Celestron Comet Catcher, una camera Schmidt visuale

 

Il Celestron Comet Catcher come appariva in una pagina pubblicitaria dell'epoca

 

Il Comet Catcher debutta sul mercato mondiale nel 1984, in occasione dell’oramai imminente passaggio della più famosa delle comete periodiche, la Halley.

Questo strumento rappresenta una novità a tutti gli effetti, a partire dall’innovativo schema ottico Schmidt-Newton e come se non bastasse il Comet Catcher sarebbe stato il primo risultato del freschissimo accordo commerciale fra Celestron e Vixen.

Il Comet Catcher aveva un diametro di 140mm f/3.6 e doveva essere uno strumento luminosissimo e adatto all’osservazione di oggetti molto estesi.

 

La frittata con gli avanzi

 

Il diametro di 140mm non fu casuale visto che “casualmente” era lo stesso di una camera Schmidt Celestron, dalla quale è stata prelevata la lastra correttrice e lo sbozzo in Pyrex per ricavare lo specchio primario; dato che la lastra di una camera di Schmidt non ha l’alloggiamento per il secondario è capitata “a fagiolo” l’opportunità di poter disporre di materiale Vixen, con particolare riferimento ai focheggiatori a cassetto traslante, già presenti e collaudati sui Newton della Casa giapponese. Il focheggiatore utilizzato sul Comet Catcher era praticamente identico a quello del Vixen R150S con la sola differenza del diametro del portaoculari da 31.8 in luogo del 24.5mm.

 

 

Il Comet Catcher era commercializzato solo tubo ottico, il quale riportava la classica filettatura fotografica da 1/8 di pollice per poter essere fissato ad una classica testa da treppiede fotografico (e già questo si addice poco a un telescopio, no?); a richiesta era disponibile una fascia per l’uso di quest’ottica sulle montature Vixen Super Polaris.

 

Una pallottola spuntata

 

Un assemblaggio troppo frettoloso e poco incline a fermarsi sui particolari penalizzò molto il Comet Catcher dal punto di vista prestazionale.

Il primo dei peccati veniali fu la scelta di utilizzare la lastra della camera Schmidt da 5.5”, progettata per correggere la sfericità di uno specchio aperto a f/1.9 e non uno a f/3.6!

Ne derivava la presenza congenita di un residuo di aberrazione sferica che magari a basso ingrandimento poteva essere tollerabile ma visto che la Celestron presentava in Comet Catcher anche come strumento tuttofare ciò diventava decisamente poco ammissibile.

Un altro errore marchiano fu il non posizionare correttamente lo specchio secondario; fu posizionato perfettamente in asse, senza il leggero disassamento fisiologico che si addice ad un Newton a fuoco così corto, col risultato di trovarsi a che fare costantemente con un leggero disallineamento delle ottiche.

Probabilmente quest’ultimo fatto era responsabile anche del leggero astigmatismo che si generava su tutto il campo.

Se visualmente deludeva un po’, anche se usato in fotografia il Comet Catcher non brillava nonostante i buoni propositi garantiti dall’ottica Schmidt-Newton, ossia assenza di coma e curvatura di campo.

Purtroppo i problemi ottici sopraelencati uniti ad una lavorazione non certo eccelsa non permettevano all’ottica di esprimersi ai limiti del proprio potenziale. La luminosità (e con essa i tempi di posa) era eccellente ma le immagini stellari erano troppo poco incise; un test fotografico dell’epoca le valutò in 50 micron quando un telescopio con queste ambizioni dovrebbe riprodurre immagini stellari grandi meno della metà.

In conclusione il Comet Catcher andava usato a mo’ di binocolo per l’osservazione di campi stellari a basso ingrandimento (nell’ordine dei 40x), oltre mostrava i suoi limiti.

 

P.S.: Ringrazio personalmente Plinio Camaiti per avermi concesso l’utilizzo di alcune informazioni sul Comet Catcher, riportate per intero sul suo sito web.

 

Le ragioni di un insuccesso

 

Fossimo stati in piena era del consumismo si sarebbero venduti parecchi Comet Catcher in più solo per la smania di provare qualcosa di diverso; sta di fatto che 20 anni fa’ era un’altra cosa (forse eravamo anche più furbi…) e pressoché nessuno si azzardò a spendere un paio di milioni per uno strumento che di universale aveva ben poco e fu spinto commercialmente soprattutto in occasione del passaggio di una famosa cometa. E dopo il passaggio della Halley cosa ne farò mai del Comet Catcher? Chi mi garantisce che passerà un’altra cometa in tempi relativamente brevi?

Deve essere stato questo il ragionamento dell’astrofilo che si è accontentato di osservare la Halley con l’attrezzatura che aveva già oppure con un nuovo telescopio acquistato anche in prospettiva di quest’occasione. Ma di un telescopio vero!

 


 

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