PRO E CONTRO I RIFRATTORI APO
INTRO
Commercialmente esistono da circa una
ventina d’anni (fu la Takahashi con la gloriosa serie FC la prima ad arrivare
in Europa) ma la loro notorietà è cresciuta a dismisura solo qualche anno fa
con l’ingresso nel settore di Meade e Vixen, 2 marchi diffusissimi sul mercato
della strumentazione astronomica amatoriale.
COS’E’ UN RIFRATTORE APO?
I rifrattori APO (apocromatici) si
differiscono dai classici rifrattori acromatici per lo schema ottico; infatti
spesso ricorrono a lenti a bassa dispersione (ED) e alla Fluorite allo scopo di
ridurre ad un valore prossimo allo zero le aberrazioni cromatiche tipiche dei
rifrattori.
L’evoluzione di questi schemi ottici ha
reso possibile con il passare degli anni la costruzione di rifrattori con
rapporti di apertura sempre più forzati (il Pentax 100mm SDUF II arriva a f/4) sopprimendo
a livelli più che accettabili il cromatismo.
GLI APO IN PRATICA
Partiamo con un confronto, non con il
solito riflettore, ma con un rifrattore acromatico di qualità, vale a dire un
bel tubone da f/15 e di pari diametri, supponiamo 10cm.
Immaginiamo un acromatico con doppietto
Zeiss o Polarex f/15 contro un Vixen FL102, un rifrattore apocromatico molto
diffuso e di qualità accertata.
Osservazione
visuale planetaria/lunare:
Stando alla teoria non ci sarebbero
differenze sostanziali nell’osservazione planetaria; pari il diametro, entrambi
privi di ostruzione, cambierebbe solo la focale, un metro e mezzo l’acromatico,
900mm per l’APO.
L’acromatico parte avvantaggiato in
quanto la focale maggiore consente di ottenere gli ingrandimenti che servono
senza ricorrere a oculari corti e scomodi.
L’APO è costretto a ricorrere a oculari
cortissimi (e scomodi) oppure a lenti di Barlow, che come si sa, non sono mai
perfette e causano un lieve scadimento dell’immagine, annullando il vantaggio
delle lenti ED.
Concederei il primo round al lungo
acromatico.
Osservazione
fotografica planetaria/lunare:
Si rifa l’APO che con l’ausilio dei
tele-extender ricava tutti gli ingrandimenti che servono, in più la focale più
corta si rivela un vantaggio con l’uso dei CCD, permettendo la ripresa
dell’intero globo lunare.
Soffre di più l’acromatico, che si ritrova
sempre ingrandimenti esagerati, uniti a bassa luminosità.
Vince di misura l’APO.
Osservazione
visuale deep-sky:
Vince l’APO in quanto
l’acromatico è troppo poco luminoso e non riesce ad ottenere una pupilla
d’uscita accettabile neppure montando oculari di focale lunghissima.
Solo in rare occasioni l’acromatico non
farà rimpiangere l’APO, ad esempio osservando un oggetto poco esteso.
Osservazione
fotografica deep-sky:
Stravince l’APO in quanto il rapporto
f/15 dell’acromatico è assolutamente inadatto allo scopo.
Si rivela ottimo l’APO che sfrutta a
dovere anche il campo del CCD garantendo immagini che non fanno rimpiangere più
di tanto gli strumenti più grandi.
Trasportabilità::
Vince l’APO per abbandono
del rivale…
Costi:
L’ottica APO ha generalmente costi
elevatissimi ma nel complesso il prezzo totale dei 2 strumenti non è poi così
dissimile, visto che per sostenere un tubo da oltre un metro e mezzo occorre
una montatura di prim’ordine, dal costo assai salato.
Conclusioni:
Si qualifica in finale l’APO.
Se si esclude la passione di qualche
nostalgico con la disponibilità della postazione fissa, il classico acromatico
di alta qualità pare destinato a scomparire.
SCONTRO FINALE
L’APO deve giocarsi la finale contro il
più ostico degli avversari a specchio, lo Schmidt-Cassegrain di fascia media
(Meade 8” LX50, Celestar 8” Deluxe)
Osservazione
visuale planetaria/lunare:
Se il seeing garantisce un’ottima
stabilità non c’è storia; il catadiottrico ha ragione sul rifrattore, che da si
immagini gradevolissime e contrastate, ma subisce il diametro doppio dello SC.
L’immagine offerta dallo SC è meno
gradevole per via dell’ostruzione ma più dettagliata in quanto il suo potere
risolutivo è decisamente più elevato.
Se però il seeing è solamente “normale”
il piccolo APO si impone di misura sul più grosso SC, il cui schema ottico sarà
maggiormente influenzato dalla turbolenza atmosferica cancellando in un sol
colpo i vantaggi della maggiore apertura.
Vince in volata il rifrattore.
Osservazione
fotografica planetaria/lunare:
Col rifrattore APO è più facile
ottenere buone immagini in quanto il minor diametro risente meno delle
condizioni atmosferiche; tuttavia in condizioni di ottimo seeing il
catadiottrico mostrerà i muscoli dando immagini più dettagliate.
Grandi prospettive per entrambi con
l’uso del CCD.
Vince il catadiottrico.
Osservazione
visuale deep-sky:
Entrambi sono molto prestanti ma il
catadiottrico stavolta sorvola agevolmente i problemi causati dal seeing e sfrutta
la sua grande apertura; l’APO si consola dando immagini come sospese con le
stelle più piccole che sembrano teste di spillo, ma il catadiottrico è lontano.
Vince il catadiottrico.
Osservazione
fotografica deep-sky:
Entrambi hanno grandi potenzialità sia
con la pellicola tradizionale che con il CCD; grande disponibilità di accessori
ottici e meccanici da parte delle Case; il catadiottrico farà sentira la sua
superiorità a livello di dettagli e magnitudine limite il virtù del maggiore
diametro ma le immagini offerte dall’apocromatico sono decisamente più
gradevoli e corrette anche in prossimità del bordo.
Match pari.
Trasportabilità:
Vince abbastanza facilmente il
catadiottrico che è generalmente studiato nei minimi dettagli proprio per
essere trasportato agevolmente.
Più ostico il trasporto dell’APO a
causa della lunghezza del tubo
Vince il catadiottrico.
Costi:
Stravince il catadiottrico; il prezzo dei
2 strumenti prima presi in esempio non arriva ai 7 milioni “full-optional”.
Impietosa la quotazione del rifrattore
che completo di motorizzazioni supera i 10 milioni nonostante l’apertura pari
alla metà nei confronti del rivale a specchi.
Anche se ci spostassimo a modelli al
top della gamma per entrambi gli strumenti (Celestron Ultima 2000/Meade LX200
per gli SC e un modello Astro-Physics o Takahashi per gli APO) il divario di
costi rimarrebbe sproporzionatamente a favore degli Schmidt-Cassegrain che in
più disporranno anche di puntamento automatico.
Conclusioni:
I rifrattori APO sono i migliori
strumenti che un astrofilo possa mai possedere; tuttavia affinchè continueranno
a costare come un'automobile (perlomeno in Italia) sarà sempre lo
Schmidt-Cassegrain a spadroneggiare per il lungo e il largo.
Il classico SCT ha un costo
ragionevolmente contenuto in rapporto alle sue prestazioni globali ed è
disponibile in parecchi diametri e configurazioni meccaniche/elettroniche.
Rimane una delle scelte più azzeccate.