Come
collimare uno Schmidt-Cassegrain
PREMESSA
Per
tutti, indistintamente tutti i telescopi, la corretta collimazione è
assolutamente indispensabile per il conseguimento delle prestazioni ideali.
Cos’è
la collimazione? Non è altro che una procedura che comporta il corretto
allineamento delle singole parti ottiche; se per strumenti particolarmente
piccoli (catadiottrici e rifrattori con apertura inferiore ai 10cm) le Case non
permettono alcun tipo di intervento, il discorso è diverso per telescopi di
diametro maggiore, tra i quali il diffusissimo Schmidt-Cassegrain da 20cm
(abbreviato in SCT).
Troppo
spesso infatti questi telescopi sono bollati come strumenti non affidabilissimi
in quanto si possono manifestare differenze di rendimento evidenti, anche tra
modelli della stessa marca e tipo; questa affermazione è però vera solo in
parte in quanto la responsabilità di queste incostanze di rendimento sono
spesso dovute a disallineamenti delle ottiche e non a differenze qualitative
delle stesse.
Per
chi ancora non lo sapesse, lo SCT è basato su uno schema Cassegrain,
semplificato nella lavorazione ottica in quando gli specchi sono sferici e non
parabolici; le aberrazioni sferiche, altrimenti evidentissime, sono corrette da
una lastra correttrice che replica le medesime abberrazioni prodotte dal
complesso ottico a specchi ma di segno algebricamente opposto, in modo da
“azzerare” le aberrazioni risultanti.
E’
dunque facilmente intuibile che si tratta di uno schema ottico decisamente
complicato, soprattutto se aggiungiamo che su 3 elementi ottici che lo
compongono possiamo “mettere le mani” solo sull’orientamento del
secondario; lo specchio principale costituisce infatti il sistema di messa a
fuoco interna scorrendo su un binario cilindrico e la lastra correttrice non
consente alcun movimento, a differenza del Newton dove entrambi gli specchi sono
registrabili separatamente.
LE
OPERAZIONI PRELIMINARI
Proprio
per il fatto che gli SCT consentono la sola registrazione del secondario è bene
di procedere senza timore; seguendo passo-passo le indicazioni non si farà
altro che migliorare.
Tuttavia
io personalmente consiglio di procedere solo se sussistono tutte le condizioni
ideali:
A
– Trasparenza atmosferica accettabile
B
– Stabilità atmosferica molto buona (almeno un 2 della Scala di Antoniadi)
C
– Disponibilità di forti ingrandimenti, ALMENO 1.5 volte il diametro dello
strumento in mm
D
– Ottica già assestata termicamente
E
– Visibilità di stelle alte almeno 60° sull’orizzonte
Ci
sarebbe poi un altro punto che prevede un osservatore abbastanza allenato ad
osservare stelle ad alto ingrandimento, che però do per scontato.
Qualora
venisse ignorata anche una sola circostanza il risultato potrebbe inferiore alle
aspettative.
IL PROCEDIMENTO
PASSO
1
– Controllo preliminare della collimazione:
consiste
nel puntare una stella avente le stesse caratteristiche imposte dal punto E
a basso ingrandimento, sfocarla, centrarla e verificare la posizione del
“cerchio nero” del secondario nella sagoma bianca.
Se
essa è posizionata esattamente al centro significa che la collimazione è
sufficiente (fig. 1), se così non fosse (fig. 2) occorre agire sulle 3 viti di
registrazione del secondario fino al conseguimento del centraggio.
Fig. 1
Fig. 2
PASSO
2
– Controllo preliminare della collimazione ad alto ingrandimento:
in
pratica si ripetono le operazioni precedenti mantenendo la stella sfocata ma
utilizzando un ingrandimento sostenuto, diciamo oltre 200x; in questo caso ha
parecchia importanza la percezione dell’osservatore in relazione alla
“posizione” intrafocale od extrafocale della stella; qualunque essa sia si
dovrà ottenere un’immagine simile alla fig. 1 con la stella al centro del
campo inquadrato
PASSO
3
– Controllo finale della collimazione:
si
utilizza il massimo ingrandimento che l’insieme telescopio+condizioni
atmosferiche riescano a sopportare; diciamo almeno 300x ma se possibile è
meglio andare oltre; la stella in questo caso andrà messa a fuoco e l’esame
visivo sarà fatto sulla concentricità degli anelli di diffrazione della figura
di Airy.
Con
la stella al centro del campo inquadrato, gli anelli di diffrazione devono
essere concentrici (fig. 3); in caso contrario (fig. 4) si effettueranno delle
micro-regolazioni fino a raggiungere il centraggio perfetto.
Non
mi pronuncio sulla scelta della stella in quanto rappresenta un parametro troppo
soggettivo, che varia dunque da osservatore a osservatore; eviterei comunque le
stelle rossastre.
Fig.
3
Fig. 4
E’
consigliabile agire con molta attenzione sulla collimazione del secondario
quando si opera al alto ingrandimento in quanto è sufficiente una rotazione di
una singola vite pari a 1/10 di giro per apportare regolazioni notevoli.
Ora
lo strumento è collimato, per averne un’ulteriore conferma provate ad
osservare la Luna od un pianeta ad alto ingrandimento per verificare la finezza
dei dettagli.
Io
personalmente consiglio di controllare la collimazione almeno una volta al mese;
le vibrazioni che riceve il telescopio durante QUALSIASI operazione di trasporto
(si, fanno testo anche gli spostamenti camera – balcone!!!) possono col tempo
apportare un disallineamento.
Certo che gli SCT non sono sensibili alle vibrazioni come i Newton (che si scollimano anche con lo sguardo…) ma anche un disallineamento minimo può compromettere lo sdoppiamento di una binaria un po’ difficile, le visioni di una rima lunare o un pennacchio di Giove.