti di beni immobili non può essere inferiore alla misura fissa di lire 100.000"; in tal modo l'imposta fissa da corrispondere per la registrazione dei contratti in argomento è stata ridotta da lire 150.000 a lire 100.000. Anche nelle ipotesi di cessioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione e sublocazione e affitto di durata pluriennale, l'imposta dovuta non può essere inferiore alla misura fissa prevista dalla norma sopra riportata. Ciò in quanto, come già precedentemente affermato da questa Amministrazione (Risoluzione n. 260193 del 18 giugno 1990, già citata al punto 5.1), il tributo dovuto nelle suddette ipotesi si configura come principale poiché "Gli atti in oggetto hanno natura autonoma e innovano rispetto ai precedenti contratti di locazione e sublocazione". Con riferimento ai contratti di locazione di immobili urbani di durata pluriennale per i quali sia stato versato soltanto il tributo commisurato al canone relativo alla prima annualità, l'imposta da versare per le annualità successive può essere anche di importo inferiore a quello della imposta fissa (attualmente lire 100.000). Ciò in quanto l'imposta deve ritenersi di natura complementare, come ribadito nella risoluzione sopra richiamata. E' appena il caso, infine, di precisare che, qualora oggetto di registrazione sia un contratto relativo a un immobile il cui corrispettivo è assoggettato all'imposta sul valore aggiunto, resta ferma l'applicazione dell'imposta fissa di registro nella misura di lire 100.000. 7. Decorrenza Il comma 19 dell'articolo 21 della legge in commento stabilisce la decorrenza delle nuove disposizioni relative ai contratti di locazione, prevedendo che queste si applicano agli atti pubblici formati, alle scritture private autenticate, alle scritture private non autenticate e alle denunce presentate per la registrazione dalla data di entrata in vigore della legge che, a norma del successivo articolo 65, è fissata al 1° gennaio 1998. La nuova disciplina dei contratti di locazione e affitto si applica, inoltre, alle proroghe, anche tacite, intervenute dalla predetta data. 8. Regime transitorio Oltre a fissare la decorrenza della nuova normativa, l'articolo 21, comma 19, già richiamato, detta anche il regime transitorio per i contratti che, alla data del 1° gennaio 1998, siano già stati posti in essere e quindi in corso di esecuzione. In proposito la norma regola due ipotesi: a) contratti di locazione già in essere ma non registrati in quanto con corrispettivo annuo non superiore a lire 2.500.000; b) contratti già registrati. Con riferimento ai contratti di cui alla lettera a) - che, in virtù delle modifiche in commento, sono soggetti all'obbligo della registrazione dal 1° gennaio 1998 - è previsto che la registrazione deve essere richiesta entro 20 giorni dall'inizio dell'annualità successiva a quella in corso. Ad esempio per un contratto pluriennale avente durata dal 1° maggio 1997 al 30 aprile 2001 l'annualità in corso alla data del 1° gennaio 1998 che, come già detto, è la data di entrata in vigore della legge n. 449 del 1997, scadrà il 30 aprile 1998. In tal caso, quindi, il versamento dell'imposta e la registrazione del contratto dovranno essere effettuati entro il 20 maggio 1998. In particolare i contratti di locazione di durata pluriennale con scadenza in data successiva al 1° gennaio 1998 e con corrispettivo annuo non superiore a lire 2.500.000 le cui annualità hanno decorrenza 1° gennaio-31 dicembre, devono essere registrati entro il 20 gennaio 1999, ciò in quanto per essi l'annualità in corso alla data di entrata in vigore della legge (1° gennaio 1998), corrisponde all'inizio dell'annualità che scadrà, evidentemente, il 31 dicembre 1998. A tale proposito si rinvia a quanto già precisato per la registrazione dei contratti. Con riferimento ai contratti individuati alla lettera b), cioè quelli già registrati alla data del 1° gennaio 1998, la norma dispone che il pagamento dell'imposta relativa alle successive annualità deve essere eseguito con le modalità previste dall'articolo 17 del D.P.R. n. 131 del 1986, nel testo attualmente vigente. In tale ipotesi, tuttavia, non sarà necessario che il contribuente produca l'attestato di versamento all'ufficio fiscale competente. E' evidente, anche per i suddetti contratti, che il contribuente può optare per il versamento dell'imposta in unica soluzione, usufruendo della detrazione in misura percentuale calcolata in relazione al numero delle annualità residue, ovvero può continuare a corrispondere l'imposta anno per anno, fermo restando il termine previsto per il versamento di 20 giorni dalla scadenza dell'annualità. L'articolo 21, comma 20, stabilisce che apposite procedure per l'acquisizione telematica dei dati concernenti i contratti di locazione e delle relative formalità, con particolare riferimento alla registrazione, potranno essere previste con apposito decreto dirigenziale. Le Direzioni regionali in indirizzo, considerata l'importanza delle modifiche introdotte dall'articolo 21, commi 18, 19 e 20 della legge n. 449 del 1997 nonché il rilevante numero di soggetti interessati, provvederanno a dare la più ampia diffusione alle istruzioni contenute nella presente circolare. Sarà cura delle stesse Direzioni regionali adottare tutti i provvedimenti ritenuti necessari al fine di facilitare gli adempimenti dei contribuenti, soprattutto in considerazione del fatto che, contemporaneamente all'entrata in vigore delle novità in argomento, è stata data attuazione alla norma con la quale sono stati soppressi i servizi di cassa operanti presso gli uffici del Registro fino al 31 dicembre 1997. A tal fine, si suggerisce di adoperarsi affinché, presso gli Uffici fiscali competenti, siano fornite adeguate informazioni al contribuente in modo che lo stesso sia in grado di assolvere autonomamente le incombenze connesse con l'obbligo della registrazione, quali ad esempio, l'autoliquidazione prevista dall'articolo 17, comma 1, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo modificato dalla norma in oggetto richiamata. Tali informazioni potrebbero essere fornite anche mediante appositi prospetti esemplificativi esposti nel locali degli uffici dai quali risultino in evidenza i codici di uso più comune, che per l'imposta di registro di cui si tratta sono: - 107 T imposta di registro per contratti di locazione; - 108 T imposta di registro locazione terreni. Si potrebbe, inoltre evidenziare quanto già riportato nelle avvertenze al modello allegato 1 al decreto dirigenziale 9 dicembre 1997 più volte richiamato e cioè che, qualora il versamento riguardi l'imposta dovuta per la registrazione del contratto di locazione o di affitto non devono esser compilati i campi del modello di pagamento che individuano il numero di riferimento e la descrizione del tributo. Si evidenzia che, nel caso invece di versamento relativo ad annualità successive alla prima nonché relativo a cessioni, risoluzioni e proroghe di un contratto già registrato, occorre indicare con precisione gli estremi di registrazione del contratto stesso (anno nonché serie e numero di registrazione separati da una barra). Sarà opportuno segnalare, inoltre, gli uffici competenti presso i quali devono essere eseguite le formalità ed effettuati i pagamenti, anche riguardanti le annualità successive alla prima e le ulteriori vicende del contratto, specificando i codici degli uffici fiscali da riportare nel modello di versamento. Si dovrà, infine, dare opportuno rilievo alla necessità che i versamenti siano arrotondati per eccesso o per difetto a lire 10.000, come precisato nel punto 4 della circolare. Le Direzioni regionali provvederanno al necessario coordinamento con tutti i soggetti operanti sul territorio, presso i quali possono essere effettuati i versamenti al fine di limitare le eventuali difficoltà che i contribuenti potrebbero incontrare nel periodo di prima applicazione della normativa in commento concordando anche le iniziative da adottare per garantire una corretta informazione.