i nobili gentili
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i manincor
---------------------------------------------------------------------------------------------------- Il seguente stralcio è tratto dal libro
"CASEZ
... il paese e i suoi pompieri", di Aldo Zuech, ----------------------------------------------------------------------------------------------------
Scrivono comunque il Reich e l'Ausserer che altra "illustre casata di Casez è quella dei signori Manincor". Giacomo manincor, notaio di Casez ottenne l'investitura di nobile episcopale e, pur mancando il diploma, il suo stemma è segnato con l'anno 1528. L'imperatore Rodolfo II° concesse da Praga il 20 maggio 1586 il titolo di nobili imperiali a "Girolamo, Antonio, Cipriano e Giobatta Manincor fratelli di Casez, figli del fu Cristoforo, ed ai loro agnati (parenti in linea maschile) Antonio, Matteo e Cristoforo del fu Giovanni, e così pure a Cristoforo, Andrea ed Antonio del fu Pietro, e del pari ad Antonio del fu Vigilio e a Nicolò del fu Andrea". Il diploma prosegue con la conferma imperiale di "approvazione ed aumento degli antichi distintivi". Lo stemma vi è così descritto: "Scudo partito perpendicolarmente in due parti eguali delle quali la sinistra colorata in rosso rappresenti un leone di color giallo, o aureato, lampassato (con la lingua di smalto diversa e in questo caso rossa, contorta e sporgente) del campo, con la coda alzata e biforcuta e la destra colorata di celeste o d'azzurro rappresenti gli antichi distintivi di famiglia e cioè un braccio umano uscente dalla partizione, vestito d'oro, sostenente con la mano aperta di carnagione un cuore di rosso cucito, accompagnato in capo ed in punta da una stella d'oro. "S'appoggi allo scudo, nel punto di congiungimento delle parti, un morione (elmo con alta cresta, portato fuori dei campi di battaglia) con visiera alta o calata, sormontata da un diadema color oro con svolazzi d'ambo le parti e sulla cui cima si innalzi un eguale braccio che col pugno spinto in alto sorregga un cuore; il tutto fra due semivoli, d'azzurro e di rosso caricati di una stella d'oro". Riporta ancora l'Ausserer: "Nel 1603 gli stessi fratelli ebbero l'esenzione dalle imposte per una loro dimora, denominata Freieck (letteralmente, angolo libero), in Arsio in Val di Non ed il permesso di aggiungersi il predicato zu Freieck". Altra linea della famiglia, portatasi in Cladaro, diede origine al ramo tedesco e dal 1673 ottenne il titolo di baroni col predicato di "von Freyeck und Ehrenhausen" (casa nobile). La linea baronale andò in seguito estinta. Famiglia di notai ed ecclesiastici, "Cristoforo Manincor di Casez è pubblico cursore e notaio nella giurisdizione di Castelfondo, con ordinanza - del 20 giugno 1547 - di Bonifacio Betta, assessore delle Valli, in una lite per i beni e le rendite in affitti e decime tra il pievano di Castelfondo Don Giovanni Bevilacqua ed i suoi parrocchiani". Di relativa importanza storica, il processo ed i suoi attori debbono però essere iscritti tra i primi tentativi di formalizzare e "fissare in iscritto consuetudini, diritti e doveri, fino ad allora tramandati oralmente di generazione in generazione, e che erano stati più o meno fedelmente osservati secondo l'onestà, il buon volere, la diligenza o la trascuratezza dell'una o dell'altra parte". Dei numerosi ecclesiastici della famiglia si conosce nel 1508 un Pietro Manincor, parroco di Scena nella parte tedesca della diocesi di San Vigilio. Il Tovazzi cita un Alexander de Malencoris, pievano in Smarano nel 1530 ed osserva che "i Malencorti, o preferibilmente Manincordii, abitano in Smarano, Coredo, Casez e anche in Revò; infatti Vigilio Manincore è detto, nel 1583, figlio di Antonio Manincore di Casez, ma abitante in Revò". Nell'ulteriore schiera di pievani e curati incontriamo Antonio de Manincor vescovo suffraganeo, nel 1632, fuori della nostra diocesi e un Cipriano de Manincor, canonico di Bressanone (1603-1612), consigliere imperiale di Rodolfo II°. Di qui deriva verosimilmente lo stemma con mitra vescovile scolpito sull'arco del portale di casa Manincor. Molti della famiglia Manincor erano stati attirati dalle dottrine ecclesiastiche e giuridiche. Giovanni Manincor (1809-1891), sacerdote e professore nella "scuola reale elisabettina di Rovereto", si distinse per i suoi studi storici ricolti in particolare allo studio del dialetto e della storia della Val di Non. Pubblicò le "Memorie storiche sopra la valle di Non (Trento, 1856), Alcune osservazioni sopra qualche punto storico della Valle di Non (Rovereto, 1888) e Del Dialetto della Valle di Non (Rovereto, 1891)". Un Giuseppe Manincor, altro cultore di scienze storiche e assiduo catalogatore di documenti e cimeli di storia risorgimentale, pubblicò diversi saggi, ma di particolare interesse può ritenersi il suo diario di guerra dal titolo emblematico: "Dalla Galizia al Piave". A Casez, nella casa de Manincor, si concluderà la vicenda amorosa di Dorotea, figlia del nobile castellano Cristoforo d'Arsio, musa ispiratrice di Cristoforo Busetti, primo rimatore trentino di versi in lingua italiana. L'amore lungo e penoso del Busetti per Dorotea, e tanto contrastato dal padre di lei, portò il poeta lontano dalla patria, ma infine, al suo ritorno, "il burbanzoso castellano spediva Dorotea in casa del notaio Cristoforo Manincor, intimando al Busetti di sposarla tosto, pena di essere abbruciato vivo in casa sua".
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