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Pirati/Armi
e Punizioni
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ARMI E PUNIZIONI
di Danilo Puce
(Iena)
LE PUNIZIONI
I pirati colti sul fatto e giudicati colpevoli erano condannati al
patibolo, la "ballata dell'impiccato" era la danza di morte che
s’improvvisava dopo l'esecuzione, i pirati
scherzavano sull'impiccagione, ma la loro sicumera finiva quando si
trovavano davanti alla forca.
Tuttavia, per la maggior parte dei pirati, il pericolo della vita in
mare, era molto più pericolosa del boia, erano
pochi quelli che erano portati davanti alla giustizia e anche quelli
giudicati colpevoli erano spesso graziati.
Per i corsari, la cattura significava il carcere, con la possibilità
della libertà in cambio dei prigionieri, ma molti corsari temevano la
prigione: le carceri erano luoghi malsani dai quali era difficile uscire
vivi.
L'Inghilterra introdusse nel 1776 le prigioni galleggianti, situate
sull'estuario del Tamigi, all'inizio erano ricavate da navi in disarmo,
più tardi i pontoni (così erano chiamate) furono costruiti come prigioni
galleggianti, erano umide e malsane, ed essere condannati a rimanervi
rinchiusi era la peggior punizione, dopo la morte, per un pirata
incarcerato una cella "singola" sarebbe stata
considerata una sistemazione di lusso.
Nel XVII secolo le prigioni erano affollatissime, e solo quelli che
potevano permettersi di corrompere il carceriere potevano sperare di
vivere in condizioni accettabili, i prigionieri dovevano pagare per le
candele, per il cibo e persino per stare vicino al fuoco che scaldava
l'umida prigione.
I corsari francesi che erano catturati temevano le
prigioni galleggianti, nel 1797 uno di loro scrisse: (in questi ultimi
otto giorni siamo stati costretti a mangiare cani, gatti e topi...
l'unica razione consiste in pane ammuffito... carne putrida e acqua
salata).
L'impiccagione era il consueto sistema d’esecuzione per i pirati, in
Inghilterra e nelle colonie, erano impiccati al livello della bassa
marea, per dimostrare che il crimine commesso, rientrava sotto la
giurisdizione dell'Ammiragliato, le loro ultime parole erano spesso
pubblicate, per la morbosa curiosità del pubblico, tutte le impiccagioni
dei pirati, anche quella di Stede Bonnet, nel 1718, fu pubblica: la gente di Charleston
(Stati Uniti meridionali) si affollò intorno ai magazzini del porto dove la condanna fu eseguita, temerario e
spavaldo come pirata, Bonnet aveva chiesto al
governatore la grazia, che però gli fu negata.
William Kidd fu impiccato nel 1701 e il fatto
attirò una gran folla nella piazza delle esecuzioni al porto di Londra,
il cappio si ruppe al primo tentativo, ma non al secondo,
il cadavere incatenato ad un palo, fu sommerso tre volte dalla marea,
come prescriveva la legge dell'Ammiragliato, come monito a tutti i
marinai che percorrevano l'estuario del Tamigi, il suo corpo fu poi
ricoperto di catrame per evitarne la decomposizione, e appeso nella
gabbia, alla forca di Tilbury Point.
I corpi dei pirati impiccati erano spesso lasciati appesi alla forca come
monito, oppure incatenato in una gabbia di ferro, per impedire ai parenti
che lo rimuovessero per seppellirlo.
Un pirata abbandonato su un'isola deserta, osserva con disperazione la
sua nave che si allontanava, quel luogo diventava per lui una prigione
senza pareti, il mare impediva di fuggire e le possibilità di essere
avvistato da un'altra nave erano quasi inesistenti, ai pirati abbandonati
erano lasciate alcune provviste essenziali, vi erano poche possibilità di
sopravvivere per coloro che non avevano mezzi
per cacciare o pescare.
Questa crudele punizione era inflitta a chi derubava i propri compagni o
chi disertava il combattimento, lo stesso destino di naufraghi toccava ai
pirati, quando la loro nave andava a fondo.
Il codice dei pirati stilato dal capitano inglese John
Phillips prevedeva che il
"condannato" fosse fornito di una fiaschetta di polvere da
sparo, una bottiglia d'acqua, e una piccola arma, ma lo sfortunato non
aveva possibilità di cucinare o riscaldarsi, la pistola era utile per
difendersi dagli animali selvatici, ma per cacciare era meglio il
moschetto, la bottiglia d'acqua durava un giorno o poco più, dopo questo
periodo il naufrago doveva darsi da fare, per trovare ciò di cui
dissetarsi.
Stanco dei litigi sulla sua nave, il corsaro scozzese Alexander
Selkirk (1676-1721) chiese d’essere sbarcato su
un'isola, dove visse dal 1704 al 1709, la sua residenza fu un'isoletta
del Pacifico meridionale, 640 chilometri ad ovest del Cile, una delle
isole del gruppo Juan Fernandez,
Mas a Tierra aveva abbondanza d’acqua, suini e
capre Selkirk, si nutrì di carne di capra, e
frutti di palma, e si vestì con pelle di capra.
Nella letteratura il naufrago più famoso fu creato da Daniel Defoe (1660-1731), che per il racconto s’ispirò alla
vicenda di Alexander Selkirk, ma diede a Crusoe
un selvaggio come compagno, Venerdì. Crusoe
passò più di venticinque anni nella sua isola e visse molto più
comodamente di qualsiasi vero naufrago.
LE ARMI
PALLE INCATENATE: raramente i colpi di cannone
potevano affondare una nave, ma l'impatto della palla di ferro contro lo
scafo provocava un'esplosione di schegge mortali. Bastavano due palle
incatenate insieme e lanciate in alto per abbattere gli alberi e le vele
e danneggiare un vascello.
SCIABOLA TAGLIAGOLA: nel XVII e XVIII secolo la sciabola
corta, o squarcina, era l'arma preferita da
tutti coloro che combattevano in mare, la sua
lama corta e larga la rendeva ideale in un corpo a corpo; una lama più
lunga poteva impigliarsi facilmente nel sartiame.
TROMBONE: la canna corta del trombone limitava la sua
precisione, i pirati lo usavano solo a distanza ravvicinata, come il
moschetto, era appoggiato alla spalla, ma la canna corta rendeva il
trombone più maneggevole sul ponte della nave, beccheggiante e affollato.
PISTOLA A PIETRA FOCAIA: leggera e maneggevole, era
l'arma da fuoco preferita dai pirati quando assaltavano una nave,
tuttavia, a volte l'umidità dell'aria, e gli spruzzi, bagnava la polvere
e la pistola faceva cilecca, ricaricare l'arma richiedeva molto tempo,
che i pirati preferivano usarne l'impugnatura come una clava.
IL MOSCHETTO: il tiratore scelto poteva colpire il
timoniere della nave avversaria, anche da notevole distanza, la rigatura
all'interno della canna stabilizzava la traiettoria, migliorando la
precisione del colpo.
ASCIA D'ATTACCO: i pirati che andavano all'arrembaggio
dei grandi vascelli, usavano asce per scalare le murature delle navi e,
una volta sul ponte, le utilizzavano per abbattere le vele, un solo colpo
d'ascia poteva tagliare una grossa cima, come il braccio di un uomo.
ARMA SEGRETA: il pugnale poteva essere facilmente
nascosto sotto i vestiti e in un attacco a sorpresa, dove non c'era
spazio per brandire la spada, poteva infliggere ferite mortali.
BOMBE INCENDIARIE: scagliate dal castello di prua della
nave pirata, bombe spesso fatte di una mistura di pece e stracci potevano
appiccare un incendio che si propagava rapidamente, la cortina di fumo
che ne seguiva creava confusione e panico.
PIEDI DI CORVO: a volte i corsari francesi, spargevano
chiodi a quattro punte, detti "piedi di corvo", sul ponte della
nave che stavano per arrembare, poiché i marinai andavano a piedi nudi
per evitare di scivolare sui ponti bagnati, i piedi di corvo potevano
infliggere terribili ferite a chi li calpestava.
Quando i pirati abbordavano una nave, lo facevano con la speranza di
trovare la stiva colma di tesori, se avevano fortuna, il bottino poteva
far diventare l'intero equipaggio ricchissimo.
Nel 1693, quando Thomas Tew
depredò una nave nell'Oceano Indiano, ogni membro dell'equipaggio
ricevette una ricompensa di oltre 3000 sterline e, secondo il tenore di
vita di quei tempi, tutti diventarono miliardari (un marinaio inglese
percepiva allora, come salario, la somma di una sterlina al mese),
Ma bottini di questa entità rappresentavano casi eccezionali: la maggior
parte delle volte l'equipaggio divideva tesori di entità più modesta e,
nei casi veramente sfortunati, scopriva una stiva con un carico
ingombrante e per di più senza valore, quando il carico non aveva valore,
i pirati derubavano i passeggeri e si disputavano i loro beni personali,
valeva la pena di accapigliarsi per un pugnale d’ottima fattura se ne
poteva ricavare un buon prezzo.
I favolosi tesori dei pirati spesso erano solo delle
leggende, William Kidd seppellì
veramente un tesoro, poi recuperato, sull'isola di Gardiner
(New York), il bottino preferito dai pirati era l'oro e l'argento
trasportati dalle navi spagnole, un doblone d'oro spagnolo equivaleva
alla paga di sette settimane di un marinaio, i pezzi da otto in argento
potevano vanire tagliati per ottenerne spiccioli.
Dopo il saccheggio di un vascello portoghese (1721), John
Taylor ricompensò ciascun membro
dell'equipaggio con 4000 sterline, e 42 piccoli diamanti.
I pirati dividevano il bottino abbastanza equamente, anche se al
capitano, e agli ufficiali spettasse una parte
più grande, considerando il valore di un’unità, la ricompensa del
marinaio, il capitano riceveva 2,5 il chirurgo 1,5, il maestro d'ascia,
che non aveva rischiato la vita nei combattimenti, solo tre quarti, i
mozzi solo la metà.
Dopo aver depredato una nave, i pirati dovevano rientrare nel loro porto
per dividersi il bottino, ma la ciurma era spesso autorizzata a depredare
i passeggeri e l'equipaggio, le armi e le munizioni, erano
considerate un prezioso bottino.
Intorno al 1860, era divenuto di moda fiutare il tabacco, i ricchi
passeggeri avevano spesso delle tabacchiere decorate e preziose, che
rappresentavano un bottino allettante, come regola, i corsari dovevano
dividere il tutto secondo il rango, ma in pratica molti intascavano di
nascosto piccoli oggetti come anelli d'oro.
DANILO
PUCE (IENA)
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