Test Barlow Intes 2,4x
INTRODUZIONE:
Intes
si è guadagnata in breve tempo una buona reputazione come costruttore di
strumenti astronomici quali i suoi Maksutov, molto meno famosi sono gli
accessori ottici della stessa casa russa; oggi testiamo la Barlow 2,4x.
ASPETTO ESTERNO:
A
differenza di tutte le Barlow che ho visto fino ad ora, la Intes 2,4x ha uno
chassis monolitico, ossia ricavato da un unico pezzo, la parte che si innesta
nel fuocheggiatore è rettificata e anodizzata, la parte che invece rimane
esterna è verniciata in nero opaco e riporta una non troppo elegante targhetta
con serigrafati i loghi “INTES – RUSSIA”.
La
vite blocca-oculare è di generose dimensioni.
L'OTTICA:
L’ottica
negativa della Barlow è installata nel lato inferiore dello chassis; è formata
da un doppietto acromatico ottimamente trattato antiriflesso; l’apertura
libera è di 21.5mm.
Internamente
lo chassis è caratterizzato da un’opacizzazione del tipo a filetto nel tratto
interposto tra l’ottica è l’imbocco per l’oculare.
Entrambi
gli innesti sono da 31,75mm.
Il
valore di moltiplicazione dichiarato dalla casa è pari a 2,4x.
IL TEST
Premetto
innanzitutto la configurazione di prova: il telescopio utilizzato è uno
Schmidt-Cassegrain da 10” f/6,3 con diagonale da 2”.
Con
questa configurazione la focale risultante è prossima ai 1800mm (a causa della
presenza del diagonale); qualora la Barlow venga inserita nel diagonale il
valore di moltiplicazione coincide con quello dichiarato mentre se venisse
interposta fra il telescopio e il diagonale il valore di moltiplicazione aumenta
sensibilmente rispetto al valore dichiarato.
Io
personalmente ho utilizzato la prima soluzione, ossia - diagonale+Barlow+oculare
– per una focale equivalente a 4300mm.
Utilizzando
oculari di focale medio-lunga (Meade SP26 e PL17) il bordo presenta una
leggerissima ma percettibile vignettatura, assolutamente irrilevante per il buon
fine delle osservazioni.
Gli
oculari più convincenti nella combinazione 2.4x sono stati il Meade SP12,4 (346x)
e l’Unitron OR9 (478x).
La
visione della Luna al 3 giorno è stata spettacolare, nonostante l’altezza
dall’orizzonte non certo generosa; con la combinazione da 436x (SP12,4) ho
battuto palmo a palmo la zona di Petavius e il mare Crisium. Purtroppo il seeing
non era eccelso, così come il contrasto, dato che si osservava praticamente tra
le luci della sera.
Irrilevante
il residuo cromatico nelle osservazioni lunari; certi oculari “ultra wide”
se la cavano molto peggio…
Ho
poi puntato lo strumento sull’ormai piccolissimo Marte; ho giudicato
soddisfacente l’immagine a 672x che mi offriva l’SP6.4 in quanto sul
dischetto appariva qualche tonalità scura.
L’osservazione
di Saturno e Giove è stata molto redditizia.
Finchè
il pianeta si trovava abbastanza alto sull’orizzonte erano abbastanza
redditizi anche i 672x dell’SP6.4, poi lo strato di foschia ci ha messo del
suo e sono stato costretto a “parzializzare” gli ingrandimenti.
Il
contrasto è sempre rimasto entro livelli accettabili; certo con un pizzico di
trasparenza in più si sarebbero apprezzati maggiormente i dettagli sul globo,
anche perché con un SCT ostruito a 0.40 un po’ di trasparenza fa parecchio
comodo!.
Per
Giove ho trovato che la combinazione migliore per la serata la dava l’OR9
(478x); il disco del pianeta appare estremamente grande anche a causa del campo
striminzito dell’ortoscopico.
Di
aberrazioni significative neppure l’ombra, tant’è che i dettagli più fini
non spariscono neppure se il globo tocca il bordo; solo una percentuale
infinitesima di “false color” ovvero traccia di colore spurio (violaceo) in
prossimità del bordo del globo (dovuta probabilmente alla correzione non
apocromatica della Barlow) è stata rilevata, seppure con un certo impegno
durante la (faticosa) operazione di messa a fuoco.
Osservando
con l’SP12.4 l’immagine al centro è apparentemente più nitida rispetto
all’OR9 la la distorsione è evidente se ci si allontana dall’asse ottico
(se l’oculare in se distorce, la Barlow non può nulla…).
Ho
infine concluso il test di questa Barlow puntando Procione (alpha CMi).
La
figura di Airy è sostanzialmente regolare a 672x e anche in questo caso ho
notato una leggera tonalità violastra.
UPDATE 4/2002: Ho analizzato un secondo esemplare di Barlow Intes 2.4x; otticamente mi è sembrata ottima mentre la realizzazione meccanica differiva dall'esemplare precedente dal punto di vista dell'opacizzazione interna meno efficiente, al punto di innescare un fastidioso riflesso interno (con conseguente perdita di contrasto) già nell'osservazione di Giove. L'inconveniente è stato completamente risolto rivestendo l'interno con un inserto realizzato in velluto adesivo nero.
E' molto utile quindi accertarsi dell'efficienza dell'annerimento interno dello chassis prima dell'acquisto, anche se (come ho scritto) l'inconveniente è facilmente sormontabile.
CONCLUSIONI
Oserei
dire senza messe misure che è la migliore Barlow acromatica che abbia mai
usato; nitida, compatta, leggera, ben assemblata e poco costosa. Il prezzo
dell’importatore ufficiale è pari a 95 Euro, poco più della metà di una Apo di
produzione giapponese o americana.
Altamente consigliata.
La carta di identità
Modello |
2.4x Barlow Lens |
Produttore
|
Intes, Mosca (Russia) |
Costruzione |
Russia |
Importatore |
Ottica il Diaframma |
Prezzo |
95
Euro |
Diametro
innesto |
31,75mm |
Elementi |
2 spaziati in aria |
Trattamento |
Multi
coated |
Blackened |
No |
Scanalatura
di sicurezza |
No |