Test telescopio Meade 10” f/6,3 LX200
INTRODUZIONE:
Ebbene si, pubblico il test
del mio strumento. Nonostante che il proprio telescopio sia sempre considerato
con un pizzico di “protezionismo” cercherò di essere più imparziale che
posso.
ASPETTO
ESTERNO:
L’aspetto di questo
strumento è decisamente imponente in quanto il complesso tubo-forcella (che già
di suo non è certo una libellula…) è installato su una testa equatoriale del
tipo Superwedge, che alza ulteriormente il tutto di un trentina di centimetri.
Qualora si decida di
utilizzarlo con le gambe del treppiede moderatamente estratte, gli osservatori
più bassi possono faticare non poco a raggiungere l’oculare.
Il tubo ottico è molto
robusto e sia per la cella portalastra che per la culatta non sembra si sia
fatta economia di alluminio; lo stesso dicasi per la forcella, molto ben
dimensionata.
Il treppiede è il classico
Meade da campo, con gambe estensibili in acciaio; si tratta di un’unità
eccellente ma leggermente sottodimensionata per uno strumento di tale mole.
Sulla culatta del tubo ottico
è presente una pratica maniglia per gli spostamenti manuali, mentre sulle
braccia della forcella sono presenti due maniglie per facilitare il sollevamento
del telescopio.
Sotto la base della forcella
vi si trova il pannello prese del LX200; su di esso sono presenti:
un amperometro a LED;
la presa di ingresso
alimentazione;
la presa per il focheggiatore
elettrico;
la presa per l’oculare con
reticolo illuminato;
la presa per l’autoguida
CCD;
la presa del connettore della
pulsantiera di comando;
una presa ausiliaria (che non
si usa per questo strumento);
la presa del connettore del
motore in declinazione;
l’interruttore generale
(maledettamente piccolo e invisibile al buio);
il selettore di cambio
emisfero.
A corredo dello strumento vi
è l’alimentatore da rete con uscita a 18Vcc, un cercatore 8x50mm, il visual
back da 31,75mm, il prisma diagonale e un oculare SP26; il manuale di uso è
presente in duplice copia, uno in italiano e l’altro in inglese.
OTTICA:
Nonostante che l’ottica
ricalchi fedelmente lo schema ottico Schmidt-Cassegrain, qualche differenza ci
sarebbe: il rapporto di apertura.
Questo strumento infatti si
avvale di un rapporto decisamente corto, f/6.3, in luogo del più classico f/10;
la focale risultante è di 1600mm anziché 2500mm.
Il rapporto f/6.3 è ottenuto
variando il fattore di moltiplicazione dello specchio secondario che moltiplica
la focale primaria per 3.3x anziché 5x.
L’ostruzione centrale è
maggiore rispetto al modello 10” f/10: 0.40 contro 0.37 misurata sul diametro.
Lo specchio primario (in Pyrex
ricotto), di ben 267mm svolge il compito di “parte mobile” per
l’esecuzione della messa a fuoco, la lastra correttrice (da 254mm di diametro,
splendidamente trattata EMC) è serrata in cella tramite un anello in materiale
plastico (sul quale capeggiano le scritte “Ultra high contrast” e “Wide
field”) bloccato da 8 viti e lo specchio secondario è collimabile.
L’annerimento dell’interno
del tubo è molto ben realizzato mentre il paraluce cilindrico al centro
presenta una serie di ben 8 diaframmi di contrasto a lama di rasoio.
Il fuocheggiatore è del tipo
a manopola di retrazione che agisce direttamente sullo specchio primario.
Più che buono il cercatore
8x50, peccato non ci possa montare un illuminatore di reticolo.
Sul campo ho verificato:
una correzione
dell’aberrazione sferica decisamente migliore rispetto al 10” f/10.
il campo inquadrato è
decisamente più vasto e personalmente mi sembra anche meno curvo; è evidente
il fatto che quest’ottica è stata pensate per un largo uso fotografico al
fuoco diretto dove è richiesto un campo in piena luce decisamente ampio.
L’assenza di image-shift
durante la messa a fuoco, probabilmente dovuta alle dimensioni del tubo di
scorrimento (esterno del paraluce cilindrico) decisamente maggiori che hanno
permesso una lavorazione più accurata delle parti “striscianti”.
UPDATE 04/2002: Ho notato con l'uso più intenso dello strumento che la presenza dell'image-shift durante la messa a fuoco non è costante: si passa da un valore pressochè nullo quando il tubo ottico è puntato verso lo zenith e verso Est a un valore che inizia a diventare fastidioso oltre i 300x col tubo puntato verso Ovest.
Contrasto decisamente buono,
in relazione all’ostruzione.
…e
gli svantaggi
La focale corta non permette
alti ingrandimenti, a meno di non ricorrere ad una lente di Barlow o ad oculari
di focale molto corta; francamente questo è l’unico particolare che mi da un
po’ fastidio.
L’ombra dell’ostruzione è
fastidiosa durante le osservazioni diurne.
Il secondario è
sensibilissimo agli interventi di collimazione.
MONTATURA:
la forcella dei 10” Meade
direi che è piacevolmente sovradimensionata e se piazzata sulla testa
equatoriale Superwedge, come nel mio caso, la stabilità è molto buona, finora
la migliore che mi è capitato di appurare tra gli SCT commerciali su montatura
a forcella equatoriale.
Tuttavia il treppiede
standard, sebbene ben realizzato, è leggermente sottodimensionato per uno
strumento siffatto; dando al tubo il classico colpetto il tempo di reazione alle
vibrazioni si aggira sui 2-3 secondi.
L’ideale sarebbe poter
disporre del treppiede gigante (in dotazione al modello 12”) ma visto il
prezzo credo sia il caso si soprassedere…
I movimenti sono
incredibilmente fluidi; approfondendo un po’ l’interesse sulle tecniche
costruttive si scopre che non si è fatta economia a livello di cuscinetti;
l’asse polare poggia si 2 cuscinetti a sfera mentre in declinazione vi sono 2
cuscinetti ad aghi (1 di spallamento più 1 di supporto sulla corona), più
altri 2 di Nylon (uno per ogni lato del tubo ottico).
I cerchi graduati sono di
dimensioni principesche, scalati sul grado (declinazione) e sui 5 minuti (AR)
senza ricorrere ai relativi nonii che permetterebbero la stima dei 10’ in
declinazione e sul minuto e mezzo circa in AR. Inutile dire che sono ben
leggibili.
L’unico problema degno di
nota è rappresentato dalla difficoltà di bilanciamento dinamico del tubo, una
vera croce per i tubi ottici installati su montature a forcella; la situazione
dovrebbe migliorare con l’adozione del kit contrappesi dedicato.
SISTEMA
GO-TO
Il computer di puntamento
automatico in dotazione ai Meade LX200 ha esordito nel 1992 e ancor oggi si
colloca ai vertici della categoria; ciò la dice lunga sulla validità del
prodotto.
All’esordio questa macchina era ben lungi dall’essere a punto; a seconda degli esemplari si passava dai numerosi “bug” di funzionamento durante il puntamento automatico a veri e propri “disastri” che comprendevano anche casi di cedimento dei motori e della motherboard interna, suscitando l’ira dei malcapitati possessori.
Negli anni il sistema è stato
sviluppato con varie releases sia
hardware (3.22) che software (3.34), raggiungendo un elevato livello di
affidabilità.
Pensate che in ambiente
informatico, un computer che ha più di 2 anni di esercizio viene generalmente
bollato di obsolescenza mentre un personal computer del 1992 sarebbe al massimo
utile come gradino…
…E poi ci si accorge che
questo LX200 si aggira da una decina di anni come se fosse una sorta di
“highlander” immortale.
Le prestazione di questo GO-TO
sono veramente notevoli, così come la precisione di puntamento. La pulsantiera
è molto ben realizzata così come la retroilluminazione rossa e regolabile.
Gli unici difetti che posso
rimarcare possono essere la rumorosità dei servomotori durante il puntamento
che poco si addice ad uno strumento di questo calibro; sembra il rumore di un
giocattolo rotto!
E poi la complicatezza stessa
del LX200; diciamo che un operatore del settore informatico definirebbe
l’LX200 “un’interfaccia utente poco friendly”.
Sotto quest’ultimo punto di
vista la situazione dovrebbe migliorare con l’arrivo del nuovo modello GPS,
che utilizza una release potenziata
del diffuso Autostar.
LA
PROVA SUL CAMPO
Le
osservazioni di prova si sono svolte in più serate:
STAR
TEST
Per lo star test sono state
osservate alcune stelle a 320x.
Sferica: Differenza
appena percettibile tra le immagini in intra ed extrafocale
Cromatica: Assente
Coma:
leggero al bordo
Astigmatismo: Assente
Tensioni: Assenti
Le immagini stellari che mi
passa questo strumento sono decisamente buone, oserei dire di qualità
insospettabile per il tipo di strumento.
La figura di Airy appare ben
nitida con spazi apprezzabilmente neri tra gli anelli di diffrazione.
Come nel caso del test del
10” LX50 è stato rilevato un tempo di “cool-down” decisamente lungo, ben
oltre l’ora per passare da un ambiente chiuso mediamente riscaldato al sito
osservativo.
PROFONDO
CIELO
Da quando ho ritirato lo
strumento c’è sempre stata la Luna ben alta nel cielo, per cui
l’osservazione di oggetti del profondo cielo parte già compromessa. Tuttavia
l’osservazione di ammassi aperti (tipici del cielo invernale) non ha risentito
molto del chiarore di fondo; M35, M41, M36, M37, M38, M44, M67 tutti molto
suggestivi sia con l’LV-W22 (73x) che con i più lunghi SP26 (62x) e PL32 (50x)
anche se i bordi con quest’ultimo oculare iniziano a degradarsi.
Solo le Pleiadi (ci
mancherebbe altro…) non entrano nel campo del telescopio.
Per quanto riguarda altri
oggetti avrò modo di aggiornare in seguito in quanto è stata osservata solo
M42, sempre eccezionale sotto qualsiasi cielo, e la Eskimo Nebula, suggestiva
nonostante la luce della Luna che “sparava” nella finestra ottica (i filtri
OIII e Deepsky ben poco hanno potuto…).
UPDATE 08/2002: Ho osservato diversi tra i più famosi oggetti estivi e il vantaggio riscontrato nei confronti di un 8" è molto evidente, specie osservando gli oggetti diffusi. M8 e M17 sono fantastiche, specie con filtro OIII, M20 e M27 sono decisamente più nette con l'apertura maggiore e anche gli ammassi globulari (M13, M22, M5, M3, M4, M10) sono decisamente più risolti nella zona centrale.
GIOVE
L’immagine di Giove è un
poco superiore a quella offerta da un ottimo SCT da 8” mi ricorderebbe (se non
fosse per l’ingrandimento più basso a parità di oculare) il Celestron da
235mm.
Forse il C 9 ¼ ha un briciolo
di contrasto in più ma “sente” meno i colori dei variopinti dettagli
gioviani.
Insomma, l’immagine di Giove
è molto convincente.
Comunque per spremere un po’
l’ottica ho idea che mi ci voglia una Barlow poiché anche con l’oculare da
5mm (320x) l’immagine di Giove è ancora luminosissima, il margine ottico è
notevole.
SATURNO
Se su Giove lo strumento mi ha
soddisfatto, su Saturno mi ha estasiato in quanto le sfumature e i dettagli sul
globo sono decisamente più elusivi di quelli di Giove; qui il grosso SCT si è
superato permettendomi di scorgere dettagli della SEB e della EB mai visti in
precedenza con l’8”.
Gli anelli sono uno
spettacolo, ho intravisto la lacuna di Encke e l’anello Velo al primo
tentativo.
STELLE
DOPPIE:
Non l’ho ancora
“spremuto”, ho osservato per pura curiosità alpha Orionis, separata anche a
50x e zeta Orionis, anch’essa brillantemente separata anche a ingrandimenti
intermedi. Più avanti lo testerò su doppie al limite del suo potere
risolutivo.
LUNA:
I risultati
dell’osservazione del nostro satellite sono finora stati ottimi, col solo
appunto di una maggiore sensibilità al seeing rispetto agli 8” per via della
maggiore apertura.
Si scorgono abbastanza
facilmente la rima Alphonsus, numerosi craterini sul fondo di Ptolemaeus e Plato.
Il “ragno” nei pressi di Triesnecker (qualche sera prima…) e con un po’
di fatica ho intravisto la vallis Alpes.
UPDATE 04/2002: Fallita l'osservazione della Rima Marius (imputabile più alla stanchezza del mio occhio migliore che non a lacune strumentali, ci riproverò...), esaltanti le osservazioni della rimae Dopplemayer e De Gasparis.
L’ingrandimento più
efficace finora provato vale 320x (PL 5mm), anche se il margine a disposizione
è notevole.
In un’altra serata ho
osservato con successo le rimae all’interno di Gassendi.
La luna è però molto
luminosa e se si escludono le fasi immediatamente seguenti al novilunio è
vivamente consigliato l’uso di filtri per attenuare il bagliore.
E’ un bello strumento,
stabile, massiccio e ben fatto; l’ottica va bene un po’ per tutti gli usi,
anche quello lunare/planetario nonostante la presenza di qualche handicap sulla
carta (vedi ostruzione e focale corta).
Personalmente non lo vedo
adattissimo per l’astrofilo itinerante in quanto è molto più impegnativo
sotto questo profilo rispetto ai vari modelli da 8”; nonostante un divario di
apertura di soli 5 cm il peso quasi raddoppia. Inoltre “grava” la necessità
di alimentazione a 18Vcc, ottenibile con un elevatore opzionale (dal costo non
proprio popolare).
Possibili alternative:
1 – lo stesso ma con
apertura a f/10 (si riduce l’ostruzione ma si rinuncia a campo e luminosità,
de gustibus).
2 – il nuovo Meade LX200 GPS,
l’affidabilità meccanica ed elettronica sono però ancora da verificare.
3 – Il Celestron 9 ¼ OTA da
installare su una buona montatura (per esempio le Losmandy G11 o Synta EQ6;
entrambe molto robuste ed equipaggiabili a posteriori con computer di puntamento
automatico.) potrebbe essere un’alternativa meno impegnativa da trasportare;
l’ottica è OK.
4 – Il Celestron NS11” GPS,
ottica più prestante rispetto ai vari Meade da 10” ma con molte lacune
meccaniche in quanto la stabilità della montatura non è al livello del LX200 e
(gennaio 2002) la Casa non ha ancora previsto un supporto in equatoriale,
manchevolezza decisamente grave per un 280mm.
Dati
anagrafici
Costruttore:
Meade Instruments Corp. Irvine CA-USA
Modello:
LX200 10” f/6.3
Prezzo:
€. 5400 (Dicembre 2001, versione altazimutale)
Importatore per l’Italia:
Focas F.lli Taddei
Diametro:
254mm (10”)
Lunghezza focale:
1600mm (f/6.3); disponibile anche f/10 a
pari prezzo
Montatura:
Equatoriale a forcella motorizzata con puntamento automatico
Peso tubo ottico:
15Kg
Pregi
Ottica validissima e ben
assemblata
Grande campo anche con oculari
intermedi
Robustezza d’insieme e
stabilità
Efficienza computer GO-TO
Polivalenza d’uso
Rapporto qualità prezzo
Difetti
Peso
Alimentazione a 18V poco
versatile
Motorizzazione del sistema
GO-TO rumorosa
Lungo apprendistato richiesto
per uso computer