Test telescopio INTES MK67 De Luxe
INTRODUZIONE:
Era
molto, molto tempo che desideravo testare uno di questi Mak russi, dei quali
sino ad ora ho sempre sentito parlare bene ma non ho mai avuto occasioni di
verificare personalmente quanto si dice. Il modello testato occupa la posizione
di “entry-level” della produzione INTES, siglato MK67; vanta un diametro di
150mm f/12.
ASPETTO
ESTERNO:
Da
un primo esame estetico traspare immediatamente il carattere di questo
catadiottrico russo; è maledettamente robusto! Qualsiasi cosa mi capiti fra le
mani mi da una sensazione di sovradimensionamento, soprattutto il superbo
fuocheggiatore di tipo Crayford (a retrazione o sospeso da “punterie”
a rullo).
A
corredo dello strumento vi è il cercatore 7x35mm ed un paraluce metallico; a
richiesta sono disponibili parecchi accessori come la ventola di stabilizzazione
termica, la staffa piggy-back, la maniglia di trasporto e una speciale staffa
che permette l’installazione del telescopio sulle montature Vixen GP, compresi
i “cloni” cinesi delle stesse.
OTTICA:
L’ottica
del MK67 è del tipo Maksutov-Cassegrain ad elementi sferici ed è molto ben
assemblata:
Il
menisco, realizzato in K-8 glass (il corrispondente russo del BK7 Schott) è
installato in una speciale cella con serraggio a ghiera e non col classico
anello bloccato da 6 viti; questa soluzione previene in molte occasioni le
tensioni di questo elemento. Ottimi il trattamento antiriflettente e
l’opacizzazione interna del tubo ottico.
Un
particolare abbastanza inedito per questo schema è la possibilità di
collimazione del secondario che, solitamente è ricavato dall’alluminatura di
una parte del menisco; l’Intes è invece provvisto di un supporto molto simile
a quello dei comuni SCT americani con le classiche 3 viti a 120°. Purtroppo
anche l’ostruzione non è poi lontana dal classico C 8 (0,33) nonostante il
rapporto apertura f/12.
La
lavorazione degli specchi (in AstroSitall) è garantita ben oltre il limite di
diffrazione (1/8 lambda PTV minimo con tanto di certificato); per i meno
esigenti la Casa propone il modello standard con una lavorazione meno spinta
(1/6 lambda PTV) e gli specchi in Pyrex con alluminatura classica.
Le
dimensioni degli elementi ottici sono: specchio primario 160mm, menisco 150mm,
specchio secondario 50mm. Peso tubo ottico+cercatore = 4,8Kg.
Ho
già accennato l’ottima fattura del fuocheggiatore da 2” Crayford; la corsa
è sufficiente per la messa a fuoco con tutti gli oculari, con o senza diagonale
e la scorrevolezza (regolabile) è da favola.
Per
chi volesse conservare la compatibilità col passo filettato presente sugli SCT
americani, Intes produce il modello MK66, dotato di un fuocheggiatore basato
sulla retrazione dello specchio primario.
MONTATURA:
lo
strumento è commercializzato solo tubo ottico.
L’esemplare
esaminato era installato su una montatura alla tedesca Vixen GP completamente
motorizzata su treppiede Auriga.
LA
PROVA SUL CAMPO
Le
osservazioni di prova si sono svolte la sera del 26-5-2001
Condizioni
meteo: sereno
Vento:
leggero
Temperatura: +24°C
Trasparenza:
ottima
Seeing
(Antoniadi): 2/3 (molto buono)
Quello
che veramente mi ha sconvolto di questo Mak è il tempo di adattamento termico;
in un quarto d’ora si è passati dal bagagliaio di un’auto alle
osservazioni, senza particolari deformazioni della figura di diffrazione.
Potenza dell’AstroSitall??
Durante
il test ho preferito utilizzare solo i miei oculari per il fatto che li conosco
molto bene, anche se il possessore dell’Intes aveva a disposizione un parco
niente male (con riferimento particolare al Masuyama 7,5mm…).
Ho
avuto inoltre la possibilità di osservare in contemporanea con il mio Meade SCT
8”; il teatro della sfida è stata la Luna
che, sebbene fosse di pochi giorni, ha offerto grande spettacolo.
Su
entrambi gli strumenti è stato fatto uso del diagonale astronomico (1,1/4”
AstroSitall per l’Intes, 2”a specchio per il Meade)
Le
osservazioni sono iniziate ancor prima delle 21.00, praticamente alla luce del
giorno e proprio in questo frangente abbiamo apprezzato la grandissima
predisposizione all’adattamento termico del telescopio, oltre che al magnifico
contrasto; le formazioni scelte sono state i crateri Petavius e Furnerius, la
Valles Rheyta e il Mare Crisium.
Petavius
è stato il primo oggetto del contendere; per chi non lo conoscesse si tratta di
un cratere profondo 3,5 Km, ampio 175 Km e contraddistinto da una serie di
fratture che partono dal rilievo centrale e arrivano fino ai bastioni.
L’illuminazione
di Petavius non era molto radente e il contrasto ne risultava contenuto, ma
nonostante ciò il Mak mostrava un’immagine di grande impatto con l’SP12,4mm
(146x) e filtro giallo#8; erano evidentissime e distinte le fratture radiali, il
plateau sul fondo del cratere (tutt’altro che regolare) e i terrazzamenti
all’interno dei bastioni. Gli stessi dettagli erano alla portata del mio SCT
8” ma per staccare i dettagli più fini dovevo attendere gli attimi di calma
atmosferica; inoltre al corretto "cool down” sarebbe mancato ancora del
tempo.
Poi
è stata la volta di Furnerius, un cratere apparentemente piatto e privo di
particolari salienti ma se ben ingrandito mostra parecchi microcrateri al suo
interno e diverse collinette simili a domi.
Sia
col Mak che con l’SCT si osservavano senza fatica sia diversi microcrateri che
le collinette più pronunciate.
Se
nelle osservazioni di Petavius “semi-diurne” il Mak russo ha avuto la
meglio, nell’osservazione della Valles Rheyta c’è stato un capovolgimento.
La Valles Rheyta è un gigantesco canyon la cui origine sia da ricercare in una
serie di impatti incredibilmente allineati.
I
forti contrasti e una migliore condizione di seeing hanno favorito l’SCT che
mostrava dettagli più netti a 250x con filtro verde#56; lo stesso oculare (Vixen
LV-W8) con il Mak dava 225x ma il filtro verde attenuava troppo l’immagine e
abbiamo compiuto le osservazioni sia senza filtro che con filtro giallo.
Abbiamo
terminato le osservazioni lunari col mitico “ponte lunare” ai bordi del Mare
Crisium. E’ incredibile come quella formazione montuosa che fuoriesce dalla
superficie del mare sembri veramente un ponte; in realtà è solo frutto di un
gioco di luci ed ombre.
Salvo
differenze pressochè trascurabili, le immagini erano praticamente identiche;
solo nei pochi attimi di calma atmosferica mi è sembrato di apprezzare una
piccola differenza (ai limite dello psicologico) a favore del più grosso SCT.
Non
appena si è fatto buio un veloce Star-test
ha confermato quello che prevedevo: un’ottica eccellente e perfettamente
collimata.
Nessuna
traccia di astigmatismo, tensioni ottiche e cromatismi laterali, solo le stelle
al bordo non sono perfette (ma in quale telescopio lo sono??) a causa di un
leggero coma che peraltro è intrinseco con lo schema ottico.
L’immagine
della figura di Airy è decisamente gratificante con spazi apprezzabilmente neri
tra gli anelli di diffrazione.
PROFONDO
CIELO
Sono
state osservate alcune galassie nella “zona” Leone, Vergine e Chioma di
Berenice; sebbene non osservassimo dai cieli di Mauna Kea, la trasparenza
atmosferica della serata ci ha dato un bell’aiuto:
M65
e M66 – molto belle e contrastate.
M64
– Senza dubbio la galassia più spettacolare della serata osservativa; con un
po’ d’impegno e la visione distolta si riusciva ad osservare “l’occhio
nero” con entrambi i telescopi.
M87
– Una macchia nebbiosa…
M104
– Anche se non intuibile la forma del “sombrero”, era visibile la linea di
polveri scure che taglia il nucleo.
E’
stato osservato anche il globulare M3, più che convincente con entrambi gli
strumenti.
In
conclusione mi è sembrato che i 2” in più del SCT 8” si sentono ma il
maggiore contrasto del Mak ci mette una pezza; l’Intes non ha sofferto di
alcun complesso di inferiorità nonostante l’apertura più piccola.
Una
nota negativa viene dal cercatore 7x35; l’obiettivo mi è sembrato più che
onesto ma il risultato è vanificato da un pessimo oculare che genera immagini
fantasma a iosa (si pensi che puntando la Luna se ne vedono diverse!).
Uno
strumento con pochi compromessi e nessun difetto all’attivo: un’ottica
eccellente e felicemente intubata, un ingombro assolutamente contenuto che
permette alla maggior parte delle montature commerciali di manifestare una
robustezza da riferimento; anche il prezzo (ca. L. 2.600.000 solo tubo)
convince.
Credo
sia decisamente azzardato pretendere di più!
Interessante
appurare che il felice possessore di questo Maksutov aveva un prestigiosissimo
rifrattore apocromatico da 4” Made in USA e che lui stesso mi ha confidato che
passando al catadiottrico in oggetto ha fatto un salto di qualità, nonostante
quest’ultimo costasse decisamente meno.
I
Mak di qualità restano dunque una valida (oltre che meno dispendiosa)
alternativa ai rifrattori apocromatici, sempre (è ovvio!) che tra i propri
interessi non figuri la fotografia di oggetti del fondo cielo con grandi formati
Per
i palati più sopraffini Intes produce i Mak-Newton, di pari qualità rispetto
ai Cassegrain ma con un’ostruzione decisamente inferiore; se siamo disposti a
sopportare il maggiore ingombro…
Dati
anagrafici
Costruttore:
Intes, Mosca (Russia)
Modello:
MK67
De Luxe
Prezzo:
L. 2580000 (4/01)
Importatore
per l’Italia:
Ottica Il Diaframma, Piazza Repubblica 6 Malnate (VA)
Diametro:
150mm
Lunghezza
focale:
1800 (f/12)
Montatura:
-
Peso
tubo ottico:
4.5 Kg
Pregi
Prestazioni
ottiche elevatissime
Assemblaggio
ottiche
Trasportabilità
Focheggiatore
ottimo
Difetti
Il cercatore non è all’altezza del telescopio